Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Marco Gaetani
Gli 8 upset più grandi del 2022
02 gen 2023
02 gen 2023
C'è la sconfitta dell'Italia contro la Macedonia, ma per fortuna non solo.
(di)
Marco Gaetani
(foto)
Dark mode
(ON)

Vediamo partite di calcio anche per provare il brivido dell’inatteso. Negli anni siamo stati travolti dalla retorica dei miracoli, di Davide che prova a battere Golia e talvolta ci riesce, delle storie che si nascondono dietro un risultato inaspettato: spesso sono racconti forzati, ma è un privilegio, quello della sorpresa, che il calcio riserva più di altri sport. Una squadra che gioca male può riuscire a sfangarla per una serie improbabile di colpi di fortuna (le famose partite da 1-0 con un tiro in porta contro i 20 degli avversari sono possibili, mentre nel basket è statisticamente impossibile che una squadra che tira il 20% dal campo possa batterne una che tira meglio in singola serata) e dunque ben oltre i meriti riconoscibili e riconosciuti.


 

Il termine upset, che abbiamo ormai pienamente assorbito dal mondo dello sport anglofono, ha al suo interno tutti gli ingredienti per la sorpresa perfetta: oltre al concetto di un ribaltone imprevedibile, infatti, si porta dietro tanti altri significati. Sconvolto, agitato, emozionato, perfino arrabbiato. Una sfera emotiva nascosta in cinque semplici lettere. Abbiamo scelto otto upset privilegiando quelli arrivati in partite a eliminazione diretta con due sole eccezioni. Tanti altri ne sono rimasti fuori: è capitato sempre in questo tipo di articoli, continuerà a capitare. 


 

Atletico Baleares-Celta Vigo 2-1, Sedicesimi di finale di Coppa del Re, 5 gennaio 2022



Manel Martinez ha trent’anni, è un attaccante catalano che quando di anni ne aveva venti ha preferito rinunciare a qualche avventura inutile in giro per la Spagna andandosene in Virginia a giocare per i Rams mentre studiava all’università. È nato in Catalogna perché suo padre ha legato il proprio nome a quello del Barcellona: José Manuel Martinez Toral, per tutti Manolo, è stato infatti un difensore dei blaugrana tra il 1979 e il 1988. Forse anche per questo, conoscendo tutte le insidie di questo mondo, ha consigliato al figlio di pensare a qualcos’altro oltre al calcio. La carriera di Manel lo vede debuttare tra i professionisti soltanto a 25 anni, con il Lorca: un passaggio rapido e senza troppi squilli.


 

Il 5 gennaio del 2022, per Manel Martinez, sembra un giorno come un altro. Da un anno e mezzo è il centravanti dell’Atletico Baleares, club minore di Palma di Maiorca, che dal 2014 è di proprietà di un investitore tedesco che era anche riuscito a portare in panchina Christian Ziege. All’Estadio Balear arriva il Celta Vigo e il pronostico sembra chiuso, perché l’Atletico milita nella Primera Division RFEF, la terza serie del calcio spagnolo, un imbuto dal quale è difficilissimo uscire. Risulta invece molto semplice a Martinez presentarsi in area di rigore su un angolo da destra: nessuno del Celta lo segue mentre parte come un proiettile dal dischetto del rigore. Arriva all’impatto aereo senza ostacoli e colpisce in maniera pulita: il rumore della parte interna della traversa dà un tocco in più al gol. Gli ospiti trovano l’1-1 con Mendez e corrono a recuperare il pallone dentro la porta: il Celta vuole dimenticare in fretta l’incubo in cui è scivolato e il pareggio sembra il preludio a un risultato in linea col pronostico. Ma Alberto Castano, per tutti Canario, una leggenda dell’Atletico Baleares, mette in mezzo dalla trequarti un pallone che trova ancora una volta la testa di Martinez: se in occasione del primo vantaggio era arrivato sulla sfera a velocità tripla rispetto agli avversari, stavolta si prende il lusso di poter colpire senza nemmeno staccare i piedi da terra. Li alza solamente dopo l’impatto, per dare potenza al colpo: ne esce un’incornata splendida, che va sotto l’incrocio dei pali nel delirio collettivo. Dopo aver eliminato il Getafe nel turno precedente, l’Atletico Baleares si concede un altro scalpo a sorpresa. Si fermerà soltanto qualche giorno più tardi, uscendo agli ottavi per mano del Valencia. Anche grazie a quell’exploit, Manel Martinez è stato acquistato in estate dal Surkhon Termiz, nel massimo campionato uzbeko. Poteva andare meglio, poteva andare peggio.


 

Newcastle-Cambridge 0-1, Terzo turno di FA Cup, 8 gennaio 2022



A pensarci oggi, che il Newcastle occupa i piani altissimi della classifica della Premier League, sembra quasi assurdo, ma un anno fa i "Magpies" erano messi in condizioni decisamente peggiori rispetto a quelle attuali. Il club, appena acquistato dal Public Investment Fund, languiva in fondo alla classifica del massimo campionato inglese. Eddie Howe era stato chiamato in panchina al posto di Steve Bruce soltanto all’inizio di novembre e la squadra non aveva ancora assimilato la trasformazione del mercato di gennaio, con gli arrivi di Trippier, Wood, Burn, Targett e Bruno Guimaraes che si sono accumulati nel corso di quei trenta giorni. L’8 gennaio, al St James’ Park, era arrivato il Cambridge United, già soddisfatto del traguardo rappresentato dal terzo turno di FA Cup in quella che era la prima stagione in League One dal 2001-02.


 

Cambridge è una città in cui tutto sembra sempre perfettamente in ordine. Quando ci si avvicina all’area universitaria, questa sensazione di ordine lambisce il fastidio. L’erba tagliata in maniera chirurgica, le barchette che attraversano il Cam, che in passato è stata sede della tradizionale sfida annuale con la rivale Oxford e che adesso è soltanto teatro degli allenamenti in vista dell’attesissima Boat Race, appuntamento immancabile fin dal lontano 1829. Chissà che atmosfera c’era in città un anno fa, se almeno una parte di quest’ordine è venuta meno a forza di guardare il portiere bulgaro Mitov mentre si opponeva con tutte le sue forze all’assalto del Newcastle, sia sullo 0-0, sia dopo la rete di Joe Ironside (nome bellissimo).


 

Ironside, nato a Middlesbrough, figlio di un portiere che ha giocato anche con il Boro, è cresciuto da accanito tifoso del Newcastle e ha avuto il suo idolo di infanzia in Alan Shearer. È il classico attaccante da serie minori inglesi: ha all’attivo una quantità insensata di prestiti nei primi anni di carriera, perché lo Sheffield United non ha mai creduto in lui fino in fondo, e le cose migliori le ha fatte vedere con il Kidderminster, 42 gol in due anni, un bottino più che rispettabile, se non fosse che il campionato in cui sono stati segnati è la National League North, il sesto livello del calcio inglese. Sta di fatto che è stato il più rapido a girarsi in area di rigore dopo troppi secondi in cui il pallone è rimasto a danzare in quella zona di campo che va tra la linea di porta e il dischetto del rigore, con i difensori del Newcastle in apprensione e gli attaccanti del Cambridge in assedio disordinato. La sua è una conclusione sporca di controbalzo, è più una girata da parco che da partita tra professionisti, ma con il portiere dei "Magpies" sdraiato a terra è più che sufficiente. Le parate di Mitov, come detto, hanno fatto il resto: il Cambridge è stato eliminato un mese dopo, perdendo malamente contro il Luton. Il Newcastle non si è più guardato indietro. Quella sera, al termine della partita, Eddie Howe aveva chiesto scusa ai 50mila tifosi arrivati al St James’ Park: «Siamo devastati. C’è stata una grandissima atmosfera, l’abbiamo sentita durante la partita, anche quando eravamo sotto di un gol. Ora sento il loro dolore e questo non fa che motivarmi per ripagare la loro fiducia e il loro sostegno». 


 

Tolosa-Versailles 0-1, Ottavi di finale di Coppa di Francia, 29 gennaio 2022



Pur essendo un mese teoricamente molto denso di notizie (il campionato, il calciomercato e via dicendo), gennaio vede dilagare sulle pagine di numerosi siti internet la notizia secondo cui il Versailles Fc, club di National 2 (quarto livello del calcio francese), non potrebbe giocare in casa l’ottavo di finale di Coppa di Francia contro il decisamente più quotato Tolosa per colpa di Luigi XIV. A dare origine a questa colossale panzana è Le Parisien: è vero che il Versailles si ritrova costretto al cambio di campo in quanto lo Stade de Montbauron non è dotato di impianto di illuminazione, ma la motivazione relativa al sovrano è priva di fondamento. Secondo la versione de Le Parisien, lo stadio non potrebbe ospitare i riflettori in quanto «nessuna fonte di luce deve essere visibile dalla camera del Re nel raggio di 5 chilometri dopo il tramonto». In molti si bevono questa lettura e iniziano a darne diffusione. Tra i primi a mettere i puntini sulle i è Antonio Cunazza, che specifica il vero motivo dell’impedimento: la legislazione che governa la gestione del patrimonio UNESCO. La Reggia di Versailles gode infatti della “protezione visiva”: qualunque costruzione successiva alla Reggia, entro un raggio di 5 km, non deve essere dotata di elementi permanenti abbastanza alti da inficiare la libera vista del luogo da parte dello spettatore. Per chi vuole saperne di più, il puntualissimo pezzo di Archistadia riepiloga anche le ragioni della scelta di Luigi XIV di spostare la sua camera da letto personale: ovviamente ha a che fare con il sole.


 

Il Versailles comincia senza paura, va vicino al gol con una bella azione dopo 3 minuti ma Ibayi apre troppo il piatto destro sull’uscita del portiere, a ricordarci che nel calcio, come sostiene Allegri, esistono le categorie. Quando a metà primo tempo Mvoué abbatte Michel con un intervento totalmente fuori logica, gli ospiti iniziano a crederci: più di un’ora in superiorità numerica è quello che può servire. E nella ripresa l’ingresso di Kapitbafan Djoco, altro giocatore dal nome oggettivamente bellissimo, cambia la partita. L’azione che porta al suo gol è una meraviglia. Diego Michel si libera di una pressione sconsiderata con una giocata pulitissima, capisce che c’è margine per attaccare il Tolosa ed è sempre lui, dall’altra parte, ad aprire per Pham-Ba, che va al cross sul primo palo trovando la chiusura perfetta di Djoco. Youssef Chibhi, tecnico del Versailles dal 2014, se la ride in panchina. La corsa del Versailles prosegue fino alla semifinale, superando nei quarti l’altra sorpresa del torneo, il Bergerac, salvo poi arrendersi al Nizza.


 

Di questi tempi, Chibhi se la ride un po’ meno: il Versailles gli ha dato il benservito a inizio novembre nonostante un’ottima partenza nella National 1 (nel frattempo il club è salito di categoria) e, stando a quanto riportato sempre da Le Parisien, l’ex tecnico sarebbe nel mirino di un’indagine per aver filmato di nascosto delle ragazze minorenni. Il comunicato della società ha confermato che le ragioni dell’addio non sono sportive.


 

Italia-Macedonia del Nord 0-1, spareggi per Qatar 2022, 24 marzo 2022



La mancata qualificazione dell’Italia a Qatar 2022 ha trovato nella notte di Palermo il suo atto conclusivo, arrivato dopo i due disastri con la Svizzera e la resa, peraltro indolore, contro l’Irlanda del Nord, alla luce del 4-0 rifilato dagli elvetici alla Bulgaria. Giova ricordare che battere la Macedonia del Nord non ci avrebbe comunque portato in Qatar, ma solo alla finale con il Portogallo: è un classico esempio di «effetto Mandela», lo stesso che porta molti a pensare che sia stato il rigore sbagliato da Roberto Baggio a farci perdere il Mondiale del 1994, quando in realtà ci avrebbe solo consentito, se trasformato, di prolungare l’agonia. Di Italia-Macedonia ci rimane un ricordo disperato e allo stesso tempo sfumato: sono passati nove mesi ma sembrano 25, eppure il frame di Berardi che spreca l’occasione della vita ce l’abbiamo ancora davanti agli occhi, così come il surreale doppio cambio all’89’ con gli ingressi di Joao Pedro e Chiellini, quest’ultimo gettato in campo come una sorta di amuleto. Mancini aveva deciso di discostarsi il meno possibile dall’Italia che aveva vinto gli Europei, insistendo su Emerson Palmieri come tentativo di replica di Spinazzola e affidandosi per l’ennesima volta al tridente con Berardi, Insigne e Immobile, tutti e tre sostituiti in maniera confusionaria, usando Raspadori prima come esterno e poi come centravanti, dirottando Lorenzo Pellegrini a fare l’ala. Una notte da incubo culminata nell’unico tiro in porta di una Macedonia modesta, priva della stella Elmas e anche del faro carismatico Pandev, che l’aveva trascinata alla qualificazione all’Europeo prima di dire basta. Una partita in cui la Macedonia aveva fatto pochissimo per vincere, riuscendoci comunque, contro un’Italia che aveva cominciato bene e poi si era ritrovata schiava di un fantasma che si portava dietro da Italia-Svezia del 2017, senza mai essere stata in grado di cancellarlo nonostante un Europeo vinto nel mezzo. Non giochiamo una partita a eliminazione diretta in un Mondiale da sedici anni. Era Italia-Francia, la finale del 2006.


 

Bayern Monaco-Villarreal 1-1, Quarti di ritorno di Champions League, 12 aprile 2022



Teoricamente, considerando la differenza tra le due squadre, è forse il minor upset degli otto che prendiamo in esame. Andandolo a pesare, però, il risultato ottenuto dal Villarreal nel doppio confronto con il Bayern Monaco assume contorni quasi eclatanti. La squadra di Nagelsmann arrivava lanciatissima al confronto con gli spagnoli, che pure erano reduci dall’aver eliminato la Juventus mettendone a nudo tutti i difetti strutturali. Il passaggio del turno si è concretizzato nella gara di ritorno, ma solo perché il Villarreal, nella partita di andata, non aveva sfruttato le chance che aveva costruito per presentarsi in Baviera con più di un misero 1-0 di vantaggio: il 4-4-2 granitico di Emery e alcune raffinate soluzioni tattiche avevano consentito agli spagnoli un dominio tattico sul match casalingo, ma il vantaggio risicato pareva destinato a essere ribaltato a Monaco, contro una squadra dal potenziale offensivo infinito. Emery aveva scelto così di difendere a oltranza, negando ogni spazio a Lewandowski e compagni. Ciononostante, era arrivato il gol immancabile del polacco, con quella capacità unica di razionalizzare la propria conclusione verso la porta: sempre la soluzione più efficiente, tralasciando ogni orpello. Ma che non fosse la notte del Bayern Monaco lo si era capito quando Thomas Müller si era ritrovato sulla testa il pallone del 2-0 e lo aveva messo a lato in maniera quasi goffa, lontanissima dai suoi standard realizzativi. Il Bayern aveva continuato ad attaccare come se il pericolo non fosse presente, come se il Villarreal non potesse turbarne il dominio. Prestando così il fianco alla sfuriata giusta: Lo Celso per Gerard Moreno fino a servire Chukwueze. Tutto facile, tutto lineare, eppure tutto inaspettato. 


 

14 giugno 2022, Inghilterra-Ungheria 0-4, Nations League



In un anno normale, il 14 giugno avremmo probabilmente assistito al match inaugurale del Mondiale o giù di lì. Ma con la Coppa del Mondo spostata in inverno, giugno ci ha regalato i brividi di ben quattro turni di Nations League giocati con i calciatori di tutta Europa che già pensavano a quale aereo prendere per andarsene in vacanza dopo una stagione logorante. E così, dopo aver già battuto l’Inghilterra in casa, l’Ungheria di Marco Rossi si è presentata a Wolverhampton convinta di poter regalare un altro dispiacere agli inglesi. Nella storia del calcio c’è un altro Inghilterra-Ungheria che occupa un posto di rilievo: era il 25 novembre 1953 quando Puskas, Hidegkuti e compagni passeggiarono a Wembley, vincendo 3-6 (risultato stretto, secondo le cronache dell’epoca) e confermando il momento d’oro della nazionale magiara. Quella di Wolverhampton è stata invece la serata di Roland Sallai, figlio e nipote d’arte, un passaggio senza sussulti al Palermo una manciata di anni fa, autore di una doppietta in casa degli inglesi. E poi quella di Nagy e Gazdag, a segno nel finale per far assumere al punteggio proporzioni da ricordare. Nello stesso giorno, l’Italia ne prendeva cinque in Germania. Ma poco importava: con il successo dell’Ungheria di Rossi, si poteva sempre dire che in quel successo in Inghilterra «c’era un po’ di Italia». 


 

Argentina-Arabia Saudita 1-2, Girone C del Mondiale, 22 novembre 2022



Gli ultimi upset da raccontare sono quelli più vicini a noi, quelli che ci hanno accompagnato durante un Mondiale a tratti bellissimo, almeno a livello calcistico. L’Argentina, che arrivava in Qatar cavalcando una striscia di 36 risultati utili consecutivi, aveva messo nel mirino il record dell’Italia di Mancini, che si era fermata a 37. Nonostante la vicinanza temporale, ripensare alla prima Argentina che abbiamo visto durante la Coppa del Mondo non è qualcosa di immediato: Scaloni aveva scelto un centrocampo con Papu Gomez e De Paul mezze ali, con il chiaro intento di dominare il contesto tattico della partita tramite il possesso del pallone. Messi e Di Maria creavano continua superiorità sul lato destro dell’Argentina, il rigore trasformato in avvio aveva messo il match in discesa. Poi, a un certo punto, la tattica del fuorigioco a tratti esasperata dell’Arabia Saudita ci aveva regalato qualcosa di totalmente diverso. I tre gol del 2-0 annullati hanno messo qualche sassolino nell’ingranaggio dei sudamericani, il discorso di Hervé Renard all’intervallo ha fatto il resto. Per ragioni forse addirittura mistiche, l’Arabia Saudita si era ritrovata avanti ribaltando lo svantaggio con gli unici due tiri finiti nello specchio della porta e iniziava a nutrirsi degli errori dell’Argentina, che si susseguivano dando ulteriore forza al demone che aveva davanti. L’Albiceleste non perdeva una partita del Mondiale in cui aveva segnato il primo gol dal 1958: per trovare una sconfitta maturata dopo aver chiuso in vantaggio il primo tempo, bisogna tornare addirittura al 1930. Com’è finito il Mondiale, però, lo sappiamo tutti. 


 

Marocco-Spagna 0-0 (3-0 dcr), Ottavi di finale del Mondiale, 6 dicembre 2022


 



Con una discreta dose di malignità, la stampa internazionale, con quella italiana in testa, aveva indicato la sconfitta della Spagna contro il Giappone come una scelta precisa: finire dal lato di tabellone più morbido, sfidando il Marocco negli ottavi di finale, rispetto a quello che avrebbe portato "la Roja" ad affrontare i vicecampioni della Croazia, andandosi inoltre a collocare sul lato privo del Brasile, ragionando dunque non tanto guardando agli ottavi, quanto già ai quarti.


 

La formazione di Regragui, reduce dalle eccellenti prestazioni fornite in un girone teoricamente di fuoco con Croazia e Belgio, si era rivelata un avversario terribile per la Spagna, acuendo le difficoltà che la formazione di Luis Enrique aveva già trovato contro il Giappone. Il Marocco aveva saggiamente scelto di difendere con un blocco basso, costringendo Busquets e compagni a cercare soluzioni che non avevano. Soltanto il passare dei minuti e l’aumentare della stanchezza avevano fiaccato l’organizzazione dei maghrebini, fino a concedere, all’ultimo pallone del match, l’occasione che avrebbe potuto cambiare le sorti del Mondiale: una zampata di Sarabia da posizione defilata che aveva colpito il palo, peraltro partendo da un possibile offside che avrebbe richiesto un riesame del VAR. Se durante regolamentari e supplementari il protagonista principale è stato un gigantesco Amrabat, nella serie di calci di rigore è emerso Bounou, da anni su buoni livelli a Siviglia ma mai così dominante come in questo Mondiale. In questo modo la Spagna ha infilato la quarta eliminazione ai rigori nella sua storia in un Mondiale: nessuno ha fatto peggio.  


 

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura