Croazia e Portogallo non hanno regalato lo spettacolo di gol che ci si poteva immaginare scorrendo la distinta delle formazioni. La quantità strabordante di talento a disposizione delle due squadre è stata soggiogata dalle esigenze tattiche. Da questo punto di vista, in un Europeo nel quale certe situazioni di gioco si sono ripetute alla noia (fallito il recupero alto del pallone, molte squadre si arroccavano nel 6-3-1, costringendo gli altri a girare palla improduttivamente), la partita nella partita tra i CT Cacic e Fernando Santos è stata una delle più interessanti viste fin qui.
Due scuole a confronto
Gli allenatori hanno approcciato la partita in maniera radicalmente diversa: Cacic, forte dei favori del pronostico, ha riportato in campo la formazione che ha disputato le prime due partite del Gruppo D, quello che per esperienza e talento può essere considerato il suo miglior undici possibile. La partita di Fernando Santos è iniziata ben prima del fischio d’inizio: tutte le scelte del CT lusitano sono state fatte per limitare le fonti del gioco croato, piuttosto che per alimentare le proprie. Per comprendere l’andamento dell’intera partita, è perciò opportuno soffermarsi su ciascuna e valutarne l’impatto nei primissimi minuti di gioco.
Vieirinha ha ceduto il posto a Cedric Soares, terzino destro molto più bravo nella fase difensiva rispetto al compagno, utilizzato nel Wolfsburg nel suo ruolo naturale di ala. Soares ha limitato l’azione di Ivan Perisic, uno dei più in forma tra quelli scesi in campo: nel tabellino del portoghese, 3 tackle vinti su 3 e ben 6 palloni intercettati. Soares però pagava ben 14 centimetri di altezza al diretto avversario, infatti sia i difensori che il portiere croati hanno iniziato ad alzare il pallone verso Perisic, che ha vinto 4 dei 6 duelli aerei ingaggiati da quel lato.
Alzare la palla nei primi minuti di gioco per la Croazia è stata però una necessita dettata dallo stallo creato a centrocampo dal sistema di marcature portoghese. Adrien Silva, vertice alto del rombo di centrocampo, prendeva Modric in prima battuta. Le mezze ali Andre Gomes e Joao Mario assumevano una posizione intermedia, in modo tale da ostruire la linea di passaggio verso gli esterni Perisic e Brozovic, e avere anche la possibilità di uscire in pressione sui terzini, in un atteggiamento simile a quello delle mezze ali italiane. Alle loro spalle, William Carvalho restava in copertura davanti la difesa per “pulire l’area”, finendo per occuparsi anche della marcatura di Ivan Rakitic, che gravitava nella sua zona. Il Portogallo ha rinunciato quasi del tutto alla pressione alta nelle prime fasi della partita, prediligendo l’occupazione degli spazi con un baricentro medio estremamente basso (47.2 metri). Anche Nani e Cristiano Ronaldo sono rimasti per lo più sotto la linea della palla, cercando di cancellare con la loro posizione i canali di passaggio intermedi.
L’azione di marca croata più bella nasce da un movimento senza palla di Rakitic e dall’unica sponda (di tre) effettuata da Mandzukic nella metà campo avversaria: Rakitic porta via lo schermo creato da William Carvalho; Mandzukic riceve da Srna e appoggia su Perisic; l’interista allarga a sinistra dove Brozovic taglia al centro trascinando con sé Soares; il cross dell’accorrente Strinic è però impreciso.
Corluka e Vida non avevano altra scelta, quindi, che alzare il pallone verso Perisic: al centro non c’era spazio per la verticalizzazione sui trequartisti; Mandzukic era messo in mezzo da due colossi bravi nel gioco aereo come Pepe e Fonte; i terzini venivano pressati sul giro palla.
Il prolungato possesso palla croato (59.4% alla fine dei supplementari) è stato speso nella propria metà campo e non si è concretizzato in un vantaggio territoriale (che è stato invece favorevole al Portogallo col 54%). Soprattutto la zona di campo davanti all’area di rigore portoghese è rimasta sostanzialmente inattaccabile per 120 minuti.
C’è da dire che la Croazia non ha accettato lo stallo e ha comunque provato a trovare soluzioni alternative: Modric ha provato prima a spostarsi più in alto sul campo, poi ha trovato definitiva collocazione in posizione da playmaker davanti alla difesa; gli esterni d’attacco hanno cambiato fascia più volte nel corso della partita.
Un efficace gioco a tre dei croati: André Gomes esce in pressione su Strinic, Perisic trascina Soares fuori dalla sua zona, Badelj attacca lo spazio alle sue spalle.
C’è stato un solo frangente nel quale il Portogallo si è sentito in pericolo, e che ha spinto Fernando Santos ad effettuare una sostituzione già al quarantasettesimo minuto. Badelj ha trovato spazio e pallone alle spalle dei centrocampisti portoghesi in un paio di occasioni. Il giocatore della Fiorentina non ha trovato poi il tempo dell’assist verso Mandzukic, come detto raddoppiato centralmente, o verso Rakitic, sempre troppo statico. La sostituzione di André Gomes con Renato Sanches ha esasperato ancora di più l’atteggiamento senza palla dei portoghesi, che da questo momento hanno iniziato a seguire a uomo i croati.
Quella operata ad inizio secondo tempo non è stata una sostituzione indolore, Fernando Santos è stato infatti costretto ad un cambio di sistema perché Strinic, non più minacciato da André Gomes, è riuscito ad arrivare due volte sul fondo per effettuare il cross in area. Nani si è quindi abbassato sulla linea di Sanches, Adrien Silva e Joao Mario a formare un 4-1-4-1, lasciando il solo Ronaldo di punta.
L’allenatore portoghese è stato bravo nella lettura della partita e sempre reattivo nei cambi tattici, mossa dopo mossa ha fatto sua l’intera posta. Nel corso del secondo tempo supplementare, Cacic ha provato a mettere un uomo più mobile, come Brozovic, dietro alla punta, dirottando Rakitic in una posizione ibrida tra l’intermedio destro e l’ala, che permettesse comunque a Srna di avere tutta la fascia a disposizione. Per tutta la partita, il terzino croato è stato uno dei più propositivi e una vera risorsa, con 11 cross e 6 occasioni create.
Un minuto dopo, Fernando Santos ha risposto al suo avversario con una sostituzione e un ulteriore cambio di sistema: Danilo Pereira ha preso il posto di Adrien Silva e si è andato a sistemare al fianco di Carvalho, formando così un doppio schermo davanti alla difesa e muovendo Renato Sanches più in alto sul campo. Il Portogallo si è compattato in un 4-4-1-1 e ha finito per abbassarsi ulteriormente.
Cacic allora ha pensato di servirsi di un giocatore bravo a saltare l’uomo negli spazi ormai strettissimi della trequarti avversaria. Nei dieci minuti che ha avuto a sua disposizione, Marko Pjaca ha saltato 3 volte l’avversario, servendo due palloni pericolosi in area di rigore. Su una palla sottratta a Strinic, proprio Renato Sanches ha condotto il contropiede vincente che ha portato al gol partita di Quaresma.
Un piccolo inciso: ho guardato l’azione del gol una ventina di volte e non sono riuscito a farmi un’idea sulla volontarietà o sulla casualità dell’assist di Nani per Cristiano Ronaldo. Nani guarda in mezzo prima di ricevere palla, ma poi abbassa la testa e non la rialza più. Se quel colpo di mezza punta esterna, che fa girare il pallone oltre i difensori croati e verso i piedi di CR7, fosse stato calciato intenzionalmente, Nani sarebbe da premiare col Pallone d’Oro oggi stesso.
La meglio gioventù portoghese
Il Portogallo non ha affatto rinunciato alla fase offensiva, quando ha avuto il pallone lo ha gestito secondo la propria modalità, che ha pregi e difetti già visti nei match precedenti. I tre centrocampisti davanti a William Carvalho, grazie alla loro mobilità e alla loro tecnica, hanno creato facilmente superiorità numerica nella zona della palla. I problemi per i portoghesi nascono quando devono concretizzare questa superiorità.
Le combinazioni a sinistra tra i portoghesi hanno liberato centralmente Joao Mario, ma Nani è fermo in fuorigioco già da un po’, la difesa croata è salita su Andre Gomez che è spalle alla porta. Solo Soares è in grado di fornire un’alternativa al portatore di palla.
Cristiano Ronaldo e Nani cedono alla loro indole di ali e chiedono per lo più di ricevere il pallone tra i piedi; sono invece restii ad attaccare lo spazio senza palla. Quando i centrocampisti riescono a rompere la pressione degli avversari col palleggio, si ritrovano in una situazione in cui la linea difensiva avversaria è ancora troppo alta, e l’unica alternativa resta il cambio di gioco sul lato debole. L’ampiezza nel Portogallo è completamente delegata ai terzini, quindi il cambio di gioco finisce per isolare un terzino contro un terzino, che non può essere una situazione pericolosa quanto quella con un’ala che affronta un terzino.
Per sua fortuna, il Portogallo ha due interpreti formidabili nei due ruoli di esterno basso. Cedric è una sorpresa solo per chi non segue la Premier League: il ventiquattrenne terzino del Southampton non ha solo limitato l’azione degli avversari che si paravano sulla sua fascia, ma è anche riuscito a proporsi in avanti con 6 cross effettuati e 93 tocchi palla, il più presente nel gioco lusitano. Sul lato opposto, Raphael Guerreiro ha disputato un’altra buona partita, e seppur attaccato da Srna, ha trovato modo di farsi vedere in avanti. Il ventiduenne, che ha già un’ottima comprensione del gioco e una buona tecnica, avrà modo di migliorarsi ulteriormente sotto Tuchel, nel nuovo Dortmund che sta già nascendo.
Il meglio e il peggio di Renato Sanches: grande nella corsa palla al piede, rivedibile nell’assist.
Un altro giovane portoghese, Renato Sanches, approderà in Bundesliga il prossimo anno. Le caratteristiche del diciottenne oggi sono ormai chiare: Sanches ha un fisico da running back e la sua conduzione di palla è fuori dal comune. Non sono altrettanto straordinarie le sue intuizioni tattiche, né le sue attuali abilità tecniche: Sanches sembra indeciso su dove posizionarsi per ricevere palla, e su dove portare il pallone dopo che l’ha ricevuto; i suoi errori, nei passaggi o al tiro, sono grossolani. Ciò nonostante, il dinamismo di Sanches serve come il pane a questo compassato Portogallo. La speranza degli appassionati è che le sapienti mani di Carlo Ancelotti sappiano modellarlo in un centrocampista dominante.
Un’ultima considerazione sulla partita di William Carvalho. Le letture difensive del ventiquattrenne dello Sporting Lisbona era state disastrose contro l’Ungheria. Ieri è stato aiutato dal contesto tattico stringente imposto dal suo allenatore (11 tra recuperi e intercetti), ma ha comunque commesso degli errori, due dei quali nei tempi supplementari sarebbero stati fatali alla sua squadra. La sensazione è che Carvalho sia in qualche modo sovrastato dalla doppia responsabilità di regista e schermo davanti alla difesa, risultando molto più a suo agio nella prima.
Una vera sorpresa?
Dunque aveva ragione Fernando Santos, che riteneva eccessive le critiche verso la sua squadra dopo la fase a gironi? Il Portogallo nelle prime tre partite si era procurato tante occasioni di qualità, ma aveva pagato la mancanza di equilibrio: per com’è strutturata la formazione portoghese e per la sua particolare conduzione della palla, il Portogallo ha avuto lunghe fasi di palleggio durante le quali attaccava anche con 8 uomini. Con una fase difensiva disciplinata ha annullato un avversario più forte tecnicamente e sceso in campo per dominare il possesso.
Cacic ha perso la partita a scacchi tra le panchine, ma è stato ad un passo dal vincerla: l’azione del contropiede portoghese è iniziata dopo che Perisic ha colpito un palo con un colpo di testa. Inoltre la mossa di portare un uomo reattivo come Brozovic era azzeccata, perché aveva costretto gli avversari a chiudersi all’indietro. Gli resta forse il rammarico di non aver inserito prima Pjaca, il cui impatto nella partita è stato forte e istantaneo. Ma nei momenti di difficoltà ci si affida ai propri uomini migliori, ed era difficile estromettere dalla partita uno col pedigree di Ivan Rakitic.
Croazia e Portogallo hanno messo in campo uno dei più alti livelli tecnici e tattici dall’inizio degli Europei. Eppure questo non è bastato a generare una partita del tutto godibile, almeno a livello estetico, e il primo tiro in porta è arrivato solo nei tempi supplementari. In questo senso sembra che neanche gli ottavi abbiano aiutato a sciogliere la prudenza e l’equilibrio delle varie squadre. Anche le poche eccellenze, a Euro 2016, sembrano finora essere solo tattiche. Ce lo dobbiamo far bastare?