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2017: l'anno in cui scopriremo il giocatore più forte del mondo
18 gen 2017
Un nuovo candidato al Pallone d'Oro?
(articolo)
9 min
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In un mondo dominato dall’informazione liquida, in cui assistiamo a una saturazione di immagini e aneddoti a un tale livello di dettaglio da convincerci di conoscere tutti e tutto, non ci sembrava possibile potessero ancora esistere storie come quella di Thianelm: il calciatore più forte del mondo, che lo è diventato con l’antico metodo del passaparola, anche se su YouTube non è mai esistita nessuna compilation delle sue skills né un profilo sui più aggiornati forum di scouting.

Thianelm, il funambolo dell’Orinoco, il framboliere del Rio delle Amazzoni, è cresciuto tra gli Yanomamö dell’Amazzonia: il suo pubblico era la sua gente; le fronde dei secolari canopy i suoi spalti; lo yano - la struttura circolare che costituisce il cuore degli accampamenti indio, e che somiglia, dall’alto, a un Maracanã selvaggio - il suo stadio.

Da Sloterdijk a Rudi Garcia, molti filosofi hanno analizzato i rapporti calcistico-mitici tra arene, stadi, caccia, campanili e villaggi.

In un’epoca di fact-checkers e demistificatori, più che una leggenda metropolitana la storia di Thianelm era un tenace e poetico atto di resistenza. Un culto rimasto per anni imbrigliato in un coacervo di liane e racconti sussurrati in lingue intraducibili, fin quando - come l’istante in cui l’anaconda decide di spingersi fuori dal sottobosco per assaltare il villaggio - qualcuno non è finito, casualmente, per catturarne il segreto, ed esporre in bella mostra la pelle rilucente, le spire possenti, la mole mostruosa.

Wright Thompson ha raccolto per mesi memorie frammentarie, setacciando ogni radura del Paranà. Si è messo sulle sue tracce come i Conquistadores alla ricerca dell’El Dorado, inseguendone il mito. E quando la ricerca di Thianelm sembrava stesse per svanire in una nuvola vaporosa e onirica, proprio in quel momento, la sua figura ha preso consistenza.

Un fotogramma del reportage realizzato da Thompson sul viaggio alla ricerca di Thianelm, in cui è immortalato il punto più vicino al fallimento. Durante una ricognizione in elicottero, in cui cerca di avvicinarsi all’accampamento in cui si presume Thianelm viva, la troupe viene tenuta lontana da arcieri armati di frecce al curaro.

A Thompson, in una lunga intervista successiva a settimane di ricerca, in cui ogni volta che il giornalista sembrava avvicinarsi a Thianelm quello scompariva - “come fosse in fuga da qualcosa di enorme e tremendo, o solo da sé stesso” - ha raccontato la sua vita incredibile. Il bacio sul piede destro di una donna dal volto azzurro, secondo lui Pachamama in persona, quando era solo un ragazzino. Le difficoltà per raggiungere i campi dei villaggi vicini, in piroga, per trovare qualcuno da dribblare. E poi le partite della Seleçao viste in piccoli televisori alimentati da pannelli solari vetusti, e il suo ordine di valori. La fedeltà che aveva giurato alla sua foresta, e che la foresta aveva giurato a lui.

Thianlem forse temeva che l’intervista lo facesse uscire dall’ombra, suo habitat naturale, e aveva ragione. Thompson non rivelò pubblicamente la sua posizione, ma dopo pochi mesi dalla sua scoperta Thianlem vide arrivare nel suo villaggio El Loco Abreu, Evo Morales, Cristina Kirchner - che, si dice, aveva provato a convincerlo a trasferirsi a Buenos Aires per giocare con il River Plate. Lo andò a trovare anche Tomas El Trinche Carlovich, l’unico che lo ha convinto a farsi fotografare mentre si palleggiavano una palla di cuoio cucita a mano dalle donne del villaggio di Thianlem. Ma anche le foto di quell’incontro non hanno rivelato il mistero, Thianelm compare quasi sempre con la testa bassa sul pallone, e sfocato per via dei suoi movimenti veloci, irriconoscibile anche alla lente, con vicino un Carlovich ormai anziano, i capelli lunghi e un sorriso da bambino.

Per mesi abbiamo ignorato che faccia avesse, Thianelm.

Thompson lo ha descritto come “un uomo di diciotto anni, o un fanciullo di trenta, a seconda di come la luce ne illumina il volto, di taglio”. Gli ha chiesto se gli sarebbe piaciuto, un giorno, provare a giocare al calcio in maniera seria, in Europa. Thianelm ha risposto “se l’Europa è pronta a dimostrarsi seria. Con la mia gente, intendo dire”.

“Non puoi pronunciare il suo nome e sperare che resti lì, a darti ascolto”. Evandro Moraes Guacharo, detto “Gordo Maravilha” è stato per anni il più celebre calciatore indio, prima che facesse capolino la storia di Thianelm. “Una volta lo portai a fare un provino per il Nacionale Futebol Clube di Manaus”, racconta; “appena arrivò negli spogliatoi rubò tutte le scarpe da gioco e fuggì”.

Ci saremmo dimenticati facilmente di Thianelm, l’avremmo declassato a residuato romantico di un calcio più autentico e genuino se il suo nome non fosse riemerso, con effetti stranianti, settimane dopo quell’intervista, sulla bocca di Neymar jr.

I temi del suo primo appuntamento ufficiale come nuovo giocatore del PSG erano stati sostanzialmente due: O’Ney aveva prima dovuto smentire le voci che motivavano la sua assenza nella doppia sfida di Champions League, in marzo, tra Barcellona e PSG (ufficialmente dovuta a un misterioso infortunio) con una negoziazione già in stato avanzato con il club qatariota; poi, quando l’attenzione era ineluttabilmente finita per concentrarsi sul Barcellona e su Messi, Neymar si è trasformato in una statua di sale. Un giornalista aveva chiesto: “Avrai mai un compagno più forte di Leo?”.

La risposta di Neymar non celava alcuna commozione. Anzi, aveva scardinato ogni certezza: “Solo se il PSG, un giorno, riuscirà a portare in Europa Thianelm ”.

Poi aveva allontanato lentamente le labbra dal microfono, ci si aspettava una risata, ma niente. Il silenzio seguito a quella frase era durato tre secondi, forse meno, ma sembrò come se in uno sfrondare d’ala i passeri degli Champs Elysées si fossero portati via tutti i rumori di Parigi.

All’indomani dell’intervista di Neymar.

Nelle testate specializzate ma anche tra la gente delle favelas - trasversalmente, come solo la grande letteratura e il calcio sanno fare - si discuteva di Thianelm: che diritto aveva il PSG di portare sui campi ipercompetitivi d’Europa un animo libero come il suo? Non sarebbe stato un gesto di sradicamento culturale troppo violento? O era piuttosto qualcosa di giusto o necessario? E se sì, per chi? Per Thianelm? Per il bene del gioco? Per continuare a credere nei sogni?

Anche il NYT gli dedicò un approfondimento, un lungo editoriale etnografico e edificante.

Un giornalista de O Globo raccontò in esclusiva, millantando di esserne stato testimone, il primo incontro tra Neymar e Thianelm in occasione di un torneo organizzato, in relativo segreto, al centro di uno yano durante un viaggio di sensibilizzazione di Neymar alla causa amazzonica.

Durante quella “partita”, di cui sopravvivevano soltanto memorie confuse e neppure una fotografia, Thianelm aveva più volte chiamato alla sfida Neymar: lo aveva dribblato, irriso, pressato, sconvolto. Lo aveva confuso con un doppio passo ubriacante, e quando Neymar aveva cercato di bloccarlo, per scattare un selfie e immortalare il ricordo di un’umiliazione intima da tramandare alla posterità dei ricordi più privati, Thianelm si era dileguato scomparendo nella vegetazione fitta.

A fissare i contorni di quella che da icona dell’ignoto si stava rapidamente trasformando in fenomeno globale contribuì anche David Beckham. Da Miami confessò di aver incontrato il padre-sciamano e di aver discusso lungamente l’ipotesi di ingaggiare il giovane.

Becks aggiunse che tra i termini dell’accordo rientrava l’eventualità di poter scritturare le tredici sorelle di Thianelm, tutte “di una bellezza conturbante”, come modelle per la sfilata della nuova collezione di Victoria.

Quando Jorge Mendes, al termine di un’operazione quasi avventurosa, riuscì a stanare il giovane gli disse soltanto “Thianelm, suppongo”. Lo convinse a firmare un mandato di rappresentanza. Poi scatenò un’asta tra Miami e Parigi che appassionò il pubblico per settimane, fino a concludersi con l’ingaggio del calciatore da parte del PSG: a Thianelm sarebbero andati 6 milioni di euro netti a stagione, al padre-sciamano un carnet di biglietti intercontinentali Rio-Parigi, un nuovo motoscafo, una motosega e una smart-tv.

Paolo Sorrentino avrebbe invece acquisito i diritti della biografia di Thianelm per farne un film in cui Silvio Orlando avrebbe interpretato Evo Morales, Toni Servillo “El Trinche” Carlovich da vecchio e lo stesso Thianelm sarebbe stato impersonificato dal giardiniere del regista.

Il volto di Thianelm divenne conosciuto sei mesi dopo il suo nome: qualcosa di così novecentesco, e impensabile nella società delle immagini, da sembrare una boutade.

Gli sviluppatori di FIFA18, in mancanza di foto cui fare riferimento, lo avevano disegnato filiforme, con i capelli disordinati e fulvi: ne avevano fatto il personaggio principale della Career Mode. All’uscita dei primi trailer, da molte parti l’universo calcistico si era chiesto se questo Thianelm che sbucava dal nulla non fosse nient’altro che una gigantesca mossa commerciale.

Thianelm, invece, era vero e lottava con noi: è il secondo da sinistra, quello coi pantaloncini del Cruz Azul che - si sarebbe appreso poi - gli aveva regalato el Loco Abreu, innamorato del suo stile di gioco.

L’esordio in Ligue1 fu in un match piuttosto teso e importante contro l’Olympique Marsiglia di Gervinho, Balotelli e Payet a metà novembre.

Thianelm entrò in campo al 65’, sullo zero a zero, al posto di Cavani. Tre minuti più tardi tagliò tutto il campo in diagonale, lanciandosi in scivolata sul portatore di palla marsigliese: gliela sradicò dai piedi, con un guizzo si involò sulla fascia e all’altezza della linea mediana tagliò verso gli spogliatoi, portandosi dietro il pallone.

Ne riemerse subito, trascinato dagli steward a bordo campo. Per il resto della partita percorse il periplo del campo disinteressandosi di quello che vi accadeva all’interno.

All’ottantesimo, in una transizione offensiva rapidissima, Neymar dribblò tre avversari e gli servì un pallone filtrante, sul quale Thianelm arrivò come una furia: lo schivò e si diresse verso la bandierina del calcio d’angolo, dove si calò i pantaloncini, si accovacciò e indusse le telecamere in mondovisione a oscurare l’inquadratura.

Dopo quella sera Thianelm non sarebbe mai più sceso in campo con la maglia del PSG.

Il club parigino annunciò di voler procedere alla rescissione del contratto due giorni più tardi. Neymar, stuzzicato dai media, ammise di non essere certo che quella sua visita nella foresta amazzonica fosse proprio in Brasile, magari era in Ecuador e quel Thianelm vatti a ricordare, forse era addirittura un altro.

Il film di Sorrentino, “Il più forte del mondo”, vinse tre Oscar.

Il giardiniere di Sorrentino, invece, si sarebbe suicidato la sera successiva alla premiazione gettandosi dal balcone di un albergo di Hollywood con indosso gli abiti di scena.

Sul suo comodino c’era una copia dell’Otello di Shakespeare. E un passaggio sottolineato, quello nel secondo atto, scena terza, in cui Iago dice «È la reputazione una veste effimera e convenzionale, guadagnata spesso senza merito, e perduta senza colpa».

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