
Questo strano Europeo Under-21 giocato su due fasi si è concluso con un esito poco strano: ha vinto la Germania. Il formato e la calendarizzazione infelice ne hanno attenuato l’interesse generale attorno, ma anche questo torneo ha proposto come sempre un ottimo menù di giovani talentuosi, spesso capaci di sorprenderci. La Francia è stata eliminata subito, e hanno finito per giocarsi il trofeo due scuole di grande tradizione giovanile, come quella del Portogallo e della Germania. Hanno giocato con le armi della loro tradizione: da una parte la squadra lusitana ha confermato una capacità quasi mistica di creare giocatori di grande sensibilità tecnica; dall’altra la Germania era la squadra più organizzata, con un livello atletico fuori scala nel contesto Under-21. Abbiamo scelto i cinque giocatori che più si sono messi in mostra in queste partite: la maggior parte di loro in modo inatteso. Abbiamo escluso dall'articolo Florian Wirtz, autore di una doppietta in semifinale contro l'Olanda, ma giocatore già noto, a cui abbiamo dedicato anche un articolo lungo.
Niklas Dorsch - Germania - Mediano
Niklas Dorsch ha braccia grosse come prosciutti, sopra ha tatuata l’immagine di un bosco e altre cose: una candela, un occhio, una piuma dei nativi americani, i nomi di madre e sorella. Porta baffi e pizzetto e un doppio taglio sfilato in modo brutale. Francamente sembra avere 30 anni, e invece era all’Europeo Under-21, dove ha guidato il centrocampo della Germania con piglio da sergente. Maglia numero 6, attillata sui pettorali, il suo ruolo era quello di correggere tutte le piccole sbavature difensive della propria squadra. Appena si apriva un buco, un giocatore da recuperare, una palla da tamponare, arrivava Dorsch duro come la pietra. Il tuo tempismo in tackle, e la sua ruvidità, è quella dei mediano di un calcio passato. Ha qualcosa di Daniele De Rossi, per esempio, per come scivola sull’esterno godendo preventivamente della scivolata che sta per fare, per la palla che sta per mettere in rimessa laterale. Poi si rialza incazzato, chiama le posizioni, controlla che sia tutto sotto controllo. Contro il Portogallo, nel contesto delle squadre lunghe e sfilacciate del secondo tempo, è stato un tampone fondamentale per le transizioni avversarie. Dice che prima delle partite mette le canzoni dei Rammstein per caricarsi. Mettete pure questa gif alla voce del dizionario “Mediano roccioso”:
È stato il centrocampista difensivo migliore di tutto l’Europeo, ma il suo apporto non si è limitato alla fase difensiva. Nella distribuzione della palla la sua tecnica è sobria ed efficace. Certo, niente a che vedere con Toni Kroos, a cui era stato paragonato all’inizio della carriera, quando militava nelle giovanili del Bayern Monaco, ma un giocatore capace anche di passaggi taglia-linee non banali.
A 23 anni la sua carriera è strana e la scorsa estate si è ritrovato al Gent, dopo alcuni anni di gavetta che hanno fatto pensare al Bayern che non potesse giocare a quel livello. Ha giocato quaranta partite, accumulando esperienza fuori dai radar delle grandi squadre. Chissà che questo Europeo non ce l’abbia rimesso però. È stato il migliore in campo della finale.
Myron Boadu - Olanda - Attaccante
Non è stato un Europeo di grandi numeri 9. Rafael Leao è stato tra le delusioni più grandi della competizione, la Germania ha giocato spesso senza centravanti, così come la Danimarca. Myron Boadu, però, che arrivava come uno dei giocatori più attesi, non ha deluso le aspettative. Era uno dei giocatori che arrivava con più esperienza alle sue spalle; nelle ultime due stagioni ha accumulato una sessantina di presenze e una trentina di gol. Nessuno così giovane è riuscito a segnare così tanto in Europa in questa stagione. È riuscito a far pesare quest’esperienza risultando decisivo in un momento chiave, ai quarti di finale contro la Francia. Con la squadra sotto di un gol ha trovato il pareggio facendosi trovare pronto sulla traiettoria di un tiro sbilenco. L’ha stoppata distratto col destro, e poi ha tirato forte col sinistro. Nell’ultima azione della partita, poi, è partito in contropiede insieme a Kluivert, che gli ha servito un assist perfetto: lui è scivolato, quasi caduto sul pallone, che ha preso una traiettoria così strana da spiazzare il portiere. Due gol sporchi che confermano le sue doti realizzative.
Ma Boadu è il tipo di attaccante a cui piace svuotare l’area e aiutare tanto la manovra; ma non avendo un grande gioco spalle alla porta - per ora il suo più grande limite - preferisce defilarsi a sinistra per sviluppare l’azione sull’esterno. Il suo tocco non è sempre freschissimo, ma è intelligente, si smarca bene e raramente sbaglia una scelta. L’Olanda funzionava bene grazie anche al modo con cui Boadu si associava con i due compagni di squadra dell’AZ, de Wit e Stengs. De Wit è stato un altro giocatore interessante di questi Europei, con grande completezza e tempi di inserimento nei movimenti a venire incontro di Boadu. Quando poi la manovra si sviluppava sull’esterno opposto, dove agiva Stengs, il centravanti attaccava il centro o la profondità. Contro la Germania non è riuscito a replicare la stessa grandezza. Ha tirato una sola volta in porta, a venti minuti dalla fine, ma in generale ha sofferto un sistema difensivo avversario estremamente fisico e organizzato che lo ha lentamente tolto dalla partita. Per lui si parla di mercato ogni giorno, e si continuerà a farlo per tutta l’estate. Di certo è strano che una Nazionale abituata a lanciare presto i giovani come quella olandese non se lo sia portata dietro all’Europeo, specie in un reparto dove non ha di certo abbondanza di talento.
Victor Nelsson - Danimarca - Difensore
Nelsson ha 22 anni, la fascia da capitano e gioca al centro della difesa della Danimarca e del Copenghen. Ha già più di 200 partite tra i professionisti e ha già esordito in Nazionale maggiore. La Danimarca in questa fase finale ha giocato solo una partita, ai quarti di finale contro la Germania, ma è stata quella che ha messo più in difficoltà la squadra futura campione, che ha avuto la meglio solo ai calci di rigore. Nelsson ha dimostrato grande leadership in difesa, sia col pallone che senza. Ha persino calciato il rigore del pareggio nei tempi supplementari.
Ha un fisico possente e un po’ rigido, e non è a suo agio negli spostamenti laterali. Compensa però con grandi letture e portando il prima possibile il suo corpo a contatto con gli avversari; a quel punto è difficile non farsi spostare. Di testa nella copertura della propria area ha un’attenzione vecchia scuola ed è sicuramente il suo punto di forza più evidente. Col pallone il suo gioco non è banale. Muove la palla in modo sempre un po’ impacciato, trasmettendo rigidità, ma è sempre calmo e lucido e il suo gioco di passaggi medio-corti è di ottimo livello. A inizio carriera giocava a centrocampo tra i mediani, una posizione che ancora ricopre saltuariamente.
Non ha grande raffinatezza, ed è di quei difensori a cui piace spazzare in tribuna quando sono messi troppo sotto pressione. Non ruba l’occhio, ma al contempo è il tipo di difensore centrale secchione in grado di aggiustare il contesto che lo circonda.
Vitinha - Portogallo - Centrocampista
All’ultimo minuto del primo tempo della finale tra Portogallo e Germania, sullo 0-0, Dany Mota lancia Vitinha in campo aperto. Vitinha controlla in area e davanti a lui ci sono solo il portiere e il centrocampista Maier, che sta rientrando. Allora con una gambeta salta il centrocampista verso l’interno e si apre lo specchio per tirare di sinistro. In maniera inaspettata, fa una sterzata con il destro verso il fondo, con il portiere che da terra prova a seguirlo. Con lo specchio chiuso, fa un’altra sterzata verso l’interno, e Maier in maniera comica inciampa sul portiere. A quel punto, però, Vitinha ha fatto rientrare tutta la difesa tedesca e l’occasione sfuma. Vitinha è il motivo per cui il Portogallo non ha battuto la Germania? Possibile. Ma davvero guardiamo l’Europeo Under-21 per sapere chi vincerà e per compiacerci dell’efficienza di calciatori con massimo ventitré anni?
Le competizioni giovanili servono ai movimenti nazionali e ai giocatori per mettersi in mostra e Vitinha aveva bisogno come il pane di farsi vedere, dato che quest’anno ha giocato appena cinquecento minuti in un contesto, il Wolverhampton, non proprio adatto al suo calcio. Il Portogallo, invece, era espressione diretta di come vorrebbe giocare ogni pallone Vitinha, che si è dimostrato senza dubbio il giocatore più divertente dell’Europeo.
Il calcio di Vitinha è pura gioia, sia per le sue caratteristiche individuali – la tecnica da futsal e un repertorio di trick di primo livello – sia per il modo in cui invita i compagni a interagire, con scambi stretti, veloci e a elevato coefficiente di difficoltà. Da mezzala destra di un 4-3-1-2 il sette lusitano si muove lungo tutto il campo. Ogni tanto collassa sulla sinistra, ogni tanto si abbassa da regista nella posizione dell’elegantissimo Bragança. A furia di triangoli, però, gli piace occupare in maniera dinamica la posizione di vertice alto, così da ricevere con ritmo tra le linee e puntare la difesa.
Quando si abbassa per prendere palla, spesso un avversario lo segue; lui riceve di spalle, ma le sue finte di corpo e le sue virate sono troppo rapide, impossibili da seguire senza un raddoppio; così Vitinha salta il marcatore, si gira frontalmente e cerca il compagno più vicino per triangolare. Rui Jorge, allenatore del Portogallo Under-21, gli ha messo vicino quasi solo giocatori che parlano la sua stessa lingua. È il modo migliore di far fiorire una mezzala che non sembra seguire nessun copione, che non tiene mai la palla in maniera conservativa e che organizza l’attacco a partire dalla tecnica sua e dei suoi interlocutori, con un dinamismo grazie al quale dopo lo scarico si sposta sempre per ricevere in movimento e agevolare così dribbling e pareti.
Le caratteristiche di Vitinha sono funzionali al gioco di tocco del Portogallo, ma sono soprattutto un grande incentivo a vedere la partita. Nessuno all’Europeo saltava l’uomo nello stretto come lui, nella partita contro l’Italia sembrava giocare uno sport diverso. Ma il portoghese è bello da vedere anche senza i dribbling. Prima di ogni trick, prima di ogni scarico, Vitinha si aggiusta la palla con la suola e usa i tacchetti come un periscopio, per capire dove orientarsi e con chi dialogare. Molte volte, con pochissimo spazio, tra gabbie di difensori, ritrae la palla con la suola per allontanarla dall’avversario che affonda il tackle e fare un passaggio corto dietro la sua pressione.
Ha del miracoloso la quantità di mezzali e trequartisti supertecnici che ha saputo mettere insieme il Portogallo under-21. Il futuro di Vitinha, però, potrebbe non essere così roseo, visto che andare via dalla Premier è sempre difficile e un giocatore così gracile e spontaneo nelle scelte è difficile da collocare. Dei bizantinismi davanti alla porta, davanti a un talento così, non dovremmo proprio tenerne conto. Saremmo complici di un calcio in cui Vitinha ha giocato solo una manciata di partite in una squadra di transizioni lunghe.
Fabio Vieira - Portogallo - Centrocampista
Fabio Vieira fa parte di quella categoria di portoghesi che sembrano nascere con baffi e pizzetto incorporati alla faccia. Ha 21 anni, la faccia da bambino e questa barba militare. Fa parte anche di quella categoria di giocatori portoghesi che conosciamo nelle competizioni giovanili, mentre il loro club li tiene sotto naftalina, forse spaventati che qualche club di Premier League arrivi a razziarli troppo presto.
Il suo primo gol tra i professionisti, la scorsa stagione.
È stato il Porto a tenere nascosto finora questo gioiellino di centrocampista, votato infine miglior giocatore della competizione. In campionato quest'anno ha giocato meno di 400 minuti, concedendosi un assist su calcio di punizione indiretto, una delle sue specialità. Fabio Vieira ha giocato trequartista centrale, ma da lì partiva per muoversi un po' ovunque per il campo, risultando sempre la prima scelta del Portogallo per risalire il campo. Veniva a prendere il porto di Florentino Luis davanti la difesa, oppure si defilava sull'esterno destro dove poteva cercare la verticalizzazione diretta verso le punte. Non ha l'eleganza di Bracança - il 10 del Portogallo - o l'estro di Vitinha, ma Vieira, a livello tecnico, sa fare più o meno tutto: dribblare nello stretto, cercare l'ultimo passaggio, usare il suo gioco di passaggi lunghi, tirare. Il suo piede sinistro è di altissimo livello: più o meno dopo un'ora di gioco contro la Germania ha sfiorato un clamoroso gol da centrocampo. Da calcio piazzato indiretto è stato una macchina da assist, provocando due gol contro l'Italia pur non potendo sfruttare certo grandi saltatori fra i suoi compagni. Mentre in finale i giocatori attorno a lui si spegnevano di fronte all'atletismo dei tedeschi, il gioco semplice e a due tocchi di Fabio Vieira ha spesso disinnescato l'aggressività avversaria. Come altri talenti messi in vetrina dal Portogallo nella competizione, ha limiti fisici evidenti, ma la sua pulizia tecnica e l'intelligenza con cui si muove gli permettono di girarci attorno. Speriamo di vederlo più spesso in campo nella prossima stagione col Porto.