Dalla metà del secondo tempo iniziamo a ritirarci. Il possesso palla ucraino comincia a salire stabilmente oltre il 60%, mentre le nostre rotazioni a centrocampo sembrano essersi inceppate. Non riusciamo più a eludere la pressione avversaria. Ci affidiamo ai lanci lunghi per Scamacca, entrato all’inizio del secondo tempo per Raspadori, che però sembra avere altro per la testa. Non ce la sentiamo nemmeno di allontanarci troppo dall’area di rigore. Richiede troppo sforzo, in uno stadio assordante e per gran parte ostile, andare oltre all’evidenza che in fondo ci basta difendere lo 0-0 per passare. D’altra parte, da sempre, è nella nostra area che andiamo a cercare le risposte quando siamo in difficoltà. Non c’è niente da fare, siamo fatti così.
I nostri riflessi primordiali, però, si scontrano negli ultimi tempi con una nuova consapevolezza: non siamo più la Nazionale dei difensori. La celebre campagna pubblicitaria della Nike con il faccione di Maldini secondo cui quello del portiere dell’Italia fosse il mestiere più facile al mondo sembra venire da un passato scolorito. Al 65esimo minuto un'incomprensione difficilmente spiegabile tra Donnarumma e la propria difesa aveva portato l'Ucraina a tirare da dentro il nostro castello, con la porta quasi sguarnita.
Dal tramonto della BBC, l'Italia sembra non avere più certezze nel reparto che ha definito da sempre la sua identità. La Serie A è stata riconvertita quasi del tutto a difese a tre, e l’influenza tattica di Gian Piero Gasperini e dei suoi discepoli ha riportato in auge un’interpretazione del centrale di difesa basato sulla difesa in avanti e sulla marcatura a uomo. In campo, tra i titolari, ieri giocavano Acerbi e Buongiorno, entrambi centrali di una difesa a tre nella propria squadra di club. In panchina c'erano Gatti e Mancini, per cui si può dire la stessa cosa. Manca Bastoni, altro centrale da difesa a tre, e soprattutto Scalvini, che è forse l’esempio più palese di come i principi difensivi gasperiniani abbiano cambiato il paradigma su come si difende in Serie A. Scalvini non ha particolare talento nell’uno contro uno difensivo, e fa fatica a difendere “di reparto”, eppure in un sistema come quello dell’Atalanta - che chiede ai suoi difensori di difendere sempre in avanti, con marcature rigidamente a uomo - è perfettamente a suo agio.
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