Nella storia del calcio il ruolo dell’ala è uno dei più romantici: metà centrocampista e metà attaccante, il suo compito principale è quello di creare la superiorità superando il diretto avversario. L’ala è il giocatore veloce e creativo che coniuga atletismo e tecnica, capace sia di creare che di definire le azioni della squadra. Dal ritiro dell’ala italiana più iconica, Giampiero Boniperti, la Nazionale ha faticato a trovare fuoriclasse nel ruolo. Solo Bruno Conti negli anni ’80 e Donadoni negli anni ’90 possono essere considerati tali. Per larga parte della storia contemporanea la Nazionale ha posto l’accento sul talento nelle zone centrali.
Eppure il ruolo di esterno alto rischia di essere quello fondamentale all’Europeo in Francia. Il talento offensivo in rosa è infatti presente solo sugli esterni ed è da lì che ci si aspetta la fantasia e la definizione di un gioco aggressivo e verticale. Complici anche gli infortuni a centrocampo di Verratti e Marchisio, le sorti dell’Italia poggeranno tutte sulla difesa di stampo bianconero e sulla produzione offensiva dei giocatori sugli esterni. Nelle ultime due amichevoli giocate a marzo infatti il modulo scelto è stato un 3-4-3 che permette la contemporanea presenza in campo dei giocatori con maggiore talento, partiti sempre esterni del tridente offensivo: contro la Spagna hanno giocato Candreva, Insigne e Bernardeschi, e contro la Germania Insigne, Bernardeschi ed El Shaarawy.
Il 3-4-3 visto nelle due amichevoli è il modulo adatto per sfruttare i due punti di forza della Nazionale e soprattutto per dare a Conte la possibilità di avere una squadra che occupa il campo nella totalità della sua ampiezza. Gli esterni del tridente si posizionano inizialmente dietro al terzino avversario, così da costringerlo a rimanere basso. Fungono quindi sia per la definizione del gioco che da arma tattica. Gli viene chiesto massimo impegno senza palla, secondo il mantra preferito di un Ct che vuole una Nazionale squadra e non selezione. E che ha visto in questo atteggiamento l’unica via per colmare, attraverso l’organizzazione e la motivazione, le lacune di talento con le Nazionali di primo livello.
I papabili
Per tutti i motivi elencati, Conte ha sempre convocato solo giocatori tatticamente in grado di seguire tutte le fasi di gioco e mentalmente pronti al sacrificio. Esemplare il fatto che Insigne, inizialmente scartato, dopo una stagione in cui è salito di livello proprio in questi due aspetti, sia entrato in rosa diventando quasi un titolare. Ed è per lo stesso motivo non è mai stato realmente preso in considerazione un talento come Berardi, a cui manca evidentemente forza mentale.
Il talento di Lorenzo Insigne.
L’idea è stata fin da subito di avere una rosa di esterni eterogenea, ricca di profili e opzioni tattiche diverse. Del resto in un torneo che dura solo un mese l’importanza del dettaglio è superiore a un normale campionato. Per chi gioca alto nel 3-4-3 Conte prepara compiti specifici a seconda delle caratteristiche del giocatore, e ovviamente dell’avversario che si trova ad affrontare. È quindi inutile provare a tracciare ora una linea tattica generale, al di là di un’idea di gioco comunque sempre verticale, nella quale gli esterni vengono sfruttati sia come riceventi del lancio (facendo quindi da punto di riferimento largo per la squadra) che per le seconde palle (che siano su sponda della punta o proprio in fase di recupero palla). Detto questo, se a sinistra gioca Insigne i compiti sono diversi da quelli di El Sharaawy o di Eder, perché, banalmente, le loro caratteristiche sono profondamente diverse.
Con tutti questi profili differenti ha senso quindi anche l’inclusione recente di Bernardeschi e la scelta di convocare Borini nella rosa preliminare, nonostante non abbia mai partecipato a qualificazioni o amichevoli. Tolti questi due nomi però, e considerando Florenzi e Giaccherini come esterni di fascia del 3-4-3 e quindi già coperti da Dario Saltari nel pezzo sui terzini, possiamo dire che come esterni del tridente offensivo Conte abbia già definito quali sono i suoi preferiti. Il tecnico ha scelto di non allargare mai la rosa dei convocati per questo ruolo, fedele all’idea di creare un gruppo stabile. Addirittura Caligiuri prima e Sansone e Bonaventura poi, sono stati convocati quasi solo per fare presenza negli stage. L’esterno del Wolfsburg non ha mai esordito, quello del Sassuolo e il giocatore del Milan hanno giocato in tutto 20 minuti in un’amichevole, uno nel 2015 e l’altro nel lontano novembre del 2014.
Proprio il giocatore del Milan è stato autore di un’ottima stagione giocando sull’esterno d’attacco. Ha segnato 6 gol ed è nella top 10 in serie A per assist (8), passaggi chiave a partita (2), dribbling riusciti (2.3) e cross (1.4). Bonaventura è forse l’unico a poter sperare in una chiamata all’ultimo per riempire un roster già definito. Dentro ci troviamo Insigne, Bernardeschi, El Shaarawy e Candreva come sicuri del posto; in aggiunta altri quattro giocatori che possono all’occorrenza giocare nella posizione: Giaccherini, Florenzi, Eder e Borini (questi ultimi due infatti possono partire dall’esterno pur giocando da attaccanti, così ha infatti giocato Eder nell’amichevole con la Spagna, toccando palla praticamente solo quando in area).
La stella operaia
Tra i quattro sicuri del posto risiede il maggiore talento in rosa, ma tutti arrivano in condizioni di forma diverse alla competizione. Questo pesa molto ad esempio su Antonio Candreva, l’unico teorico titolare inamovibile dei quattro, giocatore che più di tutti incarna il calcio voluto da Conte per questa Nazionale. Candreva è veloce, è in grado di strappare la partita con un’accelerazione, ha le qualità nel dribbling per saltare l’uomo con continuità, è abbastanza duttile da potersi adattare a qualunque contesto ed è aggressivo anche senza palla. In un’Italia che senza Verratti e Marchisio vuole impostare una strategia verticale, aggressiva e su un ritmo sostenuto, Candreva diventa il pilastro della squadra.
Corri-crossa-tira: lo stile di gioco a 200 all’ora di Antonio Candreva.
Candreva è inoltre l’unico giocatore in rosa che può giocare da ala pura, con il piede corretto per crossare con la palla a uscire arrivando in corsa sul fondo. Questo particolare non è da sottovalutare, perché con punte come Pellè la tipologia di cross è fondamentale per metterli nella condizione migliore di ricevere il pallone in area o, come dice Cruyff nel suo libro Fútbol: «Per un attaccante, sono ideali i cross ad uscire perché la palla si allontana dal portiere e arrivano fronte alla porta per un tiro secco e certo». Una banalità che però in epoca di ali invertite sta diventando un problema per molte prime punte classiche.
Sulla carta quindi l’esterno della Lazio è il giocatore perfetto per questa Nazionale e infatti nelle qualificazioni ha giocato tutte le partite meno la prima con la Norvegia. Ha giocato con qualsiasi modulo messo da Conte, segnato i 2 gol nei due pareggi con la Croazia, e servito 3 assist nelle altre gare. In questo contesto si può definire quasi la stella della squadra.
Candreva, però, viene da una stagione che definire sotto tono è un complimento. Forse provato dagli sforzi del 2015, ha giocato un calcio poco lucido, fumoso e dalla scarsa produzione effettiva: come ha fatto notare Flavio Fusi il giocatore della Lazio è l’esterno che più di tutti a crossato tra i 5 maggiori campionati con 201 cross in stagione, di questi però è arrivato solo un assist, ovvero 0.0049 assist per cross. Con una cifra simile non può esserci neanche l’obiezione su chi poi riceve il cross, è evidente come le letture offensive di Candreva lascino a desiderare.
Il miglior crossatore in rosa.
Per non parlare poi dell’ormai strutturale problema della mania di tirare: con 3.7 tiri per 90 minuti giocati (di cui 2 da fuori area) Candreva è il secondo italiano della Serie A per numero di conclusioni dopo Insigne, ma la sua percentuale di conversione sotto il 5% (rispetto all’8% del napoletano) lo porta ad essere tra i peggiori tra tutti e 5 i maggiori campionati d’Europa tra chi ha preso almeno 1000 tiri.
Per fortuna la tipologia di torneo permette a un giocatore di poter essere al top anche solo nel mese di durata, e questo spesso si traduce in exploit che non hanno nulla a che fare con il campionato precedente. Questa, in sostanza, è la speranza nutrita nei confronti di Candreva.
Altri più o meno sicuri
Il problema dell’inefficienza al tiro per gli esterni esiste come detto in parte anche per Insigne. Il napoletano anche in Nazionale parte dall’esterno ma ha ampia facoltà di accentrarsi per poter far valere sia le doti di rifinitore che quelle balistiche. Anche se dopo un inizio di stagione da giocatore dominante ha calato un minimo il proprio rendimento, riuscendo comunque ad assestarsi su di un ottimo livello medio, all’Europeo potrebbe trovare difese meno abituate alla sua combo finta a rientrare più tiro-cross.
Il problema del tiro esiste anche e soprattutto per Bernardeschi. Con il suo 2% di conversione sui 2 tiri per 90 minuti ha evidenziato nella conclusione il suo principale difetto, anche se acuito dal sistema della Fiorentina. Va detto infatti che Bernadeschi parte molto arretrato e arriva sempre al tiro dopo aver condotto per diversi metri, in precarie condizioni di fiato. Non è impossibile pensare che giocando più alto possa arrivare meglio al tiro. Eppure resta un giocatore fondamentalmente innocuo in fase finalizzazione e il suo contributo per l’Italia lo dovrà mettere da rifinitore, partendo dall’esterno più.
A definire la giocata auspicabilmente dovebbre esserci El Shaarawy, che arriva all’Europeo sulla scia di un finale di stagione rassicurante, sia per lui che per Conte. Sotto la guida di Spalletti il giocatore che sembrava perso, e che non troppo tempo fa sembrava il vero predestinato del calcio italiano, ha trovato la sua dimensione proprio grazie alla capacità di incidere sotto porta. Pur sempre partendo lontano da sinistra, senza venir meno alla disciplina tattica. Una qualità già notata quando Conte ad inizio stagione, quando lo ha convocato dandogli fiducia nella partita decisiva contro la Croazia. In quell’occasione El Shaarawy non ha sbagliato nessuna lettura contro un giocatore di livello come Srna: gli è andato a giocare dietro quando l’Italia era in possesso per non farlo andare in pressione, e davanti quando l’Italia era senza palla per bloccargli la salita. Questo è esattamente il tipo di mentalità che Conte chiederà a un gruppo di esterni privo di un Bruno Conti o di un Roberto Donadoni, ma dalle cui prestazioni dipenderà molto probabilmente il cammino azzurro.