L'Ultimo Uomo

  • Calcio
  • Expected Goals
  • NBA
  • Sport
  • Calcio
  • Expected Goals
  • NBA
  • Sport
  • Chi siamo
  • Le Firme
  • Archivio
  • Sponsor
  • Long-Form
© Alkemy. Made with love
Preferenze Cookie
Foto di Vaughn Ridley/Getty Images
NBA Redazione basket 20 ottobre 2016 32'

Mega guida alla Eastern Conference 2016-17

Tutti a caccia di King James.

Condividi:

15) BROOKLYN NETS

Ranking overall redazione UU: 29.5

 

Lorenzo Neri

I Nets della scorsa stagione sono stati una delle squadre più dimenticabili che abbiano mai calcato un parquet NBA nel recente passato, un’accozzaglia di giocatori assemblati senza uno scopo preciso. Una squadra figlia delle scelte del tremendo duo formato dal proprietario Mikhail Prokhorov e dal GM Billy King, che nel giro di un lustro hanno barattato prime scelte e futuro in cambio di giocatori in evidente (e inevitabile) declino come Kevin Garnett e Paul Pierce o di dubbia valutazione come Gerald Wallace – in cambio di quella scelta che poi si è materializzata in Damian Lillard – ottenendo come risultato massimo una apparizione alle semifinali di Conference.

 

Considerando poi che le prime scelte dei due prossimi draft sono nelle mani dei Boston Celtics, si capisce che la ricostruzione dei Nets rischia di essere lenta e difficoltosa. Per questo motivo Prokhorov ha sollevato dall’incarico King e messo al suo posto Sean Marks, ex-giocatore indicato da tanti addetti ai lavori come una delle figure più promettenti in campo dirigenziale, lasciandogli carta bianca decisionale.

 

Marks per prima cosa ha assunto come allenatore Kenny Atkinson, rinomato nei circoli NBA per la capacità di sviluppare i giocatori, e nonostante alcune trattative non andate a buon fine (le offer sheet a Tyler Johnson e Allen Crabbe su tutti) è riuscito ad allungare le rotazioni con elementi di esperienza come Luis Scola, Trevor Booker e Greivis Vasquez e dando una seconda possibilità nella Grande Mela a Jeremy Lin, firmato a 36 milioni in tre anni, un furto considerando le cifre che girano e la grande stagione da cui viene il prodotto di Harvard.

 

Ma cosa c’è da aspettarsi da questi nuovi Nets? Fondamentalmente che facciano meno danni possibili, perché come detto la prima scelta 2018 è ancora nelle mani dei Boston Celtics. L’attacco è affidato nelle mani di Brook Lopez, uno dei migliori ad attaccare nei pressi del canestro ma di cui non si smetterà mai di discutere della reale efficacia del suo gioco. A questo proposito, la presenza di Lin potrebbe aiutarlo in maniera considerevole nelle situazioni dinamiche, soprattutto nei pick and roll, dove potrebbero mettere in difficoltà le difese avversarie, soprattutto se i tagli e gli istinti di Rondae Hollis-Jefferson e la pericolosità perimetrale di Bojan Bogdanovic, atteso all’esplosione, risultassero delle valide alternative all’asse Brook-Lin (ok, la smetto).

 

 

RHJ non è solo il loro miglior (unico?) difensore, è anche una potenziale macchina da highlights

 

I problemi però rischiano di essere molteplici, a partire da una mancanza di soluzioni offensive alternative, i grossi punti interrogativi nelle posizioni di 2 e 4, e soprattutto una difesa che rischia di essere agghiacciante in area – la rotazione di lunghi composta da Lopez, Scola, Booker, McCullogh e dal redivivo Anthony Bennett non dà nessuna certezza da questo punto di vista. Ed è principalmente per tutti questi dubbi che al momento i Nets vengono dati in previsione come la peggior squadra della Lega, come testimonia il 29.5 di posizione media del nostro ranking redazionale (solo una persona li ha dati come 28esimi e quattro come 29esimi, su 14 votanti totali).

 

L’impressione è che sarà molto più importante quello che farà Marks da dietro a una scrivania rispetto a quello che faranno i giocatori in campo. Un buon segnale è l’acquisizione di una franchigia della D-League – i Long Island Nets – che verrà sfruttata per far crescere e sviluppare i prospetti nel migliore dei modi, senza doverli mandare a giro per affiliazioni come fatto finora. Nonostante le difficoltà sembra esserci un progetto, e questa potrebbe essere la miglior notizia della stagione.

 

 

14) PHILADELPHIA 76ERS

Ranking overall redazione UU: 28.4

 

Dario Vismara

Un mese abbondante prima dell’inizio della stagione, i bookmakers di Las Vegas hanno posto la quota dell’over-under dei Philadelphia 76ers all’altezza delle 27.5 vittorie — il che significa che questi nuovi Sixers potrebbero, secondo le loro previsioni, ragionevolmente spingersi fino ad almeno 28 vittorie, con un miglioramento di 18 W rispetto alla passata stagione, superiori perfino alle 13 che vengono prospettate ai lanciatissimi Minnesota T’Wolves. Questo dovrebbe più o meno darvi la percezione di dove si sia spinta la Macchina dell’Hype che è tornata a battere le strade della Città dell’Amore Fraterno.

 

Il motivo di tanto ottimismo sta nell’infornata di talento arrivata in estate per rimpolpare le fila di una squadra che di giocatori NBA, negli ultimi tre anni, ne ha visti ben pochi. Dal Draft sono arrivati la prima scelta assoluta Ben Simmons e la guardia-ala Timothe Luwawu; dal Draft del 2014, direttamente con una DeLorean, sono arrivati Joel Embiid e Dario Saric, scelti da Hinkie due anni fa ma pronti a giocare solamente ora, dopo infortuni e contratti in Europa; durante la free agency (ah ma quindi esiste ancora!) sono stati firmati Jerryd Bayless, Gerald Henderson e Sergio Rodriguez per dare un minimo di dignità al reparto guardie più derelitto della lega; e per guidare lo spogliatoio è stato richiamato il veteranissimo Elton Brand — minuti in campo 225, ma consigli e veteran leadership a palate per i giovani virgulti.

 

La domanda che a Vegas forse non si sono fatti è: bastano questi 8 nuovi giocatori (di cui quattro partiranno in quintetto insieme a Bobby Covington) a far vincere ai Sixers diciotto partite in più rispetto all’anno passato? La risposta è un sonoro e tonante NO (e infatti le quote si sono già abbassate parecchio), a maggior ragione dopo l’infortunio che terrà fermo Ben Simmons almeno fino al 2017. Ma questo non significa che la Speranza debba abbandonare Philadelphia, anzi: finalmente dopo tre anni potranno tornare a vedere un entry pass fatto come si deve per foraggiare il mostro a tre teste sotto canestro formato da Okafor, Noel e Embiid, e con Saric da playmaker occulto ci sarà più movimento per dare un minimo di brio all’attacco. Capire chi e come emergerà col maggior numero di responsabilità e minuti da questa rotazione è ancora tutto da scoprire, così come è puro esercizio di stile immaginarsi un sistema offensivo per coach Brown ora che la squadra è completamente nuova. Ma è inutile sottolineare quanto tutto il mondo si aspetti fuoco e fiamme dall’esordio dell’idolo delle folle Joel Embiid.

 

Dopo tutte le voci che si sono susseguite sui workout del centrone camerunense, delle due l’una: o il mondo si è coalizzato per volere davvero male ai tifosi dei Sixers, dipingendolo come una sorta di Olajuwon con tiro da tre punti per il solo gusto di vederli soffrire ancora; oppure quelli che lo hanno potuto osservare da vicino hanno visto Il Futuro e sono tornati da noi comuni mortali per raccontarcelo. Sia come sia, attorno al successo di Embiid e Simmons si gioca la sanità mentale stessa dei tifosi dei Sixers: se loro due non fossero quello che tutti si aspettano, o peggio ancora si infortunassero continuamente senza poter scendere in campo, vorrebbe dire aver buttato via tre anni della propria vita. Riuscireste ad immaginarvelo?

 

Alla fine, i loro tifosi dai Sixers chiedono solo questo: diteci che non è stato tutto inutile, che il Process vive e Sam Hinkie non è morto invano. Sarebbe già qualcosa.

 

nba1

 

 

13) ORLANDO MAGIC

Ranking overall redazione UU: 23.4

 

Fabrizio Gilardi

La forbice tra la migliore e la peggiore versione possibile dei Magic 2016/17 è forse una delle più ampie di tutta la NBA. Da una parte pendono i miglioramenti dei giovani, oltre che i nuovi arrivi in campo e in panchina; dall’altra le perplessità su struttura del roster, rendimento e monodimensionalità di alcuni singoli, a partire da Jeff Green (che è sempre una perplessità a sé stante). Il tutto senza prendere in considerazione la strategia a livello manageriale e gli obiettivi a medio-lungo termine fissati da Alex Martins e Rob Hennigan nei tempi morti tra un dispetto reciproco e l’altro – che per fortuna non hanno nulla a che vedere con il rendimento in campo nel presente e che quindi possono essere osservati distrattamente mentre ci si allontana fischiettando in direzione… boh, un’altra qualsiasi, basta passare oltre.

 

Il manifesto del nuovo capo allenatore Frank Vogel prevede che prima di tutto ci si preoccupi di difesa e controllo dei rimbalzi, come ammirato nel lustro alla guida dei Pacers. Il personale a disposizione sembra più che adatto (nella propria metà campo Biyombo e Ibaka assicurano un rendimento di altissimo livello) e trovare in fretta la necessaria solidità da questi punti di vista dovrebbe quantomeno permettere ai Magic di restare in partita contro la maggior parte degli avversari.

 

Lo scopo del gioco però è pur sempre avere il pallone in mano e sapere che farne e qui qualche lievissimo, marginal… ENORME dubbio c’è. Perché, pur senza arrivare agli estremi che andranno in scena sulla costa sud-occidentale del Lago Michigan, i concetti di pace and space ormai alla base di ogni attacco NBA di alto livello sembrano quanto di più remoto si possa immaginare. E se Vogel è decisamente un plus in difesa, in attacco è raramente andato oltre al palla-a-Paul-George-e-che-si-arrangi alternato a brevi tratti di palla-a-Lance (Stephenson) prima e palla-a-George (Hill) poi. Solo che qui di giocatori del livello di Paul George non se ne vedono, almeno per ora. Che abbia inizio l’Aaron Gordon Experiment da ala piccola in attesa che magari si porti in laboratorio anche Mario Hezonja, perché Evan Fournier è un buon giocatore e ottimo tiratore, ma la prima opzione offensiva di una squadra che punta ai playoff (eccome se ci punta) magari anche no.

 

Intanto a The Ringer si continua a dominare

 

 

12) MIAMI HEAT

Ranking overall redazione UU: 22.6

 

David Breschi

La stagione che sta per iniziare segna una nuova era per i Miami Heat: le rinunce estive di Luol Deng e Joe Johnson, il “divorzio” da un Heat-lifer come Dwyane Wade e la perdita di Chris Bosh hanno di fatto smantellato la squadra che lo scorso maggio ha portato a gara-7 i Raptors nelle Semifinali di Conference. Per la prima volta dal 2010 a South Beach si parte senza nemmeno uno dei Big Three e l’unico anello di congiunzione con il passato è il sempiterno Udonis Haslem.

 

I nuovi Miami Heat sono una squadra indecifrabile, rinnovata per 10 unità, il cui giocatore da rotazione più anziano – esclusi quindi gli ultratrentenni Haslem e Udrih, che avranno ruoli marginali – è il 30enne Goran Dragic. Il resto della squadra è costruito attorno ai 20 anni di Justise Winslow, i 23 di Josh Richardson, i 24 di Tyler Johnson e i 27 del “veterano” Hassan Whiteside. Alle loro spalle, come da prassi, sono stati aggregati comprimari esperti che hanno scelto Miami per rilanciare la propria carriera come ad esempio Dion Waiters, raccolto dal marciapiede con un contratto quasi al minimo salariale dopo aver flirtato con un pluriennale in doppia cifra a stagione con Oklahoma City e Philadelphia. L’ex Cavs dovrebbe essere il leader della second unit e potrebbe essere uno dei probabili candidati al premio di 6° Uomo dell’anno, testa permettendo.

 

La perdita di Wade priva Spoesltra del suo leader tecnico, quello da cui andare quando la palla scottava, ma anche di un giocatore che amava fermare la palla e costringeva la squadra a tenere un ritmo molto basso. Senza di lui l’attacco sarà incentrato sul movimento di palla, con particolare attenzione alle spaziature e girerà attorno al pick & roll Dragic/Whiteside: lo sloveno avrà le chiavi della squadra in mano e dovrà dimostrare che l’investimento fatto a febbraio 2015 (e poi la scorsa estate) non è stato un errore di valutazione. Il play è arrivato a Miami praticamente in cambio del futuro degli Heat sotto forma di scelte al draft in direzione Phoenix, e finora ha dimostrato solo a tratti di essere il pezzo giusto per questa squadra. Whiteside, invece, lo scorso anno è stato uno dei rollanti al ferro più devastanti della lega con i suoi 1.34 punti per possesso.

 

Il ruolo più scoperto è ovviamente quello lasciato vacante da Chris Bosh: Spoelstra in pre-season ha provato a dare una chance a Luke Babbit, Derrick Williams e James Johnson, tutte soluzioni di ripiego perché nella testa del coach di origini filippine, nei momenti clou delle partite, quello spot sarà riempito dal coltellino svizzero Justise Winslow per fare posto in quintetto a Tyler Johnson e Josh Richardson. Secondo i dati di SportVu della stagione passata, il terzetto J-Rich+TJ+Winslow ha giocato appena 115 minuti in 12 partite di regular season, molti dei quali di garbage time (e quindi con numeri da prendere con le molle), ma non ci sarebbe da stupirsi se la prossima stagione fosse una delle lineup più utilizzate. Anche perché nei playoff, nei 26 minuti e nelle tre gare in cui sono stati schierati assieme contro i Raptors, il trio ha risposto con un 112.9 di rating offensivo a fronte di un 88.6 difensivo.

 

La presenza di Bosh rendeva gli Heat una squadra da playoff in grado poter quantomeno replicare il risultato dello scorso anno; senza di lui, l’obiettivo è quello di essere quanto più competitivi possibile, ma lo scenario più plausibile resta quello di una stagione di transizione. Tankare? Non è nello stile di Riley, anche se la parola “ricostruzione” aleggia incessante nei corridoi dell’American Airlines Arena.

 

 

11) CHICAGO BULLS

Ranking overall redazione UU: 21.7

 

Nicolò Ciuppani

Chi è ansioso di vedere quattro ball hogger con attitudini al palleggio prolungato e zero tiro dimenarsi in un roster senza spaziature e identità difensiva? Paradossalmente, credo sia questa la domanda che la dirigenza Bulls si è posta questa estate, e questo è il modo migliore in cui riesco a pensarne – perché il rasoio di Occam indicherebbe che hanno semplicemente navigato a vista.

 

Dopo aver deciso che Butler fa parte dei piani e aver separato le proprie strade da quelle di Rose, i Bulls hanno preso Rajon Rondo poiché era l’unica PG rimasta e, una volta che anche Wade è finito (per certi versi sorprendentemente) sul mercato, hanno deciso di firmare pure lui, andando a comporre un backcourt senza tiro e uccidendo qualunque idea di spacing potesse esistere nella mente di Fred Hoiberg. Come ciliegina sulla torta, la notizia di pochi giorni fa è che hanno perfino finalizzato una trade per Michael Carter Williams, notoriamente una delle PG più scarse al tiro della NBA. Forse l’idea era trollare tutti ancora più forte sullo spacing – oppure intendono tankare nemmeno troppo velatamente?

 

Il neo-arrivo Robin Lopez non sarà mai Joakim Noah nel suo prime, e di sicuro non ha minimamente la capacità di playmaking del francese, ma potrebbe essere abbastanza solido e dovrebbe garantire un chilometraggio maggiore. Hoiberg ha fatto partire Taj Gibson in quintetto in pre-season, ma sarà Nikola Mirotic il titolare – a meno di ideare un quintetto cubista in cui nessuno è in grado di tirare da oltre 5 metri.

 

Mirotic, ad ogni modo, è tutt’altro che un tiratore affidabile e dopo le partenze dalla NBA di Bargnani e Antic è il favorito alla cintura di Campione Mondiale di Pump Fake Che Non Illude Nessuno. Bobby Portis, che è stata una delle poche piacevoli sorprese dell’anno scorso, potrebbe pure rubargli il posto nel corso della stagione. Il centro di riserva Cristiano Felicio potrebbe tornare utile come portatore di blocchi granitici e un minimo di intimidazione, e a completare il roster rimane Doug McDermott, dal quale sono richiesti miglioramenti sul piano della continuità. Tutti gli altri dovranno lottare per trovare minuti.

 

Le buone notizie per Chicago sono che questo è un anno di transizione, ma che già dal prossimo Giugno possono tornare in Free Agency a dettare voce grossa e… basta così. Se vogliamo fanciullescamente credere che tutti i pezzi di quello spogliatoio funzionino caratterialmente, che esista un sistema offensivo che esalti le caratteristiche di tutti e che Hoiberg riesca al 2° anno in NBA a dare una direzione difensiva ad una squadra zeppa di veterani, allora i Bulls potrebbero pure pensare di ambire ad uno degli ultimi posti in zona playoff.

 

Il peggior caso possibile invece sarebbe quello in cui lo spogliatoio si spacca tra le 3 personalità più ingombranti, Hoiberg perde il posto e dal prossimo anno occorre tirare una linea sopra al roster attuale e ripartire da capo, con la scelta in lottery a seguito dei mancati playoff come una vera blessing in disguise. O magari l’obiettivo è proprio quello?

Pagine: 1 2 3
Tags : boston celticslebron jamestoronto raptors

La redazione basket è composta da gente molto alacre che vorrebbe giocare a basket ma che purtroppo sarebbe troppo bassa anche per il campionato filippino. Almeno due membri della redazione basket sono convinti che il film A Beautiful Mind parli di loro.

Condividi:
In evidenza
Carica i commenti ...

Iscriviti alla nostra newsletter

Ricevi "Stili di gioco" direttamente nel tuo inbox.

Potrebbero interessarti

NBA Dario Vismara 12'

La caduta delle finaliste

Milwaukee e Phoenix hanno perso malamente in gara-7, uscendo dai playoff prima di quanto avevamo previsto.

NBA Andrea Beltrama 8'

L’eliminazione dei Sixers ha la faccia di Harden

Anche in gara-6 il Barba ha dato segnali preoccupanti sul suo presente e soprattutto sul suo futuro.

NBA Dario Costa 8'

La parola alla difesa

Come sta andando e come potrebbe proseguire la serie tra Boston e Milwaukee.

NBA Andrea Beltrama 7'

Come i Sixers hanno riaperto la serie con Miami

Il ritorno di Joel Embiid, il risveglio di Harden e altri appunti sparsi dal Wells Fargo Center.

NBA Dario Vismara 9'

La gioventù spregiudicata dei Memphis Grizzlies

Una squadra effimera e irresistibile, capace di tutto e del contrario di tutto in ogni momento.

Dello stesso autore

NBA Redazione basket 16'

Le domande fondamentali della stagione NBA 2020/21

Squadre, temi e personaggi della stagione che più incerta di sempre.

NBA Redazione basket 11'

Cinque storie da seguire nel primo turno dei playoff NBA

Duelli, sfide, vendette e posti di lavoro che rischiano di saltare nelle prossime due settimane.

NBA Redazione basket 15'

Le domande fondamentali della ripartenza NBA

A Orlando 22 squadre vanno a caccia del titolo più impronosticabile di sempre, non fosse altro che per le circostanze in cui si giocherà.

NBA Redazione basket 24'

Kobe per sempre

13 modi per ricordare uno dei più grandi giocatori di basket di sempre.

NBA Redazione basket 28'

I 40 giocatori più interessanti della prossima stagione NBA

Giocatori che devono dimostrare qualcosa.

I più letti del mese

Calcio Dario Saltari 13'

Harry Maguire è scarso come dicono i meme?

Il centrale dello United tra cattive prestazioni e crudeltà digitale.

ciclismo Umberto Preite Martinez e Gabriele Gianuzzi 14'

Guida ufficiosa al Giro d’Italia 2022

10 domande per arrivare preparati alla 105esima edizione della Corsa Rosa.

Serie A Emanuele Atturo 13'

I 10 giocatori più sottovalutati della Serie A

Giocatori di cui si parla troppo poco.

Calcio Giuseppe Pastore 9'

Cosa lascia Mino Raiola

Qual è l’eredità del famoso procuratore, scomparso pochi giorni fa.

Calciomercato Daniele Manusia 7'

Kvaratskhelia è un giocatore davvero unico

Un’ala dribblomane e ambidestra con il fisico da peso medio UFC.

altro da lebron james
NBA Dario Vismara 12'

Non sappiamo ancora niente sui Lakers

La squadra di LeBron James è piena di problemi.

NBA Dario Vismara 12'

Il power ranking della Western Conference

Come si presenta il resto della NBA ai blocchi di partenza della nuova stagione.

NBA Francesco Tonti 28'

La guida al fantabasket NBA 2021-22

Top-50, sorprese e bidoni per sbaragliare la concorrenza.

altro da toronto raptors
NBA Dario Vismara 12'

Ogni squadra eliminata è infelice a modo suo

Sette modi diversi di finire la stagione per le sette squadre eliminate dai playoff.

NBA Niccolò Scarpelli 13'

Il laboratorio pazzo di Nick Nurse e Masai Ujiri

I Toronto Raptors sono la squadra più strana della lega.

NBA Dario Vismara 10'

Kyle Lowry e i Toronto Raptors non sono riusciti a dirsi addio

Sembravano destinati a lasciarsi alla deadline, ma ancora una volta Lowry è rimasto ai Raptors.