Qual è la più bella maglia della Serie A 2017/18
Le divise del campionato italiano commentate una a una.
Napoli
Tradizione: 5,5
Innovazione: 5,5
Stile Complessivo: 6,5
Digitando su Google “Napoli kit 2017 18” i risultati delle immagini contengono per la maggior parte maglie che non esistono, disegnate da tifosi che provano a sognare dopo anni di isolazionismo Kappa. Napoli Umbro, Napoli Nike. Un buon termometro dello scontento attorno alla maglia del Napoli, che però rimane una delle meglio vendute in Italia.
Anche quest’anno la maglia rispecchia un design classico che lascia poco spazio alla fantasia ma molto alle patch degli sponsor. L’effetto in partita, però, risulta più gradevole del solito. Merito del colletto, più raffinato del niente – effetto maglia tecnica pura – dello scorso anno. Ma anche della sfumatura di blu più scuro, su colletto e fianchi, che si allontana ancora un po’ dalla tradizione ma che restituisce ai giocatori del Napoli una presenza più decisa sul rettangolo verde. (EA)
Roma
Tradizione: 5,5
Innovazione: 6
Stile Complessivo: 6,5
La Nike fa due piccoli passi verso la tradizione – una sfumatura più chiara di rosso e una più chiara di giallo – e uno bello grosso verso l’oscurità: gli inserti neri su fianchi e pantaloncini da sempre mal sopportati dal pubblico giallorosso. Anche i calzettoni sono neri, e rimandano pericolosamente all’anno dello scudetto: scelta scaramantica?
Per il resto una maglia semplice, sul solito design della seconda generazione di Nike Vapor. A riscattarne il senso – oltre alla elegante e utopica assenza di sponsor – il font scelto per i numeri di maglia, aggressivo e puntuto, rimanda un po’ a un’estetica giapponese. Da dietro, la maglia di Nainggolan sembra quella di un guerriero solitario di un mondo apocalittico dove si lotta per le risorse idriche a forza di tackle scivolati. (EA)
Sampdoria
Tradizione: 8
Innovazione: 2
Stile Complessivo: 7
La maglia della Samp, ragionevolmente, è da anni habituée delle classifiche sulle maglie più affascinanti del panorama calcistico: So Foot l’anno scorso l’ha proclamata migliore d’Europa, FourFourTwo quest’anno addirittura del mondo, e la Joma non ha perso occasione per rimarcarlo nel ricamo interno.
Deve dipendere dalla banda quadricromatica con lo stemma della città della Lanterna al centro: una caratteristica connotante e contraddistintiva, che per il 90% racchiude in sé l’identità doriana. Sulla ricerca dell’esatto baricentro in cui collocare la “cerchiatura”, da anni, si muovono gli equilibri dell’innovazione dello sponsor tecnico. Meglio sul petto, sul torace o all’esatto punto di contatto tra i due, cioè dove è posta quest’anno? Joma le ha provate tutte.
Quest’anno, con lungimirante furbizia, ha strizzato l’occhio alla divisa mitica degli anni ‘90, abbandonando però lamentabilmente gli sprazzi DaDa della stagione scorsa: banda un po’ più sollevata, niente stilizzazioni ma Baciccia di ritorno sulla manica, come ai tempi gloriosi di Vialli e Mancini, così da lasciare un posto vuoto sul cuore, nell’attesa speranzosa che venga soppiantato da una coccarda, o uno scudetto, chissà, tricolore. Proprio come ai vecchi tempi, quando il colletto – come oggi – era morbido su uno scollo a V, ton sur ton. E quando si vinceva di più.
Quella del Doria è una grande divisa: anche il font, aggressivo e in sovraimpressione, è tra i migliori della A. Così bella da sollevare una riflessione: bisogna per forza incastrarci uno sponsor? Non si può evitare? Troviamo forme alternative: non si possono sospendere le partite per trenta secondi, far recitare a Praet «L’unica panchina che non è scomoda è una panchina Lino Sonego»? Non si può staccare l’interruttore generale di Marassi e inquadrare Quagliarella mentre dice «Senza l’eolico non vedreste il rigore che sto per tirare»? (FG)