40 giovani da seguire nel 2019
I talenti di cui seguiremo la crescita nell’anno appena cominciato.
21. Giorgi Chakvetadze, 1999 (Georgia, Gent)
di Marco D’Ottavi
Se avete amato i bassifondi della Nations League, avrete sicuramente visto Giorgi Chakvetadze prendere in mano la Georgia e guidarla alla promozione con 4 gol e 3 assist in 6 partite. Un’esplosione tanto fragorosa quanto inaspettata, avendo Chakvetadze solo diciannove anni.
Remember the name 🙌
🇬🇪 Giorgi Chakvetadze
Just 19-years-old 🔥#NationsLeague pic.twitter.com/OOcxy2NHi8
— UEFA EURO 2020 (@UEFAEURO) 23 novembre 2018
Giorgi Chakvetadze unisce il talento un po’ pazzo e smaliziato dei migliori prospetti dell’est Europa ad una praticità e risolutezza che lo rende adatto al miglior calcio europeo. Nel Gent gioca indifferentemente come trequartista o esterno sinistro, avendo una predisposizione naturale ad occupare più zone di campo.
Molto abile nel dribbling e nell’ultimo passaggio, ha un piede destro molto preciso anche se discontinuo. Con la sua velocità è in grado di attaccare bene gli spazi o tagliare dall’esterno verso l’interno. Ma soprattutto Chakvetadze ha la capacità di sorprendere con le sue giocate, una qualità rara.
Nel Gent sembra di un altro livello rispetto ai suoi compagni e nel campionato belga riesce ad essere incisivo anche in fase di copertura, interpretando il suo ruolo con una ricchezza ed una varietà che promettono uno sviluppo non solo interessante, ma anche molto versatile (in questo somiglia un po’ a Golovin). Il suo trasferimento in un campionato più probante è solo questione di tempo e in questo 2019 potrebbe fare il definitivo salto di qualità per meritarselo.
22. Ferrán Torres, 2000 (Spagna, Valencia)
di Emiliano Battazzi
Nessuno ha ancora capito il segreto calcistico della provincia valenciana: ma qualcosa deve esserci, se continuano ad emergere talenti cristallini come quello di Ferrán Torres. Nato a Foios, paese di settemila abitanti a pochi chilometri da Valencia, Torres è entrato nelle giovanili della squadra del cuore all’età di 7 anni: gliene sono bastati altri 10 per esordire in prima squadra, nel novembre del 2017 in Coppa del Re. Due settimane dopo, a dicembre 2017, entra a pochi minuti dalla fine nella trasferta contro l’Eibar: il primo nato nel 2000 a giocare nella Liga. Ferrán non era lì per caso: aveva già una dozzina di presenze nella seconda squadra, ed era stato uno dei cardini della Nazionale Under 17 spagnola campione d’Europa e vice-campione del mondo, giocando da ala destra in un classico 4-3-3.
Nel calcio giovanile le qualità di Ferrán Torres erano troppo evidenti: grandissima velocità sia nello scatto che in progressione; grande abilità nello stretto; capacità di giocare con entrambi i piedi; totale imprevedibilità con il pallone. I video in cui umilia giovani terzini francesi, italiani, inglesi sono impressionanti ma ormai poco significativi: in appena un anno, Torres ha già raccolto 30 presenze nella prima squadra, confermando alcuni pregi ed evidenziando alcune debolezze.
Dopo i primi 6 mesi molto positivi, in cui Marcelino gli ha concesso scampoli di gioco ma anche due partite da titolare nella Liga – in una squadra che si giocava il posto in Champions – Torres è adesso alla prova decisiva per un ragazzo: confermarsi. Questa prima metà di stagione, però, non è andata benissimo: ha esordito in Champions League, ma ha giocato solo 515 minuti in tutto, a volte con poca convinzione, cominciando a sollevare i mormorii dei tifosi – sempre i più esigenti con i prodotti della cantera.
Un prestito sembrava dietro l’angolo, ma la moria di centrocampisti ha spinto Marcelino a puntare di nuovo su Ferrán, che nel 4-4-2 valencianista può davvero sviluppare tutti gli aspetti: migliorare la visione del gioco e la tecnica di tiro, oltre ad irrobustirsi fisicamente.
Il Valencia sembra essersi bloccato, e così lo sviluppo di Torres, ma l’una ha bisogno dell’altro. Per meritare la clausola rescissoria da 100 milioni, l’ala destra dovrà confermare le sue qualità: il buon primo controllo, la capacità di saltare sempre l’uomo anche grazie agli improvvisi cambi di direzione, i tagli esterno-interno. Così giovane, è già al momento giusto per un salto di qualità: deve sviluppare il suo gioco meno per istinto, darsi più pausa per capire come creare superiorità, per poter diventare una grande ala destra rapida e dribblomane, ma creativa – come forse non se ne vedono in Liga dai tempi del primo Joaquín al Betis.
23. Boubacar Kamara, 1999 (Francia, Marsiglia)
di Dario Saltari
Dentro quel caos drammatico che è la stagione del Marsiglia di Rudi Garcia, sta faticosamente emergendo il talento di Boubacar Kamara, difensore francese con origini in Mauritania. Dopo una stagione di apprendistato (12 presenze tra Ligue1 e Europa League nella stagione 2017/18), quest’anno Kamara si è imposto da titolare, e questa è già una notizia vista le difficoltà, soprattutto difensive, che sta attualmente affrontando il Marsiglia (la squadra di Rudi Garcia ha subito 26 gol in campionato ed è la settima peggior difesa in Francia).
Al netto di qualche sbavatura dovuta in parte all’inesperienza e in parte alla disorganizzazione del Marsiglia (come, ad esempio, l’ultimo gol subito contro il Nantes nella penultima giornata di campionato), Kamara ha un talento eclettico, che si riflette in una flessibilità tattica spiccata, che lo ha portato a giocare sia al centro della difesa, sia da terzino sinistro (e secondo Rudi Garcia, potrebbe giocare anche da mediano). Il difensore del Marsiglia è quasi ambidestro, ma è con il suo piede naturale (il destro) che esprime al massimo la sua grande visione di gioco, con una sensibilità tecnica che è raro vedere in zone di campo così arretrate. Anche senza il pallone Kamara ha un’interpretazione molto tecnica del suo ruolo, prediligendo il tempismo degli interventi sul pallone e il posizionamento alla fisicità pura e i tackle, nonostante sia molto veloce sui primi passi e sia molto aggressivo quando c’è da difendere in avanti.
Una scelta coraggiosa per un difensore della sua età, e che non sempre paga, ma che quantomeno mette in luce una fiducia nei propri mezzi che potrebbe farlo crescere ulteriormente. Sarà interessante vederlo evolversi ulteriormente nel 2019, magari in una squadra che non lo costringa ogni volta a prendere decisioni difficili e fare interventi eccezionali.
24. Riqui Puig, 1999 (Spagna, Barcellona)
di Daniele V. Morrone
🎩 @RiquiPuig
👟💥 Malcom
🔵🔴 #GamperBarça pic.twitter.com/s4TJcxT29s— FC Barcelona (@FCBarcelona) 15 agosto 2018
Il primo anno post Iniesta nel Barcellona è coinciso con il primo anno in cui Puig, il giocatore della Masia che più sembra ispirarsi a lui, si è affacciato alla prima squadra. A Barcellona ci credono tantissimo in lui ed è facile capire il perché quando lo si vede giocare, basta un’azione di Riqui Puig per capire come sembra nato per giocare mezzala nel Barça: come orienta il corpo prima di ricevere il pallone, come si libera con facilità della pressione avversaria palla al piede, le scelte che prende nel liberarsi del pallone e come si muove dopo il passaggio. Il suo calcio è un compendio di anni e anni di dettami della scuola calcio catalana. Volendo usare le parole con cui Gennaro Gattuso ha parlato di lui nel post partita di un’amichevole estiva quando l’ha visto giocare dal vivo per la prima volta: «È uno spettacolo vedere come tratta il pallone, una meraviglia, sembra poesia».
Non è da escludere però la possibilità che Riqui Puig non diventi mai un giocatore di altissimo livello. Questo perché per quanto paradossalmente il suo cognome in catalano significa “montagna”, il suo fisico non sembra al momento quello di un giocatore in grado di reggere ad alti livelli. Intendiamoci, il Barcellona ha già un piano per farlo piano piano strutturare fisicamente, ma a vederlo ora ancora con il suo fisico da ragazzino delle medie – due gambe magrissime e la faccia da bambino – non si può non pensare che tutto quel talento potrebbe non bastare per reggere i contrasti più duri e le partite ogni tre giorni che aspettano chi gioca con la maglia del Barça. Purtroppo è necessario mettere le mani avanti quando si parla di Puig, perché nonostante tutto il talento dimostrato, quello dello sviluppo fisico è il tema centrale del suo 2019.
25. Timothy Weah, 2000 (USA, PSG)
di Fabrizio Gabrielli
Per un certo periodo – analizzandolo col senno di poi, forse fin troppo ristretto- , nelle primissime battute della stagione, la carriera di Timothy Weah è sembrata l’incarnazione del suo modo di stare in campo. Con un’accelerazione bruciante si è affacciato tra i professionisti rubandoci il cuore.
I 143 minuti in cui è sceso in campo, se da una parte fanno di Tim l’attaccante con la migliore media reti dell’intero attacco del PSG (due reti in poco più di una partita e mezza), dall’altra non sono bastati per sovvertire le gerarchie di Tuchel (a rendergli il compito più difficile c’è stato anche l’ingaggio sul filo di lana di Choupo-Mouting, che forse era di per sé eloquente della fiducia che il tecnico nutrisse nei suoi confronti): a conti fatti, nel 2018 Timothy Weah ha collezionato più minuti con la Nazionale USA che con il suo club.
Per questo, il giorno di Natale, con un post su Instagram, ha annunciato di voler lasciare il PSG a gennaio, e trascorrere in prestito il semestre che dovrebbe portarlo a lottare per un posto in Nazionale in vista della Gold Cup. «Non puoi attendere i tuoi sogni: bisogna andarseli a cercare», aveva detto solo poche settimane fa in un’intervista a Hypebeasts.
Tra le destinazioni possibili, la più plausibile sembra essere i Celtic di Brendan Rodgers: un contesto che non ridimensiona le ambizioni di Weah jr (stiamo pur sempre parlando di una squadra gloriosa, quasi senza rivali in patria e che giocherà le fasi finali dell’Europa League), semmai gli conferisce sfumature nuove. E poi quanto sarà cool Tim con la maglia a strisce orizzontali dei Bhoys?
26. Justin Kluivert, 1999 (Olanda, Roma)
di Dario Saltari
Dopo l’ultima vittoria di campionato, conseguita dalla Roma sul campo del Parma, Justin Kluivert ha rilasciato un’intervista al sito olandese Elfvoetbal.nl. «I primi sei mesi sono stati personalmente buoni e penso che potrò mostrare ancora di più sia a livello personale che a livello di squadra nel 2019», ha dichiarato Kluivert «Il meglio deve ancora venire». Effettivamente, per essere un giocatore di 19 anni con appena due stagioni tra i professionisti, Kluivert ha avuto un impatto per certi versi sorprendente, soprattutto se consideriamo i primi sei problematicissimi mesi della nuova stagione giallorossa.
La giovane ala olandese ovviamente non ha avuto un rendimento costante e anche il suo minutaggio in fin dei conti è stato limitato, ma abbiamo comunque potuto apprezzare sprazzi delle sue potenzialità, e non era affatto scontato. La sua stagione è iniziata alla grande, con la fulminante azione personale conclusa da assist con cui ha spaccato la partita contro il Torino (vinta dalla Roma per 0-1 grazie al gran gol di Dzeko), che però non è stata un preludio ad un cammino da predestinato. Nonostante ciò, Kluivert ha comunque concluso il girone d’andata con 2 gol e 3 assist in tutte le competizioni, 1.5 dribbling riusciti (solo El Shaarawy nella Roma fa meglio) e soprattutto 2.9 passaggi chiave per 90 minuti (in questo caso è Pellegrini l’unico della squadra di Di Francesco a superarlo). Insomma, Kluivert sembra avere un grosso potenziale creativo e sarà interessante vederlo maturare nel corso del 2019.
27. Sandro Tonali, 2000 (Italia, Brescia)
di Dario Saltari
Con l’unica eccezione di Nicolò Zaniolo, che gode però dei riflettori della Serie A e della Champions League, Sandro Tonali è di gran lunga il giovane talento italiano intorno a cui si è raccolto più hype nel 2018. L’anno di Tonali è stato eccezionale da tanti punti di vista: ha prima disputato un buon Europeo Under 19, che lo ha portato fino alla finale (persa ai supplementari contro il Portogallo), poi è stato convocato da Mancini per la Nazionale maggiore e infine è stato incoronato come miglior giovane della Serie B durante il Gran Galà del calcio AIC. Con i rumor che lo vorrebbero sempre più vicino ad una squadra italiana di prima fascia (soprattutto Juventus, Inter e Roma sembrano vicine), al momento sembra quasi inevitabile che Tonali faccia il salto di qualità nel 2019, magari anche solo passando in Serie A (chissà, forse anche rimanendo al Brescia, che al momento sembra avere buone possibilità di essere promosso nella massima serie).
Tonali è un giocatore peculiare, un regista con un tocco di palla raffinatissimo e una grande visione di gioco. Il centrocampista del Brescia sembra essere nato per il ruolo, almeno con il pallone, con un ottimo gioco spalle alla porta e un tiro potente sia di destro (il suo piede naturale) che di sinistro. I suoi limiti cominciano quando la squadra non è più in possesso: Tonali ha il baricentro alto ed è particolarmente lento, caratteristiche che lo rendono vulnerabile quando è costretto a difendere su campo lungo e nei momenti immediatamente successivi alla perdita del pallone. Il suo è in un certo senso un talento vintage, che non si può fare a meno di accostare a quello di Pirlo (nonostante lui abbia detto di ispirarsi a Gattuso), ed è naturale chiedersi se possa fiorire anche nel calcio fisico e frenetico dei nostri giorni. Il 2019 ci darà delle prime risposte, ma essendo Tonali addirittura un classe 2000, è inevitabile che la strada sia ancora molto lunga.
28. Fedor Chalov, 1998 (Russia, CSKA)
di Daniele V. Morrone
Il ricambio generazionale orchestrato dal CSKA sotto Goncharenko ha portato ad un carrellata di nuovi nomi con tantissime responsabilità in una squadra che lotta per il titolo e ha partecipato ai gironi di Champions League. Tra i tanti nomi quello che più di tutti sta sfruttando l’occasione è la punta Fedor Chalov, che nell’arco di pochi mesi è passato da giovane promessa in rampa di lancio ad attuale capocannoniere del campionato russo con 9 reti in 17 partite giocate. E tra i tanti talenti dell’est Europa forse è quello che ha già in dote qualità che potrebbero essere testate nei grandi campionati occidentali.
Chalov è un giocatore in grado di crearsi da solo l’occasione da gol, che quando si tratta di finalizzare la manovra è in grado di tirare in porta da ogni zona dell’area di rigore, grazie anche al fatto di essere praticamente ambidestro. Ma è soprattutto una di quelle punte moderne, in grado di partecipare alla manovra della squadra lontano dall’area andando oltre la spizzata sui lanci, in grado poi di dare profondità con i movimenti senza palla e di portare pressione sui centrali avversari. Forse proprio il fisico non molto strutturato (181 centimetri d’altezza), che non lo avvantaggia nella protezione del pallone spalle alla porta sui lanci della difesa e in generale nei contrasti aerei, lo ha portato a sviluppare un gioco che lo spinge alla ricezione in zone lontane dall’area, per potersi associare subito con il compagno vicino e arrivare in un secondo momento in area per arrivare alla conclusione.
Molto bravo nelle letture lontano dall’area è quindi utile non soltanto come finalizzatore, ma anche nella rifinitura della manovra (in campionato effettua 2,3 passaggi chiave per 90 minuti; già 4 assist). Per questo può giocare indifferentemente da riferimento unico o in coppia con funzioni da seconda punta. Più in generale, dà il meglio quando ha accanto giocatori in grado di assecondarne i movimenti, mentre va in difficoltà quando finisce a battagliare da solo contro i centrali avversari. Vedremo se il 2019 gli riserverà un passaggio nel Vecchio Continente.
29. Yacine Adli, 2000 (Francia, PSG)
di Emanuele Atturo
Alla fine della scorsa estate il contratto di Yacine Adli era in scadenza e su di lui c’erano squadre come Barcellona, Arsenal, Bayern Monaco, Manchester City e Juventus. Il 2 luglio Adli ha però firmato un prolungamento di contratto fino al 2021, con la promessa di trovare un po’ di spazio in più nel PSG.
Adli è un centrocampista alto un metro e 86 con in testa un grosso casco di capelli. Col PSG gioca mezzala, soprattutto a sinistra. In campo si muove con una rara lentezza, per poi accendersi all’improvviso con percussioni centrali o cambi di gioco o lanci in profondità che mettono in mostra una sensibilità speciale nel suo piede destro, oltre che una visione di gioco sempre ambiziosa.
Con la Francia giovanile ha spesso giocato anche da esterno d’attacco. Sembra un ruolo inadatto a un giocatore all’apparenza lento, ma Adli è capace di accelerazioni improvvise, dove comincia a correre con la palla attaccata al piede e un’andatura ciondolante da giocatore anni ’70. Negli spazi stretti Adli ha una tecnica da strapparsi gli occhi, con un controllo di suola – destra e sinistra – che nel calcio francese davvero non si vedeva dai tempi di Zidane. La sua dote migliore rimane però una visione di gioco da vero rifinitore, che in questo 2019 dovrà capire come affinare per essere efficace anche nel calcio ad alti livelli.
🇫🇷 Yacine ADli (Under-19)😱
Magia allo stato puro. pic.twitter.com/lfRCidE8k3
— Andersinho Marques (@Andersinho_ITA) 8 settembre 2018
Adli, che ha comunque appena 18 anni, finora ha giocato quasi esclusivamente a livello giovanile, dove i suoi mezzi tecnici gli permettono di cercare giocati individuali senza soluzione di continuità. Tra i professionisti dovrà provare a dosare il proprio repertorio, specie giocando in un ruolo delicato come quello della mezzala. Tuchel ha comunque dimostrato di avere una grande fiducia nelle giovanili del PSG e non è detto che Adli non possa trovare il suo spazio già in questo nuovo anno.
30. Vinícius Júnior, 2000 (Brasile, Real Madrid)
di Daniele V. Morrone
L’arrivo in prima squadra di Solari come allenatore del Madrid ha accelerato la carriera di Vinícius, che è passato dal fare su e giù tra allenamenti con la prima e giocare con la seconda squadra, ad entrare pienamente nella rotazione della prima squadra. Se con Lopetegui erano arrivati solo una manciata di minuti giocati nei finali, con Solari Vinicius è diventato ufficialmente la prima riserva come attaccante esterno a sinistra e ha giocato da titolare nella Liga, in Copa del Re e in Champions League. Senza un sistema ben calibrato, il Madrid si affida esclusivamente al talento dei suoi giocatori in campo e, in quanto, a talento è innegabile che Vinícius vale il Madrid.
Stiamo parlando di un giocatore ultra motivato, che prova forse anche più del necessario nei minuti in cui è in campo, risultando anche troppo ambizioso, a volte varca il confine e diventa lezioso. Va detto che con la palla non è troppo egocentrico, per quanto un diciottenne con gli 80mila occhi addosso del Bernabeu possa non esserlo. Riesce insomma ad alternare bene passaggi per i compagni con i tempi giusti a tentativi di trick da FIFA (che gli riescono a giorni alterni). Già maturo tecnicamente nel tocco del pallone, è imprevedibile nella giocata e nella posizione in cui riceve, ma vuole incidere sempre e ha già un bagaglio tecnico sopra la media per il ruolo.
Certo, per il momento si intravedono soltanto le letture necessarie a sfruttarlo appieno ma, grazie a una grande creatività, sembrano esserci tutti i margini per avere un giocatore in grado di decidere quando e come essere determinante in una partita. In questo, e in generale nel calcio che propone, sembra una versione 2.0 del primo Robinho sbarcato a Madrid. Un giocatore dalla sensibilità tecnica sopraffina, in grado di trovare modi per sfruttarla lungo tutto il campo. Una versione però aggiornata perché non solo è mentalmente già pronto, ma soprattutto ha un fisico già sviluppato nonostante l’età, già elastico nella muscolatura e potente quando serve. Il 2019 sarà un altro anno in cui sarà interessante seguire da vicino la scalata di quello che somiglia a un predestinato.