Dominic Calvert-Lewin
di Daniele Manusia
Il fatto stesso che il nome di Dominic Calvert-Lewin possa stare vicino a quello di Salah, Vardy e Son – tutti in cima alla classifica capocannonieri della Premier League con 8 gol – è di per sé stupefacente, ma dovrebbe esserlo ancora di più considerando che la scorsa stagione, prima dell’arrivo di Carlo Ancelotti a dicembre, aveva segnato appena 5 gol in 16 partite. La fiducia dell’allenatore italiano gli ha permesso di accelerare, segnandone altri 8 in 11 gare e cominciando questa stagione con una media superiore a un gol a partita. È ancora presto per dire che la tendenza durerà e un piccolo rallentamento sembra già avvenuto rispetto alle prime partite: dopo aver segnato 4 gol nelle prime 2 – 7 nelle prime 5 – ne ha realizzato appena 1 nelle ultime tre; ma è abbastanza per dire che si tratta di uno dei giocatori da tenere d’occhio da qui in avanti, anche solo per capire la sua reale dimensione.
Calvert-Lewin è relativamente giovane e in corsa per un posto da titolare in Nazionale. Southgate lo ha convocato per la prima volta lo scorso ottobre, ma con la maglia inglese ha già vinto il Mondiale Under 20 nel 2017, segnando il gol decisivo in finale con il Venezuela. Se si guarda quel gol di tre anni fa ci si può ritrovare concentrato tutto Calvert-Lewin: prima il duello aereo vinto su una palla lunga calciata un po’ a caso verso l’area, poi da solo davanti al portiere gli calcia addosso (anche se il portiere ha un bel riflesso nella parata) e su ribattuta alla fine segna di sinistro, il suo piede debole. Si può ritrovare, cioè, un giocatore forte fisicamente, che usa il proprio corpo come strumento principale per ricavare le occasioni da gol e che con la palla ha un rapporto di non strettissima confidenza, diciamo così.
Parliamo pur sempre di un attaccante alto quasi un metro e novanta, che per il momento ha segnato la metà dei suoi gol di testa e che basa la maggior parte del proprio gioco sui duelli aerei (ne ha vinti meno solo di Oliver McBride tra gli attaccanti in Premier). D’altra parte gioca anche in una squadra in cui i principali rifinitori sono Digne, James Rodriguez e Sigurdsson, ovvero tre dei migliori crossatori del campionato, capaci di esaltare il talento di Calvert-Lewin per il colpo di testa. Che comprende anche la capacità di arrivare col passo giusto in area, prendere posizione tenendo il marcatore a distanza, e poi staccare e colpire dando forza a palloni che spesso arrivano svuotati, come palloncini mezzi sgonfi, sulla sua testa. Non basta essere alti e la palla non entra da sola in porta. Contro il Liverpool ha segnato il gol del 2-2 finale, a dieci minuti dalla fine, schiacciando sul secondo palo un cross lunghissimo di Digne, saltando alle spalle di Matip (un metro e novantacinque) e controllando Robertson che provava a spostarlo, prendendo la mira e incrociando sul palo più lontano da Adrian. Tutte cose che fa con la sicurezza e la semplicità di uno smash a rete. Ma nei gol di Calvert-Lewin si vede sempre la sua straordinaria capacità di restare in aria una frazione di secondo in più dei suoi marcatori, e la lucidità nell’indirizzare la palla nel posto giusto (e, per dire, gli 8 gol segnati finora sono nati da un totale di 5.1 xG).
Anche con i piedi, giocando a pochi tocchi, è capace anche di gesti tecnici non semplicissimi. Senza grande sensibilità sembra comunque in grado di usare il proprio piede, come qualsiasi altra parte del proprio corpo, per mandare la palla nella direzione che vuole: verso un compagno vicino, quando fa da riferimento offensivo nella trequarti, verso la porta quando è in area. Oltre a sbattersi per contribuire al gioco di squadra, e ad avere una discreta velocità in campo aperto, è capace anche di intuizioni niente affatto banali dal punto di vista tecnico. Lo scorso febbraio ha segnato il primo gol contro l’Arsenal al primo minuto di gioco (la partita è finita 3-2), con una rovesciata sgraziata ma efficace, colpendo la palla appositamente male, in modo da mandarla quasi di esterno all’angolino lontano.
Calvert-Lewin non è solo un centravanti in grande salute, con una grandissima fiducia nei propri mezzi e una squadra adatta al suo stile di gioco, ma è anche l’ennesimo specialista dei duelli fisici offensivi prodotto dal calcio inglese. Magari non durerà al livello a cui è arrivato ora, il suo nome non resterà troppo a lungo vicino a quello di giocatori come Salah, Vardy, Son – ma anche Harry Kane con cui si gioca un posto in Nazionale – eppure il suo è un mestiere che, quando lo si maneggia per bene, garantisce spesso carriere lunghe e soddisfacenti.