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A chi serve il pareggio?
21 nov 2016
21 nov 2016
Cosa abbiamo imparato dall'1 a 1 tra Manchester UTD e Arsenal (che alla fine lascia tutti scontenti).
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Non si potrà definire spettacolare il pareggio per 1-1 tra Manchester United e Arsenal, ma almeno la partita ha offerto qualche spunto in più della sua vigilia. La stampa inglese aveva proposto à la carte una spy-story all’acqua di rose che aveva come protagonista Louis van Gaal, ex dal dente avvelenato, che secondo una gola profonda avrebbe telefonato ai suoi vecchi collaboratori per suggerire l’impiego di Rashford come prima punta. E una minestra riscaldata erano sembrate anche le dichiarazioni di Mourinho contro Wenger, una stanca replica di una saga che ha più episodi della serie Rocky (io tra l’altro me l’immagino Wenger con la cresta che a bordo campo sibila a Mourinho: “Io ti spiezzo in due”).

Lo spirito della stampa inglese è comprensibile, i temi sportivi e tattici della partita erano già tutti scritti: l’Arsenal avrebbe avuto l’opportunità di raggiungere, se non addirittura superare, il Liverpool capolista con una vittoria; il Manchester United doveva sopravvivere al proprio disordine tattico e guadagnare i tre punti per rimettersi in corsa per i posti che contano. Il pareggio, insomma, non era utile a nessuno.

Arsenal senza ispirazione

Nelle scelte iniziali Wenger ha dimostrato di temere Mourinho, che negli scontri diretti nelle competizioni inglesi non riesce a battere ormai da 11 partite. Il tecnico francese ha proposto la versione più muscolare del suo centrocampo, con Elneny e Coquelin davanti alla difesa e Ramsey alzato sulla linea dei trequartisti.

Quattro uomini in impostazione per l’Arsenal, ai quali si aggiungevano uno tra Elneny e Coquelin posizionati ad altezze differenti.

La volontà di costruire gioco dal basso con palla a terra era la solita e i due mediani si posizionavano alternativamente su linee differenti per creare linee di passaggio utili per i 4 difensori, tutti impegnati nella fase di costruzione. Quindi, la posizione bassa dei terzini facilitava la salita del pallone attraverso le fasce. Da posizioni esterne, all’altezza del centrocampo, l’Arsenal provava poi a venire in mezzo per cercare un uomo piazzato negli half-spaces, il quale doveva alzare la testa e provare a servire il taglio di un attaccante sul lato debole. Questo genere d’azione, ricercata con insistenza dai londinesi, è stata assorbita senza patemi dalla difesa dello United.

Un’azione cercata dall’Arsenal con insistenza su entrambi i lati del campo: in una immagine Ramsey prova a infilarsi tra il centrale e il terzino; nell’altra il gallese prova ad avvantaggiarsi del taglio di Walcott davanti al suo marcatore.

Quando l’Arsenal riusciva ad occupare l’ultimo terzo di campo, si sistemava secondo una sorta di 2-3-3-2, nel quale Sanchez, Özil, Ramsey e Elneny creavano una specie di quadrato davanti all’area avversaria (Walcott restava largo a creare ampiezza, lì dove Jenkinson per caratteristiche era incapace di arrivare con costanza, tanto quanto un Bellerin). Il loro tentativo era quello di innescare le combinazioni veloci palla a terra, con almeno un uomo largo per fascia a fornire appoggio alla manovra e a porre il solito dubbio nei terzini avversari: coprire in mezzo o uscire in marcatura? Le combinazioni centrali partivano quasi esclusivamente dal movimento incontro di Alexis Sanchez. Non solo lo spostamento dell’attaccante cileno innescava le rotazioni del quadrilatero dei giocatori offensivi dell’Arsenal, ma su di lui ricadeva l’intera responsabilità dell’efficacia della manovra offensiva della sua squadra: l’Arsenal avrebbe avuto una chance di rendersi pericoloso solo se Sanchez fosse riuscito a ricevere il pallone, a girarsi e poi a saltare il suo uomo. E così è stato.

Per il resto, l’Arsenal è sembrato poco ispirato: Ozil è stato chiuso bene dalla guardia di Carrick in prima battuta, oltre che da quella di Phil Jones, bravo nelle uscite dalla linea ad impedire che il tedesco si girasse e lo puntasse; Ramsey ha vagato per il campo in cerca di una posizione tra le maglie dello schieramento avversario senza mai trovarla; Walcott è stato chiuso bene da Darmian, schierato a piede invertito.

In una tale situazione di stallo, era chiaro che un gol sarebbe potuto arrivare solo con un’alternativa salita dalla panchina. L’intuizione di Wenger è stata quella di schierare un centrocampista tecnico e dinamico come Oxlade-Chamberlain in posizione di terzino destro, capace nell’azione del gol del pareggio di saltare Rashford e mettere il cross per la testa di Olivier Giroud, uno degli attaccanti più sottovalutati della Premier. È stata una mancata lettura da parte di Mourinho a mettere in difficoltà il giovane attaccante inglese: un minuto dopo l’ingresso di Chamberlain, lo “Special One” ha concesso la passerella a Mata, sostituendolo con Morgan Schneiderlin, e ha lasciato Rashford a coprire la fascia. Nell’azione del gol, Rashford riceve il raddoppio interno di Pogba ma lascia comunque la porta aperta sulla corsia esterna anziché orientare l’avversario verso l’interno del campo: un’ingenuità per un ragazzo che ancora non ha tutti i fondamentali di un attaccante, come pretendere che abbia quelli del difensore?

Lo United che verrà?

L’insipienza offensiva dell’Arsenal ha nella fase difensiva dello United una delle cause principali. Lontana anni luce dal 6-3-1 della partita di Stamford Bridge, la squadra di Mourinho ha difeso con un ordinato 4-5-1, con le linee serrate e con le uscite degli interni Herrera e Pogba sempre ben coperte. L’Arsenal ha faticato a costruire dal basso soprattutto dal lato dello spagnolo: Pogba è stato talvolta pigro nell’esecuzione dei compiti difensivi (un difetto che si porta dietro dagli anni juventini) e sul giro palla dei londinesi Darmian è stato messo più spesso in inferiorità numerica.

A ribadire la sua utilità soprattutto quando non ha la palla tra i piedi, Herrera ha procurato allo United le due più grandi occasioni del primo tempo grazie a due recuperi palla nella metà campo avversaria, uno addirittura a ridosso dell’area. L’azione di Herrera ha rappresentato bene la differenza tra le due squadre nella partita di sabato: entrambe preferiscono colpire gli avversari nel corso di una transizione difesa-attacco, ma ieri lo United è riuscito a recuperare palla più in alto degli avversari (39,8 metri l’altezza media dei recuperi palla per i padroni di casa, 35,4 metri quella degli ospiti) e più spesso centralmente (i palloni riconquistati dall’Arsenal nella metà campo avversaria sono tutti nell’intorno della ‘T’ di centrocampo).

Lo United impiegava quattro uomini per gestire l’inizio azione (in questo caso Herrera era scappato già in avanti ed è rimasto basso Darmian). Ramsey e Walcott non erano utilizzati in marcatura, ma rimanevano ad occupare gli half-spaces, in una posizione che permetteva loro di schermare anche il passaggio sulle ali.

Lo United ha chiuso gli spazi centralmente e ha pressato bene i terzini avversari, costringendo così Mustafi e Koscielny a portare palla nell’altra metà campo e a prendere scelte di passaggio complicate. La buona fase difensiva ha anche aiutato i “Red Devils” a trovare una forma offensiva, perché all’inizio della partita lo United con la palla è sembrato disordinato come al solito: Mourinho sembrava aver optato per un 4-2-3-1 ma non era chiaro chi tra Pogba ed Herrera dovesse prendere posto al fianco di Carrick. Col passare dei minuti è venuto naturale passare dal 4-5-1 al 4-3-3 in transizione, con Pogba nel suo ruolo di mezzala sinistra e Herrera dal lato opposto.

Dalle combinazioni di passaggio del Manchester United è finalmente sparita la circolazione ad ‘U’ che coinvolgeva soprattutto i difensori: ora lo United è più diretto e Rashford si connette con ciascuno dei centrocampisti. Che il Manchester sia guarito dalla “vangaallite”?

Non che il Manchester abbia fatto cose trascendentali quando ha avuto la palla tra i piedi, anzi nel primo tempo è sembrato che preferisse non avere la palla del tutto. De Gea ha spesso lanciato lungo, ma lo ha fatto con una buona precisione: il 64% dei suoi passaggi sono andati a segno, un numero non molto distante dalla prestazione del suo collega Cech, che ha giocato più spesso a corto raggio. Il giro palla pasticciato dello United finiva quasi sempre per uscire a destra, dove i lungolinea di Valencia raggiungevano i tagli di Rashford alle spalle del terzino. Molto spesso l’attaccante inglese è stato costretto a fronteggiare più di un avversario da solo e ha perso palla; ma ciò nonostante, in questo particolare frangente tattico, ha mostrato cosa manca allo United per risalire il campo quando in campo c’è Ibrahimovic.

Il gol del momentaneo vantaggio è arrivato al culmine di una fase di forcing che ad inizio secondo tempo ha ricordato l’ardore delle squadre di Sir Alex, tanto che lo United è riusciti a ribaltare il rapporto nel possesso palla che in alcuni momenti del primo tempo era sceso anche sotto al 40%. Gli ingressi di Rooney, inizialmente schierato a sinistra, e Blind hanno riattivato la catena mancina rimasta fino a quel momento sopita: Darmian, come detto, restava guardingo nella propria metà campo impensierito dalla velocità di Walcott in campo aperto, ma aumentando la stabilità difensiva della sua squadra in caso di una ripartenza avversaria; Martial ha riproposto la solita melodia come un disco rotto, restando largo per ricevere in isolamento, puntando l’uomo per rientrare sul destro tutte le volte. La rete è arrivata però dal lato opposto, confezionata dai migliori uomini in rosso di questo inizio di stagione: dopo un fallo laterale battuto da Valencia, Pogba ha premiato l’ennesima corsa senza palla di Herrera, che dal fondo ha trovato un corridoio all’indietro verso Mata, bravo a battere di prima una palla veloce e radente.

Il gol di Giroud allo scadere ha regalato un pareggio che ad entrambe serve a poco. Se l’Arsenal può consolarsi perché il Liverpool è tornato con un solo punto dalla trasferta di Southampton, il Manchester United ha di che disperarsi: la faccia di Mou, dopo la rituale stretta di mano a Wenger, tra il disgustato e lo sgomento dice molto della stagione della sua squadra fin qui. L’alsaziano, con il suo Arsenal a due punti dalla vetta, può sperare nei rientri di Bellerin e Cazorla e sfruttare meglio Giroud e Xhaka, fin qui poco impiegati. Il portoghese è a 8 punti da Liverpool e City, alle prese con ancora molti punti irrisolti e il rientro di Ibra dalla squalifica non è detto che sia un bene per questa squadra.

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