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Immagine tratta da internet
NBA Dario Ronzulli e Davide Bortoluzzi 9 settembre 2015 6'

Lotta fratricida

La guerra tra FIBA e ULEB che sta mettendo a rischio il basket europeo.

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PalaMalaguti, Casalecchio di Reno, 10 maggio 2001: la Virtus Bologna batte 82-74 il Tau Baskonia in gara-5 della prima finale di Eurolega targata ULEB e conquista la sua seconda Coppa dei Campioni. Tre giorni dopo, presso il Palais Omnisports de Paris-Bercy, il Maccabi Tel Aviv vince la sua terza Coppa dei Campioni FIBA battendo in finale il Panathinaikos per 81-67.

 

L’anno del triplete, o dell’autarchica tripletta, per la Virtus Bologna.

 

Il 2001 fu un anno spartiacque per il basket europeo, quello che cambiò per sempre gli equilibri di potere dalla federazione internazionale verso i club, e in generale verrà ricordato per essere stato l’anno con due squadre campioni d’Europa. Oggi, quindici anni dopo lo scisma che ha cambiato la storia del basket europeo, la Federbasket internazionale (ovvero la FIBA) e l’Unione delle Leghe Europee (sotto la sigla di ULEB) si sono ritrovate a battagliare ufficialmente “per il bene della pallacanestro, dei suoi attori e dei suoi appassionati”, ma è fin troppo facile pensare che il vero obiettivo sia il potere e il denaro che ne derivi. Dopo tre lustri di predominio della ULEB, i rapporti di forza sono cambiati e la FIBA ha smesso di starsene in un angolo, cercando in tutti i modi di tornare protagonista sul palcoscenico europeo, ovvero quello più importante dopo l’irraggiungibile NBA. Prima però facciamo un passo indietro e torniamo al 1991.

 

Le spinte dei grandi club per costruire una Lega indipendente da FIBA Europe—e che possa di conseguenza permettere un maggiore controllo economico degli introiti generati—cominciano già sul finire degli anni Ottanta. Per questo nella primavera del ’91 Borislav Stankovic, storico Segretario Generale della FIBA, decise di anticipare qualunque movimento “indipendentista” allargando anche alle squadre non vincitrici del titolo nel proprio paese la possibilità di partecipare alla Coppa dei Campioni (nel 1991-92 denominata European League). Nel ’96 altro cambiamento: niente più preliminari, presenti solo le migliori squadre delle migliori leghe e nome cambiato in Euroleague.

 

Ma tutto questo non basta all’ULEB, nata nel giugno del (guarda un po’) 1991. La formula pensata da Stankovic non convince a pieno, soprattutto perché—secondo l’ULEB—la fetta degli incassi per i club è troppo esigua. Ecco allora la scissione, avvenuta nell’estate del 2000, poco dopo la fondazione della società Euroleague Basketball, che nel sito istituzionale riporta la seguente mission: «Leader globale nello sports management, Euroleague Basketball sviluppa e organizza competizioni, eventi sportivi, programmi di responsabilità sociale ed educativi».

 

Nella stagione 2000-01 citata a inizio articolo abbiamo quindi due Coppe dei Campioni: una della ULEB denominata Euroleague e una della FIBA chiamata Suproleague (ovvero Super Professional League). Per capire lo stato della federbasket mondiale dell’epoca pensate a questo aspetto, apparentemente marginale: il marchio “Euroleague”—nome semplice e accattivante per una competizione europea—non era nemmeno stato depositato, motivo per cui i club se ne appropriarono anticipando la concorrenza.

 

I maggiori club europei si divisero tra le due competizioni, ma solo per una stagione. Nel 2001 la FIBA si rese conto che il progetto dell’ULEB era, per una lunga serie di motivi, più intrigante e di prospettiva per i club e per i tifosi. La pace fu dunque figlia della presa d’atto del lavoro migliore svolto dagli avversari da parte dell’istituzione più vecchia, che nel 2004 creò una sua coppa con le squadre non iscritte a Euroleague ed Eurocup, vale a dire l’EuroChallenge–che, per inciso, è stata l’ancora di salvezza per i nostri club per portare trofei continentali in bacheca, con le vittorie di Virtus Bologna nel 2009 e di Reggio Emilia nel 2014. La competizione FIBA ha vissuto anni difficili, ma ha saputo anche offrire buon basket e giocatori di livello. Ora, però, è diventata troppo stretta per le ambizioni di Patrick Baumann.

 

Patrick-Baumann-FIBA

Ecco l’uomo che vuole stravolgere il basket.

 

Nato a Basilea nel 1967, diplomatosi a Sanremo, nel basket da una vita come giocatore e allenatore, Baumann è Segretario Generale della FIBA dal 2003, ma è dal 2010 che ha dato una sterzata all’organizzazione: prendendo di fatto il controllo di FIBA Europe, Baumann ha dato il via a un processo che sostanzialmente ha l’obiettivo di riportare l’attività dei club europei—e quindi naturalmente anche i loro profitti economici—nuovamente sotto l’egida della FIBA. Il primo passo è stato modificare il calendario internazionale inserendo tre finestre di qualificazioni alle competizioni per le Nazionali durante la stagione a partire dalle qualificazioni per il prossimo Europeo 2017 (ancora da assegnare).

 

La cosa non è nuova—fino al 2003 le qualificazioni seguivano questo modello “calcistico”—ma il numero di giocatori del Vecchio Continente in NBA era quantitativamente molto lontano dalla cifra attuale ed ecco che abbiamo il primo problema: è davvero conveniente dal punto di vista del “marketing” far giocare le Nazionali senza i protagonisti che giocano in NBA (che mai verrebbero liberati dalle franchigie durante la stagione)? E se queste Nazionali dovessero fallire la qualificazione a Europeo o Mondiale, non potendo fare affidamento sui loro migliori talenti, non sarebbe una perdita per la visibilità del torneo in questione?

 

Il secondo cambiamento sostanziale, sul quale invece sembrano esserci maggiore condivisione e convergenza, è quello dell’allineamento al modello UEFA-FIFA per i campionati Europei e Mondiali, che si disputeranno entrambi ogni 4 anni negli anni dispari, garantendo così un’alternanza di 2 anni con in mezzo l’Olimpiade e soprattutto un’estate totalmente vuota di impegni per le Nazionali. Avremo così le Olimpiadi di Rio de Janeiro la prossima estate, EuroBasket nel 2017, pausa nel 2018, il Mondiale nel 2019 in Cina e le Olimpiadi di Tokyo nel 2020. Tale cambiamento sembra andare verso la spinta che l’allora commissioner NBA David Stern aveva dato verso una gestione congiunta tra FIBA e NBA del Mondiale come evento di punta, con la trasformazione delle Olimpiadi in un torneo Under-22 senza professionisti, esattamente come succede nel calcio, per creare un evento di portata planetaria come i Mondiali della FIFA (che negli States hanno sempre maggiore seguito).

 

La terza spallata è arrivata questa primavera, con le proposte della FIBA per una riforma della massima competizione europea sotto la sua egida. Il sito serbo B92 ha pubblicato in anteprima una serie di 9 differenti alternative, ma la più probabile sembra quella di una competizione a 16 squadre, con 8 licenze “A” (Real Madrid, Barcellona, ​​Olympiakos, Panathinaikos, Anadolu Efes, Fenerbahce, CSKA Mosca e Maccabi Tel Aviv), 4 posti ai campioni di Francia, Germania, Italia e Lituania e i rimanenti 4 posti da assegnare dopo un torneo a 32 a cui parteciperanno squadre di 26 paesi in Europa. Con questa soluzione l’Italia perderebbe la propria licenza A di Milano, e così altrettanto sarebbe per il Tau e lo Zalgiris. Una visione quindi più “paneuropeista” e meno votata al business, con la perdita di potere del mercato spagnolo e un ventaglio maggiore di paesi coinvolti.

 

 

La risposta di Euroleague non si è fatta mancare e l’8 luglio è stata mandata una comunicazione congiunta degli 11 club con licenza A (tra cui l’EA7) con la disponibilità di discutere le proposte a partire dal prossimo novembre. Una disponibilità relativa, dal momento che questa formula—e le finestre per le Nazionali durante la stagione—non piacciono né ai club né alle leghe, men che meno al commissioner dell’Euroleague Jordi Bertomeu. Che è il “rivale” di Baumann nella vicenda ed è personaggio ostico da affrontare, che fa leva sui numeri innegabilmente in crescita (ma con quali margini?) di Euroleague e dell’appoggio (almeno per ora) dei club più forti. Nymburk e Oostende hanno lasciato l’Eurocup per andare sotto l’egida FIBA nella neonata Europe Cup (sì, avete letto bene: il nome è praticamente lo stesso…), ma non sono gravi perdite per la concorrenza alla federazione. E allora si resta nelle posizioni di partenza.

 

C’è un punto di contatto possibile? Sì, se entrambe le parti faranno un passo indietro rinunciando alle proprie voglie di potere (auguri…). Baumann non può permettersi di organizzare tornei senza avere i migliori giocatori e/o i migliori club, così come Bertomeu sa che in tantissime nazioni (Italia in primis) le competizioni per Nazionali sono fondamentali per la promozione del basket in generale. C’è un anno di tempo, forse anche meno, per trovare un accordo che accontenti tutte le parti in causa. Il rischio, che a oggi appare non del tutto peregrino, è ritrovarci con la FIBA ad attuare il pugno di ferro a costo di ritrovarselo sul naso per l’effetto rinculo. E chi ci perderebbe sarebbero il Gioco e i suoi adepti.

 
 

Tags : euroleaguefibaolimpia milanopatrick baumannuleb

Dario Ronzulli è nato a Foggia nel 1982 e da bambino sognava di fare il giornalista sportivo. Ora che è cresciuto lo fa davvero: anni di preziosissima gavetta in radio locali, poi cinque anni a Radio Sportiva e due a Radio Montecarlo Sport. Ora collabora con la redazione basket di Tuttosport e bazzica l'etere bolognese.

Davide Bortoluzzi è trevigiano, classe 1986. Laureato in ingegneria gestionale ma appassionato di basket e letteratura. Ex arbitro di pallacanestro di Serie C, ha fondato con alcuni amici Dailybasket nel 2011, collabora come scout per nbadraft.net e Eurohopes.

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