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Pietro Minto
2017: l'anno in cui un ingegnere italiano cambierà il calcio
10 gen 2017
10 gen 2017
Il primo degli scenari distopici che potrebbero avverarsi nel 2017.
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Pietro Minto
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Gaetano era nervoso. Stringeva in mano una cartella con degli appunti e una penna USB, che penzolava densa di informazioni. Sua moglie lo aveva salutato con un bacio quella mattina. Era stata stranamente affettuosa, poi gli aveva sussurrato alle orecchie: “Da questa giornata dipende tutto. La tua vita, il nostro matrimonio, tutto”. Stronza. La sera prima le ho chiesto di non parlarne, di non caricare di tensione la giornata, che era già piuttosto stressante, ma niente. Gaetano diede per l’ultima volta un’occhiata alla piccola memoria da 16 GB contenente la sua vita, il suo matrimonio, tutto. Ma soprattutto il futuro del calcio.

 

Ecco come voleva cominciare il suo pitch alla FIFA: “Oggi siamo qui per cambiare per sempre questo sport”. Una frase semplice, da sputare velocemente e con decisione, per poi pigiare invio sul laptop e lasciare che il keynote scorresse dalla memoria esterna al computer portatile, finendo proiettato sul telo bianco della sala riunioni. Un clic e sarebbe cominciato il video, una goffa animazione in cui una partita di calcio viene interrotta da strane apparizioni. “Oggi, alla fine del 2017, siamo tenuti a cambiare per sempre le nostre vite”, avrebbe continuato Gaetano, “unendo il gioco più bello del mondo al videogioco più bello del mondo.” A questo punto si sarebbe fermato per un istante, due secondi e mezzo di silenzio carichi di pathos che aveva imparato dai TED Talk, e avrebbe detto: “FIFA 2000”.

 

Un tale dall’aria sfigata aprì la porta e lo guardò per un secondo. Disse il suo nome inventando una pronuncia inedita, Gaetano annuì ed entrò nella stanza. Attorno al tavolo, ecco i dirigenti della FIFA al grande completo: Michel Platini, l’ologramma di Blatter e Matteo Renzi. Gaetano salutò e arrossì più del dovuto, fece per accomodarsi, si ricordò di non doversi sedere quindi appoggiò i suoi appunti sul tavolo, vicino al computer che aveva immaginato bianco e invece era argento, sguainò la penna USB e si rese conto di aver fatto tutto, troppo, subito. Si fermò per un attimo. Disse: “Oggi siamo qui per cambiare per” e si cristallizzò. Mentre Matteo Renzi lo guardava confuso, Gaetano capì di doversi presentare ai capi della FIFA.

 

Stando ai suoi piani, dopo “FIFA 98” nella stanza sarebbe calato il silenzio. Gaetano avrebbe abbracciato quel silenzio per poi rivelare il suo colpo di scena: “Il calcio è in crisi. Il pubblico vuole più partite, più eroi, più top player, vuole di più. Ma i giocatori hanno dei limiti, sono esseri umani”, avrebbe detto stando attento a non incrociare lo sguardo dell’ologramma di Sepp Blatter. “Avete mai giocato a FIFA 2000?” avrebbe chiesto alla sala. “Era un gioco che prevedeva la possibilità di falsare le partite, addirittura invocare un disco volante capace di risucchiare i giocatori”. A questo punto, una slide avrebbe riassunto quelle orribili vicende alle sue spalle:

 



 

“Ebbene, ecco la mia proposta”. Altro silenzio, questa volta più breve. Sepp Blatter avrebbe esitato, Platini si sarebbe mosso goffamente sulla sedia, accomodandosi. Matteo Renzi avrebbe mantenuto la sua espressione. “Mi… Mi chiamo Gaetano”, disse Gaetano con una vocina strozzata. “E il calcio è in crisi” aggiunse inciampando sulla sedia. L’ologramma di Blatter emise un ronzio. Matteo Renzi, sorpreso, domandò: “Come?” Gaetano si scompose e cominciò a sudare: “Sì, dai… Siamo qui riuniti per cambiare il calcio”. Platini si mosse lievemente mentre dietro alle spalle di Gaetano apparve la schermata del computer e un messaggio d’errore proveniente dalla chiavetta USB. “C’è un piccolo problema tecnico” disse l’uomo prendendo tempo, continuando la sua introduzione. Disse che la soluzione era FIFA 2000 e i suoi cheat codes, la possibilità di manipolare il gioco e la realtà, facendo apparire dischi volanti sul campo. “Avete presento, no? Potrebbe aiutarvi a conquistare finalmente gli USA”.

 

L’ologramma di Blatter si spense. O scomparve. Morì, insomma, qualunque cosa succeda agli ologrammi. L’incidente produsse una piccola scossa che si diresse verso Michel Platini, elettrizzandone la bella chioma. E continuò, non ancora scarica, verso il proiettore e il server sistemato nell’angolo opposto della sala. L’incendio divorò delle risme di carta e una mappa del Qatar, “la sede perfetta per qualsiasi competizione sportiva”, inglobando presto il tavolo da riunioni e Platini. L’ex campione francese morì invocando Sepp Blatter, “mio padre”.

 

Gaetano era sconvolto. Le cose non stavano andando come aveva immaginato. Guardò la sala in fiamme, il francese carbonizzato e il Matteo Renzi integro. Ecco lì, l’unico superstite era il suo nuovo pubblico. Doveva continuare: “Conquistare non solo gli Stati Uniti. La Cina! L’India! Tutto il mondo vorrà vedere una partita in cui qualsiasi giocatore può essere colpito da un fulmine o rapito dagli alieni”. Matteo Renzi tacque immobile, bloccato da questi pensieri: “Forse dovrei usare l’estintore”; “Forse questa idea non è poi così male”; “D’altronde ora sono io il capo della FIFA”.

 

“Sono io il capo della FIFA”.

 

Matteo abbracciò Gaetano. Insieme, uscirono dalla stanza e chiamarono i pompieri, che spensero l’incendio.

 

“Possiamo davvero cambiare per sempre questo gioco”, disse Renzi, seduto al bar, qualche ora dopo. “Ma è una decisione che non mi sento di prendere da solo”. Matteo Renzi guardò il tramonto iniettare di rosso i palazzi e le loro vetrate, riscaldando il pianeta con gli ultimi timidi raggi. “Sarà meglio lasciar decidere alla gente con un referendum”, concluse il fiorentino, nell’esatto momento in cui la moglie di Gaetano, in un’altra città, si recava dal miglior divorzista del Paese.

 

 

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