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Dario Saltari
5 storie assurde emerse da Football Leaks
08 dic 2016
08 dic 2016
Alcune storie poco trattate dai media italiani.
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Dario Saltari
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Come sempre succede quando c’è la parola

all’interno del nome dell’inchiesta, anche nei confronti di Football Leaks il pubblico si è spaccato in due fronti contrapposti: da una parte c’è chi pensa che sia solo un modo per soddisfare il voyeurismo del pubblico con una serie di dettagli poco rilevanti; dall’altra chi crede invece che sia un modo importante per garantire la necessaria trasparenza democratica di uno spazio pubblico.

 



 

In ogni caso, la differenza tra la mole di dati alla base dell’inchiesta (1.9 terabyte, “l’equivalente di mezzo milione di Bibbie” come dice

) e la capacità logistiche dei quotidiani (il lavoro di analisi è durato poco più di sei mesi ed è stato eseguito da circa 60 giornalisti spalmati su undici diverse riviste) spiega perché inchieste come questa promettano molto più di quanto poi mantengono.

 

Football Leaks non ci ha svelato l’arcano ma ha semplicemente definito meglio alcune cose che sapevamo già. Come il fatto che una buona fetta dei ricchi incassano parte dei propri guadagni (nel caso dei calciatori, di solito, i diritti d’immagine) in società offshore con base nei cosiddetti paradisi fiscali per pagare meno tasse o non pagarle affatto. O che le cosiddette TPO (

, aziende che detengono una parte dei diritti economici dei calciatori) non sono affatto scomparse,

, e hanno probabilmente dei conflitti d’interesse enormi con gli stessi agenti dei calciatori.

 

I giornali provano ad alzare la posta in palio con frasi evocative, ma il più delle volte le speranze vengono disilluse. Su

, ad esempio, si legge che “fra i dati si trovano connessioni con la mafia russa, despoti africani, miliardari kazaki e turchi” ma leggendo l’inchiesta non si trova nulla di tutto questo.

 

Nonostante ciò, spulciando fra le inchieste dell’EIC (European Investigative Collaborations, il consorzio di giornali che ha analizzato i dati) si trovano comunque storie e personaggi degni dei romanzi di Pynchon. Ne ho scelte cinque che forse ci dicono che il business model del calcio è giunto su un pianeta lontano che non vogliamo conoscere.

 

 



 



 

Per qualche tempo ho pensato che la talpa dietro Football Leaks fosse Ola John, giocatore olandese del Wolverhampton. Sarebbe stata una storia stupenda e invece John è solo il nome di fantasia che i giornali hanno deciso di mettergli per preservare la sua anonimità. Nessuno conosce davvero John ma dalla descrizione che ne fanno i giornali sembra essere un personaggio molto inquietante, che può ricordare Elliot di Mr Robot. Con la differenza che lui non si dichiara un hacker ma solo un appassionato di calcio.

 

John è nato in Portogallo ma parla cinque lingue, più due che sta attualmente imparando. È fidanzato, e

che ha avuto qualche tempo fa con lo Spiegel parla di tutto, dalla crisi finanziaria greca al problema dei rifugiati, indossando un semplice giubbotto di pelle con t-shirt nonostante il grande freddo. I veri problemi con John, però, sono due.

 

Il primo è che non si capisce da dove stia prendendo questo mezzo milione di Bibbie. Quando il quotidiano tedesco glielo chiede lui per prima cosa esce dal bar dove stava parlando con l’intervistatore e lo conduce in una stanza stile Matrix, in un appartamento con sistema di sicurezza digitale, porte chiuse a chiave e una cucina in comune. La stanza è ricoperta di cuoio bianco e gli unici oggetti presenti sono un divano e un laptop, anch’esso bianco.

 

Dopo avergli mostrato i file, il giornalista gli chiede nuovamente da dove li ha presi e lui finalmente dà questa risposta: «Abbiamo fonti molto serie e sicure. Nonostante ciò, alcune delle nostre fonti non sanno di essere nostre fonti». Adesso rileggete questa risposta tenendo a mente che lui ha detto di

essere un hacker.

 

Il secondo problema è che John sembra realmente qualcosa a metà tra un esaltato e un disadattato (e infatti qualcuno ha ipotizzato che qualcuno lo stia usando facendogli credere di essere Robin Hood). Quando dice di avere le prove per miliardi di evasione fiscale a livello globale aggiunge ridendo: «Spero che mi diano un po’ di tempo prima di arrestarmi». Quando accompagna l’intervistatore al suo appartamento si guarda continuamente le spalle ma poi compara questo periodo della sua vita ad una droga: «Non ho mai provato così tanta adrenalina».

 

John è uno che riesce a scindere perfettamente tra ragione e sentimento, cosa che lo avvicina di più ad un robot di Westworld che ad una persona come me e voi. L’intervista con lo

si chiude con lui che dice di voler aprire gli occhi alle persone, di voler dimostrare che «il business intorno al calcio si è trasformato in una grande organizzazione criminale» poco prima di chiudere il computer e mettersi a guardare Real Madrid - Roma di Champions League.

 

 



 



 

Fino alla primavera di quest’anno John e i suoi collaboratori pubblicavano i documenti direttamente su un

in Wordpress che si chiamava, per l’appunto, Football Leaks. La tensione tra gossip e giornalismo era già emersa in alcuni di questi documenti pubblicati precedentemente alle inchieste dell’EIC, come quello legato al

di Gareth Bale dal Tottenham al Real Madrid.

 

Gran parte dei giornali hanno scarnificato quel contratto traendone i dettagli più gustosi per il pubblico e cioè che il prezzo reale pagato dal Real Madrid non fosse 91.5 milioni di euro, come detto inizialmente alla stampa, ma 100.7, probabilmente per questioni legate all’ego di Cristiano Ronaldo. Al paragrafo 15 di quel contratto Real Madrid e Tottenham si accordano esplicitamente per pubblicare una cifra falsa.

 

Ma qualcosa di più importante uscì poco dopo. Al paragrafo 3 si legge infatti che le quattro rate del pagamento sarebbero state effettuate dal Real Madrid attraverso le cosiddette

, uno strumento finanziario attraverso cui il debitore si impegna a pagare la cifra stabilita ad una data decisa precedentemente.

, le

emesse al Tottenham sono state acquistate successivamente da alcune banche spagnole, tra cui Bankia.

 

Il problema è che Bankia era stata salvata circa un anno prima dall’ESM (lo European Stability Mechanism, il cosiddetto “fondo salva-Stati” fondato nel 2010 dall’Unione Europea) con un prestito di circa 18 miliardi di euro. In altre parole, Bankia si era assunta il rischio finanziario dell’acquisto di Bale anche grazie ai soldi dei contribuenti europei.

 

La questione, che per la verità non ha avuto una grande risonanza sui giornali italiani, è tornata quindi al Parlamento Europeo all’inizio di quest’anno, attraverso l’interrogazione

alla Commissione di Sander Loones, Ramon Tremosa i Balcells e Daniel Dalton. Il titolo dell’interrogazione è surreale: “Possibile caso di aiuto di Stato sul trasferimento di Gareth Bale al Real Madrid finanziato da banche salvate”. O più semplicemente, come l’aveva messa il parlamentare olandese Derk Jan Eppink nella

tre anni prima: Real Madrid ‘Bale out’.

 

 



 



 

Una delle cose che non saremmo mai venuti a sapere senza Football Leaks è l’esistenza del Messi & Friends Tour, una serie di partite tra stelle del calcio che l’entourage di Messi ha messo in piedi tra il 2012 e il 2013 formalmente per raccogliere fondi a scopo benefico. Il dubbio che in realtà però venisse usato per altri scopi è sorto negli ultimi mesi da più parti.

 

In primo luogo proprio grazie alle informazioni fuoriuscite con Football Leaks, secondo le quali Capello, che era stato scelto per “allenare” gli amici di Messi, avrebbe contrattato un ingaggio da 75mila dollari. Questi soldi, tra l’altro, sono arrivati all’allenatore italiano con un complesso sistema finanziario di scatole cinesi attraverso una serie di società estere, tra cui la famigerata Doyen, con base in Uruguay, Malta e Gran Bretagna.

 

In secondo luogo per via delle indagini delle autorità giudiziarie spagnole, che alla fine del 2013 hanno addirittura ipotizzato che il Messi & Friends Tour fosse uno strumento utilizzato da spacciatori colombiani per riciclare denaro (ipotesi che

è stata però rifiutata dal giudice).

 

Ma soprattutto è il modo in cui il Messi & Friends Tour è andato a destare i maggiori sospetti. Dire che il Messi & Friends Tour sia andato male, infatti, è un enorme, incredibile eufemismo. Una delle partite del tour, a Los Angeles, venne annullata appena 24 ore prima di essere giocata,

una delle responsabili degli sponsor che sostenevano l’evento a dire di non essersi mai ritrovata in una situazione simile in tutta la sua carriera.

 

Nella partita successiva, a Chicago, dopo che l’organizzazione aveva faticato a trovare gli elementi che dovevano comporre la selezione “Resto del mondo”, Messi è rimasto in campo solo 68 minuti, non presentandosi all’evento successivo, che però era incluso nell’esperienza acquistabile con il biglietto VIP al modico prezzo di 2500 dollari. La società organizzatrice è stata quindi costretta a risarcire chi aveva acquistato il biglietto VIP, tra cui anche un padre premuroso che ha

la storia alla stampa.

 



 

Forse dovevamo farci venire dei dubbi anche solo per il nome sfacciatamente pavarottiano.

 

 



 



 

Uno dei nomi che ricorre più frequentemente nelle inchieste dell’EIC è quello di Gustavo Arribas, affarista argentino molto influente in Brasile e grande amico dell’ex presidente del Boca Juniors e attuale presidente dell’Argentina Mauricio Macri. Arribas di mestiere nasce notaio ma è molto probabile che non si sia guadagnato da vivere firmando scartoffie.

 

Ecco una lista sintetica delle trattive portate avanti da Arribas:

 


 

Oggi Gustavo Arribas è direttore generale dell’AFI (Agencia Federal de Inteligencia), i servizi segreti argentini.

 

 



 



 

Nelle carte di Football Leaks, il padre ricopre quasi sempre la figura del profittatore avido che lucra sul talento del figlio. Jorge Higuain, padre di Gonzalo, è la figura principale che faceva viaggiare il denaro del figlio in giro per il mondo in cerca di regimi fiscali favorevoli. Allo stesso modo, Jorge Messi, padre di Lionel, è uno degli uomini che ha organizzato il Messi & Friends Tour e che gestisce gran parte dei suoi interessi fiscali.

 

In questo scenario desolante, però, c’è ancora spazio per un’isola felice. Tra i nomi tirati fuori dall’EIC dai 1.9 terabyte di Football Leaks c’è infatti anche

di Hans Erik Odegaard, padre e agente di Martin.

 

La storia è stata raccontata da

, anch’esso membro dell’EIC, in questo modo. Nel dicembre del 2015, circa dieci mesi dopo essere passato al Real Madrid, Odegaard viene avvicinato da una società che gli propone di gestire i suoi diritti d’immagine, nella maniera in cui ormai abbiamo imparato a conoscere. Il padre, però, avrebbe risposto a questa richiesta in questo modo: «Guadagnerà tanti soldi in ogni caso, c’è anche una questione morale che ci impedisce di risparmiare denaro in tasse mentre c’è gente che deve lottare per pagare le bollette».

 

Possiamo prendere questa dichiarazione in tanti modi. Possiamo guardare l’altra metà della mela (quella in cui il padre dice anche che “è rischioso fondare una società adesso” perché Odegaard dovrebbe “guadagnare molto di più prima che sia conveniente”), dubitare della sua stessa veridicità oppure estrarne il succo più profondo: e cioè che, anche nel calcio, non tutte le persone sono uguali e ciò che le distingue sono le scelte che fanno.

 

 

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