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Tutte le volte che la fortuna ci ha girato le spalle
25 mar 2022
25 mar 2022
13 momenti che hanno condotto l'Italia alla disfatta di ieri.
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Il profeta Ezechiele ha avuto una visione: un carro-trono abitato da angeli. Ognuno di questi angeli ha sei ali e quattro facce. Queste facce sono di uomo, di leone, di aquila, di bue. Questo carro è trainato da una figura dalle sembianze umane. La tradizione dei tarocchi ha tradotto in una carta la visione di Ezechiele, nel decimo arcano, ovvero la ruota della fortuna, o la ruota del destino. C’è la struttura del carro-trono - le ruote una dentro l’altra - le creature al suo interno, e a dominare e a controllare il suo movimento la sfinge, la fiera che custodisce i segreti e gli enigmi dei templi. La ruota della fortuna simboleggia la vita nel giusto equilibrio, gli alti e bassi che ruotano nella vita per rimanere in un equilibrio che può sempre mutare.


 

Roberto Mancini è sembrato alludere ai concetti della ruota della fortuna quando ieri, dopo l’eliminazione, ha detto che «la fortuna che ci ha accompagnato si è trasformata in totale sfortuna» abbandonandosi a un misticismo che non pensavamo appartenergli. In fondo è l’allenatore che ha portato la Nazionale nell’illuminismo, evolvendola dagli stereotipi e dai cliché che ne avevano determinato il fallimento con Ventura. Per il Mancini amareggiato di giovedì sera, invece, nell’Europeo abbiamo maturato un debito verso la Fortuna che prima o poi avremmo pagato, perché tutto tornasse in equilibrio.


 

A cosa si riferiva? Al gol di testa di Arnautovic, annullato per un fuorigioco di pochi centimetri, che per un paio di minuti sembrava averci eliminato dall’Europeo? Ai rigori sbagliati dall’Inghilterra o quelli segnati contro la Spagna? In generale a un Europeo che l’Italia ha vinto vincendo poco ma non perdendo mai?


 

Di certo sappiamo a cosa si riferiva, Mancini, parlando di sfortuna. Lo ha riassunto tutto, in una descrizione degna del fatalismo tragico dei greci: «I due rigori, ne bastava uno e eravamo al Mondiale, poi questa partita, subire il gol al 92’ sembra fatto apposta». Mancini ha attraversato lo stupore ancor più della delusione: «Cosa si può dire di una partita dove abbiamo tirato 40 volte? Abbiamo subito il gol alla fine e non sappiamo neanche perché. Non sappiamo nemmeno perché siamo arrivati fino a qui. Abbiamo vinto un Europeo e siamo rimasti imbattuti per due anni e mezzo per cui io una cosa la so: i nostri giocatori sono bravissimi. Quindi non è colpa loro o del presidente, il primo responsabile sono io. Quando si perde il primo responsabile è l’allenatore».


 

Rimpiangere le occasioni mancate, piangere sul latte versato, può essere una triste consolazione. Oppure può essere un modo di girare il dito della piaga, ricavando l’effetto utile da quel dolore. Dal dolore si impara, anche quando la lezione può essere ridotta alla banalità crudele del calcio. Ho messo insieme i momenti sfortunati che hanno dovuto accumularsi per causare questa qualificazione. Non per sottrarre all’Italia le proprie responsabilità, ma anche per capire quante cose devono mettersi in un certo modo perché succeda una cosa così inaudita - cioè che la squadra campione d’Europa non si qualifichi per il Mondiale, nonostante un girone alla portata e uno spareggio comodo.


 

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