Due miliardi di spettatori. Per la prima volta nella storia, una partita di calcio ha toccato questa cifra che appariva fantascientifica solo fino a qualche decennio fa. Fantascientifico era l'aggettivo che scienziati e giornalisti attribuivano al progetto del Mars Vehicle, il veicolo spaziale in grado di portare l'uomo su Marte, presentato da Elon Musk durante l'ormai storico 67esimo International Astronautical Congress di Guadalajara, nel 2016. Figurarsi come avrebbero descritto, allora, la possibilità di giocare una partita di calcio sul Pianeta Rosso.
Dalla prospettiva di chi scrive, quella cioè del 2060, la storia di come si sia arrivati alla partita di calcio con più spettatori nella storia dell’uomo è una celebrazione già nostalgica e ci racconta di tempi magari meno perfetti dei nostri, ma sicuramente più puri. E per questo vale la pena raccontarvela con calma.
Il contesto politico
L'8 novembre 2016, sovvertendo i pronostici degli analisti di tutto il mondo, il candidato repubblicano Donald Trump sconfisse la democratica Hillary Clinton. In politica estera, le dichiarazioni di simpatia scambiate in fase di campagna elettorale fra il tycoon statunitense e il Presidente russo Vladimir Putin, divennero dapprima rapporti economici ufficiali fra i due Paesi, per poi trasformarsi in un asse a trecentosessanta gradi, siglato a Mosca nel maggio 2018 e chiamato Hot Love. In politica interna, invece, la più importante novità fu il Triple P-Act (Public-Private Partnership), che introduceva enormi sgravi fiscali per le aziende che avessero accolto l'invito a collaborare in pianta stabile con le corrispettive imprese pubbliche.
L'opposizione democratica denunciò il suo malcontento per una legge considerata ad personam in favore di Elon Musk, che - come si sarebbe scoperto anni dopo, ormai a giochi fatti - aveva investito in modo imponente nella campagna elettorale di Trump per poi diventarne consigliere economico in materia di tecnologia e futuro. Le proteste dell'opinione pubblica, però, si sedarono al momento dall'annuncio di Musk di un ambiziosissimo programma di collaborazione fra SpaceX e NASA, che avrebbe avuto come obiettivo finale lo sbarco di 300mila esseri umani su Marte entro il 2100.
D’altra parte, anche gli scienziati più scettici nei confronti dei cambiamenti climatici concordavano ormai sul fatto che la Terra avrebbe avuto al massimo altri 84 anni di vita. Praticamente una generazione intera, dalla nascita alla morte, poi basta. A quel punto chi non avrebbe voluto andare su Marte?
A completare il triumvirato con Nasa e SpaceX c'era l'agenzia spaziale russa Roscosmos, che dopo decenni di competizione con la rivale americana, si rendeva protagonista di un cambio di sponda coerente con il ribaltamento dei rapporti fra Mosca e Washington. Ne seguì un decennio di straordinario progresso scientifico in campo aerospaziale. I contributi russi risultarono decisivi per il miglioramento della tecnologia dei razzi multiuso Falcon 9, rendendo possibile un abbattimento dei costi, problema principale per il trasporto di ingenti numeri di persone nello spazio.
Nel novembre del 2019 iniziarono i primi test del nuovo sistema del Mars Vehicle, seguiti, nel 2024 dai primi voli sperimentali verso il Pianeta Rosso. Il 27 aprile del 2027, un equipaggio composto da Elon Musk in persona, dagli americani Jack Fisher e Jeanette Epps, e dai russi Ivan Vagner e Nikolaj Tichonov completò con successo la discesa sul pianeta Marte. Il primo a mettere piede sulla superficie marziana fu, ovviamente, l'imprenditore di Pretoria, che in diretta mondiale pronunciò la frase: «That's one step for a small man...», interrompendosi per la troppa emozione.
Il piano ricevette un’incredibile visibilità e quindi un'ulteriore spinta (anche perché il tempo per la Terra continuava ad accorciarsi) e nel decennio dal 2028 al 2038, anche grazie alle politiche governative di continuità applicate dai successori di Donald Trump alla presidenza USA (Mike Pence nel 2024, Donald Trump Jr. nel 2032 e 2038, l'ex quarterback Tom Brady negli otto anni successivi), vennero effettuate sei spedizioni.
La migrazione umana
La prima colonia umana - di 53 abitanti: 28 uomini e 25 donne, di età compresa fra i 16 e i 50 anni - fu inviata su Marte l'11 ottobre del 2038, per restarci. Nei successivi sette anni, la colonia crebbe di numero, grazie ai nuovi sbarchi dalla Terra e alla cosiddetta “prima generazione rossa”. Nel 2045, arrivò a registrare 358 abitanti, distribuiti in un agglomerato di 63 moduli, che in seguito a un referendum prese il nome di New Athens.
In quell’anno Musk spiegò in una storica intervista l'immenso stress a cui il corpo umano è sottoposto a causa del viaggio: «Durante la traversata d'andata, a gravità zero, la spina dorsale tende ad allungarsi. Una volta atterrati, ristabilita la gravità, seppure pari solamente al 38% di quella terrestre, ho sofferto di ernia al disco tanto da non riuscire a camminare per settimane. Con una bassa accelerazione gravitazionale, poi, i muscoli perdono massa e le ossa si indeboliscono fino a rischiare di frantumarsi a causa di ogni piccola contusione. Su Marte è necessario che chiunque dedichi almeno due ore al giorno all'attività fisica e per questo, la prossima priorità, sarà pensare allo sviluppo dello sport, anche a livello agonistico».
Già pochi anni dopo quell’intervista, in occasione dell'organizzazione dei Mondiali USA 2034, la FIFA annunciò il lancio del Progetto Lobanovsky. Un'equipe mista di esponenti della FIFA e scienziati della NASA, del Roscosmos e di SpaceX iniziò a lavorare a tempo pieno a una soluzione per portare il calcio sul Pianeta Rosso. Il calcio, fu deciso in qualche riunione mai resa pubblica, alimentando voci su interessi di sponsor tecnici e agenzie di scommesse, sarebbe stato lo sport ufficiale dell’umanità.
Inizialmente la sfida sembrava più grande delle capacità tecnologiche del tempo. Non solo la differenza di gravità avrebbe comportato un’involuzione dal punto di vista del gioco (un «ritorno al calcio degli anni ’70» lo aveva descritto Josè Mourinho), ma era la pratica sportiva in sé sul nuovo pianeta ad apparire impossibile. La rarefazione dell'atmosfera e la totale assenza di gas più leggeri, insieme alla mancanza di un campo geomagnetico confrontabile con quello terrestre, provoca l'aumento della quantità di radiazione solare. Questi fattori rendono assolutamente indispensabile una tuta pressurizzata per qualsiasi esposizione. Un piccolo taglio su questa tuta, però, causerebbe in brevissimo tempo la morte dell'individuo che la indossa. Ogni contatto, dunque, esporrebbe i calciatori a rischi mortali.
Si tentò quindi la progettazione di un campo indoor. La sua costruzione, forzata nei tempi dalle necessità della missione, fu resa molto difficile dalle cattive condizioni meteorologiche, che causarono il decesso di trentasei operai in un solo pomeriggio di tempesta di sabbia. A fronte delle prime tragiche morti bianche sul pianeta, si decise di ridimensionare il progetto iniziale, edificando solamente un campo da calcio di misure regolamentari (affiancato da due piccole tribune, in grado di contenere 250 spettatori) e una palestra perfettamente attrezzata, la più grande della colonia.
Calciatori marziani
Intanto, sulla Terra, era iniziata la ricerca dei quaranta calciatori che avrebbero dovuto compiere il viaggio. Nessun professionista si dimostrò disponibile ad accettare una sfida del genere - anche ovviamente per non abbandonare lo status economico da privilegiati, che negli anni ’30 aveva portato i calciatori nello 0,01% della parte di popolazione terrestre più ricca: Cristiano Ronaldo Junior, il calciatore più forte al mondo in quel momento, chiese, ingenuamente o provocatoriamente: «Ma su Marte la posso portare la collezione di Lamborghini d’epoca di mio padre?».
Così, nel 2036, a New York, fu aperta la prima Academy dedicata interamente al progetto. Nei successivi sei mesi ne sorsero altre dieci: a Los Angeles, Sidney, Nuova Pechino, Dubai, San Pietroburgo, Londra, Lipsia, Roma, Parigi e Madrid. Ciascuna di queste dedicò il primo anno alle audizioni, che a causa dei lunghi tempi di gestazione della missione, furono aperte esclusivamente ai nati fra il 2018 e il 2022.
Un milione e 200mila ragazzi parteciparono ai test di ingresso, che prevedevano una prova fisica, una tecnica, un test scritto di logica e un colloquio psicologico. Il progetto mirava a formare una classe scelta di calciatori-tecnici, che avrebbero avuto il ruolo di pionieri dello sviluppo del gioco e di maestri qualificati per le nuove generazioni. L'area del pianeta colonizzata e la scarsità delle risorse, obbligavano ad essere cauti con l'aumento demografico per non sovrappopolare il pianeta.
Crouch II e Walcott-final-version posano nel giorno del loro arrivo sul pianeta.
I migliori 30 nella graduatoria di ogni Academy, vi entrarono a far parte per un anno e mezzo, e tra questi 330 ragazzi una commissione di allenatori presieduta da Pep Guardiola selezionò i migliori 40 che sarebbero diventati i primi calciatori su Marte.
Ritiratosi dal ruolo di allenatore professionista nel 2026, Guardiola si era trasferito sulla minuscola isola di Ko Tao, in Thailandia - come aveva rivelato un’inchiesta del Sun - dove aveva aperto una scuola calcio totalmente gratuita e riservata esclusivamente ai bambini fra i 5 e i 12 anni, nati e residenti sull’isola, a cui però era vietato colpire la palla di testa e di tirare in porta da fuori area. La scelta di tornare sotto le luci della ribalta ben dodici anni dopo l'ultima apparizione pubblica provocò la reazione dei media di tutto il mondo. El Mundo Deportivo, ad esempio, titolò con un messianico “Ha vuelto”.
Guardiola scelse anche i due primi allenatori che sarebbero andati a predicare calcio su Marte. Durante la conferenza stampa di presentazione disse: «Ho studiato molti profili olografici e ho passato giorni nella realtà virtuale a guardare partite e allenamenti, alla fine sono onorato di annunciare al mondo che a sedere in panchina durante la prima partita di calcio su Marte della storia, saranno il miglior rappresentante della scuola difensivista terrestre: Dele Alli; e il miglior tecnico di posizione della storia, e cioè il simulacro Arrigo_Sacchi_2».
La partenza
Una volta ufficializzata la data della partenza, tenendo conto della posizione favorevole dei due pianeti, i calciatori cominciarono l'ultima, lunga, fase di preparazione. Per più di due anni si alternarono fra i campi di allenamento, la palestra e i banchi di scuola della NY Academy, con brevissimi periodi di ferie.
Alle 19.10 del primo febbraio 2044, il Mars Vehicle L5 ha lasciato la rampa 39A del J.F. Kennedy Space Center, partendo per un viaggio di 95 giorni, che ha portato la delegazione ad atterrare sulla superficie di Marte quando l'alba dell'8 maggio 2045 era da poco sorta sul meridiano di Greenwich.
Un referendum della comunità marziana scelse MaracaMars come nome dello stadio. I primi 45 giorni furono interamente dedicati all'ambientamento sul nuovo pianeta e alla fisioterapia necessaria a smaltire i dolori dovuti al viaggio.
Come previsto, Arrigo_Sacchi_2 e Alli divisero il gruppo in due squadre da venti giocatori a una sola settimana dall'evento. Il risultato dell'incontro avrebbe decretato il primo vincitore della Martian Football League (MFL), un titolo dal valore più che altro simbolico.
Terminata la fase di adattamento fisico alle condizioni marziane, i calciatori erano pronti: il 22 settembre del 2045 ebbe luogo la prima partita di calcio su Marte.
La partita
Dicevamo, due miliardi di spettatori. Merito anche della scelta comunicativa dei quadri dirigenti a carico del Progetto Lobanovskyi di dare subito grande copertura mediatica all’evento, grazie alla partnership con Dugout e i giornali e magazine dell’unico editore rimasto, Facebook.
Il pubblico terrestre aveva potuto seguire giorno per giorno la vita extra-calcistica all'interno dell’Academy, «affezionandosi ai ragazzi come ai personaggi di una serie tv», come ha sottolineato il professor Benedict Freeman, sociologo dell' Università di Chicago ed esperto di sociologia sportiva. «Normalmente i tifosi seguono i profili social dei calciatori per poter entrare nella loro quotidianità. Il Progetto Lobanovsky ha ribaltato questo processo: un'ampia fascia di pubblico generalmente disinteressata al calcio ha prima apprezzato il format del social, e solo come conseguenza ha deciso di guardare i propri pupilli anche sul rettangolo verde. Ma il successo del Progetto va ricercato soprattutto nel livello di gioco semplicemente inimmaginabile espresso nella prima partita giocata su Marte».
Quello che le telecamere non avevano potuto riprendere durante l'avvicinamento all'evento era stato il lato puramente tecnico-tattico. I software usati nelle Academy avevano raccolto e analizzato una quantità impressionante di dati su ognuno dei giocatori selezionati, sviluppando allenamenti personalizzati nei minimi dettagli: secondo i numeri forniti da New York, al momento della partenza da Cape Canaveral, tutti i ragazzi avevano alzato di almeno cinque volte il loro livello tecnico e fisico iniziale.
Dal punto di vista tattico, poi, in accordo con gli ideali della missione, Arrigo_Sacchi_2 e Dele Alli avevano specializzato i loro uomini su due stili agli antipodi e complementari. Nel corso della prima partita entrambi gli allenatori hanno cambiato modulo per nove volte, dando vita a un'autentica partita a scacchi, giocata peraltro a ritmi infernali grazie all'abolizione del limite dei cambi e all’introduzione del tempo effettivo, uniche regole modificate per l'occasione.
Come se non ci fosse un domani
Sulla Terra scoppiò la mania per il “calcio marziano”. I fondi statali destinati al Progetto raddoppiarono, gli accordi per i diritti della trasmissione delle partite vennero rinegoziati in seguito al boom di visualizzazioni e decine di richieste di sponsorizzazione milionarie arrivarono durante la prima settimana seguente alla partita.
L'euforia fu prolungata dalla programmazione di undici ulteriori partite, una al mese, a quel punto mischiando le squadre per creare ancora più spettacolo. Inoltre, grazie agli eccezionali introiti e al contestuale incremento di materie prime estratte sul pianeta rosso, il Progetto Lobanovsky decise di sviluppare un piano per portare su Marte una nuova delegazione di giocatori, quantitativamente identica alla prima, alla fine del ciclo degli 11 match. E poi ancora altri giocatori, ogni anno per i successivi sei anni.
Ogni successo portava quantità impressionanti di denaro liquido nella casse del Progetto, denaro che veniva prontamente e sapientemente reinvestito. Dieci anni dopo la prima partita su Marte, grazie alla crescita dei ragazzi della colonia e ai continui innesti dalla Terra, la Martian Football League era ormai un autentico campionato, con 16 squadre e 8 impianti, oltre che la principale fonte di reddito del pianeta.
Il grande successo causò un imponente spostamento di risorse dal calcio terrestre a quello marziano. Nel quinquennio '45-'50 il calcio sulla Terra registrò trend di audience in vertiginosa decrescita. Gli spettatori online dei campionati europei calarono del 57% rispetto ai cinque anni precedenti; peggio andò negli States, dove il calo arrivò a sfiorare quota 65%. Nel 2052, una sfida a gravità ridotta fra quattro calciatori della MFL ottenne più visualizzazioni della semifinale dei Mondiali di calcio sulla Terra.
Il castello di carte crollò quando quattro delle cinque multinazionali con maggiori sponsorship nel mercato calcistico dirottarono i propri investimenti verso Marte. Le società terrestri furono costrette a tagliare gli stipendi di calciatori e tecnici, diventati a quel punto facile preda del richiamo dei soldi e della gloria da Marte.
Le condizioni di vita sul Pianeta Rosso, nel frattempo, erano migliorate rispetto ai primi anni della colonia e gli incentivi materiali offerti dal Progetto Lobanovsky finirono per convincere praticamente tutti i migliori giocatori in circolazione. I fondi di investimento proprietari di alcuni fra i principali club mondiali, a quel punto, si ritirarono frettolosamente e in soli due anni circa 800 società di massima serie dichiararono il fallimento in tutti i continenti, in quello che è passato alla storia con il nome di supermassive black hole of football.
Non che fossero tutti felici e contenti della situazione. A Parigi venne organizzata una manifestazione da Pour le Football, il neonato sindacato del settore di addetti ai lavori rimasti disoccupati a causa del buco nero, che provocò sanguinosi scontri fra dimostranti e forze dell’ordine; movimenti simili sorsero in brevissimo tempo in tutto il vecchio continente e le proteste sfociarono quasi ovunque in atti violenti. La tensione raggiunse il culmine nel luglio del '54, quando a Roma gli scontri causarono, in circostanze ancora oggi non chiarite, la morte di un poliziotto ventiquattrenne.
Gli scontri di Roma nei pressi di Piazza Craxi (già Piazza Esedra).
Il tragico evento segnò la fine di ogni possibile compromesso. In Italia come altrove, l'appoggio dell'opinione pubblica favorì una repressione spietata dei moti di protesta, sedati definitivamente in poco tempo.
Dinnanzi alle pressioni provenienti dalla politica, il Congresso della FIFA, composto per 4/5 da membri del Progetto Lobanovsky, optò per la più drastica della soluzioni e il 9 novembre 2054 decretò il «temporaneo scioglimento di tutte le competizioni internazionali», lasciando alle singole federazioni «totale libertà di scelta sull'eventuale prosieguo dei campionati nazionali».
Abbandonato da ogni struttura sovranazionale, dagli investitori e ancor più dalla base di appassionati, il castello delle federazioni crollò: di lì a sette mesi, sul pianeta Terra non si giocava più a calcio a livello professionistico.
Adios, Pep
Ieri, 23 gennaio 2060, si è spento a 89 anni Pep Guardiola. Dopo il ruolo fondamentale ricoperto nella fase embrionale del Progetto Lobanovsky, si era dimesso dal suo incarico e defilato dall'attenzione mediatica. Arrigo_Sacchi_2 e Dele Alli dichiararono in più occasioni di essere rimasti in contatto con il loro maestro, che non aveva smesso di seguire il calcio su Marte.
Guardiola portò avanti per qualche anno la sua scuola calcio in Thailandia, salvo poi trasferirsi a New York dopo aver compiuto 70 anni. Le sue apparizioni pubbliche divennero negli anni merce sempre più rara e legata perlopiù alla carriera politica della minore delle sue figlie, Valentina, leader del partito indipendentista catalano. Ormai anziano, su insistenza dei figli, era tornato a vivere a Santpedor, il minuscolo paese della Catalogna che l'ha visto crescere.
Lì, con un colpo di teatro, cinque mesi prima di morire aveva accettato un’intervista a un piccolo sito indipendente di appassionati di tattica. Una semplice chiacchierata su gioco di posizione e gegenpressing si era trasformata in una specie di monologo, a tratti sconnesso, con dei passaggi quantomeno oscuri che sarebbe superfluo riportare per intero.
«L'ordine delle cose è immobile in ogni singolo istante e in ogni istante è diverso da quello del precedente», ha detto Guardiola nel più toccante dei suoi passaggi «Quando sono nato, qui governava un dittatore e si giocava a calcio in due versanti di un muro che divideva il mondo. Ora lo stesso gioco si pratica in due mondi diversi e tra cinquant’anni questo paesino non esisterà neanche più, ci sarà solo Marte». Il giornalista lo ha interrotto, commosso: «Quarant’anni Pep. Tra quarant’anni non ci sarà più niente di tutto quello che stiamo vedendo ora».
Pep ha proseguito: «Appunto, quarant’anni. Provando a giudicare il quadro della mia esperienza, mi chiedo quali siano i confini dell'inquadratura, quale sia il punto di partenza, quale quello d'arrivo, come valutarli. Poi mi ritrovo a passare pomeriggi interi studiando i movimenti di un terzino che gioca su Marte e allora penso che se il giudizio sui cambiamenti dipende sempre dalla distanza da cui li si osserva, forse l'unica dimensione stabile della vita, e quindi del calcio, è il cambiamento stesso. Ma il cambiamento, non dovrebbe essere il contrario della distruzione, dell’annullamento?».
Ho raccolto le parole di Pep Guardiola senza sapere che sarebbero state le sue ultime. Le scrivo qui, su un blog che leggeranno in pochi, pochissimi. Senza più neanche un quotidiano disposto a riprenderle per fare polemica con Arrigo_Sacchi_2 perché ormai non interesserebbe più neanche questo. Scrivo queste parole nel vuoto, sapendo che la Terra è un relitto, che siamo abbandonati a noi stessi mentre su Marte degli operai altamente specializzati venerano dei calciatori nati in provetta.
Due miliardi di spettatori. Vi rendete conto? Chi lo avrebbe detto. E chissà cos’altro succederà, quante altre storie ci saranno da raccontare. Adesso io però ho finito, questo era l’ultimo pezzo della mia breve carriera da giornalista. Ho infilato gli scarpini nella borsa e tra poco uscirò per giocare a calcetto con gli amici. Almeno quello, per i prossimi quarant’anni, non potrà togliercelo nessuno.