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Foto di Clive Brunskill / Getty
Calcio Daniele V. Morrone 24 gennaio 2017 5'

Spagnolo fino a un certo punto

Dalla cantera del Barcellona alla Premier League: quale Deulofeu arriva al Milan?

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Uno degli archetipi di calciatore più ricercati e curati nelle giovanili del Barcellona è quello dell’ala. Seguendo i principi di Cruyff, tutti i tecnici delle giovanili schierano almeno un’ala pura nel proprio tridente per permettere sempre l’ampiezza e la possibilità di guadagnare un vantaggio nell’uno contro uno. Proprio tutti, anche Guardiola e Luis Enrique. Di tutte le ali cresciute nella Masìa negli ultimi dieci anni – Jeffren, Gai Assulin, Nolito, Pedro, Adama Traoré – Deulofeu è stato senz’altro il più talentoso, quello attorno a cui si immaginava il futuro più luminoso. Deulofeu è stato coltivato con la pazienza e la cura che si riserva ai fiori più belli e fragili, da quando il pallone gli arrivava sopra le ginocchia a quando ha iniziato a dominare nei tornei giovanili. Veloce, fantasioso, freddo sotto porta, tecnico e sicuro di sé, tra i 18 e i 19 anni ha vinto due Europei di categoria consecutivi e ha chiuso la stagione 2012-13 con 18 gol e 5 assist nella seconda divisione con il Barça B, che quell’anno raggiunge l’ottavo posto in classifica.

 

A 18 anni Deulofeu aveva le sembianze della risposta catalana al primo Cristiano Ronaldo. Pensarlo non avrebbe portato nessuno a parlare di eresia.

 

Nell’Europeo U-19 Deulofeu condivideva con Jesé il ruolo di stella della squadra, che poteva contare su giocatori come Saúl Ñíguez, Paco Alcácer, Grimaldo e Suso, che ora ritroverà al Milan. Fa impressione pensare che oggi a faticare più di tutti ad esprimere il proprio talento, di quella squadra, siano proprio le due stelle. Se per Jesé ha pesato molto il brutto infortunio subito, che ne ha limitato l’impressionante velocità, Deulofeu non può nascondersi dietro una scusa del genere.

 

Il suo arrivo in prima squadra è stato subito in salita. Tito Vilanova lo fa allenare con i più grandi ma non gli regala che pochi minuti in campo, non ritenendolo pronto per sacrificarsi in un ruolo diverso da quello che ha nella seconda squadra. Allora si pensa alla soluzione del prestito in una squadra con un contesto di livello più alto della seconda serie spagnola. Il manager dell’Everton, Roberto Martinez, riesce a trovare le parole giuste per convincerlo a trasferirsi in Premier League.

 

Deulofeu, al primo impatto con una nuova realtà, accontenta le richieste di Martinez. Quando torna in Spagna con l’U-21 può ancora essere il leader del reparto offensivo senza discussioni. Inizia a esistere una scissione tra il Deulofeu quasi meccanico della Premier e quello tutto fantasia con la “Roja”. Preoccupato dalla piega che sta prendendo l’evoluzione del suo stile di gioco, il Barcellona decide di aggregarlo alla prima squadra una volta tornato dal prestito, se non fosse che a Luis Enrique bastano pochi allenamenti estivi per scartarlo, ritenendolo mentalmente non pronto, troppo poco propenso al sacrificio per fare da vice-Messi.

 

L’idea di mandare Deulofeu un anno a Siviglia da Unai Emery per imparare quella parte del gioco che si fa senza il pallone, dalle letture al sacrificio in difesa, non ha sortito l’effetto sperato. Il livello di dedizione alla causa richiesta dal tecnico basco ha frustrato il giocatore e causato uno scontro mai sanato. Deulofeu gioca tra alti e bassi fino a febbraio, ma quando Emery decide di far cambiare marcia alla squadra lo parcheggia fuori. Tra panchina e tribuna gioca esattamente 28 minuti, contro il Rayo Vallecano ad aprile, prima di essere rispedito indietro senza tanti rimpianti e con al collo il cartello di giocatore bizzoso. Neanche a dirlo, nell’estate 2015 Luis Enrique accetta di vederlo tornare in Inghilterra da Roberto Martinez senza accennare lamentele. Una decisione che segnerà lo sviluppo di Deulofeu in modo netto.

 

 

Evoluzione, involuzione

 

Quella 2015-16 è la prima stagione in cui si chiede a Deulofeu di diventare grande. Martinez per prima cosa prova a massimizzarne le doti, specializzandolo nelle due caratteristiche che possono dare da subito un vantaggio alla squadra in Premier League: la capacità di saltare l’uomo e il controllo del pallone in area di rigore. Rispetto al primo anno all’Everton, in cui veniva utilizzato principalmente come super sub nelle partite da sbloccare, per Martinez ora è titolare. Lo vuole veloce nell’esecuzione e diretto nelle giocate.

 

Nella sostanza non tradisce le aspettative. Ormai Martinez ha capito come incanalarne il gioco fino a farne un’ala destra che può puntare costantemente il fondo. Deulofeu possiede una progressione palla al piede invidiabile e una tecnica che gli consente di saltare l’uomo a piacimento. La quantità e la qualità dei palloni che riesce a toccare in area di rigore permettono di soprassedere sull’ormai atrofizzata fantasia, oltre che alle sempre meno sviluppate letture col pallone. Una regressione su questi due aspetti fondamentali che ne limita l’apporto associativo, allontanandolo definitivamente dall’ideale di ala con cui era stato formato. In compenso Deulofeu è diventato nel tempo una macchina da assist.

 

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Come mostra questo grafico di statsbomb.comDeulofeu la scorsa stagione giocando con continuità si è dimostrato l’archetipo dell’ala dall’ottimo output statistico. Porta con sé dribbling, e capacità di arrivare in area per trovare l’assist.

 

Oggi Deulofeu è un giocatore formato, spogliato di gran parte dei margini di miglioramento intravisti quando dominava in seconda serie. Un giocatore che si è fatto pragmatico per raggiungere il risultato voluto dal gioco diretto con cui Martinez impostava i propri esterni. La fantasia nelle giocate è quasi scomparsa in favore di un dribbling veloce che porta la certezza di prendere un vantaggio sull’avversario nei campi spesso aperti della Premier. Deulofeu ha smesso di guardare fuori dall’area di rigore, se non per appoggiarsi a un compagno per poi scattare. La necessità di fare una giocata pragmatica è ormai un’idea talmente pressante nella sua testa da portarlo a forzare anche la giocata. Deulofeu è diventato un giocatore semplice, e quando non riesce nella prima opzione la forza lo stesso. Alla lunga il computo delle occasioni create, per forza di cose, sale.

 

 

 

Al Milan

 

Non è chiaro se Deulofeu sia stato preso per dargli una maglia da titolare o il ruolo di prima riserva sugli esterni. Soprattutto perché è proprio sugli esterni, con Suso a destra e Bonaventura a sinistra, che Montella sembra aver trovato un equilibrio in grado di garantire gioco in ampiezza e combinazioni verso il centro.

 

Come riserva di lusso Deulofeu avrebbe certamente una sua utilità tattica nei finali, anche solo grazie alle sue doti atletiche e tecniche. Da titolare è difficile immaginarlo a destra, vista l’importanza creativa che Suso ricopre attualmente. Più facile pensarlo a sinistra, dove dovrebbe però prendere il posto di Bonaventura, a quel punto scalato sulla mezzala sinistra. È vero che Bonaventura non ha mai pienamente convinto tra i centrocampisti, ma era comunque quello il piano iniziale, almeno prima che la forma ondivaga di Niang calasse a picco. Con Deulofeu a sinistra il Milan disporrebbe di due giocatori in grado di saltare l’uomo e di occupare anche spazi più centrali in conduzione. Portando quindi l’asse sinistro a prendersi più volume di gioco rispetto alla versione attuale con una mezzala da corsa più Bonaventura. Giocando a sinistra, la qualità dei tocchi in area che al momento Niang non riesce a portare salirebbe, e con essa la possibilità di arrivare con continuità al tiro con almeno cinque uomini.

 

Pur essendosi spogliato di gran parte dei dettami del gioco di posizione con cui è cresciuto, Deulofeu rimane un giocatore dalla tecnica superiore alla media e dalla grande velocità d’esecuzione. Un giocatore in grado di sfruttare senza problemi le combinazioni veloci, e soprattutto verticali, con cui Montella vuole attaccare l’area. Non sarà mai il Cristiano Ronaldo catalano, ma già la sua versione britannica basterebbe al Milan per aumentare la propria pericolosità offensiva.

 

 

Tags : Barcellonacalciomercatoevertonmilan

Daniele V. Morrone, nato a Roma nel 1987, per l'Ultimo Uomo scrive di calcio e basket. Cruyffista e socio del Barcellona, guarda forse troppe partite dell'Arsenal.

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