La settimana più pazza della storia della Champions League
L’album dei ricordi di quattro partite che, nel bene o nel male, non dimenticheremo mai.
20. Il primo quarto d’ora della partita di ritorno fra Real Madrid e Juventus
A quel punto la Roma ha fatto qualcosa di incredibile e i giocatori della Juventus devono pensare che forse anche loro possono fare qualcosa di altrettanto (se non di più) incredibile. Inutile dirlo, anche i tifosi più disperati erano già pronti per un’eventualità del genere. Il meno obiettivo dei tifosi, quando deve coltivare le proprie speranze di rimonta aumenta al massimo le condizioni di possibilità del calcio. Basta calcolare il tempo che ci si mette per portare la palla a centrocampo e correre verso la porta avversario, poi moltiplicarlo per 90 minuti: quanti gol si possono fare così? Quasi infiniti.
Nel primo quarto d’ora la Juventus gioca più o meno con questa mentalità, come se ribaltare i tre gol fosse un’impresa relativamente semplice. Dopo un minuto e mezzo è già in vantaggio con un gol di Mandzukic, mentre la regia televisiva in basso segnala ancora i bordocampisti. Trenta secondi dopo Higuain ha già sul destro uno di quei tiri per lui semplici, che viene chiuso dal difensore. Pochi minuti dopo Douglas Costa dribbla Varane sulla destra e mette in mezzo un pallone che Keylor Navas respinge sui piedi di Higuain, chiuso al momento del tiro. Douglas Costa sembra in una forma bestiale, a fine partita avrà completato 7 dribbling.
Due minuti dopo Bale prova a segnare di tacco un altro gol assurdo, da dentro l’area piccola. Poi il Real torna al tiro due volte con Cristiano Ronaldo, e la seconda volta Isco segna su respinta, ma è in fuorigioco. Un minuto dopo, su calcio d’angolo, Mandzukic ha una palla sul sinistro fronte a massimo tre metri dalla riga di porta, ma la sbuccia. Messa in altri termini: la Juventus ha tirato quattro volte in area al Bernabeu dopo quindici minuti. È una partita pazza e tutto sembra possibile.
21. Fare la storia con una doppietta di Mario Mandzukic
Mandzukic segna il secondo gol di testa su cross di Lichtsteiner permettendo alla Juve di andare all’intervallo avanti di due gol. Mandzukic è una specie di glitch nel sistema del Real Madrid: dopo il secondo gol sembra che la Juve debba solo mettere la palla alta sul secondo palo per lui per fare tutti i gol che vuole. Vincere 4-0 con 4 di gol di Mandzukic non sarebbe stato poi così assurdo.
Già per come sono andate realmente le cose Manduzkic è diventato comunque il primo giocatore a segnare al Real Madrid due gol di testa nella stessa partita di Champions League. Ha segnato il suo terzo gol in tre partite al Real Madrid, calcolando anche la finale di Cardiff. Mandzukic, quindi, che in questa stagione in quel ruolo ibrido di ala sinistra/seconda punta era stato preso come esempio dei limiti offensivi della Juventus e delle scelte conservative di Allegri, ha confermato di essere un giocatore da grandi partite.
La squadra di Allegri può smettere di scoprirsi attaccando disperatamente alla ricerca del gol e può rientrare nella sua comfort zone, quella in cui può provare a controllare la gara, decidendo tempi e modi dell’attacco.
L’inerzia sembra cambiata e Ronaldo se ne accorge, mette il pallone a centrocampo, si gira verso i compagni e chiama la calma: «Basta un gol. Solo un gol» dice. È impossibile sapere se e in che modo la rimonta della Roma sul Barcellona ha condizionato la situazione mentale delle due squadre, ma è difficile non immaginare i giocatori ci abbiano pensato più di una volta in campo.
22. La papera di Navas e il gol di Matuidi
Keylor Navas si lascia sfuggire il cross di Douglas Costa e Matuidi corregge la palla in rete per il gol del tre a zero. A quel punto tutto sembra essersi ribaltato: Keylor Navas, eroe positivo dell’andata, diventa un eroe negativo; il Real Madrid sembra vulnerabile in tanti modi diversi e a quel punto la Juventus ha addirittura mezz’ora per provare a segnare il gol del 4 a 0 che avrebbe blindato la qualificazione. Allegri si porta gli indici alle tempie e chiede ai suoi giocatori calma, anche se con un senso completamente diverso rispetto a quello di Cristiano Ronaldo poco prima. Buffon invece esulta sotto il settore agitando le braccia con una strana meccanica militare che sembrava trionfale in quel momento, e che ha un tono triste rivista ora.
Foto di Matthias Hanst / Getty Images.
23. Teatro di strada: i momenti dopo il rigore
I momenti che vanno dall’assegnazione del calcio di rigore al gol di Ronaldo sono una messa in scena teatrale, fitta di dettagli, dove tutti i personaggi sembrano avere un proprio ruolo definito. Non si capisce cosa di preciso abbia portato all’espulsione di Buffon, quale frase abbia pronunciato. Mentre Buffon esce dal campo Scszesny lo abbraccia con veemenza, tutto rosso in viso. Un vigore che contrasta con la flemma assoluta con cui poi entra in campo, percorrendo tutta la strada dalla panchina alla porta.
¡AÚN NO LO HAS VISTO TODO! VIMOS con @alexsilvestreSZ la INTRAHISTORIA del PENALTI señalado en el MINUTO 93. #ElChiringuitoDeMega pic.twitter.com/I7kdr93afo
— El Chiringuito TV (@elchiringuitotv) 12 aprile 2018
C’è un video esclusivo della tv spagnola che mostra le immagini di quei momenti. Cristiano Ronaldo chiama il rigore, poi quando l’arbitro fischia si astrae dalle polemiche con una disciplina mentale disumana. Tira su col naso, abbassa la testa, cammina lento. Gli si avvicina Marcelo che gli stringe la faccia, gli dà un bacio e gli dice “lo vai a segnare”. Una rassicurazione che sembra ridondante, che però sente il bisogno di fargli anche Toni Kroos poco dopo. Solo che sembra lui a rassicurare i compagni e non l’inverso.
Mentre Cristiano Ronaldo pensa solo al rigore, alcuni giocatori della Juventus passano indifferenti sopra il dischetto del rigore, cercando di danneggiarlo. Prima Khedira, poi Mandzukic. Marcelo e Lucas Vazquez se ne accorgono e di accende un battibecco. Asensio risistema le zolle d’erba. Cristiano Ronaldo aggiusta il pallone; a quel punto tre giocatori della Juve vanno sul dischetto e glielo spostano più volte, Ronaldo è impassibile. Lucas Vazquez allora prende in mano il pallone. Chiellini calcia di nuovo l’erba sul dischetto, poi anche Szczesny. Vazquez risistema sempre tutto come un giardiniere paziente.
Cristiano Ronaldo aggiusta la palla sul dischetto, prende la rincorsa e fa un respiro profondo: lo stesso che fa prima di ogni rigore. Poi calcia mezzo di piatto, mezzo di collo, un rigore alieno, che fila sotto l’incrocio a una velocità assurda. Undici metri sembrano troppo pochi per un rigore di Cristiano Ronaldo, che poi si toglie la maglia e mostra il fisico robotico. Continua a non lasciar trasparire alcun segno di umanità.
24. Altre cose incredibili che sarebbero potute succedere al posto di quelle incredibili già successe
a) Ronaldo sbaglia il rigore: calcia alto di molti metri, a chiudere con un cerchio negativo perfetto questi quarti battezzati dalla sua rovesciata. Ronaldo a quel punto non è più lo stesso. Non segna più un gol da lì alla fine della stagione, Mondiali compresi. Si ritira a fine anno.
b) Szczsesny para il rigore, compiendo un’altra parata decisiva dopo quella realizzata su Schick contro la Roma. Ai tempi supplementari la Juventus resiste, stoica, dieci contro undici, vincendo poi ai rigori con Szczesny che para il rigore decisivo a Toni Kroos. A quel punto Szczesny si ergerebbe a eroe bianconero, con l’effetto collaterale di mettere però sotto una cattiva luce Buffon.
c) Cristiano Ronaldo sbaglia il rigore ma nei tempi supplementari l’arbitro concede un altro rigore, ancora più generoso al Real Madrid, che a quel punto Ronaldo segna.
d) Cristiano Ronaldo realizza il rigore, ma poi la Juventus segna nell’azione successiva con un colpo di testa di Benatia su lancio lungo.
e) Cristiano Ronaldo sbaglia il rigore di circa 5 metri, ma perché è scivolato sulle zolle aperte per terra dagli juventini. A quel punto mega rissa in campo e Spagna che ritira l’ambasciatore dal suolo italiano.
25. La partita infinita: le polemiche di Buffon, i fruttini e la Sprite
Il clima che si è creato attorno alle partite ha portato Buffon a non voler neanche entrare nel merito dell’episodio del rigore, ma a parlare con premesse estetiche, a dire che l’arbitro non avrebbe dovuto dare il rigore per una questione di “sensibilità”. Come se il punto di vista di tutti fosse quello secondo cui l’arbitro abbia distrutto la rimonta della Juventus per spezzare l’arco narrativo della rimonta ed ergersi a “villain”. Buffon ha definito l’arbitro un villain con dei termini anche piuttosto espliciti: “un killer”, “un animale”.
Poi ha contrapposto l’autenticità dell’impresa tutta cuore, calda, dei giocatori della Juve, alla freddezza burocratica dell’arbitro che applica la legge senza capire il contesto umano che lo circonda. «Doveva aver visto la partita d’andata», dice Buffon, come se la sfera giuridica di una partita di calcio debba formarsi anche con le storie che l’hanno preceduta.
Certe frasi di Buffon hanno dei dettagli quasi comici (i fruttini?), ma vogliono ancora sottolineare la differenza tra gli uomini veri che giocano la partita e i freddi impiegati della legge che la arbitrano: «Se non hai la personalità, stai in tribuna con la famiglia, mangia i fruttini, bevi la Sprite e guardati lo spettacolo».
26. I giornali italiani non l’hanno presa bene
Nel podcast del Guardian, Football Weekly, Jonathan Wilson ha definito “imbarazzante” l’interpretazione dei giornali italiani sugli episodi. Quasi tutti hanno interpretato il rigore della Juventus come piuttosto chiaro, tranne quelli italiani e il giornale catalano Mundo Deportivo, che ha titolato la prima pagina dedicata al Madrid “Maestri nell’arbitraggio”.
Al di là delle discussioni ontologiche sull’entrata di Benatia (se era rigore oppure non era rigore o se era una delle tante cose che stanno nella “zona grigia” a cui alludeva Allegri risponde a Sergio Ramos che diceva che era netto: «Al massimo è grigio»), i giornali italiani hanno però trovato altri modi, anche molto creativi, per screditare l’arbitro Oliver.
Tuttosport, ad esempio, è risalito a un post su Instagram della moglie dell’arbitro che, in vacanza a Madrid, aveva scritto di amare la città. In serata è arrivata anche la prova inconfutabile della malafede dell’arbitro: il fatto che in passato avesse lo stesso taglio di capelli di Cristiano Ronaldo.
27. Sarebbe stato più assurdo se la Juventus fosse passata, o è più assurdo così?
Se entrambe le squadre italiane fossero riuscite a completare la rimonta di due risultati così compromessi forse oggi il mondo sarebbe crollato, ribaltando il racconto della crisi del nostro movimento. Forse avremmo di nuovo usato la retorica del nostro orgoglio nel momento di massima difficoltà. Il fatto che a gioire sia stata una squadra sola, quella che aveva meno i favori dei pronostici (il “bon bon” estratto da Sheva per il Barça), e che la Juventus abbia vissuto nella stessa sera il punto massimo della propria epica basata sulla mentalità vincente – ha pur sempre dominato e fatto tre gol al Real, a Madrid – e che sia poi crollata d’improvviso nel mondo di tutti quelli che ogni settimana vivono in un anti-juventinismo fatto di furti arbitrali, ipotesi di corruzione (Chiellini che dice a Varane che ha pagato l’arbitro) ed espulsioni per frustrazione, sembra distruggere ancora di più la nostra idea di mondo come un posto prevedibile.
Queste quattro partite di Champions League hanno contenuto praticamente tutto ciò che si può chiedere al calcio come sport e rappresentazione delle emozioni umane: grandi campioni, giocate fenomenali, raffinate battaglie tattiche, risse psicologiche e ribaltamenti continui di risultato. Se ci concentrassimo solo su questi quarti di finale potremmo persino credere all’inganno che il calcio sia davvero questo. Eppure, se fosse sempre così divertente e imprevedibile, probabilmente impazziremmo. Guarderemmo le partite inginocchiati, con un rosario coi colori della nostra squadra del cuore, pronti a sacrificare la nostra figlia primogenita se un angelo venisse a dirci che solo così possiamo arrivare in semifinale. Oppure, al contrario, ci abitueremmo anche a questo, ci ritroveremmo assuefatti all’eccezionalità.