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5 giocatori da seguire all'Europeo Under 21
19 giu 2019
19 giu 2019
I talenti più interessanti della competizione che si sta svolgendo in questi giorni in Italia.
(articolo)
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Questo articolo è uscito originariamente sul blog di Wyscout in inglese. Ne riportiamo la traduzione in italiano.

Robert Skov, Danimarca

di Marco D’Ottavi

Robert Skov fa parte della classe più anziana presente a questi Europei, quella del 1996, eppure è relativamente nuovo ad alti livelli. Fino ad un anno fa giocava nel Silkeborg, una squadra di basso livello della Superligaen (ora retrocessa), prima di essere acquistato dal Copenaghen, dove è letteralmente esploso segnando 32 gol in 48 partite (con 29 gol è stato il capocannoniere della Superligaen). A febbraio il canale tv della squadra gli ha dedicato un breve servizio in cui lo si vede uscire dal suo bilocale e prendere l’autobus 9A per andare all’allenamento. Skov indossa uno zainetto e uno zuccotto di lana e sembra un ragazzo qualunque mentre parla alla telecamera. Quando sale paga il biglietto, prima di scendere prenota la fermata. Il centro sportivo del Copenaghen sembra una casa accogliente, un posto perfetto dove crescere.

Skov è un’ala destra atipica, molto dotata fisicamente, ma non particolarmente tecnica o abile nel dribbling. Veloce, soprattutto in progressione, ma non imprendibile. Ad una prima occhiata potrebbe sembrare più un giocatore di contenimento che di spinta, ma è l’esatto contrario. Skov non solo è stato il miglior marcatore del campionato, ma anche il giocatore con più dribbling completati, che effettua grazie ad un fisico sopra la media, e per tiri in porta. Secondo per assist e occasioni create, pur non essendo un passatore eccezionale.

Il suo segreto è un sinistro eccezionale che lo rende una costante minaccia offensiva. Sokov calcia il pallone in maniera secca e violenta, come se la sua gamba fosse una frusta. Usa sempre la parte interna del piede per calciare, colpendo il pallone nella parte bassa per rendere la sua traiettoria più imprevedibile. Questo gli permette di essere letale quando riesce ad accentrarsi e a trovare il tempo per coordinarsi, ma anche nei calci da fermo, situazione da cui in questa stagione ha segnato addirittura 8 gol e che gli ha permesso di chiudere con 10 assist.

Un esempio di come possono essere i gol di Skov.

Skov non è un giocatore particolarmente creativo e le occasioni che crea sono più frutto della superiorità fisica nel contesto di un campionato di basso livello e del suo sinistro, che non di una particolare sensibilità tecnica. Nel Copenaghen gioca come esterno destro in un 4-4-2, ma ama accentrarsi per poter giocare il pallone con il suo sinistro e soprattutto per essere più vicino alla porta, zona in cui come abbiamo visto è una costante minaccia. Non gli vengono richiesti particolari compiti di copertura, ma il fisico e la velocità gli consentono di avere una discreta fase difensiva.

Skov deve migliorare in molti aspetti del gioco e potrà farlo lasciando il campionato danese il prima possibile, per dei contesti più impegnativi dove magari può trasformare il suo ruolo da ala a trequartista o mezzala, posizioni in cui con il suo fisico e la sua capacità in conduzione può avere un impatto maggiore rispetto a quello di esterno, dove per i migliori campionati sembra essere un po’ troppo macchinoso.

Con la Danimarca U21 viene stato schierato principalmente in un 4-3-3, sempre da esterno destro. Dopo aver fatto molto bene l’anno scorso nelle qualificazioni agli Europei (7 gol in 10 partite, capocannoniere della squadra), Skov è entrato nel giro della Nazionale maggiore e in questo 2019 non ha ancora giocato una partita con l’U21. Curiosamente il suo posto è stato preso da Andreas Skov Olsen, diciannove anni, altra ala destra molto interessante. L’allenatore Niels Frederiksen dovrà quindi decidere se mettere in panchina il più giovane Skov o modificare l’assetto tattico. Quel che è certo è che non si priverà del suo miglior giocatore, che potrà stupire tutti in un palcoscenico importante con il suo fantastico sinistro.




Aaron Wan-Bissaka, Inghilterra

di Daniele Manusia

Di Aaron Wan-Bissaka ci sono fondamentalmente due cose da sapere, se non sapete niente di Aaron Wan-Bissaka. La prima è che negli anni della formazione era un esterno d’attacco, si ispirava a Ronaldinho e Thierry Henry, ed è diventato un terzino quando già giocava nell’Under-23 del Crystal Palace, poco prima di esordire in prima squadra. La seconda è che, paradossalmente, oggi è uno dei terzini migliori in fase difensiva, uno dei più difficili da saltare, della Premier League. Il migliore per tackle riusciti ogni 90 minuti (3.7), e per anticipi (2.4), anche se nessuno gli ha mai insegnato a difendere: «Sono stupito anche io quando leggo le mie statistiche».

A quanto pare, come sempre in questi casi è stato un po’ merito del caso, un po’ merito suo che si è fatto trovare pronto quando l’occasione si è presentata alla sua porta. Gli allenatori delle giovanili ricordano di essere rimasti impressionati quando, provandolo da terzino in allenamento per coprire un buco momentaneo, hanno visto che neanche Wilfred Zaha riusciva a saltarlo. Zaha stesso ha detto di essere rimasto scioccato: «Come si fa a passare da ala a terzino così? Voglio dire, difende così bene. Credo sia la sua posizione naturale».

Dopo aver esordito in Premier League a febbraio del 2018, contro il Tottenham, sempre per coprire un buco lasciato da un compagno (Joel Ward), ha giocato tutta la seconda parte di quella stagione. In quella appena conclusa, ‘18-19, Wan-Bissaka ha giocato tutti e 90 i minuti di tutte le partite, tranne 4: in una è stato espulso a un quarto d’ora dalla fine, quella dopo l’ha saltata per squalifica e altre due per infortunio. Il che significa che Wan-Bissaka a meno di 22 anni ha già una stagione e mezza di esperienza nel campionato più difficile del mondo, quello con gli esterni sinistri più veloci e tecnici (per dirne alcuni contro cui ha difeso: Eriksen, Alexis Sanchez, Sadio Mané, Son, Eden Hazard, Willian).

È stato votato come miglior giocatore del Crystal Palace e sembra che il Manchester United abbia fatto una prima offerta per lui (rifiutata), quindi l’Europeo Under-21 non gli servirà da vetrina quanto piuttosto come palestra per continuare a sviluppare il suo gioco e magari per togliersi una soddisfazione personale.

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Un esempio della sua arte difensiva: preso in controtempo da una grande giocata di Son, parte con un metro di svantaggio ma lo recupera con il tempismo del tackle e grazie alle leve lunghe.

Wan-Bissaka è soprannominato “The Spider” per le gambe lunghe con cui riesce a recuperare in extremis molte situazioni che sembrano ormai compromesse. Come detto, il tackle è la sua specialità, ma oltre alle leve lunghe è merito anche dell’attenzione che rivolge alla palla, anziché alle gambe o al busto dei suoi avversari (come fanno molti difensori più esperti). Forse proprio per il suo passato da attaccante legge bene i duelli: con il corpo per chiudere il centro del campo, lasciando la corsa lungo linea, poi accelera (è molto veloce, anche se è più alto di un metro e ottanta) e interviene con il tempo giusto sulla palla. Wan-Bissaka non ha la rigidità dei difensori classici, si porta dietro una anturalezza da attaccante, che compensa con i riflessi e la concentrazione sempre al massimo.

Ma nel Crystal Palace, che difende spesso basso per attaccare in transizione, ha potuto mettere poco in mostra le sue qualità offensive, e magari nell’Europeo Under 21 potrà prendersi qualche responsabilità in più nell’ultimo terzo di campo (cross e passaggi chiave). Di sicuro non gli manca la creatività, che per ora mostra soprattutto nei dribbling (2.6 provati ogni 90’, 1.8 riusciti: nessuno ne fa più di lui tra i terzini). Con la palla al piede è semplicemente imprevedibile, con un arsenale da giocatore di strada che lo fa uscire palla al piede anche da spazi strettissimi, una rapidità di pensiero e di gambe seconda a nessuno.

Va da sé che Wan-Bissaka non è ancora un giocatore del tutto maturo. Chi investirà in lui, lo farà soprattutto sulle sue potenzialità. Ma va tenuto conto della sua storia: Wan-Bissaka si è dovuto trasformare in un terzino, adesso deve tornare ad essere un po’ di più un’ala. Quando ha iniziato a giocare in difesa usciva dal campo pensando: «Questo non sono io». Ma ha continuato ad allenarsi senza dire niente, con determinazione, al punto che quando finalmente Roy Hodgson gli ha visto perdere il suo primo pallone si è sentito sollevato: «Iniziavo a pensare fosse un robot».


Xaver Schlager, Austria

di Emanuele Atturo

Xaver Schlager è stato acquistato dal RB Salisburgo ad appena 12 anni, quando giocava nel Sankt Valentin, la squadra di una cittadina di novemila abitanti della Bassa Austria. Lo possiamo vedere in questa foto scattata ai tempi dell’U-12, in alto a sinistra, lo stesso sguardo corrucciato, fascia da capitano al braccio, il fisico un po’ tozzo che ha ancora oggi.

Schlager è stato uno dei cardini dei recenti exploit del RB Salisburgo, uno degli esempi migliori della capacità della franchigia austriaca di crescere giovani pronti per il calcio professionistico. Era nel centrocampo del RB Salisburgo che vinse la Youth League a sorpresa nel 2017. In quella squadra, guidata da Marco Rose, c’erano altri talenti che stanno brillando in questi anni, come Amadou Haidara e Hannes Wolf, che giocherà con lui nell’Europeo Under-21.

Nel 2016, a 19 anni, Schlager esordisce in prima squadra, e da quel momento ha cominciato a ruotare in quasi ogni ruolo del centrocampo del 4-3-1-2 a rombo del RB Salisburgo. Ha iniziato giocando trequartista, ma poi è stato spostato anche davanti la difesa e da mezzala, il suo ruolo più naturale e che tuttora ricopre con continuità. In quei giorni il suo tecnico al RB Salisburgo lo descriveva così: «Ha un fantastico controllo di palla ed è bravo a concludere».

È un centrocampista dal baricentro basso, con gambe potenti che caratterizzano tutto il suo gioco. È esplosivo e molto efficace in tutte le fasi senza palla, specie quando può difendere in avanti - seguendo l’atteggiamento tattico della squadra - e può strappare i palloni in pressing agli avversari. Nei contrasti è bravo a prendere posizione, diventando difficile da spostare. Come tanti dei giovani cresciuti nel RB Salisburgo, ama giocare ad alti ritmi e con intensità, ma Schlager è bravo soprattutto a non perdere il controllo, a non farsi prendere dalla frenesia. Per le sue movenze un po’ affettate e poco eleganti potrebbe essere scambiato per un giocatore poco tecnico, invece ha un buon primo controllo e un’ottima capacità di resistere al pressing grazie al gioco di appoggi sulle gambe. In questo però è penalizzato da uno scarso uso del piede destro, specie quando deve proteggere il pallone preferisce usare il corpo e manovrare sempre col sinistro.

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Un esempio della rapidità di pensiero e di visione di Schlager. Si trova in una posizione inusuale, più alta del solito, e in un attimo si gira e trova il filtrante per l’attaccante.

Gioca quasi sempre a due tocchi, ma fluidificando il possesso della squadra. Quando gioca mezzala destra a piede invertito diventa efficace quando può cercare i cambi di gioco verso il lato opposto per muovere le difese sempre chiuse del campionato domestico. In Europa League, dove il RB Salisburgo ha brillato in questi anni, invece spicca soprattutto la sua capacità di andare in transizione, con il suo gioco di passaggi. Ha un sinistro piuttosto sensibile, sia nel gioco lungo che nel breve, e un’ottima visione di gioco con cui cerca spesso palloni oltre la difesa.

Schlager, insomma, è un giocatore tecnico, con visione, tempi di gioco e letture non banali per i suoi 22 anni. Un regista abituato però a mettere le sue qualità al servizio di una squadra che ama correre e andare in verticale. Questa sua versatilità, tecnica e tattica, è ciò che dovrebbe rendere immediato il suo adattamento con la Nazionale a questi europei.

Stiamo parlando di un giocatore già esperto, che in realtà ha appena 6 presenze con la selezione Under-21 e che è passato quasi subito a giocare con la Nazionale maggiore (con cui ha già 8 presenze e 1 gol). Nella piccola rinascita del calcio austriaco, a cui il lavoro del RB Salisburgo ha dato una spinta decisiva, Schlager è uno dei profili più unici e da seguire con maggiore interesse.




Ionut Radu, Romania

di Dario Saltari

Ionut Radu è uno di quei giocatori con un curriculum tale che viene da chiedersi come sia possibile che sia ancora in Under-21. Arrivato nelle giovanili dell’Inter ben 6 anni fa, dopo il passaggio in Italia per la Pergolettese, il portiere romeno si è già fatto una stagione in Serie B, con la maglia dell’Avellino, e una in Serie A, con la maglia del Genoa, entrambe da titolare per quasi tutto l’anno. Un’esperienza significativa per un portiere di appena 22 anni, che ha allo stesso tempo messo in luce e dato una consistenza diversa al suo talento cristallino. Alla fine del 2018, per dire, Radu aveva già vinto il premio di portiere dell’anno in Romania.

È quest’anno, però, quello in cui Radu si è più messo in mostra, con una serie di parate nella fase finale della stagione da stropicciarsi gli occhi e che nessuno si aspettava in un portiere così precoce. Il portiere romeno ha dimostrato di avere dei riflessi e una capacità di andare velocemente a terra fuori dal comune, tenendo spesso in piedi i risultati di una squadra che si è aggrappata disperatamente al suo estremo difensore per ottenere quei punti che alla fine le hanno permesso di sopravvivere nella lotta per non retrocedere. La sua è anche un’interpretazione peculiare del ruolo, utilizzando anche molto i piedi per respingere i tiri, con uno stile che a volte sembra preferire l’efficacia immediata all’esecuzione del gesto studiato in allenamento.

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Che ci crediate o no: questa palla non è entrata in porta perché è stata respinta da Radu.

Radu, però, non è un talento esclusivamente istintivo e ha dimostrato di aver già iniziato a lavorare per raffinare la sua tecnica. Innanzitutto ha un ottimo senso del posizionamento, al punto che a volte è fin troppo sicuro di poter bloccare il pallone finendo per respingerlo in zone troppo centrali dell’area di rigore. Che l’eccessiva sicurezza sia un suo difetto lo si nota anche dalla lentezza con cui recupera la posizione le rare volte in cui si fa trovare impreparato, come se fosse stupito dai suoi stessi errori.

Radu è piuttosto sicuro anche con il pallone tra i piedi e ha un’ottima sensibilità tecnica, che per adesso però abbiamo potuto vedere quasi solo nel gioco lungo, cioè nei rilanci e nelle aperture verso l’esterno, perché né l’Avellino né il Genoa gli hanno permesso troppo di partecipare alla fase di prima costruzione dell’azione. La naturalezza con cui colpisce il pallone sembra potergli permettere però di giocare anche in squadre dal gioco più moderno, che lo porterebbe anche a lavorare su quello che sembra il suo principale tallone d’Achille al momento e cioè il tempismo nelle uscite. I principali errori di Radu in questa stagione, quelli che ci hanno ricordato la sua età, lo hanno portato ad essere anticipato dagli attaccanti in area sulle palle alte o a rimanere a metà strada tra la porta e l’avversario che accorreva verso di lui, con lo specchio della porta pericolosamente aperto.

In questo senso, sarà interessante vederlo nella Romania Under 21, in cui sarà una delle stelle della squadra, uno di quei giocatori da cui ci si aspetta sempre qualcosa. Per adesso Radu ha sempre goduto del vantaggio dell’effetto sorpresa, ed ogni sbavatura gli è stata perdonata alla luce della sua età e della sua esperienza. Ma le cose cambieranno presto e quest’estate, sia che si muova sia che rimanga al Genoa, andrà in una squadra di alto livello che con ogni probabilità punterà su di lui come titolare. Per un ruolo solitario come quello del portiere, in cui la pressione psicologica può fare la differenza tra una grande parata e un errore clamoroso, fa tutta la differenza del mondo.




Mikel Oyarzabal, Spagna

di Daniele V. Morrone

La stella offensiva della Spagna U-21 è un basco nato e cresciuto nella piccola città di Eibar. A 14 anni si è spostato nella vicina e più illustre giovanile della Real Sociedad a 14 anni. A 18 anni ha debuttato in prima squadra e in quattro anni dal suo debutto ha già superato le 150 partite con la Real Sociedad e firmato un contratto con una clausola da 75 milioni (che sembra già stargli stretta).

Questa attitudine al lavoro si nota subito nell’impegno che mette in fase difensiva, nel come torna indietro a strappare il pallone agli avversari e nella continuità di rendimento durante tutti i 90’. Sembra effettivamente avere un batteria infinita: in tre anni di prima squadra ha saltato un totale di 6 partite di Liga. Ma il suo vero talento è quello offensivo. Oyarzabal è un giocatore che può sembrare poco elegante, ha una corsa poco fluida e dei piedi grandi su un fisico longilineo. Ma è un giocatore intelligente, con una grande sensibilità nel piede sinistro e molto creativo. Oyarzabal, soprattutto, sembra alzare il proprio rendimento tanto si alza il contesto attorno a lui: se messo in un ambiente con giocatori ugualmente intelligenti riesce a rendere ancora meglio.

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Riceve il pallone di spalle e prima di chiudere il triangolo attende, così da richiamare l’attenzione degli avversari e permettere che il compagno faccia tutto il movimento. Il passaggio è preciso e porta all’assist.

Oyarzabal è un giocatore maturo, che pur non essendo velocissimo sa utilizzare i cambi di ritmo e la pausa quando ha il pallone. Per questo è efficace sia in conduzione che quando può associarsi nello stretto, ma comunque tecnico nel suo dribbling (ha chiuso la stagione riuscendo nel 59.2% dei suoi 4.13 dribbling tentati per 90’).

Oyarzabal è sorprendente nelle varietà di soluzioni del suo gioco spalle alla porta, con un ampio repertorio di finte e appoggi per coinvolgere i compagni. Una qualità che gli permetterebbe di essere schierato anche come punta. Dal suo idolo David Silva (a cui non assomiglia però nella struttura fisica e nelle movenze in campo) sembra aver imparato proprio la capacità di rendersi utile in diverse zone del campo attraverso la protezione del pallone e soprattutto nei tempi di inserimento in area di rigore.

Nessun giocatore sotto i 24 anni ha segnato in questa stagione della Liga quanto Oyarzabal, e lui lo ha fatto senza neanche essere la punta centrale della squadra. Dice che la sua posizione preferita è quella di ala sinistra o trequartista, ma in stagione è stato impegnato anche a piede invertito: nelle 37 partite di Liga ha giocato 19 partite a sinistra, 13 a destra e 4 da trequartista. Ha chiuso con 13 gol e 4 assist. Una cifra notevole se consideriamo le difficoltà della manovra della Real Sociedad, che lo portavano a toccare il pallone in area soltanto 2.8 volte per 90’.

Oyarzabal è bravo a dettare il passaggio ai compagni, inserendosi nello spazio. Anche perché le sue letture senza palla sono già di prima fascia. Segna spesso di prima arrivano con un tocco di prima perché ha bisogno solo di quello trovandosi a ricevere in corsa libero fronte alla porta. Per dire 7 dei suoi 13 gol nella Liga sono arrivati con un tiro di prima (di cui 2 con un colpo di testa).

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Con la punta occupata taglia in area con perfetto tempismo tra i due centrali, e a quel punto deve solo toccarla di prima per segnare.

La precisione di tiro era uno dei suoi punti deboli ad inizio carriera (si diceva per via di un piede troppo grande per i suoi 181 cm), quella sensibilità nel piede che sembrava riservata unicamente alla protezione del pallone e al gioco spalle alla porta ora è visibile anche quando calcia. Una cosa su cui ha lavorato nelle ultime due stagioni, arrivando ad un ottimo 42.9% di tiri in porta sui 1.71 tiri per 90’ fatti in questa stagione di Liga.

Per capirci, i suoi 13 gol sono arrivati in 23 tiri totali in porta. Al suo esordio con la Nazionale maggiore, nell’ultima amichevole contro la Svezia, gli è bastata una conclusione per segnare un gol (un tiro a giro sul secondo palo dal limite dell’area).


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