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Calcio Lorenzo De Alexandris 10 dicembre 2015 8'

Ding Dong Chevantón

10 gol di Chevantón che fanno venire gli incubi ai portieri.

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10. Roma – Lecce 5-1, 21 ottobre 2001

 

Era la prima volta che lo vedevo giocare. Il Lecce era ospite della Roma all’Olimpico e il primo tempo era trascorso velocemente con una serie impressionante di occasioni da rete per i giallorossi capitolini. Poi il gol di Totti e il raddoppio di Samuel. Il secondo tempo sembrava avere poco da raccontare, a parte gli errori sotto porta di Delvecchio.

 

E invece, dopo un’ora di gioco, il numero 19 del Lecce, Ernesto Javier Chevantón, si prende un pezzo di cuore di parte del pubblico, me compreso: palla filtrante di Vugrinec, Chevantón stoppa di destro, si sposta il pallone per calciare e con un perfetto tiro a giro mette la palla sotto l’incrocio più lontano da Antonioli. È un diamante effimero, magari inutile, ma prezioso. È una sineddoche del Chevantón giocatore: quel gol non basta al Lecce per evitare la goleada quel pomeriggio (alla fine sarà 5-1) e i suoi 11 gol stagionali non basteranno per restare in Serie A. Ma questo tipo di gol sono stati abbastanza affinché molti (leccesi e non) gli dedicassero un amore lungo e intermittente.

 

9. Lecce – Parma 1-1, 26 agosto 2001

 

Se dovessimo rappresentare la furbizia traendo ispirazione dal mondo della letteratura, la scelta più semplice forse sarebbe quella di utilizzare il ricordo del Gatto e la Volpe di Pinocchio. Calcisticamente parlando, se il furbo è colui che inventa un espediente astuto per raggiungere il suo scopo, lo “scherzo” con cui Chevantón ha beffato il Parma, e Sébastien Frey, è un esempio altrettanto valido: la palla era in mano al portiere francese, con l’attaccante uruguaiano che aspettava si preparasse al lancio per togliergli la palla di petto. Poi conclude degnamente questo breve trattato sulla malizia calcistica scavalcando Frey con un pallonetto. Manca un piccolo quanto significativo dettaglio a rendere ancora più speciale questo gol: è arrivato al secondo minuto della prima partita in Serie A di Ernesto Chevantón in maglia giallorossa. Il che lo rende uno spot pubblicitario con cui il numero 19, venuto dal Danubio, preso da Corvino dopo le 53 reti in 4 anni nella Primera División uruguaiana per sostituire Cristiano Lucarelli, si presenta al tifoso leccese.

 

8. Lecce – Reggina 2-1, 16 maggio 2004

 

Dei tanti gol su calcio d’angolo che potete vedere su YouTube forse questo è il più bruttino. Generalmente, per segnare dalla bandierina ci deve essere una complicità da parte dell’uomo sul primo palo o del portiere, e in questo caso l’errore lo compie Francesco Cozza nel tentativo di intervenire goffamente di testa. Ma anche in questo caso c’è un dettaglio che rende speciale il gol di Chevantón: questo è il gol con cui raggiunge Pedro Pablo Pasculli, capellone argentino che tra il 1985 e il ’92 aveva stabilito il record di gol in Serie A con la maglia giallorossa. Fare la storia con un colpo così bizzarro sembra la degna chiusura del cerchio aperto più di tre anni prima, con la furbata su Frey. Dal punto di vista tecnico, sebbene il gol non sia pulito, la forza che utilizza per tagliare il pallone sul primo palo dimostra una chiara volontà di far male. Probabilmente non voleva segnare in quel’esatto modo, ma di sicuro ci voleva provare anche dalla bandierina.

 

7. Lecce – Milan 1-1, 15 febbraio 2004

 

Abbiamo visto come Madre Natura abbia donato al destro di Chevantón capacità balistiche fuori dal comune: il duro lavoro ha fatto il resto. Il calcio di punizione è uno degli aspetti del calcio più legati sia alla naturalezza nel saper colpire il pallone sia all’allenamento reiterato del gesto in sé. L’equazione da risolvere è complessa, ma non impossibile e Chevantón ai tempi di Delio Rossi rimaneva solitamente una mezz’ora in più sul campo a provare diverse soluzione assieme a Bovo, Ledesma e Vucinic.

 

Il suo impegno, poi, si tramutava in oro al Via del Mare. Nella stagione 2003/2004 il Milan si era presentato a Lecce con il modulo ancellottiano ad albero di Natale. Dopo 18 minuti, però, Chevantón scherza con Cafu e si prende una punizione dal limite. Dida organizza una barriera a 5 più Gattuso e nessuno sembra sbagliare: gli uomini in barriera saltano e lo stesso Dida fa il movimento verso il palo coperto con adeguato anticipo. Tutto giusto, ma inutile: potenza e precisione mandano la palla sotto la traversa. L’esultanza è quella delle grandi occasioni, calcio volante e maglietta in aria.

 

6. Monaco – Lione 2-1, 23 aprile 2006

 

Passiamo dal calore dei salentini alla freddezza di un pubblico poco interessato come quello del Louis II. La reputazione di Chevantón non è all’altezza di quella che si era costruito in Salento: un anno e mezzo di infortuni e poche gioie nel campionato francese. Contro il grande Lione, però, duetta sul filo del fuorigioco con Di Vaio e segna un gol da vero numero 9. Eppure non basta a cambiare il senso del suo passaggio in Francia: Chevantón sembra aver perso il “tocco magico”, la follia dei gol da 40 metri, la furbizia con cui segnava da calcio d’angolo o rubando il pallone al portiere. La media spaventosa di Lecce, 49 gol in 92 partite, dimenticata. Gli allora vice campioni d’Europa non vedranno quel genio sregolato che abbiamo ammirato tra Serie A e B, anche perché quando l’uruguaiano ha iniziato migliorare le sue prestazioni, nell’ultima parte della seconda stagione, il Monaco ha sfruttato l’occasione monetizzando, accontentandosi dei 9 milioni del Siviglia.

 

5. Siviglia – Real Madrid 2-1, 9 dicembre 2006

 

“El Loco” o “El Animal” sono i soprannomi che nel giro di quattro anni si è guadagnato Chevantón sulle rive del Guadalquivir. Ci è riuscito grazie a gol come questo qui sopra segnato contro il Real Madrid. Non ha mai temuto la pressione, persino in un periodo nero come sarà quello di Siviglia. Chevantón sceglie di prendersi responsabilità e là dove non arriva la condizione fisica, ci arriva il carattere e il talento innato.

 

Quel giorno si esibisce nella chilena, una rovesciata su una palla vagante a seguito di un calcio di punizione sulla trequarti, e prepara il colpo da manuale: braccio destro che scende prima che gli scarpini si alzino dal manto verde, poi il colpo di reni, la gamba prima indietreggia e poi come una frusta si scaglia con violenza sul pallone (“El Animal”). Il tocco non è perfetto, come non deve essere in una rovesciata riuscita: Casillas resta impietrito e la palla scivola in rete, i compagni lo inseguono, lui corre verso la bandierina, poi il gesto dello sparo e cade a terra (“El Loco”).

 

Neanche a Siviglia, però, ha convinto in pieno. E Chevantón vuole di nuovo l’Italia e vorrebbe Corvino. Lo sente mentre è alla Fiorentina: «Sai quello che ti posso dare, ti puoi fidare di me, mi conosci». Cerca di rilanciare la propria carriera, umile e al tempo stesso ambizioso: «Io se vengo a Firenze voglio giocare, sono meglio di Toni e Mutu». Così non se ne fa nulla. Serve un ritorno alle radici. È l’estate del 2010 e Chevantón riesce a tornare nella sua Lecce: «Sono di sangue uruguagio, ma il mio cuore è salentino».

 

4. Bari – Lecce 1-1, 13 ottobre 2002

 

In Puglia il derby non è tra squadre della stessa città, ma tra due che distano 150 km l’una dall’altra. Il capoluogo, centro economico della regione più legato al resto del Paese (Bari), contro il Salento, una specie di regione nella regione, dal fattore identitario così forte da inglobare in sé alle volte l’idea stessa di Puglia (appunto, Lecce). Sul campo questa sfida non ha mai rappresentato la conquista del vertice, spesso neanche si è giocata in Serie A, piuttosto la possibilità di rappresentare la Puglia calcistica davanti al resto dell’Italia. Per diventare dei miti locali, dappertutto, serve passare anche dal derby: questo vale ancor di più per Chevantón e la sua amata Lecce. Un altro gol “da antologia”: dal vertice sinistro dell’area gli basta un rapido sguardo alla porta per comprenderne distanza e posizione del portiere. Stavolta calcia di collo esterno destro, la palla va sempre all’incrocio. Ancora una volta non basterà per vincere la partita, ma i tifosi leccesi sono andati a casa felici ché il più forte giocatore in Puglia ce l’avevano loro.

 

3. Lecce – Napoli 2-1, 8 maggio 2011

 

Dopo il milionario divorzio che lo aveva portato lontano dal Via del Mare, il Lecce e Chevantón convolano per la seconda volta a nozze: stavolta però il matrimonio sarà breve. Il Lecce di De Canio non ingrana, come del resto Chevantón: soffre, combatte con la squadra per una salvezza che a cinque giornate dalla fine pare difficile. Poi la Sampdoria si ferma, è l’occasione per i giallorossi per recuperare una stagione complessa e per Chevantón di dare un senso a questo secondo atto, prima di una probabile, nuova separazione.

 

Nella 36.esima giornata il Lecce ospita il Napoli di Cavani e Chevantón entra in campo nel secondo tempo, sull’1-1. A tre minuti dalla fine arriva un lancio dalla difesa, Di Michele con il tacco lo serve e lui non ci pensa due volte prima di calciare di sinistro. De Sanctis osserva, la palla colpisce la traversa e rimbalza oltre la linea bianca, tornando nelle mani del numero 1 napoletano. Il pubblico esplode, assieme alla panchina, la maglia di Chevantón vola, i cartelloni pubblicitari fanno le spese della sua gioia.

 

Il tempo sembra essersi fermato a quella punizione contro Dida di 7 anni prima. Lui è lo stesso, almeno per un minuto, il Lecce allora può farcela. La sera stessa il Genoa sconfiggerà la Samp nel derby al 97′ condannandola al sorpasso dei giallorossi e alla retrocessione. I tifosi genoani inventeranno un coro in onore dell’uruguaiano, per ricordare ai rivali blucerchiati le loro sofferenze: «Din don, din don, intervengo qui da Lecce, ha segnato Chevantón».

 

2. Perugia – Lecce 2-2, 9 novembre 2003

 

Un gol da 30-40 metri senza la complicità del portiere dà ai calciatori un’aura di onnipotenza. Ci si può difendere da un cross, da un passaggio filtrante, da un lancio, da un dribbling, tutto grazie all’automatismo degli schemi, alla bravura del tecnico e dei suoi interpreti di gioco. Quando però si prende gol da distanze siderali, l’intero impianto matematico del calcio muore. Tardioli, appena entrato al posto di Kalac, non sbaglia sul tiro: non è troppo fuori dai pali e non viene sorpreso da un pallonetto, la palla calciata con il solito collo esterno destro curva leggermente, quasi volesse rendere ancor più improbabile il miracolo del portiere (sembra la magia di Seedorf in un derby madrileno del ’97). La logica resta a casa per lasciar spazio alla follia e al talento puro. E a questo, nessun portiere, difensore o allenatore, potrà mai porre rimedio.

 

1. Lecce – Virtus Entella 2-1, 2 giugno 2013

 

La stagione 2012/2013 è quella del terzo (e ultimo) ritorno del promesso sposo uruguagio. Al Lecce, in Lega Pro per illecito sportivo, serve un faro che possa guidarlo verso i campionati che gli competono. Così, la famiglia Tesoro fa firmare a Chevantón un contratto a tempo indeterminato al minimo salariale: «Il mio vero stipendio è l’affetto della gente», dirà lui. Stavolta non sembra una questione lavorativa, ma quasi unicamente affettiva. “Cheva” non ha lo smalto da fenomeno di un tempo, ma il carisma è rimasto intatto.

 

Nel ritorno della semifinale play-off contro il Virtus Entella segna un gol dei suoi, di una bellezza rara, quasi oscurata dalla semplicità con cui compie il gesto tecnico. A una palla lenta da destra imprime con il suo piede preferito la forza per non permettere al portiere neanche di abbozzare un movimento e una leggera curva nella traiettoria per aggirare i difensori davanti a lui. Quante volte il Via del Mare ha visto finire il pallone sotto l’incrocio dopo un suo colpo? Questo sarà l’ultimo.

 

In finale c’è il Carpi e la favola si chiuderà lì: Chevantón, infortunato a una spalla, giocherà la partita di ritorno, soffrirà e giocherà appena dieci minuti, perderà insieme al Lecce finendo in ginocchio a terra e in lacrime. Il contratto a fine stagione non gli verrà rinnovato, nessuno terrà fede alla promessa fatta nei suoi confronti. Il lavoro finisce, ma il matrimonio con i salentini non si interrompe: «Quel che so è che un contratto a tempo indeterminato ce l’ho già e l’ho firmato nel 2001: l’ho fatto con la gente di Lecce e i suoi tifosi dal primo momento in cui sono arrivato».

 
 

Tags : ex calciatorilecceMonacoserie asiviglia

Lorenzo De Alexandris è nato a Roma nel 1989. È laureato in storia e appassionato di calcio.

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