Il 25 agosto del 2002, a Tripoli, su un campo dove c’è più sabbia che erba, si gioca la Supercoppa italiana. A giocarsela sono la Juventus campione d’Italia e un Parma che, nonostante una stagione difficile in campionato, può vantare la coppia d’attacco Di Vaio-Adriano. La Juventus vince la partita, ma Di Vaio segna un gol e fa impazzire la difesa della squadra di Lippi al punto che convince l’allenatore a comprarlo. La Juventus punta alla Champions League e ha bisogno di un profilo diverso rispetto a Del Piero, Trezeguet, Salas e il giovane Zalayeta. Per descriverlo l’allenatore parla della sua velocità, rapidità di esecuzione e prontezza nel tiro.
Di Vaio fa parte della generazione di fine anni Settanta, un lustro che ha regalato al calcio italiano un picco di talento ruolo per ruolo mai più eguagliato. Nell’arco di tre anni sono nati Buffon, Nesta, Zambrotta, Gattuso, Pirlo, Totti e Toni. Il motivo per cui non ricordiamo Di Vaio assieme ai giocatori citati è soprattutto per la svolta che la sua carriera ha preso dopo il passaggio alla Juventus.
Un insieme di scelte sbagliate e un po’ di sfortuna con gli infortuni hanno finito per smorzare la luce del suo talento proprio quando era all’apice. Mentre altri giocatori della sua generazione alzavano al cielo la coppa del Mondo, Di Vaio stava per iniziare la sua seconda, travagliata stagione al Monaco. Una stagione dopo la quale scende addirittura in Serie B, fuori ruolo nel Genoa. Sono stati i successivi, sorprendenti anni di Bologna a restituire al calcio italiano uno dei suoi attaccanti migliori. Anche se da soli forse non compensano lo sperpero del suo talento.
Di Vaio fa parte di quella scuola italiana di attaccanti che ha nel gol la propria unica forma di felicità. Tutti i movimenti di Di Vario sono piegati verso l’istinto a segnare: la palla deve essere calciata in porta da qualsiasi posizione; i movimenti senza palla e i passaggi devono essere un aggiustamento al modo più veloce possibile per arrivare alla porta.
Persino la sua tecnica, le sue qualità migliori, sono legate al gol: la sua capacità d’equilibrio, il primo controllo orientato, l’ambidestria nella conclusione, la rapidità nella preparazione al tiro. Come gli squali che si sono evoluti in modo perfetto per la caccia, Di Vaio ha sviluppato il suo rapporto col pallone solo per fare gol. Ho scelto e ordinato 10 dei suoi 142 gol in Serie A che sintetizzano la quantità di modi che Di Vario conosceva per segnare.
- vs Lazio, 2008
L’immagine attuale di Di Vaio è legata soprattutto alle sue stagioni a Bologna. Eppure Di Vaio è arrivato nella città felsinea a 32 anni, un’età nella quale la maggior parte degli attaccanti devono gestire il proprio declino fisico.
Di Vaio in rossoblù segna 66 gol in 4 anni: non raggiunge più la stessa velocità di punta, ma la sua reattività in area di rigore è immutata. Nel suo primo anno segna 24 gol, più della metà di quelli che servono al Bologna per evitare la retrocessione. Tra questi, il più bello lo segna alla Lazio, squadra in cui è cresciuto ma dove non ha mai potuto giocare. È un gol significativo anche perché contiene uno dei suoi marchi di fabbrica: lo stop sul lancio lungo per preparare il tiro dalla distanza.
Con lo stop di collo manda fuori causa sia il marcatore a destra che il giocatore che da sinistra era accorso in chiusura. Dopo il rimbalzo sta già pensando a come festeggiare: calciare di sinistro teso in porta è un’operazione che poteva fare anche bendato.