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Calcio Marco D'Ottavi 20 gennaio 2017 6'

2017: l’anno del logo della Juventus

4 futuri alternativi in cui il nuovo logo farà svoltare la Juventus.

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Prima di svelare a tutto il mondo il nuovo logo, Andrea Agnelli ha posto una semplice domanda agli ospiti presenti al Museo della scienza e della tecnologia di Milano: «Come può la Juventus diventare più mainstream?»

 

 

Secondo il presidente, il nuovo logo «definisce un senso di appartenenza e uno stile che permette di comunicare il nostro modo di essere #2beJuventus». Questo restyling pare punti ad allargare il pubblico includendo quello «dei bambini, delle donne e dei millennials». Ma alla luce del fatto che vincere non è davvero importante, ma l’unica cosa che conta (come ha ricordato Andrea Agnelli anche durante la presentazione) l’unica domanda vera da farsi è: quali sono i modi in cui il nuovo logo della Juventus potrà aiutare la squadra a vincere?

 

Abbiamo visitato 4 futuri alternativi per scoprirlo.

 

 

Il nuovo Facebook

 

Il valore di un marchio, nell’epoca di internet, sta anche in come questo si interfaccia con la rete. Per questo, dopo aver visto il nuovo logo della Juventus e letto le parole bambini, donne e millenials dette da Andrea Agnelli, Mark Zuckerberg ha iniziato a pensare. E più ci pensava più gli sembrava sprecata quella bellissima J bianca e nera per un logo di una squadra di calcio, una cosa vecchia e destinata a scomparire quando tutti gli preferiranno i tornei di Candy Crush.

 

 

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Mark sta in fissa con i loghi fatti con l’iniziale.

 

Ci pensa così tanto Mark che gli viene fuori un’idea geniale: lanciare una nuova rete globale, un internet 2.0 completamente post-ideologico, riservato solo ai millenials. Un’idea rivoluzionaria che necessitava solo di due cose per funzionare: un nome potente e un logo magnifico. Come nome venne presto scelto Juxth, una crasi tra le parole juxtaposed e youth, per quanto riguarda il logo Mark non poté far altro che bussare alla porta di Corso Galileo Ferraris 32.

 

La trattativa, segretissima, fu molto dura. Zuckerberg pensava che Marotta e Paratici fossero due dinosauri senza il senso del futuro e quindi di poter strappare il logo per due soldi. Da parte loro invece, i due dirigenti pensavano che se avevano venduto Pogba per 110 milioni di euro al Manchester United, il proprietario di Facebook doveva essere molto più ricco della squadra inglese (d’altronde aveva da poco speso 19 miliardi di dollari per Whatsapp).

 

Il 31 Giugno 2017, in concomitanza con l’inizio del calciomercato, Facebook acquistava tutti i diritti sul logo J millennials (il nome datogli per non dire che era il logo della Juventus) per una cifra di 1,5 miliardi di euro + bonus legati al successo dell’operazione e alle views. Grazie a questa incredibile plusvalenza la Juventus diventerà la Cina del mercato estivo, rimanendo però nel più sicuro e appetibile campionato italiano. L’acquisto di nuovi grandi campioni guiderà sicuramente la squadra verso nuove grandi vittorie.

 

 

La gestione svedese

 

Mentre su internet tra rivisitazioni, meme più o meno riusciti e accuse di plagio si accatastavano le prese in giro al nuovo logo della Juventus, ma più proprio alla Juventus, qualcuno prese la questione molto più sul personale. Robin Söderling, dopo un primo tweet impulsivo in cui accusava velatamente la squadra italiana di plagio, decise di agire per vie legali grazie all’aiuto del padre Bo, un avvocato.

 

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La causa cadde tra il capo e il collo dell’ufficio legale della Juventus, che non seppe mai come comportarsi. Esperti di diritto sportivo e del lavoro, non riuscirono a trovare una linea difensiva che giustificasse le similitudini evidenti tra i due marchi. Non bastò scaricare la colpa su Interbrand, la società che si era occupata della creazione del logo, e neppure citare Roland Barthes. Il 1 Giugno il TAS di Losanna accusò la Juventus di plagio e la costrinse a risarcire Robin Soderling per una somma di 700 milioni di Euro.

 

Non potendo in alcun modo pagare questa multa (il valore totale della Juventus secondo Forbes era di 1,15 miliardi) la finanziaria EXOR, riconducibile alla famiglia Agnelli e che controllava la maggioranza del capitale azionario della Juventus, decise di cedere le proprie quote al tennista svedese come pagamento, dopo aver seriamente pensato di vendere la FIAT.

 

Il 3 Luglio 2017, insomma, Robin Söderling lunatico ex tennista anche top 5 del mondo, famoso principalmente per essere stato il primo a battere Rafael Nadal al Roland Garros e per averne fatto una brillante presa per il culo durante un loro match a Wimbledon, divenne l’azionista di maggioranza della Juventus tra l’incredulità di tutto lo sport italiano. Lo svedese, che seppure aveva zero esperienza da presidente di una squadra di calcio, dimostrò di avere un’ottima esperienza di Svezia e del suo modello socialdemocratico.

 

Il primo punto della sua rivoluzione fu che tutti i tifosi della Juventus dovessero godere di un welfare equo ed efficiente. La società iniziò così ad aiutare i tifosi dalla nascita alla tomba in modo che potessero poi spendere il proprio benessere nel sostenere la squadra. Da tutto il mondo ci fu una corsa per tifare Juventus, che nel giro di due anni divenne il club con più tifosi al mondo per distacco. Ma non finì qui: Söderling trasformò la Juventus nella cartolina più luminosa del successo dell’idea nordica di mondo. Convinse il governo della Norvegia, che già possedeva circa lo 0,80% della Juventus, ad investire attraverso il suo fondo sovrano, uno dei più forti del mondo. La panchina venne affidata a Ibrahimovic che divenne un raro esempio positivo di calciatore/allenatore.

 

 

Farsi logo

 

Se il nuovo logo della Juventus ha attirato tante critiche, ha finito per piacere alle persone “giuste”. L’idea di avere due linee bianche su sfondo nero a rappresentare l’ideale globale di “vittoria a tutti i costi” era decisamente interessante. La prima a muoversi fu ovviamente la moda. In partnership con la Juventus ogni stilista voleva la sua linea J, per l’uomo forte di oggi per il quale “lo stile non è importante, è l’unica cosa che conta”.

 

Calvin Klein non dovette neanche fare lo sforzo di fare una pubblicità per il suo nuovo profumo J.

 

Ma se il connubio logo di design e moda era tutto sommato ipotizzabile, il successo di quell’operazione rese la Juventus la gallina dalle Uova d’oro. Se lo stile era importante, non lo era di più una casa? IKEA ricopri letteralmente di soldi la squadra italiana per poter sfruttare la sua J all’interno del ripensamento dell’azienda: magari era un po’ banale ma “una casa non è importante, è l’unica cosa che conta” fu la serie di più grande successo del colosso del mobile fai da te.

 

Il nuovo logo della Juventus, che è estremamente spendibile, travalicò il semplice concetto di merchandising diventando una frase, un’ideologia in un mondo senza più ideologie. E se tutte le compagnie riuscirono a far passare il concetto che vincere non era solo importante, ma era davvero l’unica cosa che conta, immaginate chi più di tutte riuscì ad avvantaggiarsi di questa cosa su cui aveva i diritti finendo poi per riuscire benissimo nell’unica cosa che conta?

 

 

Juventus-Z

 

Jay-Z venne a conoscenza del nuovo logo della Juventus la mattina successiva, scrollando il suo feed di Instagram quando comparve in una foto alle spalle della sua amica Emily Ratajkowski. Sebbene non avesse mai avuto un forte interesse per il calcio, né tanto meno per il calcio italiano, Jay-Z aveva un forte interesse per tutto ciò che era innovativo, bianco e nero, pop e soprattutto che contenesse la lettera J. Attraverso il suo altro grande amico David Beckham organizzò un incontro con i dirigenti della Juventus, capendo da questo rebranding quanto fossero davvero proiettati nello stesso tipo di futuro in cui era proiettato lui, un tipo di futuro che lui chiamava j-future, come jet, jacuzzi, jazz, jewel, jackpot, joy, Jay-Z, ma a questo punto anche Juventus.

 

L’accordo di collaborazione che ne venne fuori fu molto interessante: la Juventus portò tutto il suo know-how all’interno delle società del rapper e produttore americano, tra cui ovviamente il nuovo logo che era la cosa più importante (Jay-Z in un tweet scrisse che era anche più importante di vincere, ma lo cancellò subito dopo), mentre l’artista si impegnava a lanciare la squadra italiana nel remunerativo campo dell’intrattenimento.

 

Lo Juventus-Z Stadium non è mai stato così glamour.

 

Nel 2017 la Juventus produsse il nuovo album di Kanye West, dopo tutti i problemi del precedente The life of Pablo la vicinanza di Allegri, che dopotutto aveva già avuto a che fare con Cassano, aiutò Kanye a non distrarsi dal progetto e quello che venne fuori fu uno degli album più di successo della storia della musica. Attraverso la nuova casa di produzione J-movie collaborò con la Marvel Entertainment l’ideazione di un nuovo supereroe dal nome J con il talento, che poi è quello più comune tra i supereroi, di vincere sempre. Jay-Z dal canto suo scrisse il nuovo inno della squadra I got 99 problems but il Pipita ain’t one portando la fama della Juventus negli Stati Uniti al pari di quella delle più importanti franchigie del paese. L’apertura verso Ovest, mentre tutti andavano ad Est, portò nuove ed enormi possibilità di mercato. La Juventus divenne un marchio globale, di cui la squadra di calcio era solo uno dei rami. Paradossalmente la Juventus perse di importanza all’interno del brand Juventus, ma i giri di affari passarono ad essere da quelli di una grande società di calcio a quelli di una grande multinazionale. Nel 2019 il marchio Juventus superò quello di Google come valore, parametro che spiega abbastanza bene come il logo ha aiutato la squadra nel suo progetto di continuare a vincere.

 

 

Tags : distopiejuventus

Marco D'Ottavi è nato a Roma, fondato Bookskywalker e lavorato qui e là.

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