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Mauro Mondello
Il 2020 del rugby
12 gen 2021
12 gen 2021
La questione concussion, i migliori giocatori, un aggiornamento sull'Italia e molto altro.
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Mauro Mondello
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Un repertorio completo di "classici Owens": dalle dettagliate spiegazioni tecniche al mitico "no need to call me Sir, I'm from West Wales".


 





 



 


Momento culto al minuto 4:26: Matera resta in piedi, sradica un pallone da Mo'unga andato a terra dentro i 22 argentini, conquista il turnover e poi trafigge con lo sguardo, per un attimo, la sua panchina, che nel frattempo è esplosa.


 





 


In questo video antico e sgranato di oltre dieci anni fa si vede già tutta la classe del giocatore che Wyn Jones sarebbe diventato


 





 



 



Rob Baxter interrompe l'intervista e osserva innamorato la sua squadra festeggiare dopo la vittoria della Champions Cup.


 





 


Sono tutte incredibili, ma la numero 3 in classifica è la mia preferita, con Ngani Laumape che riceve palla, lascia sul posto Beauden Barrett e poi si schianta a tutta velocità addosso al malcapitato Otere Black. Ah, sì: c'è il pubblico in Nuova Zelanda, anche durante la pandemia.


 



 





 





 





 





 





 



È rarissimo, a qualsiasi livello, vedere una meta diretta subito dopo la ripresa del gioco da centrocampo. In questo caso poi, a farsi sorprendere è l'Inghilterra, con un contrattacco veloce alla prima azione del secondo tempo. Il XV di Jones sale male, scomposto, sia per la ricezione che per la difesa, ma il timing con il quale i gallesi ripartono, la velocità con cui Tompkins esce dal frontale e poi muove la palla per Navidi e da lui a Williams, prima di lanciare Tipuric sotto i pali, è straordinaria. L'azione è un movimento armonico che, per la maniera in cui la palla si sposta, per il ritmo con il quale i giocatori si sostengono e arrivano a riceverla, appare perfetto.

 





 





 






 





 





 

Dei segnali positivi in arrivo da questo 2020 comunque ci sono, soprattutto per quanto riguarda un ricambio dei giocatori sul quale si è lavorato troppo poco nell'ultimo decennio. Con la sospensione dei campionati in Europa, la cancellazione dei test match estivi e la compressione di tutto il calendario, club e nazionali, in autunno, c'è stata la possibilità di lanciare, senza troppe pressioni, alcuni ragazzi che costituiranno la spina dorsale del XV azzurro per molti anni. Cannone, in seconda linea, ha giocato da titolare tutti i test del 2020, mostrando carattere e importanti margini di crescita. Anche Zilocchi è stato un titolare inamovibile di Smith e una delle sorprese più interessanti dell'Italia maschile di rugby nell'anno della pandemia. Solido in mischia chiusa, con alcuni difetti da sistemare nelle fasi di gioco a terra, il ventitreenne pilone delle Zebre ha dimostrato personalità e competenza sia in difesa che come ball carrier ed è destinato a diventare un pilastro di questa squadra.

 

Conferme importanti sono arrivate da Polledri, che si sta imponendo come uno dei giocatori di riferimento a livello mondiale nel suo ruolo; da Mbanda, che ha dimostrato a 28 anni, libero dagli infortuni, di avere ancora tanto da dire per questa nazionale; da Minozzi, che ha giocato una stagione da protagonista con gli Swaps di Londra e fatto registrare miglioramenti straordinari dal punto di vista fisico. Bene anche la crescita di Varney, che a 19 anni si è guadagnato il primo cap con l'Italia dopo una bella stagione nei Leicester Tigers, durante cui è entrato con personalità nelle rotazioni.

 

Un discorso a parte lo merita Paolo Garbisi, che dopo una manciata di buone partite con il Benetton Treviso in Pro14 è stato subito lanciato titolare contro l'Irlanda, a ottobre, nel ruolo di mediano di apertura, segnando pure una splendida meta. Riconfermato contro l'Inghilterra, nella gara che ha chiuso il Sei Nazioni (Italia ultima a 0 punti) e quindi per i restanti test match dell'Autumn Cup (che ha sostituito i tradizionali incontri con le squadre dell'emisfero Sud, impossibili a causa delle restrizioni legate alla pandemia) Garbisi ha fatto vedere cose importanti, gestendo benissimo il passaggio dall'under-20 al top del rugby mondiale, avvenuto nel giro di poche settimane. Il pericolo, adesso, è quello di etichettare Garbisi come "successore di Diego Dominguez", un gioco al massacro che, da diciassette anni a questa parte, hanno dovuto subire tutti coloro i quali hanno indossato la maglia azzurra numero 10, da Wakarua a Marcato, da Botes a Pez, passando per Gower, Orquera, Bocchino, Allan, Haimona, e ce ne sarebbero altri. Se si riuscirà a far crescere Garbisi senza la pressione di dover salvare la patria, ma con l'aspettativa semplice di formare finalmente un giocatore in grado di portare a casa il minimo sindacale richiesto nel ruolo di mediano d'apertura (gestione del gioco ragionata, gioco al piede pulito, difesa attenta), allora l'Italia potrà contare su un ragazzo che promette benissimo, che ha dimostrato di poter stare da subito nel gruppo di élite e che ha margini di miglioramento, tecnico e fisico, giganteschi.

 



 



 

Su tutte Silvia Turani, la 24enne prima linea del Grenoble che, nonostante abbia conosciuto il rugby appena cinque anni fa, è oggi una titolare inamovibile delle azzurre a pilone sinistro e si è tolta anche la soddisfazione di essere la prima italiana della storia convocata nelle Women Barbarians, la più antica e prestigiosa selezione a inviti del rugby internazionale. C'è grande curiosità per vedere l'ulteriore sviluppo di questa ragazza dopo il primo approccio con l'esperienza francese. Attenzione anche a Valeria Sgorbini, flanker pesarese che nella sua prima stagione a Clermont, nelle fila dell'ASM Romagnat, ha impressionato positivamente.

 


Niente male per un ragazzo di vent'anni all'esordio.


 





 



 

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