- L’infanzia
Nonostante le agiografie su Totti siano iniziate ormai da anni, non c’è molto materiale sulla sua infanzia. I frammenti sono dettagli piccoli, che però aiutano a definire cos’è la romanità più di una pasta alla carbonara o dei fori imperiali. Ad esempio il fatto che la madre lo portava a giocare a calcio per togliergli da davanti il nonno malato («tutti a Roma hanno un nonno malato nella stanza in fondo al corridoio»), o l’aneddoto di Mazzone che lo convoca in prima squadra, non prima però di avergli raccomandato: «Francè, fino a sabato stai con noi, ma mi hanno detto che vai in motorino, lascialo sta ‘sto motorino che bene che va te piji la bronchite e me saltano i piani…». Oppure l’incredibile foto uscita su The Player’s Tribune qualche settimana fa, di Totti piccolissimo al mare in mezzo a papà Enzo e a Mamma Fiorella.
Totti col braccialetto d’oro che ti regalano al battesimo, con la bocca stretta, gli occhi corrucciati che guardano lontano in un’espressione praticamente identica a quella attuale. Viene quasi naturale ricollegare la foto all’episodio raccontato da mamma Fiorella qualche anno fa: «Si vedeva fin da piccolo che era forte di gambe. Quando aveva nove mesi siamo andati in villeggiatura sull’Adriatico, lui camminava già sulla spiaggia spingendo un pallone. Faceva ridere tutti, ho ancora le foto».
- Il gol al mondiale U-17 in Giappone – 1993
Il gol può essere considerato il calco originario di una serie di gol che Totti farà tirando di mezzo esterno a uscire. Nell’esultanza si vede Buffon rincorrere Totti: l’Italia perderà quella partita mentre Totti segnerà a Buffon undici gol in carriera, alcuni bellissimi.
- Il primo gol in Serie A – 4 settembre 1994
Questo è l’articolo del Corriere della Sera del 5 settembre 1994, intitolato “Il ragazzino illude, la Roma litiga”.
- Le incomprensioni con Bianchi e la (quasi) cessione alla Sampdoria – 1996-1997
Se il destino delle persone è in qualche modo inscritto nei soprannomi che gli vengono affibbiati, e la Storia è una serie di corsi e ricorsi, il golpe più plausibile che minasse a spodestare un Re eletto vox populi dalla Madre Patria non poteva che venire da un Viceré prodotto dal Nuovo Mondo. Carlos Bianchi è giunto a Roma sull’onda dei successi con il suo Velez, e nei suoi piani rivoluzionari un posto per il ventenne Totti proprio non c’era, perché nella visione del “Virrey” la dieci sarebbe dovuta andare sulle spalle di Jari Litmanen.
«Non lo sopportavo», ricorderà poi Totti. «Voleva che mi cedessero alla Sampdoria; se me ne fossi andato non sarei mai più tornato in questo club, che è anche la mia casa, la mia vita». I due erano talmente incompatibili che Bianchi fece diventare la cessione di Totti una condicio sine qua non per la sua permanenza. A Franco Sensi disse: «O Totti o io». Nove mesi dopo il suo arrivo, Bianchi venne esonerato dalla panchina giallorossa. «Quel signore non voleva lasciarmi vivere il mio sogno», racconterà ancora il Capitano. Nel suo micromondo, giustificazione assolutamente sufficiente per escludere la convivenza.
- Il torneo città di Roma – 9 febbraio 1997
Quel sogno Totti se lo riprende in una strana notte romana, il 9 febbraio 1997 nel surreale trofeo Città di Roma: triangolare tra i giallorossi, Ajax e Borussia Mönchengladbach, quando durante le pause per le nazionali si organizzavano amichevoli internazionali. L’idea alla base del torneo era quella di approcciare Litmanen, da tempo ossessione di mercato della Roma, e che avrebbe dovuto essere il fantasista giusto per la rinascita romanista. Inutile dire che il suo arrivo avrebbe costretto Totti a fare le valigie.
Invece Totti mette tutta la sua rabbia in quel torneo, in due mini partite segna un gol al Borussia di Effenberg e Dahlin e uno all’Ajax di Van Gaal, Overmas, Kluivert e De Boer brothers: un mese dopo ad andarsene è Carlos Bianchi.
- A Scherzi a Parte – 1997-1998
di Emanuele Atturo
Il contesto di questo video è puro neorealismo. L’intonaco giallino stinto delle pareti, il segnaposto con i fiori, il cesto dei grissini al centro del tavolo, la giacca tre misure più grande di Petruzzi, Totti versione 97-98. Non so se i tifosi di Totti all’epoca erano contenti di vedere questo video o se avrebbero preferito mantenere intatta l’immagine del ragazzino ingenuo impacciato che era ancora Totti, che al massimo poteva uscire negli inserti di Cioè. Sono stati forse questo tipo di video, in cui Totti mostra la propria normalità senza freni inibitori, a contribuire a dividere le opinioni nei suoi confronti. Perché vorremmo che i calciatori fossero dei modelli, delle persone migliori di noi, e invece Totti non si è mai sforzato di sembrare migliore di noi. Anche in questa situazione si è comportato come un normale 21enne messo di fronte a una prova di virilità. Con quelle sfumature di ironia sempliciotta che sarebbero state bene nel Decameron messo in scena da Pasolini: il momento in cui mangia il pane senza staccare gli occhi dalla ragazza, la volgarissima battuta sul pesce, la pigrizia infantile di quando dice “La farina no, che poi mi devo fa la doccia”.
Pochi hanno incarnato l’ideale dell’eroe del popolo con la naturalezza di Totti, perfettamente a suo agio nel bene o nel male.
- Totti e Zeman – 1997-1999
Con Zeman, Totti prende per la prima volta la maglia numero 10 e per la prima volta indossa la fascia di capitano (1998). Soprattutto, nella narrazione universalmente accettata, è Zeman a fargli compiere il salto di qualità tecnico e atletico necessario affinché esprimesse a pieno il suo valore. Forse Totti non giocherebbe ancora a 40 anni se non ci fosse stato quel Totti 19enne che si sacrificava in fascia con la Roma in 10 contro 11 ed esce dicendo di avere “le vertigini” per la fatica.
Il boemo ha sempre espresso grande ammirazione per il talento di Totti anche se le rispettive figure (il romano pigro e l’allenatore che fa salire i gradoni con i sacchi di sale sulle spalle) sono state spesso messe in contrasto, soprattutto quando i due si sono rivisti per la stagione 2012-13, l’ultima in cui Totti è andato in doppia cifra e ha giocato più di 30 partite in campionato.
- Totti a Porta Metronia
di Valerio De Felice
“Francesco, Francesco” gridavamo dalla finestra in direzione del balcone dall’altra parte della strada, mentre l’insegnante tentava di richiamarci all’ordine. Francesco pazientemente rispondeva al nostro saluto e, alzando la mano, ci sorrideva. Sono stato bambino a Porta Metronia negli anni Novanta, cresciuto tra i pini di Villa Scipioni, il mercato di Piazza Epiro, i campetti della Romulea, i banchi delle scuole Manzoni e Pascoli. E ognuno di questi luoghi già recava l’eco del passaggio di Totti, una traccia lasciata dalle foto nelle bacheche scolastiche, dagli autografi in mostra sulle pareti dei bar, dei ristoranti, dei ferramenta, delle lavanderie. Un intero quartiere che si litigava i brandelli di popolarità di quel giovane idolo, come se la testimonianza del suo tocco di re Mida, rendesse tutti un po’ più dorati. E anche noi bambini, affacciati alla finestra della classe, ci sentivamo più splendenti dopo il suo cenno e “ha salutato me, mamma, proprio me” una volta tornati a casa.
Era la prima stagione di Zeman. L’anno dopo Totti sarebbe diventato capitano.
- La partita d’addio di Giannini
di Emanuele Atturo
Il 17 maggio del 2000 la Lazio ha vinto lo scudetto da pochi giorni mentre allo Stadio Olimpico si sta celebrando l’addio al calcio di Giuseppe Giannini. A un certo punto nel cielo passa un aeroplano con lo striscione “Lazio campione d’Italia” e durante il giro di campo si apre un cancello della curva sud: la folla si riversa in campo distruggendo porte, panchine e terreno di gioco. La normalità ritorna dopo dopo un quarto d’ora: Giannini rientra in campo in lacrime, stempiato e imbolsito: già una versione trasfigurata e decadente del “Principe”, dice «Non doveva finire così». Cammina abbracciato a Bruno Conti e a Totti, che indossa la 10 come lui. Totti ha l’aria imbarazzata e sta attento a non incrociare il suo sguardo, quando aveva 18 anni e viveva ancora nella casa di Via Vetulonia teneva incorniciato nella cameretta un ritaglio di giornale con una dichiarazione di Giannini: «Tra due anni gli lascio la mia maglia».
- Il cucchiaio a Van der Sar
Di tutti i cucchiai realizzati da Totti, quello a Van der Sar nelle semifinale degli Europei del 2000 è di gran lunga quello dal più alto peso specifico. Per l’importanza e la durata di quella partita folle, ma anche perché realizzato su rigore, ai rigori, in un torneo internazionale, una cosa che Totti non avrà più modo di ripetere. Condizioni che hanno scolpito quel rigore nella storia del calcio contemporaneo: da quella partita il cucchiaio verrà chiamato così, esautorando Panenka.
- Euro 2000: Man of The Match della finale con la Francia
Non cercheremo altri esempi di giocatori eletti Man of The Match di una finale che la loro squadra ha perso. Ce ne sarà senz’altro qualcuno oltre a Totti, ma che ingiustizia che quella partita venga ricordata per i gol di Wiltord e Trezeguet e non per:
- Il lancio di prima di Totti per Delvecchio (minuto 0.11 del video)
- Il palleggio al volo di Totti in mezzo a tre giocatori francesi con palla in profondità per Pessotto (1.44)
- Lo stop al volo su un campanile altissimo con Deschamps sulla schiena (3.50)
- Il tacco per Pessotto (con Zidane che ne molla la marcatura come se non immaginasse il tacco di Totti) che poi crossa per il gol del vantaggio di Delvecchio (4.05)
- La corsa palla al piede e il passaggio per Del Piero che avrebbe potuto chiudere la partita e invece calcia fuori di sinistro (4.55)
- Il lancio morbido per Delvecchio da trequarti di campo, dopo aver resistito a un contrasto con Deschamps, con cui lo manda di nuovo al tiro di sinistro (5.50)
- Il retropassaggio per Toldo a poco dalla fine, sull’1-0, perché lui ha sempre saputo come finire le partite (7.11)
- Totti che se la prende con la Sud dopo l’errore di Antonioli – 2000-2001
Tra Totti e la Curva Sud non ci sono mai stati, né ci sarebbero mai potuti essere dei veri screzi. Quando contro il Perugia nell’anno dello Scudetto Antonioli si lascia scivolare una palla regalando a Saudati il suo warholiano quarto d’ora di gloria, Totti con la prossemica del padre di famiglia bonaccione ma scocciato rimbrotta la Curva che fischia il portiere: «Ma che state a fà? Sèmo primi, sèmo».
- Il gol in Roma-Parma e la vittoria dello Scudetto – 17 giugno 2001
Il gol in Roma-Parma è sempre stato e sarà sempre, fin dalla prima volta che l’ho visto, Totti che si toglie la maglia mentre decine di persone lo abbracciano, e gli rimane la fascia da capitano attaccata al braccio, come se la sua stessa essenza dovesse rimanere appiccicata a quel momento per sempre. Lo scudetto è rimasto l’ossessione di Totti negli anni a seguire, molto di più delle coppe europee. Anche in questi ultimi anni ha fatto più volte intendere che forse si sarebbe ritirato, con un altro scudetto in bacheca.
- Cucchiaio alla Lazio – 2001-2002
di Daniele Manusia
Il cucchiaio non è solo un gesto tecnico, di chi può permettersi di dare al pallone una parabola talmente inattesa da cogliere impreparato persino il portiere – che di mestiere deve costantemente pensare alla possibilità che la palla entri in porta – ma è anche l’ennesima manifestazione del dono calcistico di Totti, della sua superiorità sulla stragrande maggioranza dei calciatori venuti prima e dopo di lui. Per mettere la palla sopra la testa del portiere, per metterla virtualmente nello spazio verticale lasciato da quei pochi passi compiuti per chiudere lo specchio ai calciatori normali, non serve solo un piede delicato. È evidente come serva anche visione di gioco. Il cucchiaio di Totti, nella sua forma più pura, non è neanche un tiro, per come intendiamo i tiri nel calcio. I tiri normalmente devono essere effettuati di potenza o, comunque, anche se a giro, con una tensione sufficiente da anticipare il movimento del portiere. Il cucchiaio alla Lazio è più simile a un lancio, o a un tiro da 3 nel basket. Sfrutta la capacità di Totti di vedere meglio degli altri, e prima degli altri. Una palla innocua, che entra in rete persino con dolcezza. In questo modo si esprime anche il carattere beffardo di Totti, che nel bene e nel male ha sempre giocato con i suoi avversari. È una forma suprema di scherzo al portiere, se poi il portiere si offende, peggio per lui.
- Tre gol su punizione in 2 partite, contro il Milan, in finale di Coppa Italia – 20 maggio e 31 maggio 2003
Tra le assurdità statistiche collezionate da Totti in carriera c’è una doppia finale di Coppa Italia in cui, tra andata e ritorno, ha segnato 3 gol tutti e 3 su punizione. C’è stato più di un periodo in cui Totti segnava quasi ogni punizione che calciava, ci sono stati anche periodi in cui non ne entrava uno, come è più normale che sia (in Serie A ne ha segnate 21, come Baggio e meno solo di Del Piero, 22, e Mihajlovic, 28).