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Daniele V. Morrone
5 idee con cui Guardiola ha innovato la Premier League
22 feb 2019
22 feb 2019
Il tecnico catalano ha lasciato un'impronta indelebile sul calcio inglese.
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Daniele V. Morrone
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Bisogna fare una considerazione di ordine generale. Quello che viene oggi celebrato come il calcio del futuro in Premier League, si è fatto strada utilizzando gli insegnamenti che da anni sono parte del linguaggio comune in molte parti del mondo e di cui Guardiola, alla fine, non è altro che un ambasciatore, anche se uno dei più importanti. Per arrivare al gioco attuale Guardiola ha attinto anche dalla sua esperienza ai massimi livelli con maestri come Cruyff e van Gaal, riportando alla luce soluzioni tattiche da inserire nel suo sistema, anche in corsa. E anche, rischiando, quando i risultati erano dalla sua parte.

 



 




 



 





 



 



 



 



 





 



 



 



 




 



 

A fare ancora di più la differenza è la sicurezza che Ederson ha con il pallone tra i piedi. Le sue letture, in particolare, permettono al City di evitare la pressione alta avversaria e di sfruttarla a proprio vantaggio. C’è anche una ragione aritmetica semplice dietro: con Ederson che agisce a tutti gli effetti come libero della linea difensiva in grado di ricevere e giocare il pallone, l’avversario (che non può a sua volta alzare il portiere) si trova sempre in inferiorità numerica in difesa se prova a pareggiare i numeri davanti con il pressing. E se lo fa ecco che Ederson ha le letture per capire dove superare subito le linee di pressione verso il giocatore libero a centrocampo o direttamente in attacco.

 



 





 


Anche se rispetto alla Premier League attuale il campo sembrava più grande e la pressione ad alta intensità cosa per pochi, il germe di quanto si vede oggi nel City in uscita palla arriva dal Dream Team di Cruyff.

 

L’idea iniziale in questo ciclo del City era di avere una coppia di terzini atleticamente superiore, in grado di supportare la manovra lungo tutto il campo fornendo sempre l’ampiezza allo schieramento anche in un campionato fisico come la Premier League. Per questo, il meccanismo del falso terzino la prima stagione non è stato quasi mai utilizzato solo sfiorato e nella seconda sono stati spesi tantissimi soldi per avere due terzini molto fisici come Mendy e Walker.

 

Due imprevisti, però, hanno portato allo sviluppo del falso terzino anche in Premier League: la rottura del crociato da parte di Mendy nel settembre del 2017, e le difficoltà strutturali del City nel consolidare il possesso nella fascia centrale del campo in un campionato molto dinamico e fisico come la Premier League. Dopo il suo primo anno in Inghilterra, Guardiola è stato molto sincero nel dire di aver sottovalutato il caos che si sviluppa improvvisamente in alcune azioni, dove i giocatori si preoccupano più di mandare il pallone più in aria che a terra, rendendo impossibile una manovra razionale. Una difficoltà che si ripercuote anche sulla transizione difensiva, con i giocatori che devono essere in grado di stare al passo con la velocità del contropiede avversario in caso di palla persa.

 

Questa consapevolezza ha portato Guardiola a chiedere a Delph di fare il terzino sinistro, in modo di farlo ricevere con il corpo sempre dentro al campo. Delph ha quindi affiancato Fernandinho a centrocampo in fase di possesso, mentre Walker si allineava con Stones (pivot difensivo) e Otamendi a formare un temporaneo 3-2-4-1. Un modo per avere immediata superiorità numerica in fase di uscita e rispondere a eventuali marcature a uomo sul mediano brasiliano. Quando questo tipo di schieramento si è concretizzato, Sterling e Sané si sono mantenuti larghi, quasi a pestare la linea del fallo laterale, in modo da minacciare sempre l’ampiezza. In generale, 

il City fa uscire il pallone con almeno 6 uomini nella propria metà campo, mentre i 5 restanti di muovono dietro la pressione per ricevere l’eventuale verticalizzazione.

 

Questo meccanismo ha costretto gli avversari a spingersi agli estremi della propria strategia: il Liverpool di Klopp, ad esempio, ha arretrato molto il proprio baricentro proprio per non concedere spazio alle spalle di linee di pressione e puntare sulle transizioni lunghe, e anche il Palace di Hodgson più recentemente ha dato tanti problemi al City puntando sull’assenza di pressione alta in favore di contropiedi micidiali.

 

Il falso centrale

Quello del “falso centrale”, invece, è un meccanismo che si è visto del tutto solo in questo inizio di 2019, anche se si erano notate le prime avvisaglie la scorsa stagione (in uno degli scontri in Champions contro il Liverpool). In particolare nell’ultima partita contro l’Arsenal a febbraio, dove erano a disposizione sia Danilo che Delph, e in cui la scelta di Guardiola è ricaduta su una difesa a 3 che prevedeva la presenza di Fernandinho in campo sia come centrocampista che come difensore centrale, a seconda della fase di gioco.

 

In questo caso, invece di sfruttare uno dei propri terzini per occupare il centro del campo con un movimento in diagonale dall’esterno verso l’interno, si utilizza uno dei centrali con uno contrario a quello che solitamente viene chiamato “salida lavolpiana”. Più in particolare, Fernandinho parte difensore centrale in fase di difesa posizionale e avanza con la manovra fino a centrocampo una volta recuperata palla, dove si trova in caso di perdita del pallone. A fine gara Guardiola ne ha spiegato il motivo: «Avevamo bisogno di un giocatore che potesse giocare dietro e allo stesso tempo nel mezzo, avere lì un altro giocatore per aumentare le linee di passaggio. Specialmente perché giocavano con due punte insieme, avanzare i nostri terzini rischiava di farci ucciderci con il contropiede, per questo ho scelto di proteggerci nelle transizioni difensive con la linea a tre centrali dietro».

 

L’obiettivo è sempre lo stesso: avere superiorità numerica nell’uscita del pallone dalla difesa mantenendo l’ampiezza, con tre giocatori disposti a distanza sulla prima linea, due messi vicini nella fascia centrale sulla seconda, e due esterni molto larghi. C’è da dire che questo meccanismo è però talmente delicato e controintuitivo da non poterlo fare se non con un giocatore di cui potersi fidare ciecamente, come per l’appunto Fernandinho.

 

Anche in questo caso Guardiola non si è inventato nulla. Il meccanismo del “falso centrale” si rifà a quello utilizzato in passato soprattutto da Johan Cruyff allenatore del Barcellona proprio quando giocava Guardiola (ormai abbiamo capito il trucco). In quel caso era il centrocampista Miquel Ángel Nadal (sì, lo zio del tennista Rafa) che veniva utilizzato partendo dalla linea difensiva, per poi alzarsi all’altezza del regista (Guardiola, per l’appunto) con l’uscita del pallone e andare anche oltre con il prosieguo della manovra fino alla conclusione, come un centrocampista box to box.

 




 



 





 


La difesa dell’Arsenal è solitamente prona ad errori, ma in questo caso è stata investita da un meccanismo che sembra uscire dallo script di un videogioco: Sterling passa la palla e si muove già per tagliare in area, mentre Agüero dall’altra parte si prepara per ricevere il cross.


 



 



 



 



 



 



 



 



 

 

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