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Dario Saltari
A chi conviene Alvaro Morata
19 lug 2023
19 lug 2023
L'attaccante spagnolo è cercato soprattutto da Inter e Roma.
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Dario Saltari
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IMAGO / Pressinphoto
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Introvabile come la Play Station 5 durante la pandemia, richiesto come un microchip della Nvidia oggi. Non esiste nel calcio contemporaneo un bene più raro e costoso di una prima punta affidabile. Perché battere le aspettative poste dagli Expected Goals è il Sacro Graal messo chissà dove dagli algoritmi, ma forse anche perché il lavoro del centravanti è diventato troppo complesso. Prendersi le spallate dei centrali, scattare in profondità, tagliare in area con i tempi giusti, agire da numero dieci, tutto contemporaneamente: non è un lavoro per tutti. Chi ha un attaccante di livello non lo vuole vendere, chi lo cerca deve prepararsi a mettere un’ipoteca su qualcosa di valore.

È solo in questo modo che si possono spiegare le cifre che accompagnano le estati di Morata fin da quando ha lasciato il Real Madrid per la prima volta. 20 milioni per passare alla Juventus una prima volta, 30 milioni per tornare al Real Madrid, 66 per trasferirsi al Chelsea, 18 per un anno di prestito all’Atletico Madrid, poi 35 per passarci definitivamente, infine altri 20 per tornare nuovamente alla Juventus, in un prestito biennale che non si è mai trasformato in acquisto. Cifre che ogni anno ci sembrano da pazzi finché non arriva l’estate e mezza Europa si ritrova di nuovo con il problema di avere uno straccio di attaccante affidabile.

Oggi quindi, dopo una buona annata, in Italia si torna a parlare nuovamente di Morata, non certo a prezzo di saldo, sia chiaro. L’Atletico Madrid vorrebbe i 21 milioni di euro previsti dalla clausola rescissoria del suo contratto ma questa volta i club italiani non vorrebbero arrivare a tanto. L’Inter, secondo Gianluca Di Marzio, sarebbe disposta ad offrire al massimo 15 milioni. La Roma, sempre secondo il giornalista italiano, avrebbe contattato una persona nel suo entourage secondo cui esisterebbe una scrittura privata che potrebbe liberarlo a poco più di 10. È possibile, un attaccante di questo livello che costa così poco? Nel calciomercato queste voci equivalgono ai resoconti degli attacchi delle piovre giganti alle navi nell’antichità.

Per chi non ha seguito l’ultima stagione all’Atletico Madrid può suonare strano parlare di Morata come di un attaccante di alto livello. D’altra parte in Italia l’avevamo lasciato la scorsa estate dopo una stagione non entusiasmante da 9 gol in campionato. La Juventus aveva da pochi mesi comprato Vlahovic, Morata sembrava un relitto del passato. La società torinese aveva comunque offerto 15 milioni per il suo cartellino, forse più per l’affetto dell’attaccante spagnolo ai colori bianconeri che per reale convinzione. L’Atletico, comunque, ne chiedeva più del doppio per evitare una minusvalenza, dopo l’investimento da 53 milioni euro complessivi fatto per riportarlo in Spagna.

Sembravano lontani i gol dalla panchina con la maglia del Real Madrid, il contropiede della Juventus all’Allianz Arena contro il Bayern Monaco in Champions - l’idea platonica di Morata tra i tifosi italiani che ancora sospirano al suo nome - le parole al miele di Massimiliano Allegri. «Alvaro è un giocatore da partita secca», aveva detto il tecnico livornese ancora prima di tornare sulla panchina bianconera «Alvaro le partite secche le decide. Noi la prima volta [in finale di Champions, nda] andiamo in finale perché lui fa gol due volte in semifinale». Era il famoso monologo sulle categorie, che oggi riguardiamo con l’ironia velenosa di Piccinini, che quel giorno era in studio a ricordargli che insomma «è passato qualche anno». L’ultima stagione alla Juventus sembrava aver dato ragione al celebre telecronista. Morata era sembrato prima l’ombra di se stesso nel ruolo di prima punta, poi addirittura era stato dirottato sull’esterno sinistro dopo l’arrivo di Vlahovic. Allegri già a metà stagione aveva provato a difenderlo cercando di dare una spiegazione tattica alle sue prestazioni grigie: «Alvaro ha fatto 6 mesi da punta centrale spalle alla porta che non è il suo ruolo. Ha bisogno di un altro attaccante: ha grande tecnica e non deve dare punti di riferimento». Parole che oggi, tra le squadre che lo vorrebbero nella propria rosa, rilucono di una nuova significatività.

Alla fine, comunque, Morata è rimasto all’Atletico Madrid. E cosa aspettarsi da una stagione in una squadra che lo aveva mandato due anni in prestito in un altro campionato? A sorpresa, invece, Morata ha subito trovato il posto da titolare nell’italianissimo 3-5-2 su cui ormai si è adagiato Simeone. E contro il Getafe, all’esordio di campionato a ferragosto, insieme alla titolarità è arrivata anche una doppietta. L’equivalente su un campo da calcio di una di quelle pacche sulle spalle con cui ci si dimentica di un'incomprensione.

Il “Cholo” è sembrato riscoprirlo partita dopo partita per le stesse ragioni per cui lo stanno facendo le squadre italiane oggi. Morata è un attaccante magari senza picchi eccezionali, ma con una buona continuità di rendimento e un’abnegazione difensiva su cui si può mettere la mano sul fuoco. Una sicurezza magari mediocre a volte, ma pur sempre una sicurezza, per una squadra che si fonda sull’eliminazione del rischio. Forse non è un caso che il suo ritorno in auge sia coinciso con l’inabissarsi del rapporto tra Simeone e Joao Felix, che oggi rappresenta il profilo opposto di giocatore. Un talento giovane, che sembra avere margini di crescita potenzialmente sterminati, ma che per il gioco che ha è anche più incline all’errore, e per l’ambizione che dimostra è meno disposto a sacrificarsi in un lavoro che possa fargli perdere lucidità con il pallone tra i piedi. Una scommessa sul futuro e quindi sull'incertezza.

Già alla fine di settembre Morata parlava di Simeone con la riconoscenza dell’uomo salvato da morte certa. «Con lui ho un rapporto fenomenale, lo rispetto. Quando sono andato via gli ho scritto: “mister, la mia stima e il mio rispetto per te sono incredibili, è stato un piacere potermi allenare e convivere con te e spero di rivederti in futuro”. Per questo sono stato felice di poter tornare qui. Ci sono pochi posti migliori dell'Atletico Madrid dove essere felice, sarei contento di finire la mia carriera qui, mi sento fortunato». Pochi giorni dopo, Joao Felix usciva infuriato dallo stadio per aver giocato gli ultimi quattro minuti di una partita vinta contro il Siviglia al Sanchez-Pizjuan. La vittoria era stata sigillata proprio da un gol di Morata, che al 57esimo aveva battuto Bono sorprendendolo con la punta del piede.

È uno di quei gol che ti fa credere che Morata sia tornato davvero agli antichi fasti, e guardando le compilation su YouTube non sarà l’unico. C’è ad esempio il secondo gol realizzato al Getafe, con un tiro in caduta sotto la traversa dopo aver resistito con il corpo al ritorno di un difensore. O ancora quello segnato al Valladolid, un tiro a incrociare basso ispirato da un tacco geniale di Griezmann dopo una bella finta a eludere la scivolata di un avversario. O infine il grande stacco di testa dal dischetto del rigore contro il Maiorca, che ha dato il vantaggio all’Atletico in una partita complicata. Tutti gol che dipingono le sfumature del talento di Morata, un attaccante capace di fare molte cose - dal taglio in area alla progressione palla al piede, fino ad arrivare per l’appunto al colpo di testa - e tutte a un livello che non molti altri attaccanti in Europa possono dire di avere. A livello realizzativo poi le cose sono andate persino meglio di quanto i 15 gol stagionali non dicano. Nella Liga solo Lewandowski e Griezmann hanno segnato più di lui ad esclusione dei rigori, e con un’overperformance rispetto agli Expected Goals avuti a disposizione non così diversa, almeno rispetto all’attaccante polacco (+1.08 per Morata, +1,76 per Lewandowski).

Questa credo sia la statistica che più interessa a squadre come la Roma, che da anni ormai cerca come acqua nel deserto un attaccante capace di convertire in gol le occasioni difficili. Obiettivamente, però, sarebbe naïf proiettare la stagione appena passata sul futuro, anche se come sempre è molto invitante farlo. Morata infatti anche all’Atletico ha avuto i suoi momenti di annebbiamento, in cui segnare sembrava essergli difficile come se avesse degli occhiali coperti dalla pioggia e dal sudore. Secondo voi, per esempio, questo tiro qui sotto com'è andato a finire?

Il Morata che ha lasciato il suo ultimo ricordo in Italia, quello che cerca di segnare di tacco a porta vuota mandando la palla tristemente al lato, insomma esiste ancora e potrebbe tornare. Tanto più in una squadra che, come la Roma, gli chiederebbe di giocare moltissime partite da titolare, di difendere fin dentro la propria mediana e di risalire il campo quasi da solo. Morata non è un attaccante autosufficiente e per rendere al meglio ha bisogno di compagni che lo aiutino a risalire il campo, ancora di più oggi che l'età inizia a togliergli reattività e dinamismo. Il fantasma di Belotti che cade rovinosamente sugli avversari nel tentativo di recuperare palla senza segnare mai aleggia per il prato dell’Olimpico.

Morata compirà 31 anni tra pochi mesi e la sua lucidità sotto porta non può essere data per scontata. A questo proposito andrebbe messo in conto che, nonostante la scorsa stagione abbia giocato molto (quasi 2500 minuti), la sua buona annata è frutto anche del fatto che l’Atletico facesse ruotare molto i suoi uomini davanti, dove poteva contare anche su Correa e Cunha (e da gennaio, al suo posto, Depay). Allo stesso modo non andrebbe sottovalutata l’influenza creativa di Griezmann, forse il talento più brillante nella Liga la scorsa stagione, di sicuro il giocatore offensivamente più influente di tutto l’Atletico Madrid. Il trequartista francese è stato di gran lunga il miglior giocatore del campionato spagnolo per Expected Assists (se contiamo il totale stagionale c’è una differenza rispetto al secondo, cioè Raphinha, di quasi 5 unità: 13,14 contro 8,63) e averlo accanto per forza di cose aiuta.

Da questo punto di vista venire in Serie A per Morata potrebbe avere una prospettiva interessante. Alla Roma troverebbe il suo amico Paulo Dybala, uno dei pochi giocatori in Europa a poter pensare di competere con Griezmann per creatività e raffinatezza nell’ultimo quarto di campo. All’Inter Lautaro Martinez, che invece lo sgraverebbe del lavoro più sporco spalle alla porta, quello che sopporta meno (sempre che Lautaro lo voglia, cosa che, dopo una stagione giocata accanto a Dzeko, è tutt'altro che scontata). Certo, a Roma troverebbe una squadra che il cholismo lo ha superato sia a sinistra che a destra, mentre con l’Inter, che ha riempito la sua rosa di centrocampisti offensivi, avrebbe più uomini intorno con cui far risalire il pallone. Per lui si è parlato anche di ipotesi che al momento sembrano meno plausibili. Per esempio un clamoroso terzo ritorno alla Juventus, che però dovrebbe prima risolvere la questione Chiesa per fargli spazio, oppure un approdo al Milan, dove vivrebbe uno strano dualismo con Giroud, un attaccante quasi opposto per caratteristiche.

Qui si entra anche nelle scelte personali di Morata. Andare a Roma significherebbe prendersi il centro della scena, cioè l’amore e la pressione di tutti, con la possibilità di rilanciarsi come attaccante di primo livello ma anche con il rischio di diventare definitivamente un meme. Morata ha ancora la forza, fisica e mentale, di trascinare in avanti un gioco come quello di José Mourinho? Andare all’Inter, di contro, vorrebbe dire entrare in una squadra forse più facile in cui funzionare ma in cui la competizione è anche maggiore, dopo l'arrivo di un 25enne come Marcus Thuram pronto a dare fuoco all’erba di San Siro. E Morata può permettersi un’altra stagione grigia appena un anno dopo essersi rilanciato all’Atletico Madrid? Alla fine non è detto che Simeone non decida di fare all-in sulla scommessa lanciata già a gennaio, trovando un compratore per Joao Felix (che dal canto suo non sa più come dirlo di voler passare al Barcellona) e puntando un'altra volta sull’usato sicuro.

Che poi cosa significa questa espressione terribile, usato sicuro? C'è stato un tempo in cui Morata attirava la nostra attenzione esattamente perché non sapevamo cosa aspettarci dal suo orizzonte di crescita, perché prometteva ci fosse qualcosa nel suo futuro che ancora non vedevamo. Un attaccante che entrava negli ultimi minuti delle partite per spaccarle, che sapeva pesare i momenti, contare in quelli importanti. Era per questo che ci si spendeva così tanti soldi, no? Fa strano pensare che Morata sia stato quel tipo di giocatore perché oggi è praticamente quasi l'opposto. Un attaccante di categoria ma non come intendeva Allegri di categoria superiore, quanto piuttosto un bomber di provincia d'élite. Un centravanti che porta con sé una quota di gol, come un politico un pacchetto di voti nel suo feudo, ma che ha smesso di avere un peso nelle partite che contano o di far sognare un futuro migliore alle sue squadre. Nell'ultima stagione Morata non è mai partito titolare contro Real Madrid e Barcellona, e quando è entrato non ha mai inciso. In Champions League ha giocato quasi 300 minuti senza mai segnare.

Nel frattempo Morata e le squadre italiane si guardano, per certi versi vedendosi riflessi l’uno nelle altre. Morata, come Inter e Roma, avanti con l’età, davanti a un bivio che assomiglia a un ultimo treno, soppesando quest'altra scelta di mercato, illudendosi che non sia veramente un rischio. I soldi sono sempre di meno, così come gli anni rimasti in una carriera di alto livello. Davvero è più sicuro spendere nella speranza che il passato torni un’ultima volta, anche solo per una stagione?

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