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Dario Saltari
Abbiamo trovato il centrale giusto per la Nazionale?
21 nov 2023
21 nov 2023
La prestazione di Buongiorno fa ben sperare per il futuro della difesa azzurra.
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Dario Saltari
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IMAGO / Uwe Kraft
(foto) IMAGO / Uwe Kraft
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Dalla metà del secondo tempo iniziamo a ritirarci. Il possesso palla ucraino comincia a salire stabilmente oltre il 60%, mentre le nostre rotazioni a centrocampo sembrano essersi inceppate. Non riusciamo più a eludere la pressione avversaria. Ci affidiamo ai lanci lunghi per Scamacca, entrato all’inizio del secondo tempo per Raspadori, che però sembra avere altro per la testa. Non ce la sentiamo nemmeno di allontanarci troppo dall’area di rigore. Richiede troppo sforzo, in uno stadio assordante e per gran parte ostile, andare oltre all’evidenza che in fondo ci basta difendere lo 0-0 per passare. D’altra parte, da sempre, è nella nostra area che andiamo a cercare le risposte quando siamo in difficoltà. Non c’è niente da fare, siamo fatti così.

I nostri riflessi primordiali, però, si scontrano negli ultimi tempi con una nuova consapevolezza: non siamo più la Nazionale dei difensori. La celebre campagna pubblicitaria della Nike con il faccione di Maldini secondo cui quello del portiere dell’Italia fosse il mestiere più facile al mondo sembra venire da un passato scolorito. Al 65esimo minuto un'incomprensione difficilmente spiegabile tra Donnarumma e la propria difesa aveva portato l'Ucraina a tirare da dentro il nostro castello, con la porta quasi sguarnita.

Dal tramonto della BBC, l'Italia sembra non avere più certezze nel reparto che ha definito da sempre la sua identità. La Serie A è stata riconvertita quasi del tutto a difese a tre, e l’influenza tattica di Gian Piero Gasperini e dei suoi discepoli ha riportato in auge un’interpretazione del centrale di difesa basato sulla difesa in avanti e sulla marcatura a uomo. In campo, tra i titolari, ieri giocavano Acerbi e Buongiorno, entrambi centrali di una difesa a tre nella propria squadra di club. In panchina c'erano Gatti e Mancini, per cui si può dire la stessa cosa. Manca Bastoni, altro centrale da difesa a tre, e soprattutto Scalvini, che è forse l’esempio più palese di come i principi difensivi gasperiniani abbiano cambiato il paradigma su come si difende in Serie A. Scalvini non ha particolare talento nell’uno contro uno difensivo, e fa fatica a difendere “di reparto”, eppure in un sistema come quello dell’Atalanta - che chiede ai suoi difensori di difendere sempre in avanti, con marcature rigidamente a uomo - è perfettamente a suo agio.

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Forse è anche per questo che lo stesso Spalletti, negli ultimi concitati minuti che ci dividono dalla qualificazione, decide di tornare alla difesa a tre, con un cambio che sarebbe rimasto come un marchio dell’infamia con un risultato diverso: dentro l’ennesimo terzino riconvertito a centrale di una difesa a tre, Darmian, fuori Politano, che era entrato meno di 20 minuti prima. D’altra parte, la difesa a tre per ragioni geometriche cambia alla base il lavoro del centrale che, con due compagni alle spalle, può rompere la linea senza troppi pensieri e fare meno attenzione ai movimenti di reparto, come la salita della linea del fuorigioco. In una frazione di partita in cui non riusciamo a uscire dall’area e i difensori devono centellinare l’attenzione su ogni minimo intervento, però, questi principi servono a poco. E la consapevolezza di avere in difesa tanti pesci fuor d’acqua rovescia le nostre convinzioni: la certezza che nulla succederà finché ci difenderemo in area si ribalta nella certezza che qualcosa, inevitabilmente, succederà.

Già al 93esimo l’Ucraina aveva messo in crisi le nostre marcature in area con un semplice taglio di Mudryk sul primo palo. Acerbi e Darmian avevano preso in consegna i rispettivi uomini ma il resto della linea difensiva si era concentrata sul pallone e Cristante, un altro cresciuto nell’alveo gasperiniano, non aveva visto l’ala del Chelsea sfilargli alle spalle tentando un intervento che avremmo potuto ricordare a lungo. Un paio di minuti più tardi l’Ucraina ha l’ultima occasione della sua partita. Una palla respinta di testa sulla trequarti a casaccio da Acerbi si trasforma in una situazione interessante grazie a un triangolo tra Pikhalyonok e Sikan, che è passato attraverso Cristante con un tunnel elegante. La mezzala ucraina si avvicina pericolosamente all’area mentre la linea difensiva azzurra arretra con paura, solo Buongiorno si stacca dalla linea per cercare di mettere una pezza. Il centrale del Torino, però, si sposta con troppa foga sulla propria destra, rendendosi conto immediatamente dopo che potrebbe lasciare all’avversario il tiro dal limite dell’area con il piede forte. È il momento in cui abbiamo avuto la certezza quasi matematica della nostra fine, ma Buongiorno ha avuto un ultimo picco provvidenziale. Fuori equilibrio e quasi con le mani a terra per tenersi in piedi è riuscito a lanciarsi con il sinistro sul pallone, deviando il tiro e trasformandolo in una semplice presa a terra per Donnarumma.

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È stato l’intervento che ci ha fatto tirare l’ultimo sospiro di sollievo, non solo per la sicurezza della qualificazioni agli Europei ma anche per aver avuto l’impressione - per un attimo - di aver trovato finalmente il difensore centrale che ci mancava.

Prima di quell’intervento finale, la partita di Buongiorno era stata più sottile. Il centrale del Torino non aveva praticamente mai giocato da titolare con la maglia azzurra, se si esclude la finale terzo-quarto posto della Nations League contro l’Olanda a giugno, e nella partita più importante di tutti gli era stato affidato un compito delicatissimo: uscire forte in marcatura su uno degli attaccanti più in forma d’Europa in questo momento. Artem Dovbyk è una delle rivelazioni dell’incredibile stagione del Girona primo in Liga, e ha già segnato 8 gol e 6 assist in tutte le competizioni. È un attaccante completo, molto forte fisicamente quando difende il pallone spalle alla porta ma anche veloce quando attacca la profondità. La varietà del suo repertorio aveva già messo difficoltà Buongiorno al settimo minuto del primo tempo, quando l’attaccante ucraino aveva fintato di venire incontro per poi tagliare in profondità sull’esterno con un movimento a mezzaluna. Buongiorno se l’era perso e, superato in velocità, era stato costretto a buttarlo giù poco prima del suo ingresso in area, rimediando un cartellino giallo.

È la situazione peggiore per un centrale, essere ammonito all’inizio di una partita che si preannuncia fisica e nervosa, dove ogni errore può compromettere la qualificazione. E invece il giallo ha come affinato i sensi di Buongiorno, che da quel momento ha praticamente escluso Dovbyk dalla partita. Il centrale del Torino è un artista nel prendere posizione, quel momento in cui la palla deve ancora arrivare a destinazione e potenzialmente non è ancora di nessuno, in cui difensori e attaccanti cercano di sopravanzarsi rimanendo all’interno dei limiti del regolamento. Sono i momenti che avvicinano il calcio alla pallanuoto, dove il duello fisico - anzi, sarebbe meglio dire: la lotta - per mettersi nelle condizioni migliori per ricevere è alla base di ogni possesso.

Avevamo notato questo talento già nella partita di campionato contro la Roma, contro uno dei migliori attaccanti al mondo in questa particolare situazione, Romelu Lukaku. “Alessandro Buongiorno è un difensore tecnico. Anche quando sbaglia, o fa fallo, va sempre per la palla. Con una concentrazione e una sensibilità notevoli, per cui anche una montagna umana come Lukaku può venire aggirata con agilità”, aveva scritto Daniele Manusia in quell’occasione.

Contro l’Ucraina, che nei primi tre quarti di partita ha cercato ripetutamente Dovbyk con il lancio lungo, questo tipo di situazioni si sono ripetute spesso. L’attaccante cercava di usare il braccio destro per sentire Buongiorno, e contemporaneamente tenerlo alle spalle, ma quello sfilava via all’ultimo momento e lo anticipava o direttamente di testa oppure mettendogli una gamba davanti, nella speranza di sporcare la ricezione o addirittura riciclare il possesso.

Buongiorno ha avuto molta più difficoltà a leggere quelle situazioni che vanno oltre l’uno contro uno diretto con l’avversario e bisogna agire di reparto. Le poche volte che l’Ucraina decideva di risalire il campo palleggiando, riuscendo a eludere la pressione dell’Italia, la linea a quattro di Spalletti rimaneva ancorata davanti alla difesa, aprendo soprattutto il mezzo spazio di destra alle ricezioni di Sudakov. Al 66esimo Tsygankov ha ricevuto proprio in quello spazio, portando Buongiorno a rompere la linea in ritardo, e di conseguenza ad aprire il corridoio per il suo inserimento in area. Tsygankov ha suggerito il movimento a uscire di Dovbyk e quest’ultimo ha chiuso il triangolo con un colpo di tacco delizioso. Buongiorno, grazie alla sua elasticità fuori dalla norma, ha provato a recuperare intervenendo in scivolata sul pallone, ma senza rovinare sull'avversario, con una finezza nelle scelte che pochi altri difensori italiani hanno. Il centrale del Torino ha accennato l’intervento ma quando si è reso conto che allungandosi del tutto avrebbe forse colpito l’avversario ha ritirato la gamba, riuscendo comunque a sporcare la sua traiettoria di corsa. Tsygankov è stato a costretto a saltarlo per evitarlo ma a quel punto aveva perso il momento per servire Sudakov al centro dell’area.

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Certo, di tutto questo ci saremmo potuti dimenticare in fretta senza quell’intervento miracoloso al 96esimo, che in un universo parallelo genera un tiro tagliente come quello di Trajkovski. Bastava non recuperare su Sikan, dopo una partita intera di lotta greco-romana con Dovbyk, e Buongiorno avrebbe potuto rimanere impresso sull’immagine della terza eliminazione da un grande torneo in cinque anni alla sua prima vera partita da titolare con la Nazionale. “Un difensore può fare bene praticamente tutto, vincere tutti duelli, tutti tranne uno, e comunque avrà fallito, non avrà fatto abbastanza”, ha scritto Daniele Manusia. Dopo la fine della partita Luciano Spalletti è sembrato sollevato, per la qualificazione certo, ma anche per aver intravisto finalmente una certezza in difesa all’orizzonte. «In questi mesi ho valutato e imparato tante cose. Buongiorno, per esempio, non lo avevamo mai potuto avere per infortunio e ha dimostrato di essere un campione nel suo ruolo».

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