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Abbiamo sottovalutato Willian?
14 mar 2018
14 mar 2018
È la migliore stagione al Chelsea per Willian, che è arrivato al picco della sua carriera senza che ce ne accorgessimo.
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Nelle ultime settimane si è iniziato a parlare di Willian come di un giovane il cui talento stesse finalmente sbocciando, forse perché, come spesso accade, è l’attualità a dettare i gusti della critica: nelle ultime cinque partite Antonio Conte ha schierato il trequartista brasiliano sempre come titolare, che lo ha ripagato segnando cinque gol e risultando a fine partita il migliore in campo in quasi tutte.

 

«Vogliamo parlare di Willian?»,

Mourinho con una domanda retorica dopo la vittoria per 2-1 con il Chelsea, che era passato in vantaggio proprio grazie a un gol del brasiliano. «Top player,

(cioè qualcosa come

, nda), fantastico».

 

«Sta giocando in maniera fantastica»,

Conte come un padre geloso qualche giorno dopo, a seguito dell’ultima vittoria contro il Crystal Palace, aperta da un altro gol di Willian. «E, vorrei sottolineare, non solo con il pallone, ma anche senza. Sta lavorando duramente e sta aiutando la squadra. Sta dimostrando grande maturità in questa fase della sua carriera».

 



 

Giovane… diciamo subito che il prossimo 9 agosto Willian compirà 30 anni. La fase della carriera in cui sta entrando è quella finale, in cui dovrebbe raccogliere i frutti delle proprie potenzialità e iniziare a guardarsi più indietro che avanti. Devo ammettere di essere stato il primo, quando ho iniziato a raccogliere materiale per questo articolo, a stupirmi di fronte alla sua età. Non controllo le date di nascita dei calciatori tutti i giorni, e a Willian in particolare avrei dato almeno tre o quattro anni in meno.

 

Evidentemente il mio cervello lo considerava ormai parte del paesaggio del centro di allenamento di Cobham, un’eterna giovane promessa pronta ad entrare nel pantheon dei migliori giocatori d’Europa. Forse è per quel viso da bambino, quella capigliatura infantile e il corpo minuto. Forse è quel suo modo timidissimo di rispondere alle domande dei giornalisti, con lo sguardo basso e le braccia incrociate dietro la schiena, proprio come fanno i bambini.

 

Ma ancora di più deve aver contribuito la convinzione, non so se solo personale e soggettiva, che Willian non avesse ancora esplorato del tutto il suo potenziale e che, nonostante il tempo passato ai più alti livelli del calcio europeo, dovesse ancora “esplodere”, come si dice.

 

Willian è in Europa da più di undici anni e al Chelsea da quasi cinque. Eppure sta vivendo solo adesso il suo momento migliore e difficilmente prima di oggi qualcuno poteva considerarlo un titolare inamovibile.

 



Forse è in primo luogo un problema di carisma, quell’aura psicologica da leader che ormai richiediamo ad ogni calciatore, soprattutto a questi livelli, e che invece a Willian evidentemente manca. Quando si parla di Willian si fa quasi sempre riferimento a figure periferiche –

, l’attore non protagonista – e lui sembra essere il primo a non promuoversi nel modo in cui di solito i calciatori promuovono la loro vita, come il successo e i soldi. Un esempio: nonostante non manchi di offerte di mercato, Willian ha recentemente

di essere «disposto ad accettare anche la panchina» pur di rimanere al Chelsea.

 

Quando

se prenderebbe in considerazione l’eventualità di trasferirsi in Cina per guadagnare di più, come hanno fatto molti altri giocatori brasiliani, Willian è sembrato più interessato alla sua serenità. «È difficile da dire, è una decisione molto personale. Molti giudicano chi va in Cina, ma solo noi giocatori sappiamo che la vita del calciatore è difficile, passeggera e molto rapida», ha risposto. «Non so dire se andrei o meno. Quello che posso dire è che sono molto felice al Chelsea, è come se fosse casa mia […] Qui ho l’affetto di tutti, mi sono adattato alla città, anche la mia famiglia ama vivere a Londra».

 

A novembre, in occasione di un’amichevole contro il Giappone, è diventato il 14esimo capitano del Brasile sotto la gestione Tite, che ha voluto che la fascia ruotasse periodicamente di giocatore in giocatore. Willian probabilmente è il giocatore che meglio rappresenta questa nuova concezione di leadership diffusa, proprio perché non potrebbe in altro modo concentrarla su di sé. «Sono un po’ timido»,

in quell’occasione «Non parlo molto. Nello spogliatoio abbiamo diversi tipi di leader, ma non è solo chi porta la fascia, tutti devono contribuire».

 

Forse c’entra anche il fatto che la parte centrale della sua carriera si è sviluppata nel cono d’ombra di un’altra stella principale, una figura non per forza carismatica, ma di certo tecnicamente più catalizzante: Willian è arrivato al Chelsea un anno dopo l’approdo di Hazard, quando era già chiaro che il belga sarebbe diventato un giocatore diverso dagli altri; e in Nazionale ha esordito un anno dopo Neymar, il sole al centro del sistema del Brasile.

 




 

Willian, però, non ha mai sofferto il ruolo del comprimario. Anzi, è sembrato a suo agio nel ricoprirlo con una serenità che è rarissimo vedere in un calciatore. Una volta

di quando Tite gli comunicò che l’avrebbe tenuto fuori per fare spazio a Coutinho. «Disse che avrebbe fatto giocare Coutinho perché lui stava vivendo un momento migliore», ha dichiarato a Globo Esporte. «Ed era la verità, senza alcun dubbio».

 

I suoi compagni sembrano apprezzarlo molto, forse proprio per questo, magari perché è uno dei pochi che è impossibile percepire come una minaccia. Hazard, dopo essere stato eletto migliore in campo in una vittoria contro l’Huddersfield di qualche settimana fa, lo

davanti alle telecamere per regalargli il premio, anche perché in quella partita gli aveva fatto due assist.

 

John Terry, quando se ne andò dal Chelsea,

una maglia autografata, con scritto sopra a penna: «È stato un piacere vederti allenare e giocare per il Chelsea. Sono stato fortunato ad averti avuto nella nostra squadra. Fortunato che non dovessi giocare contro di te».

 



Guardando Willian giocare è impossibile non notare il suo talento tecnico purissimo, che contrasta in maniera clamorosa con la sua figura pubblica compassata e la carriera in penombra.

 

Willian è innanzitutto una di quelle persone con un rapporto con il pallone speciale: è rarissimo vederlo sbagliare un primo controllo, con entrambi i piedi, e riesce a non perdere il contatto con la palla anche in conduzione, nonostante la maggior parte delle volte sembri andare ad una velocità doppia rispetto agli avversari senza palla. Il modo in cui utilizza la corsa per allungare e accorciare in continuazione la distanza tra se stesso e il pallone, con cui riesce sempre a toccarlo prima dell’avversario, ricorda il rimbalzo ossessivo di quelle palline attaccate al piatto della racchetta da un elastico.

 

Nonostante i continui strappi palla al piede, Willian ha una falcata leggera e elegante, come se i suoi piedi fossero sollevati da terra. Non ha l’elasticità di Douglas Costa e la sua corsa è meno “animalesca”, con le gambe più rigide, corre quasi sulle punte. Anche il suo gioco è più minimale e diretto, senza pause, lineare. Willian è il giocatore perfetto per le transizioni, quando può attaccare il campo alle spalle dei suoi avversari facendoli sparire con la sua accelerazione. In questo senso è persino un giocatore semplice, che restringe il proprio campo visivo alla porta avversaria non appena entra in possesso della palla.

 

Il che, però, non lo rende un giocatore egoista: Willian ha ottime statistiche riguardo ai passaggi chiave (2.31 ogni 90 minuti in Premier League, nono in tutto il campionato) e in carriera ha sempre avuto un ottimo score di assist (nella stagione 2011/12, in Ucraina, ne fece addirittura 17) senza essere un vero e proprio creatore di gioco, un catalizzatore di palloni. Il suo gioco spalle alla porta è appena abbozzato e quando è costretto a ricevere e proteggere con l’uomo dietro tende a giocare di prima, passando la palla dall’esterno al centro, spesso con il tacco, e spesso riuscendoci.

 

Il suo contributo ai compagni deriva più che altro dall’incredibile tecnica di calcio, che gli permette di mettere cross sulla testa e sul petto dei compagni praticamente da qualsiasi posizione, e quindi ovviamente soprattutto da situazioni di palla inattiva.

 



 

Proprio la pulizia con cui riesce a colpire il pallone sempre nel miglior modo possibile è ciò che contraddistingue il fondamentale tecnico in cui probabilmente riesce meglio, e cioè il tiro dalla distanza, una sorta di sineddoche del suo stile. Willian calcia con entrambi i piedi, quasi sempre di collo, al massimo di leggero interno, per dare traiettorie lineari, con il minimo effetto possibile.

 

È la cura e la potenza con cui colpisce il pallone a renderlo il più delle volte imprendibile, senza trucchi di dissimulazione. Dei 13 gol realizzati quest’anno in tutte le competizioni, più della metà (7) sono arrivati con tiri da fuori area.

 

A forzare ulteriormente le somiglianze tra il suo stile di gioco, il carattere e il percorso, si potrebbe vedere una certa linearità anche nella sua traiettoria al Chelsea, che almeno da un punto di vista realizzativo lo ha visto in lenta ma costante crescita, come uno dei suoi tiri che si stacca da terra e si infila in porta dal basso verso l’alto. Willian ha fatto 4 gol e 7 assist il primo anno a Londra, 4 gol e 5 assist il secondo, 11 gol e 10 assist il terzo, 12 gol e 5 assist il quarto.

 

Quest’anno è già a quota 13 gol e 10 assist.

 

https://twitter.com/CBF_Futebol/status/971403662835830784

Non bisogna dimenticarsi nemmeno del suo incredibile gol realizzato con la maglia del Brasile contro la Colombia, nelle qualificazioni a Russia 2018.


 

Al Chelsea sono passati allenatori, giocatori, momenti di forma, ma Willian è rimasto sempre lì, crescendo lentamente, di anno in anno, senza che ce ne accorgessimo. Come detto, è arrivato al picco della sua carriera senza mai essere veramente il titolare fisso nel Chelsea, senza che nessuno si aspettasse davvero qualcosa di grande da lui, eppure rimane uno dei giocatori chiave dei campioni d’Inghilterra e del Brasile favorito (una delle squadre favorite, quanto meno) ai prossimi Mondiali.

 

Qualcuno dirà che con il talento a sua disposizione sarebbe potuto diventare qualcosa di più, qualcosa di meglio. Ma è comunque difficile trovare in giro molti altri giocatori che a questi livelli siano riusciti a rimanere continui con questa serenità.

 

 

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