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5 idee con cui Guardiola ha innovato la Premier League
22 feb 2019
22 feb 2019
Il tecnico catalano ha lasciato un'impronta indelebile sul calcio inglese.
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Nonostante non abbia alzato trofei la sua prima stagione e si sia preso la sua lunga sfilza di critiche, l’impatto di Guardiola in Premier League dal punto di vista tattico è stato quasi immediato. Certo, l’allenatore catalano ha avuto le sue difficoltà ad adattarsi al calcio inglese, così diverso dal suo gioco posizionale, ma a vedere giocare oggi il Manchester City, se non vi bastano i risultati già raggiunti e sotto gli occhi di tutti, si può dire che l’esperimento sia del tutto riuscito.

Il calcio di Guardiola, nonostante gli adattamenti e le influenze della Bundesliga e poi della Premier League, è evidente ancora oggi nei suoi principi cardine. Così come nel suo primo Barcellona, anche nel Manchester City tutta la squadra partecipa all'azione, sia chi è in possesso del pallone sia chi invece si muove senza palla, manipolando il campo con la sua posizione.

Bisogna fare una considerazione di ordine generale. Quello che viene oggi celebrato come il calcio del futuro in Premier League, si è fatto strada utilizzando gli insegnamenti che da anni sono parte del linguaggio comune in molte parti del mondo e di cui Guardiola, alla fine, non è altro che un ambasciatore, anche se uno dei più importanti. Per arrivare al gioco attuale Guardiola ha attinto anche dalla sua esperienza ai massimi livelli con maestri come Cruyff e van Gaal, riportando alla luce soluzioni tattiche da inserire nel suo sistema, anche in corsa. E anche, rischiando, quando i risultati erano dalla sua parte.

Guardiola, per definizione, non è uno che si accontenta e ha continuato a provare delle innovazioni che oggi fanno parte integrante del discorso tattico comune. Anche quest’anno, con il City alla rincorsa del Liverpool, e dopo il dominio dello scorso anno, quando quindi qualsiasi altro allenatore avrebbe continuato a far funzionare soluzioni vecchie, non toccando gli equilibri raggiunti, Guardiola sta rinnovando il suo stile.

Questi sono alcuni esempi delle principali innovazioni apportate da Guardiola al discorso tattico della Premier League in questi tre anni.

Rinventare le mezzali

Come predicato da Juanma Lillo, allenatore spagnolo al momento al Vissel Kobe e maestro di Guardiola, il gioco di posizione consiste nel generare superiorità alle spalle delle linee di pressione avversarie attraverso il possesso del pallone e i movimenti dei giocatori. Per questo viene curata in modo maniacale l’uscita del pallone dalla difesa, perché non ci può essere superiorità se non si supera la prima pressione avversaria, che per l’appunto è quella sulla propria difesa.

Una volta fatto avanzare il pallone l’attenzione di sposta sulla zona di rifinitura, quella dove Guardiola vuole i propri giocatori in grado di ricevere con spazio e con il tempo necessario per essere liberi di inventare. Lo scopo, insomma, è quello di mettere i propri giocatori nella migliore condizione possibile per essere creativi fronte all’area avversaria e per riuscirci non bastano meccanismi consolidati ma anche giocatori tecnicamente superiori e tatticamente intelligenti, per sapere dove muoversi e cosa fare una volta ricevuta palla. Non basta insomma sapere dove ricevere, il giocatore deve anche poi essere in grado di giocare il pallone da quella posizione. Per dirla con Cruyff: tutto nasce dal controllo del pallone e dal passaggio.

Proprio la zona di rifinitura è stato il primo spazio dove Guardiola è intervenuto, riconvertendo quelle che erano ali che partivano larghe per accentrarsi solo in un secondo momento come David Silva e De Bruyne (e ora Bernardo Silva) a mezzali vere e proprie. A giocatori, cioè, che ricevono direttamente nel mezzo spazio, per poi muoversi in verticale a seconda dell’altezza del pallone. Le due mezzali del Manchester City non hanno però lo stesso compito e tendono a muoversi in maniera asincrona, andando una incontro alla difesa per facilitare la risalita del pallone e l'altra alle spalle del centrocampo avversario.

In questo senso la figura di De Bruyne è paradigmatica perché rappresenta sia ordine e controllo tecnico nell’uscita del pallone, sia creatività pura nella zona di rifinitura. Grazie a giocatori come De Bruyne il City riesce manipolare le linee avversaria a piacimento: grazie al controllo tecnico in spazi stretti i giocatori di Guardiola possono ad esempio creare densità sul lato forte per liberare poi l’uno contro uno sul lato debole.

Guardiola ha detto molte volte che il suo lavoro di tecnico sta nel mettere la squadra nella condizione di arrivare nel modo migliore alla zona di rifinitura, da lì sta ai giocatori più talentuosi trovare la soluzione migliore per arrivare alla conclusione. E, in questo senso, aver messo due giocatori così tecnici nei mezzi spazi permette la creazione dei triangoli che danno al portatore di palla sempre più di un'opzione di passaggio, aiutandolo anche in contesti caotici e atleticamente opprimenti come quelli della Premier League.

Il portiere libero

Quello del portiere libero è un ruolo che ha iniziato a svilupparsi già a partire dagli anni ‘70 ma che nel calcio contemporaneo, soprattutto grazie a Guardiola, sta diventando sempre più influente. Il modo in cui però è stato utilizzato Ederson fin dal suo arrivo al Manchester City nell’estate del 2017 è stato senza precedenti, e ha avuto un grosso impatto sulla Premier League.

Prima del tecnico catalano in pochi si concentravano sull’abilità tecnica dei portieri in Inghilterra, sulla loro visione di gioco; agli estremi difensori erano richieste tre cose: parare i tiri, uscire alto sui cross e rilanciare lungo il pallone. La tipologia di portiere cercata e sviluppata andava quindi in quella direzione: portieri alti per intercettare i cross e reattivi tra i pali, come Cech e De Gea.

Una delle prime controversie che ha riguardato Guardiola da tecnico del City è stata proprio l’idea di liberarsi di un portiere come Joe Hart (in quel momento ancora quotato in Premier League) a favore di Claudio Bravo. Ad ogni errore del portiere cileno, particolarmente insicuro nelle uscite alte, non mancava chi sottolineava che quella scelta, spesso considerata più di stile che di reale utilità pratica, era stata presa da Guardiola.

L’arrivo di Ederson, in questo senso, sembra aver messo tutti d’accordo e forse non è un caso che dopo il suo arrivo anche molte altre grandi squadre della Premier League si siano mosse nella stessa direzione. Arrizabalaga al Chelsea, Leno all’Arsenal e soprattutto Alisson al Liverpool sono tre portieri con caratteristiche diverse, ma tutti a loro agio nel giocare con i piedi fuori dall’area, dimostrando quanto questa idea si sia radicata nel tempo anche nel resto delle squadre inglesi.

Il portiere svolge un ruolo tattico fondamentale in due aspetti: nell'uscita del pallone dalla difesa e nelle transizioni difensive. Il motivo dell’importanza nelle transizioni difensive è evidente: in una squadra che gioca con un baricentro spostato in avanti, è necessario avere un portiere in grado di intervenire oltre l’area di rigore. Il gioco di Guardiola ha bisogno di un portiere con le caratteristiche atletiche di Ederson per competere con i ritmi della Premier League, in questo l’impatto del brasiliano è stato immediato e si è ripercosso anche sul modo in cui gli avversari attaccano in contropiede. Non è più possibile semplicemente lanciare lungo nei pressi dell’area del City, Ederson sa perfettamente come uscire in anticipo sulla punta.

A fare ancora di più la differenza è la sicurezza che Ederson ha con il pallone tra i piedi. Le sue letture, in particolare, permettono al City di evitare la pressione alta avversaria e di sfruttarla a proprio vantaggio. C’è anche una ragione aritmetica semplice dietro: con Ederson che agisce a tutti gli effetti come libero della linea difensiva in grado di ricevere e giocare il pallone, l’avversario (che non può a sua volta alzare il portiere) si trova sempre in inferiorità numerica in difesa se prova a pareggiare i numeri davanti con il pressing. E se lo fa ecco che Ederson ha le letture per capire dove superare subito le linee di pressione verso il giocatore libero a centrocampo o direttamente in attacco.

Il portiere brasiliano in questa stagione ha addirittura 1 assist e 3 passaggi chiave: non esiste più il pre-concetto per cui il portiere è solo l'ultimo ricorso per uscire dalla difesa col pallone.

Il falso terzino

Quello del “falso terzino” è un meccanismo che prevede, in fase di uscita del pallone, che uno dei terzini (o entrambi, nel caso in cui il vertice basso di centrocampo scenda tra i due centrali) compia un movimento in diagonale dentro il campo per affiancarsi ai centrocampisti. Guardiola l’aveva reso celebre già al Bayern Monaco, in cui Lahm ha forse trovato la sua massima espressione proprio in quel ruolo, traendo forse spunto dalla sua esperienza da giocatore, quando, con Cruyff in panchina, veniva spesso affiancato dai terzini Sergi o Ferrer in uscita palla dalla difesa.

Anche se rispetto alla Premier League attuale il campo sembrava più grande e la pressione ad alta intensità cosa per pochi, il germe di quanto si vede oggi nel City in uscita palla arriva dal Dream Team di Cruyff.

L’idea iniziale in questo ciclo del City era di avere una coppia di terzini atleticamente superiore, in grado di supportare la manovra lungo tutto il campo fornendo sempre l’ampiezza allo schieramento anche in un campionato fisico come la Premier League. Per questo, il meccanismo del falso terzino la prima stagione non è stato quasi mai utilizzato solo sfiorato e nella seconda sono stati spesi tantissimi soldi per avere due terzini molto fisici come Mendy e Walker.

Due imprevisti, però, hanno portato allo sviluppo del falso terzino anche in Premier League: la rottura del crociato da parte di Mendy nel settembre del 2017, e le difficoltà strutturali del City nel consolidare il possesso nella fascia centrale del campo in un campionato molto dinamico e fisico come la Premier League. Dopo il suo primo anno in Inghilterra, Guardiola è stato molto sincero nel dire di aver sottovalutato il caos che si sviluppa improvvisamente in alcune azioni, dove i giocatori si preoccupano più di mandare il pallone più in aria che a terra, rendendo impossibile una manovra razionale. Una difficoltà che si ripercuote anche sulla transizione difensiva, con i giocatori che devono essere in grado di stare al passo con la velocità del contropiede avversario in caso di palla persa.

Questa consapevolezza ha portato Guardiola a chiedere a Delph di fare il terzino sinistro, in modo di farlo ricevere con il corpo sempre dentro al campo. Delph ha quindi affiancato Fernandinho a centrocampo in fase di possesso, mentre Walker si allineava con Stones (pivot difensivo) e Otamendi a formare un temporaneo 3-2-4-1. Un modo per avere immediata superiorità numerica in fase di uscita e rispondere a eventuali marcature a uomo sul mediano brasiliano. Quando questo tipo di schieramento si è concretizzato, Sterling e Sané si sono mantenuti larghi, quasi a pestare la linea del fallo laterale, in modo da minacciare sempre l’ampiezza. In generale, il City fa uscire il pallone con almeno 6 uomini nella propria metà campo, mentre i 5 restanti di muovono dietro la pressione per ricevere l’eventuale verticalizzazione.

Questo meccanismo ha costretto gli avversari a spingersi agli estremi della propria strategia: il Liverpool di Klopp, ad esempio, ha arretrato molto il proprio baricentro proprio per non concedere spazio alle spalle di linee di pressione e puntare sulle transizioni lunghe, e anche il Palace di Hodgson più recentemente ha dato tanti problemi al City puntando sull’assenza di pressione alta in favore di contropiedi micidiali.

Il falso centrale

Quello del “falso centrale”, invece, è un meccanismo che si è visto del tutto solo in questo inizio di 2019, anche se si erano notate le prime avvisaglie la scorsa stagione (in uno degli scontri in Champions contro il Liverpool). In particolare nell’ultima partita contro l’Arsenal a febbraio, dove erano a disposizione sia Danilo che Delph, e in cui la scelta di Guardiola è ricaduta su una difesa a 3 che prevedeva la presenza di Fernandinho in campo sia come centrocampista che come difensore centrale, a seconda della fase di gioco.

In questo caso, invece di sfruttare uno dei propri terzini per occupare il centro del campo con un movimento in diagonale dall’esterno verso l’interno, si utilizza uno dei centrali con uno contrario a quello che solitamente viene chiamato “salida lavolpiana”. Più in particolare, Fernandinho parte difensore centrale in fase di difesa posizionale e avanza con la manovra fino a centrocampo una volta recuperata palla, dove si trova in caso di perdita del pallone. A fine gara Guardiola ne ha spiegato il motivo: «Avevamo bisogno di un giocatore che potesse giocare dietro e allo stesso tempo nel mezzo, avere lì un altro giocatore per aumentare le linee di passaggio. Specialmente perché giocavano con due punte insieme, avanzare i nostri terzini rischiava di farci ucciderci con il contropiede, per questo ho scelto di proteggerci nelle transizioni difensive con la linea a tre centrali dietro».

L’obiettivo è sempre lo stesso: avere superiorità numerica nell’uscita del pallone dalla difesa mantenendo l’ampiezza, con tre giocatori disposti a distanza sulla prima linea, due messi vicini nella fascia centrale sulla seconda, e due esterni molto larghi. C’è da dire che questo meccanismo è però talmente delicato e controintuitivo da non poterlo fare se non con un giocatore di cui potersi fidare ciecamente, come per l’appunto Fernandinho.

Anche in questo caso Guardiola non si è inventato nulla. Il meccanismo del “falso centrale” si rifà a quello utilizzato in passato soprattutto da Johan Cruyff allenatore del Barcellona proprio quando giocava Guardiola (ormai abbiamo capito il trucco). In quel caso era il centrocampista Miquel Ángel Nadal (sì, lo zio del tennista Rafa) che veniva utilizzato partendo dalla linea difensiva, per poi alzarsi all’altezza del regista (Guardiola, per l’appunto) con l’uscita del pallone e andare anche oltre con il prosieguo della manovra fino alla conclusione, come un centrocampista box to box.

Come detto a suo tempo da Guardiola: «Cruyff ha costruito la cattedrale, il nostro lavoro è la manutenzione».

Il cross basso

Ma la partita contro l’Arsenal non è stata solo importante per analizzare il meccanismo del “falso centrale” ma anche per notare, come hanno fatto ad esempio sia Rory Smith sul New York Times, che Michael Cox su ESPN, l’ormai evidente facilità con cui il City riesce a segnare gol su cross bassi che servono l’attaccante a pochi metri dalla linea di porta. Il secondo di Agüero in quella partita, ad esempio, è iniziato da un’azione di Fernandinho passato a centrocampo. Il brasiliano ha cambiato gioco su Sterling largo a sinistra, e ha innescato una triangolazione tra l’esterno e Gündogan; il turco gli ha restituito il pallone di prima permettendogli di arrivare al cross, ancora di prima, per Agüero, che ha segnato a pochi centimetri dalla porta.

La difesa dell’Arsenal è solitamente prona ad errori, ma in questo caso è stata investita da un meccanismo che sembra uscire dallo script di un videogioco: Sterling passa la palla e si muove già per tagliare in area, mentre Agüero dall’altra parte si prepara per ricevere il cross.

Questo meccanismo comporta che il City si stabilisca in maniera fissa nella trequarti avversaria, con i giocatori schierati e pronti a far partire dei movimenti allenati che hanno lo scopo di disordinare le linee difensive avversarie. Con l’obiettivo di arrivare con un giocatore che, tagliando sul secondo palo, deve solo toccare il pallone per metterlo in porta.

Prendiamo di nuovo il gol di Agüero contro l’Arsenal. In questo caso, non si può arrivare al gol senza aver prima manipolato la struttura difensiva dell’Arsenal, portandola su un lato con la superiorità numerica generata dalla posizione di Fernandinho e poi sfruttare il lato debole dall’altra parte utilizzando Sterling, con Gündogan e David Silva liberi in zona di rifinitura (con uno che porta via l’uomo al giocatore che deve ricevere con un movimento senza palla). Con l’utilizzo continuo del passaggio tra lato forte in superiorità numerica e lato debole, e con la ricerca della superiorità numerica attraverso il dribbling, Guardiola costringe i sistemi difensivi avversari a dover controllare sia la profondità che l’ampiezza, finendo spesso per soccombere.

In altre parole, gli avversari sembrano avere una coperta sempre troppo corta: una squadra che protegge il centro del campo non può pretendere anche di coprire le fasce se non scivolando lateralmente in modo compatto; mentre una squadra che si allarga per difendere entrambe le fasce, non può coprire i movimenti in profondità al centro. Gli avversari possono provare a difendersi dietro la linea della palla con una linea a cinque in modo da occupare orizzontalmente tutta l’area piccola, ma questo porta di solito gli avversari a schiacciarsi verso la linea di porta, liberando spazio al limite dell’area per i tiratori.

In questa stagione il City ha tirato come nessuno in Premier League dall’area piccola (47 volte, 9 più del Tottenham secondo) e con una qualità incomparabile a qualsiasi altra squadra in Inghilterra: con 66.83 xG a metà febbraio, arriva a 15 xG più del Liverpool secondo nella classifica. A livello di singoli le cose non cambiano: Agüero è primo per xG prodotti (17.14) mentre tre dei primi cinque giocatori per Expected Assist della Premier League sono del City (Sterling, Silva e Sané).

Riassumendo con le parole di Cox: «Il motivo per cui hanno segnato più gol non è semplicemente perché fanno il maggior numero di tiri nel campionato, ma perché tirano da molto vicino. Guardiola ha enfatizzato l’importanza nel far arrivare il pallone nelle zone ad alta percentuale di realizzazione, e questo viene evidenziato dalla regolarità con cui il City segna a porta vuota».

Il cross basso, in questo senso, è in totale controtendenza rispetto all’utilizzo dei cross che storicamente si fa nel calcio inglese, di solito alti, per la testa di giocatori possenti e in grado di battagliare nel duello aereo con il centrale avversario. Il City, invece, ha quasi tutti giocatori offensivi brevilinei e bassi. Questo tipo tanto specifico di conclusione in porta dimostra anche l’influenza che stanno avendo le statistiche avanzate sul calcio di Guardiola, sempre più attento a trovare l’efficienza nella conclusione.

Certo, il metodo di Guardiola non è scevro da critiche. Jonathan Wilson, ad esempio, ha parlato della tendenza di Guardiola di sovrallenare il suo City: «Rimane la sensazione che quando la pressione sale, Guardiola rimugini troppo sulla questione». Il tecnico catalano viene criticato proprio per provare alcune mosse azzardate anche nelle fondamentali sfide ad eliminazione diretta della Champions League, in cui si sono poi rivelate controproducenti (come ad esempio nel famoso Barcellona-Bayern Monaco del 2015, in cui ha cercato di difendere a uomo a tutto campo contro Messi, Suarez e Neymar). È un’osservazione sensata ma che forse sottovaluta il lavoro di preparazione che Guardiola effettua in campionato, che spesso diventa un laboratorio tattico proprio per la Champions League (e infatti il meccanismo del “falso centrale”, dopo essere stato utilizzato in campionato, è stato riproposto pochi giorni fa in Champions League contro lo Schalke, all’andata degli ottavi di finale).

E ovviamente in questo discorso non va dimenticata la forza degli avversari. Come già successo in passato, arriverà la contromisura che metterà in crisi Guardiola, che porterà il tecnico del City a trovarne una nuova, e così via. È così che il calcio si sviluppa e progredisce: attraverso la competizione tra idee diverse. Al di là dei numeri e dei ruoli, la più grande eredità di Guardiola come allenatore sembra essere proprio la spinta continua ad innovare.

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