Dopo cinque anni il Real Madrid è tornato a vincere la Liga. Lo ha fatto all’ultima giornata arrivando davanti al campione in carica. Per il tredicesimo anno consecutivo una squadra di Barcellona o Madrid ha vinto il titolo, ma il livello della competizione sotto il duopolio delle due città più importanti è stato altrettanto alto. Come sempre la Liga è stata ricca di squadre dall’identità forte e ricche di talento, che hanno provato a imporre la propria idea di calcio contro chiunque. Parlo del calcio equilibrato del Villarreal, di quello ordinato della Real Sociedad, di quello fisico dell’Athletic Club, di quello ultra offensivo del Celta, di quello chiuso dell’Espanyol o di quello utopico del Las Palmas.
Per parlare di tutta questa ricchezza tecnica e tattica ho stilato una top 11 che prescinde dalle prime quattro (ovviamente Madrid, Barça, Atleti e Siviglia), di cui abbiamo parlato durante tutta la stagione. Come uniche regole non sono presenti giocatori che hanno fatto parte dello scorso top 11 (quindi niente Iago Aspas, nonostante sia stato il miglior attaccante spagnolo, con 19 gol segnati) né giocatori con meno di 1800 minuti, o se preferite 20 partite (quindi niente Odriozola, nonostante l’irruzione da tizzo ardente nel finale di stagione, con 4 assist da terzino destro). Naturalmente la formazione deve avere anche un senso dal punto di vista tattico, con giocatori compatibili tra loro e nel loro ruolo. Come modulo ho scelto il 4-2-3-1 della Real Sociedad di Eusebio, la squadra, tra quelle “normali”, che ha fatto vedere per lunghi tratti il miglior calcio della stagione.
Portiere: Fernando Pacheco (Deportivo Alavés)
Al debutto in Liga come titolare nonostante i venticinque anni, Pacheco ha giocato la miglior stagione della carriera, aiutando il Deportivo Alavés nella sua strategia per provare a salvarsi da neopromossa prima di tutto non subendo gol (con solo 43 gol è stata la quinta miglior difesa). A fare la differenza è stata la sua sicurezza in area, esattamente quello che serviva a una squadra dal blocco difensivo così basso. Pacheco ha parato le cose facili, riuscendo anche a dare qualcosa in più in quelle difficili. Una costanza di rendimento che per un portiere vale tanto quanto i picchi.
Pacheco è cresciuto nel Real Madrid, dove ha fatto solo una manciata di presenze in coppa prima di decidere di andare altrove a giocare. Pacheco fa parte della tipica scuola spagnola dei portieri che gioca tutta sui riflessi e il posizionamento. Non è un portiere dalla tecnica di parata scolastica e con i piedi si limita a rilanciare lungo. I suoi grandi riflessi ne fanno però un portiere efficace tra i pali, oltre che affidabile nelle uscite.
Terzino destro: Hugo Mallo (Celta)
Nel finale di stagione il Celta ha dato priorità all’Europa League e alla Coppa del Re, facendo molta rotazione di uomini. Questa situazione ha distorto la percezione delle prestazioni di Hugo Mallo, che ha preso parte solo alle grandi partite, chiudendo l’anno con appena 22 partite da titolare. Hugo Mallo in ogni caso ha fatto un altro passo in avanti nel proprio gioco e nella consapevolezza della propria forza.
La partenza di Orellana e il passaggio di Iago Aspas verso la fascia destra ha liberato spazio in avanti a Hugo Mallo, regalandogli maggiori responsabilità offensive. A quel punto ha mostrato doti di lettura offensiva, capacità di mantenere alta la concentrazione nelle transizioni e precisione tecnica nei cross. Hugo Mallo ha raggiunto il picco del proprio sviluppo, sia dal punto di vista tecnico che emotivo, ed è riuscito ad esaltarsi nel sistema ultraoffensivo del Celta di Berizzo.
Centrale destro: Yeray Álvarez (Athletic Club)
Quando a dicembre l’Athletic Club ha annunciato la necessità per Yeray di intraprendere dei cicli di chemio per sconfiggere un tumore al testicolo il centrale ventunenne era già titolare della squadra di Valverde, pur essendo alla sua prima vera stagione in prima squadra. Più giovane di Laporte e già più avanti nelle letture difensive, era diventato il leader del reparto in pochi mesi. La forza mentale con cui si è ripreso dallo stop forzato di 4 settimane ha dato la spinta per un finale di stagione giocato da miglior centrale della Liga.
Sicuro nelle scelte, ottimo in marcatura, nel far sentire il fisico e nel trovare i tempi giusti per il tackle, ha una visione del ruolo aggressiva e in linea con la scuola basca, che coniuga tecnica sobria a prontezza fisica. Yeray capisce quando forzare la giocata e quando invece contenere e correggere gli errori dei compagni, esattamente quello che serviva all’Athletic. Quello che più di tutti mostra la padronanza del ruolo di Yeray sono proprio i blitz offensivi con cui lascia la linea per andare in anticipo e poi avanzare in conduzione. All’inizio era più prudente nell’impostazione, ma con l’andare del tempo ha preso coraggio e mostrato anche qualche lampo che porta a pensare abbia ulteriori margini di miglioramento.
L’irruzione e poi l’assestamento di Yeray è stato uno degli sviluppi più sorprendenti della stagione. Visto il precedente, il fatto che purtroppo debba ancora combattere per sconfiggere la malattia, riemersa proprio a fine stagione, non deve preoccupare perché tornerà più forte di prima.
Centrale sinistro: Iñigo Martínez (Real Sociedad)
Parlare di Iñigo Martínez non è mai facile perché si tratta di un giocatore polarizzante. Innanzitutto perché ha difetti e pregi ben chiari che nella stessa partita vengono fuori più volte. Iñigo è fondamentalmente un centrale che imposta, maestro nei lanci: per impostare, uscire puliti dal pressing, o che possono diventare assist direttamente dalla difesa. Iñigo con il pallone è tecnico e preciso, anche grazie a un mancino perfettamente calibrato per il calcio moderno.
Si tratta di un centrale forte fisicamente e devastante nel colpo di testa, nonostante non arrivi al metro e 85. Carismatico e aggressivo, è perfetto nel permettere alla sua squadra di mantenere una linea alta, nel poter difendere in avanti grazie ai suoi anticipi e alla reattività nell’uscire dalla linea per accorciare sull’avversario.
Se però a ventisei anni, e nonostante sia dominante nelle giornate buone, si trova ancora alla Real Sociedad è perché ha anche enormi lacune difensive in marcatura, oltre che nel capire alcuni concetti della difesa di squadra in area di rigore. Perde facilmente la concentrazione e la lucidità, facendosi prendere dall’agonismo che lo porta anche a commettere errori clamorosi.
Terzino sinistro: Theo Hernández (Deportivo Alavés)
Arrivato in prestito come “fratello di Lucas Hernández”, Theo ha stupito per l’importanza ricoperta nel gioco della sua squadra (che ha chiuso nona da neopromossa: vera sorpresa della Liga) e per le sue prestazioni in alcune grandi partite. L’Alavés difendeva con un blocco molto basso e, una volta recuperata palla, Hernandez doveva far guadagnare metri alla squadra attraverso la forza atletica delle sue transizioni.
Col tempo ha anche affinato le letture, riuscendo ad entrare in campo e a muoversi negli spazi di mezzo. Una caratteristica non così comune per un terzino diciannovenne.
Pur essendo un terzino, se Theo non gira tutto il sistema offensivo della sua squadra si inceppa, arenandolo nel velleitario lancio lungo verso la punta. Se Theo funziona diventa invece un ariete lanciato verso le mura nemiche. Non è un caso se il Real Madrid si sia subito attivato andando addirittura a parlare con i rivali dell’Atlético che ne detengono il cartellino pur di farne l’erede di Marcelo.