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Foto di Claudio Villa / Getty
Calcio Fabio Barcellona 30 marzo 2017 9'

A che punto è l’Italia di Ventura

Dopo le sperimentazioni iniziali, è già tempo dei primi bilanci.

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Il lavoro di Giampiero Ventura con la Nazionale italiana era cominciato in apparente continuità con quello interrotto da Antonio Conte: il 3-5-2 è rimasto il modulo di gioco di riferimento e gli uomini non sono cambiati molto nei primi impegni. Anche nella partita fondamentale contro la Spagna, Ventura ha continuato ad affidarsi al blocco della passata Nazionale e al 3-5-2. Ma, a un quarto d’ora dalla fine, e in svantaggio per 1-0, il tecnico italiano ha inserito Andrea Belotti, passando a un 3-4-3 che ha impresso una scossa d’energia che alla fine ha pagato con il gol del pareggio.

 

Complice anche la reazione di Pellè alla sostituzione, dalla partita successiva – tre giorni dopo in Macedonia – Ventura ha operato per la prima volta delle variazioni significative tra gli uomini in campo. È stato inserito Bernardeschi in posizione di mezzala mentre in attacco è comparsa dall’inizio la coppia d’attacco Belotti-Immobile.

 

Nonostante il risultato positivo, la partita in Macedonia è stata forse la peggiore della gestione Ventura: l’Italia ha sofferto, è passata in svantaggio e solo all’ultimo minuto è riuscita a segnare il gol vittoria. Il centrocampo, composto da Verratti, Bonaventura e Bernardeschi sembrava incapace di raccordare il gioco e nel tentativo di rimonta Ventura ha virato nuovamente verso il 4-4-2, con Sansone e Parolo al posto di Bernardeschi e Bonaventura.

 

La partita di Skopje è stata importante perché ha segnato la scelta definitiva del tecnico italiano di puntare su Belotti e Immobile, autori dei 3 gol contro la Nazionale macedone.

 

Nell’impegno successivo, contro il Liechtenstein, i due attaccanti sono stati impiegati come punte centrali di un 4-2-4, con De Rossi e Verratti interni e Candreva e Bonaventura sulle fasce. Infine, nell’amichevole di novembre a San Siro contro la Germania, è stato Immobile a partire dal centro-sinistra nel 3-4-3 disegnato da Ventura, con Belotti in mezzo ed Eder sul centro-destra.

 

 

I princìpi di Ventura

 

Nella seconda fase della sua carriera di allenatore Giampiero Ventura è tornato ad alti livelli giocando – in serie B con il Pisa, e in Serie A con Bari e Torino – con un 4-4-2 che impiegava giocatori particolarmente offensivi sugli esterni, fino a diventare di fatto un 4-2-4.

 

In realtà, anche prima del passaggio al 3-5-2 nel Torino, Ventura aveva dimostrato di poter utilizzare diversi moduli di gioco. I suoi primi successi risalgono a metà degli anni ’90 con la doppia promozione dalla C1 alla A con il Lecce, ottenuta proprio giocando con il 4-4-2. Passato a Cagliari, poi, ha centrato la promozione in A con un 3-5-2 asimmetrico con O’Neill mezzala sinistra e un’ala pura, come il palermitano Tanino Vasari, da esterno destro.

 

La coerenza del calcio di Ventura va ricercata piuttosto nei suoi principi di gioco che non nei moduli, mutevoli in accordo alle peculiari caratteristiche della rosa a disposizione.

 

Il tecnico genovese ha sempre preferito un calcio rapido e diretto, giocato magari su spazi ampi e attraverso giocate preordinate. Uno dei tratti più caratteristici delle squadre di Ventura è la paziente circolazione del pallone in zona arretrata, per chiamare fuori la pressione avversaria e liberare gli spazi per le successive giocate offensive, verticali e in velocità.

 

La volontà di attaccare in spazi ampi condiziona in parte anche la fase di non possesso: alla conquista alta del pallone si preferisce uno schieramento basso che crei spazio da attaccare in ripartenza. Una fase difensiva, insomma, non particolarmente aggressiva, che predilige le fasi posizionali alle rare occasioni di pressing.

 

 

Cosa non funziona

 

I tratti distintivi del calcio di Ventura sono stati riproposti dal tecnico in Nazionale, inglobati nel 3-5-2. La prima spia che il modulo rimane lo stesso di Conte solo nei numeri è la posizione dei due esterni in fase di possesso palla: se con Conte i due laterali si alzavano presto e con estrema frequenza quasi sulla linea degli attaccanti, attaccando contemporaneamente l’ampiezza e la profondità, con Ventura gli esterni restano in posizione molto più bassa e sono molto più coinvolti nella fase di circolazione bassa del pallone.

 

Chiaramente la posizione degli esterni influenza gli sviluppi del gioco d’attacco della squadra e le reazioni degli avversari. Con Conte l’avanzamento degli esterni, spesso accompagnato dall’occupazione delle mezze posizioni da parte delle mezzali, costringeva gli avversari ad abbassarsi, consentendo così alla squadra di occupare zone più avanzate di campo. Così facendo, peraltro, venivano creati i presupposti per una transizione difensiva aggressiva. Le zone di campo di competenza delle mezzali erano più ampie: oltre ad occupare le mezze posizioni, potevano facilitare la circolazione della palla abbassandosi nello spazio liberato dagli esterni.

 

Nel 3-5-2 di Ventura, invece, la posizione prudente dei laterali attira la pressione avversaria e riduce gli spazi in fase di impostazione per i centrocampisti. È un sistema in cui le posizioni sono più rigide e meno dinamiche, e che quindi finisce per ridurre i possibili sviluppi del gioco.

 

L’idea di costruire con pazienza dal basso si è tuttavia spesso tradotta in una circolazione perimetrale del pallone, che ha semplificato il lavoro di pressione degli avversari sugli esterni, escludendo di fatto i centrocampisti della costruzione dell’azione e limitando le opzioni di gioco alla prevedibile giocata verticale verso le punte.

 

Anche con il 3-4-3 visto contro la Germania sono stati evidenti i problemi nell’evitare una circolazione bassa del pallone troppo piatta e nel differenziare le fasi di verticalizzazione, sempre diretta dalla zona arretrata a quella offensiva, senza passare dal reparto di centrocampo.

 

La circolazione bassa e insistita del pallone, coinvolge solo i 3 difensori centrali e gli esterni, ma non riesce a trovare uno sviluppo in verticale. Per la Germania è facile chiudere l’esterno azzurro sulla fascia e recuperare il pallone.

 

 

Cosa funziona

 

La pericolosità degli azzurri è quasi sempre passata attraverso le tipiche giocate verticali e veloci del calcio di Ventura: gli attaccanti si muovono sempre in maniera coordinata, combinando movimenti incontro al pallone all’attacco della profondità, facendo largo uso di esche e sponde.

 

In quest’occasione, contro la Germania, la punta centrale Belotti viene incontro al pallone, creando lo spazio per il taglio coordinato esterno-interno alle sue spalle della punta di sinistra Immobile. La giocata di De Rossi è automatica e di prima, e Immobile ha lo spazio per calciare in porta.

 

Non somiglia, secondo voi, a questo gol del Bari di Ventura?

 

La giocata verticale, in direzione delle punte e dei loro movimenti coordinati è uno sviluppo caratteristico del gioco di Ventura.

 

Il secondo gol contro il Liechtenstein, con l’Italia schierata con il 4-4-2 ne è un tipico esempio.

 

La punta dal loto forte, Immobile, viene incontro il pallone ed esegue, quindi, un movimento “a ricciolo”. Belotti taglia alle spalle di Immobile e lo serve con una sponda di testa.

 

 

I problemi della fase difensiva

 

Per la sua natura più attendista, le fasi di pressing alto viste con la precedente Nazionale, sono diventate sporadiche. Gli azzurri preferiscono occupare le proprie posizioni per cominciare il lavoro di difesa posizionale; non sempre, però, la fase difensiva è stata esente da errori.

 

Ventura vuole attuare un sistema di marcature a uomo nella zona: nella propria zona di competenza e vicino al pallone il riferimento è l’avversario, non il posizionamento reciproco con i compagni. Il sistema però non è apparso sempre equilibrato e le marcature a uomo hanno finito per far perdere compattezza allo schieramento.

 

Qui sotto, ad esempio, l’esterno del 3-5-2, Florenzi, segue David Silva nella sua traccia interna, lasciando sguarnita la fascia di competenza che deve essere coperta da Barzagli che segue il movimento verso l’esterno di Diego Costa. A quel punto si crea un buco proprio nella zona di competenza di Barzagli in cui si inserisce Iniesta. Un esempio di mancato equilibrio tra copertura degli spazi ed attenzione alla marcatura individuale

 

 

In accordo con un’interpretazione prudente della fase difensiva, nei moduli con una difesa a 3, gli esterni in fase di non possesso si abbassano costantemente per formare una linea di 5 difensori.

 

A (8)

Il 3-4-3 si tramuta, in fase difensiva, in un 5-3-2.

 

 

Contro l’Albania

 

Con i valori dei calciatori che a questo punto si sono consolidati in campionato, ed esaurita la fase di sperimentazione iniziale, la partita contro l’Albania, decisiva per rimanere in scia della Spagna nel girone e tenere a distanza dal secondo posto Israele, sembrava potere fungere da sintesi delle convinzioni di Ventura nella scelta dei calciatori e del modulo di gioco.

 

Contro la Nazionale di De Biasi, Ventura ha puntato ancora una volta sul 4-2-4 e sulla coppia Immobile-Belotti al centro dell’attacco. La grossa novità è stato l’impiego di Lorenzo Insigne – che aveva fino ad ora disputato solamente 23 minuti contro il Liechtenstein – come esterno offensivo di sinistra.

 

In previsione del 4-4-2 italiano, Gianni De Biasi ha schierato la sua Albania con un rigido 5-4-1 di impronta difensiva. I 5 giocatori arretrati hanno garantito la potenziale superiorità numerica in mezzo contro le due punte centrali azzurre; in aggiunta De Biasi ha disegnato in campo un rigido sistema di marcatura a uomo con i due terzini che seguivano i tagli interni degli esterni offensivi azzurri, i due interni a fronteggiare i corrispettivi italiani De Rossi e Verratti e i due esterni di centrocampo pronti a seguire le avanzate dei terzini Zappacosta e De Sciglio.

 

In avanti, il centravanti Cikalleshi orientava la propria pressione su Leonardo Bonucci, scegliendo di lasciare la palla tra i piedi di Barzagli. Con l’Albania costantemente schierata nella propria metà campo, la chiave tattica della partita è stata quasi interamente tra i piedi e la testa di Andrea Barzagli, libero di condurre il pallone mentre tutti i compagni e i possibili ricevitori venivano marcati.

 

Il 4-4-2 proposto è stato perfettamente coerente con il gioco immaginato da Ventura. La vera novità è stata la costante occupazione, a possesso consolidato, delle mezze posizioni da parte degli esterni offensivi che lasciavano l’ampiezza ai terzini.

 

B (8)

Insigne e Candreva occupano le mezze posizioni,De Sciglio e Zappacosta attaccano l’ampiezza, i due attaccanti rimangono in posizione centrale.

 

Il meccanismo ha mostrato qualche pecca nella fase di transizione difensiva, con gli spazi lasciati dai terzini potenzialmente attaccabili dalle ripartenze albanesi.

 

In entrambe le azioni l’avanzata di Zappacosta non è abbastanza protetta dai compagni e l’Albania ne approfitta per ripartire spostando Barzagli dalla sua posizione di centrale.

 

Ancora una volta, scavalcando il centrocampo, la fase di rifinitura e finalizzazione è stata innescata spesso da un passaggio tra i difensori e le punte, seguita dalle consuete combinazioni tra gli attaccanti.

 

 

L’amichevole contro l’Olanda

 

L’amichevole contro l’Olanda è stata invece una nuova occasione per sperimentare.

 

Tornato alla difesa a 3, con Rugani e Romagnoli al fianco di Bonucci, Ventura ha disegnato un inedito 3-4-1-2, con Verratti in posizione di trequartista alle spalle della coppia d’attacco Immobile-Eder. In fase di possesso palla il centrocampista del Paris Saint Germain, ha occupato prevalentemente la posizione di centro-sinistra, alternando movimenti verso il proprio centrocampo per ricevere il pallone basso, a tagli più avanzati da classico trequartista.

 

La posizione di Verratti ha influenzato quella di Eder e la disposizione del centrocampo. Per garantire equilibrio allo schieramento azzurro, l’attaccante italo-brasiliano dell’Inter ha gravitato prevalentemente sul centro destra, formando così una coppia d’attacco asimmetrica con Immobile, impiegato come centravanti puro. A centrocampo spesso si operava la rotazione del reparto che, passava dall’iniziale disposizione con il vertice del triangolo avanzato a quella con il vertice basso, con Parolo e Verratti ai fianchi del mediano De Rossi, per arrivare a un sistema con due mediani e due mezzepunte, Eder e Verratti.

 

C (8)

Verrratti sul centro sinistra ed Eder sul centro-destra.

 

La presenza di un giocatore tra le linee e di uno schieramento asimmetrico ha reso meno efficiente le giocate preordinate verso gli attaccanti e imposto la ricerca di un gioco più palleggiato per avanzare sfruttando lo scaglionamento in campo. L’esperimento non si può dire certamente riuscito: l’Italia è parsa in mezzo al guado, stretta tra la ripetizione di giocate più volte eseguite, ma rese più complesse dallo schieramento adottato e la ricerca di un avanzamento lungo il campo meno diretto e più palleggiato.

 

 

Che prospettive abbiamo?

 

La panchina della Nazionale è solo l’ultimo capitolo della narrazione incrociata tra Giampiero Ventura e Antonio Conte. All’inizio del suo ciclo, l’allenatore genovese ha rivendicato continuità con il lavoro di Conte, riproponendo il suo 3-5-2 pur ritenendolo un modulo non particolarmente adatto agli uomini a sua disposizione, mostrandosi contemporaneamente infastidito per i continui paragoni col tecnico adesso al Chelsea.

 

Pur con evidenti punti di contatto in certi sviluppi dell’azione offensiva, Ventura e Conte sono allenatori molto diversi. Conte è un allenatore che ha costruito la propria identità tattica mettendo assieme contributi provenienti da diverse scuole calcistiche (il “juego de posicion”, il gegenpressing, ma anche un’attenzione per i dettagli tipicamente italiana) e mescolandoli sempre in dosi diverse. Ventura, invece, ha un’idea di calcio piuttosto rigida e refrattaria alle contaminazioni. Anche in presenza di alte dosi di giocare preordinate, nel calcio di Conte le scelte dei giocatori pescano da un ampio bagaglio di opzioni diverse, mentre i giocatori di Ventura le giocate sono più meccaniche e vincolate a uno spartito.

 

Detto con altre parole, le squadre di Ventura mostrano sempre caratteristiche simili nelle due fasi di gioco e si poggiano su soluzioni studiate in allenamento: questa versione della Nazionale non fa eccezione, è una squadra facilmente identificabile con il lavoro del proprio allenatore. La ricerca della costruzione bassa, le verticalizzazioni che scavalcano il centrocampo per innescare le giocate combinate delle punte in spazi ampi, la difesa prudente: tutti marchi di fabbrica del tecnico genovese.

 

I risultati sono tutto sommato incoraggianti, ma il gioco ancora non convince. Da un lato il poco tempo a disposizione negli impegni delle Nazionali rende complesso perfezionare i meccanismi di un calcio pieno di giocate preordinate. Dall’altro, però, la rigidità del gioco immaginato da Ventura non lascia immaginare grandi cambiamenti in futuro.

 

Nel frattempo possiamo sorridere dei tanti giovani che stanno trovando meritatamente spazio. Ma, in ottica qualificazione diretta e vittoria del girone, la partita decisiva contro la Spagna sembra arrivare troppo in anticipo sui tempi, quelli del lavoro ancora acerbo di Ventura e della crescita dei nostri talenti più promettenti.

 

In un orizzonte temporale più ampio margini di crescita tattica esistono, ma non sono enormi e sono vincolati alle profonde condizioni dell’allenatore: tempi e fluidità delle giocate e dell’organizzazione possono essere certo ottimizzati con il lavoro sul campo, ma sarà difficile vedere una nazionale diversa e capace di diversificare lo spartito del proprio gioco.

 

 

Tags : giampiero venturanazionale italiana

Fabio Barcellona, chimico e allenatore UEFA B. Scrive di calcio per L'Ultimo Uomo.

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