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6 talenti dalla finale dell’Europeo Under 19
25 lug 2016
25 lug 2016
3 francesi e 3 italiani che potrebbero sfondare nel calcio che conta.
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Foto di Dino Panato/Getty Images
(foto) Foto di Dino Panato/Getty Images
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Pur avendo perso in maniera netta la finale contro la Francia (4-0), il traguardo raggiunto dall’Italia Under-19 agli Europei è comunque notevole e in controtendenza in un movimento che non qualificava la propria Nazionale alle fasi finali dal 2010. D’altra parte, però, non è un risultato indicativo di una rinascita del calcio giovanile italiano né fa pensare di essere in presenza di una generazione d’oro su cui basare le proprie speranze per gli anni a venire. È quasi sempre impossibile trarre indicazioni generali dai grandi tornei internazionali, troppo brevi per poter esprimere verità assolute, a maggior ragione in questo caso: l’Italia è arrivata in finale grazie a una serie di circostanze ben precise e difficili da replicare sul lungo periodo, e basta dire che in 5 partite non è riuscita a segnare nemmeno una volta su azione. Eppure qualche ragazzo su cui puntare i propri euro per il futuro si è messo in mostra. Ecco i tre talenti più interessanti della Nazionale italiana, più tre talenti della Nazionale francese, non solo la squadra vincitrice della manifestazione ma anche la più talentuosa. Federico Dimarco - FC Internazionale - 1997

Il giocatore che ha fatto più parlare di sé durante questo Europeo, soprattutto per il fatto di essere il rigorista della squadra. Dimarco è stato il capocannoniere dell’Italia con 4 gol, 3 su rigore e uno su punizione, tutti decisivi. Il terzino sinistro dell’Inter, che l’anno prossimo giocherà in prestito a Empoli, è un profilo molto lontano dalla tradizione dei difensori italiani: piccolo (è alto 1,74 m), ma potente e con spiccate attitudini offensive. Sa scegliere bene i tempi per la sovrapposizione ed è in grado di attaccare per tutti i 90 minuti; ha una tecnica di calcio notevole, che fa valere non solo sui calci piazzati, ma anche nei cross ed è pericoloso pure quando taglia dentro il campo per tirare in porta o dare l’ultimo passaggio. Dimarco, che non a caso dice di ispirarsi a Jordi Alba e Roberto Carlos, è un terzino raro per la scuola calcistica italiana, un giocatore che incarna piuttosto bene l’evoluzione di un ruolo a cui viene data sempre maggiore importanza dal punto di vista offensivo. Per questo faremmo bene a seguire la sua crescita con molta attenzione. Alex Meret - UC Udinese - 1997

Probabilmente il miglior portiere dell’Europeo. Meret è stato da subito messo in competizione con Simone Scuffet, con cui condivide la trafila nelle giovanili dell’Udinese, sin dai tempi in cui quest’ultimo stupiva all’esordio in Serie A ancora minorenne e Meret veniva considerato il vero gioiello delle giovanili friulane. Nell’ultima stagione da secondo di Karnezis si è dovuto accontentare di due presenze in Coppa Italia e sicuramente avrà maggiori possibilità di farsi notare l’anno prossimo alla SPAL, cui è stato girato in prestito dall’Udinese. Meret ha salvato spesso l’Italia durante l’Europeo, mostrando una reattività eccezionale, che gli consente di coprire bene la porta nonostante il fisico “normale” per il ruolo (è alto 1,85 m e pesa 77 kg). Deve migliorare nelle uscite e nella gestione del pallone con i piedi, ma è già pronto per fare il titolare, anche se in Serie B. Manuel Locatelli - AC Milan - 1998

Uno dei due sotto età chiamati da Vanoli (l’altro è Patrick Cutrone, attaccante anche lui di proprietà del Milan), Locatelli è stato titolare in 4 delle 5 partite giocate dall’Italia, segnalandosi come unico altro marcatore oltre a Dimarco. Filippo Romagna, il capitano della squadra, ha usato una sola parola per descriverlo: «Qualità», e in effetti Locatelli si è dimostrato il centrocampista più bravo nella gestione del pallone, calandosi bene nel ruolo di regista della squadra e mostrando un buon gioco verticale, sia corto che lungo. È forse ancora troppo leggero per potersi imporre ad alti livelli (non è ancora tranquillo quando viene pressato e non utilizza il corpo come dovrebbe per proteggere il pallone), ma pur essendo di un anno più giovane rispetto ai compagni, è uno dei pochi ad aver esordito in Serie A, in una squadra importante come il Milan e potendo vantare una presenza da titolare a S. Siro contro la Roma. È forse il più promettente in assoluto, ma bisognerà valutarlo in squadre maggiormente votate al possesso rispetto all’Italia di Vanoli. Kylian Mbappé - AS Monaco - 1998

Pur essendo sotto età rispetto ai compagni (è un ’98) ad attestare la sua predestinazione ci sono già 11 presenze e 1 gol in Ligue 1 con il Monaco, oltre al record, strappato ad Henry, di esordiente più giovane con la maglia dei monegaschi. Mbappé è un attaccante esterno (destro di piede) che nella Francia viene schierato a sinistra per poter rientrare sul piede preferito. Ha giocato un Europeo da progetto di fenomeno: 5 gol e due prestazioni - quella in semifinale con il Portogallo e quella in finale con l’Italia - in cui le difese non sono mai riuscite a capire come affrontarlo. In finale il povero Vitturini le ha provate tutte: quando è andato in anticipo Mbappé lo ha bruciato con due falcate, stessa fine di quando è andato in contrasto. Peggio è andata quando ha provato a contenerlo sfidandolo sulla creatività, ritrovandosi con il pallone alle spalle e la maglia da tirare come unica opzione. Mbappé fa parte di questa nuova scuola di attaccanti esterni francesi con la dinamite al posto dei piedi e la tecnica nel dribbling per poter creare sempre superiorità in fascia. Capace quindi di creare un numero enorme di occasioni per i compagni. Nel torneo però ha dimostrato anche ottime letture (nel secondo gol è lui ad allargare di prima partendo spalle alla porta per l’arrivo del terzino) e soprattutto una sicurezza dei propri mezzi in area di rigore in grado di fare la differenza a livello giovanile, nascondendo poi ad esempio i difetti ancora presenti nel primo controllo: non solo arriva prima sul pallone, arriva già consapevole di cosa fare una volta impattata o controllata la sfera, cosa che lo porta ad eseguire il gesto troppo velocemente da poter essere contrastato dagli avversari. Nel Monaco troverà ancora più spazio la prossima stagione ed esiste quindi la possibilità concreta che arrivi al prossimo anno al Mondiale u20 da stella indiscussa del torneo. Jean-Kévin Augustin - Paris Saint Germain - 1997

La Francia ha creato occasioni da gol con una frequenza superiore a tutte le altre squadre. E così la presenza di Augustin è stata la garanzia di risultati tangibili per tanta produzione (i 6 gol gli sono valsi il titolo di capocannoniere del torneo). Punta di movimento, possiede una velocità di esecuzione e un fisico strutturato non arginabile a livello giovanile. Augustin ha aperto le reti della finale con un’azione che ha dimostrato la differenza di livello tra lui e i due poveri centrali italiani: ricezione spalle alla porta sulla trequarti di una palla deviata con controllo orientato e scatto immediato in conduzione per bruciare entrambi, prima di superare con facilità l’uscita del portiere ed appoggiare in rete. Una rete che sembrava segnata da un ragazzo molto più grande, sceso in oratorio a giocare con il fratellino e i suoi compagni. Dopo aver portato in vantaggio la squadra si è impegnato per il resto della partita ad aiutare la manovra, togliendo il riferimento a un centrale statico come Romagna e costringendo la linea italiana a seguirlo con lo sguardo mentre passava dalla trequarti alla fascia. La Francia l’ha utilizzato anche come potenziale minaccia in velocità. Con lui in campo i “Bleus” erano in grado di alternare pressione alta e ritmi elevati con un atteggiamento più di controllo, con Augustin sempre a minacciare trandizioni veloci per vie centrali. Quanto visto in questo torneo fa pensare ad un giocatore con ancora margini di miglioramento a disposizione e con già 13 presenze in Ligue 1 con il PSG (e 1 gol segnato) è chiaro come venga considerato il futuro del ruolo della squadra più forte di Francia. Non dovesse andare in prestito a una squadra per giocare, partirà come punta di riserva, con il PSG attento a non lasciarselo scappare, vista la penuria di punte di alto livello in circolazione. Amine Harit - FC Nantes - 1997

Il regista offensivo è il manifesto vivente dell’utilità delle squadre B nella formazione di un giocatore. Harit ha giocato nel Nantes B questa stagione, nella quarta divisione francese, allenandosi tutti i giorni con compagni più esperti e giocando la domenica contro difese più fisiche e più preparate di quelle dei pari età. Ne è uscito fuori un giocatore con la corsa leggera palla al piede di chi è abituato a condurre la sfera su campi ben più mal ridotti di quelli visti e che pur avendo già di base una tecnica superiore, vede un calcio ad un altro livello: con il pallone è in grado di dare alla manovra quella pausa necessaria a dare senso ai movimenti senza palla dei compagni. Ma Harit si muove con intelligenza anche senza palla tra le linee per ricevere alle spalle del centrocampo avversario e fornire sempre una linea di passaggio pulita ai compagni, che può servire indifferentemente con entrambi i piedi. Nel ruolo di mezzala sinistra è difficilmente contrastabile fisicamente a questi livelli, anche perché ha già nel repertorio un dribbling secco e un controllo orientato in grado di superare l’uomo che prova l’anticipo. Nella finale ha controllato la gestione del pallone con personalità, offrendosi in modo deciso anche solo per appoggi sicuri nei minuti iniziali; e dal 2-0 ha preso il controllo del ritmo della partita, iniziando una gestione più lenta con cambi gioco per aiutare la circolazione. Il Nantes ha in casa un giocatore elegante, assolutamente pronto a passare in prima squadra nella prossima stagione.

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