La prima al completo
Juventus-Sassuolo 3-1, 10 settembre
di Fabio Barcellona
Nelle due partite d’agosto in programma in Serie A, la Juventus ha dato il buongiorno al campionato vincendo contro Fiorentina e Lazio due match tutt’altro che banali. Dei nuovi acquisti, arrivati per alzare la qualità tecnica della squadra, si è visto dal primo minuto solamente Dani Alves. Higuain, in ritardo di condizione, ha giocato solo due spezzoni di partita, sufficienti comunque a fargli segnare il gol vittoria contro la Fiorentina. Pjanic, vittima di non meglio precisati problemi muscolari (si dice non regga i ritmi d’allenamento), ha guardato i due match dalla panchina.
Al ritorno in campo a settembre, dopo la pausa nazionali, c’è quindi grande attesa per vedere la nuova Juve al gran completo. Per la partita contro il Sassuolo, Massimiliano Allegri non abbandona la difesa a 3 e risolve il dilemma della posizione in campo di Pjanic impiegandolo come mezzala sinistra di un 3-5-2 parecchio fluido. Il bosniaco può alzarsi per occupare dinamicamente l’half-space di sinistra, mentre Dybala, arretrando, occupa l’half-space speculare sul centro-destra, disegnando di fatto una coppia di trequartisti alle spalle di Higuain. Dopo 27 minuti la Juventus è già in vantaggio per 3-0 grazie a una doppietta di Higuain e a un gol di Pjanic.
La Juventus mostra una manovra offensiva brillantissima, basata su combinazioni ad alto contenuto tecnico, che, alla fine del match, generano ben 3.3 xG a favore dei bianconeri. Pjanic dialoga a meraviglia con Dybala e Higuain finalizza implacabilmente l’enorme quantità di gioco offensivo prodotto. Ma, nonostante la sonante e convincente vittoria per 3-1 e i pochi rischi corsi – appena 0.6 gli expected goal subiti – a fine partita Massimiliano Allegri si mostra poco soddisfatto dell’atteggiamento complessivo della squadra, troppo orientato alla ricerca del gol nonostante l’ampio vantaggio acquisito e colpevole di avere concesso qualche ripartenza di troppo agli avversari. Il tecnico bianconero afferma che la partita sarebbe potuta finire col risultato di 9-3, non nascondendo la propria contrarietà per un eventuale epilogo del genere. Il match contro il Sassuolo e l’esordio nella formazione titolare di Pjanic e Higuain mostrano che la Juventus 2016-17 ha nei propri piedi grandissime potenzialità tecniche e una brillantezza offensiva superiore al passato. Allegri però sta ancora cercando l’alchimia giusta e pensa che non bisogna ancora assecondare i nuovi istinti della squadra, ma che sia invece il momento di educare all’equilibrio e all’attenzione tattica, necessari per potere giungere ad ottenere i grandi obiettivi prefissati per la sua Juventus.
Il tecnico bianconero, con il suo consueto metodo di lavoro fatto di prove, errori e successivi aggiustamenti, ha appena iniziato a costruire la Juve campione d’Italia 2016/17 e la sua prudenza gli suggerisce di rallentare il cambiamento per fissare meglio alcuni punti imprescindibili della sua idea di calcio vincente, dove, al di là dei moduli e delle strategie, è fondamentale il controllo del proprio gioco e dello scacchiere tattico di ogni partita. Il tempo gli darà ragione.
La necessità di evolversi
Inter – Juventus 2-1, 18 settembre
di Alfredo Giacobbe
La prima sconfitta in campionato per la Juventus è arrivata alla quarta giornata contro l’Inter di De Boer. Qualche settimana prima volgendo lo sguardo al calendario si poteva pensare che uscire da San Siro con 9 punti in classifica sui 12 totali a disposizione non sarebbe stato un brutto affare. Invece, il contesto con cui le due squadre hanno affrontato la sfida ha contribuito a far percepire la sconfitta come significativa di qualcosa di più grande.
Da un lato, la Juventus aveva battuto di misura Fiorentina e Lazio, e poi aveva brillato contro il Sassuolo grazie ad uno squillante 3-1. Solo il pareggio casalingo per 0-0 contro il Siviglia di Sampaoli sembrava aver dato pensieri ad Allegri, ma nulla più di questo. Dall’altro lato, l’Inter aveva raccolto appena 4 punti contro Chievo, Palermo e Pescara, prima di perdere in casa in Europa League contro il – fino ad allora sconosciuto – Hapoel Beer Sheva.
Gli inizi di stagione di Massimiliano Allegri sono stati spesso caratterizzati da incredibili passaggi a vuoto, durante i quali il livornese ha raccolto informazioni vitali sulla sua rosa che gli sarebbero servite per il resto della stagione. E dal match di San Siro, Allegri è uscito con due forti suggestioni.
La prima è che l’esperimento con Miralem Pjanic vertice basso del triangolo di centrocampo si è rivelato fallimentare. In fase di possesso, Pjanic non riusciva a dare ritmo alla sua squadra nelle poche occasioni in cui non ha avuto un avversario a marcarlo da vicino: poco coraggiose le sue scelte di passaggio (in questa partita per numero di passaggi recapiti nella trequarti gli fu superiore Medel), pochi movimenti senza palla per cercare zone dove ricevere il pallone con minor pressione. In fase di non possesso, Pjanic ha scontato la sua scarsa attitudine alle marcature preventive: alle spalle di Khedira, in una posizione ibrida di mezzala/trequartista, Banega ha fatto il bello e il cattivo tempo; Pjanic non è mai riuscito a porre un argine da quel lato.
Secondo poi, Allegri ha iniziato a capire che col collaudatissimo 3-5-2 non sarebbe andato lontano. Privo di Paul Pogba, l’onere dell’imprevedibilità nell’ultima trequarti campo sarebbe ricaduto interamente su Sami Khedira, unica mezzala d’inserimento in rosa, che pure all’inizio della stagione ha portato la croce dignitosamente (2 gol e 1 assist nelle prime 3 giornate). Inoltre ad Allegri si poneva lo stesso dilemma tattico che aveva affrontato Sarri un anno prima: Gonzalo Higuain sembra venir penalizzato in un attacco a due, quale che siano le caratteristiche del suo partner d’attacco. L’argentino non è un attaccante veloce in senso assoluto, non lo è rispetto a tanti difensori del campionato. Higuain ha bisogno di muovere il diretto avversario, per spostarlo fuori dalla sua comfort zone, per far perdere le sue tracce e irrompere libero in area. Come un tennista che ha bisogno di preparare il punto prima di giocare il vincente.
Il cambio tattico decisivo arrivò solo dopo la quarta sconfitta in campionato, alla prima di ritorno al Franchi di Firenze. Ma fu nella partita con l’Inter che Allegri cominciò a scartare le ipotesi meno redditizie, per arrivare alla soluzione. Dire oggi che dalle sconfitte c’è sempre da imparare è facile, ma dirlo parlando di una squadra che ha vinto sei Scudetti di fila, e sta per giocarsi la Champions League con il Real Madrid, potrebbe essere persino contro-intuitivo per una società che vive di luci e dimentica le ombre.
La prima fuga
Juventus – Napoli, 2-1, 19 ottobre
di Alfredo Giacobbe
Questa vittoria ha avuto diversi effetti. Innanzitutto la squadra di Allegri ha ribadito la propria superiorità nei confronti di un avversario diretto, che aveva costruito la propria credibilità fin dalla stagione precedente. Non molti mesi prima la Juventus aveva rischiato di cedere il suo scettro al Napoli proprio nello scontro diretto: i partenopei in quel momento erano meritatamente davanti in classifica e avrebbero potuto accontentarsi di un pareggio, ma la fortuna aiutò l’audacia del tecnico bianconero che nei minuti finali trovò – nella sua testa e sulla sua panchina lunga – le risorse per vincere la partita. Il gol di Zaza valse la vittoria, ma probabilmente servì a spostare l’asse di tutto il campionato.
Quest’anno i bianconeri hanno affrontato il Napoli a partire da tutt’altri presupposti. Tra quelli più tangibili, la distanza in classifica, che prima del match era già di 4 punti. In più, il Napoli stava provando a riorganizzarsi dopo l’infortunio di Milik, e nella partita di Torino venne provato Mertens come prima punta. Il suo nuovo esordio è stato incerto e ha contribuito a restituire una sensazione generale circa l’andamento del match. Cioè, che la Juventus riuscisse a tenere sotto controllo il Napoli anche lasciando loro la gestione della palla. Pur avendo creato di più, il Napoli non è stato mai realmente pericoloso e il gol di Callejon per il momentaneo pareggio in fondo è stato provocato da un errore individuale.
E non si può non ricordare che questa è stata la prima partita a casacche invertite per Gonzalo Higuain. Il trasferimento dell’attaccante argentino non aveva solo un valore calcistico: uno dei migliori giocatori della squadra seconda in classifica che viene acquistato dalla prima non può non postare qualche equilibrio; ma ha anche provocato un’esplosione mediatica la cui l’energia si è esaurita solo dopo il doppio confronto di primavera al San Paolo.
Resta da aggiungere la solita bravura di Allegri: dopo solo 15 minuti il tecnico è passato dal 3-5-2 a una sorta di 4-2-4, spostando Barzagli nell’allora inedita posizione di terzino destro. Il cambio tattico ha avvicinato Khedira ad Hernanes e alleviato la pressione sui giocatori impegnati nella prima impostazione, togliendo al Napoli una delle sue più importanti armi tattiche.
Si loda molto la capacità di lettura di un allenatore, non si apprezza a sufficienza la disponibilità che i calciatori non sempre concedono al proprio mister: perché oltre al già citato sacrificio di Barzagli, Allegri ha costretto Pjanic e Lichtsteiner a giocare fuori ruolo, da esterni d’attacco. Questi due ingredienti sono forse il vero segreto della Juventus 2016-17. Alla fine della partita, la Juventus ha spinto il Napoli a 7 punti di distanza e ne ha guadagnati 2 nei confronti della Roma, che nel pomeriggio aveva pareggiato contro l’Empoli al Castellani.
Su questa partita la Juventus ha costruito la prima vera e propria fuga del campionato.
Sentirsi idioti per un giorno
Genoa – Juventus 3-1, 17 novembre
di Marco D’Ottavi
Mi sono rivisto la prima mezz’ora di Genoa – Juventus (guardare oltre sarebbe stato reato di tortura) e devo dire che – sinceramente – non ho capito bene cosa possa essere accaduto. Non sembra sottovalutazione dell’avversario, lo sanno bene che al Ferraris trovi sempre un avversario col coltello tra i denti; non mi sembra nemmeno la famosa flessione post Champions, la Juventus veniva da una vittoria importantissima a Siviglia ma erano passati cinque giorni e aveva giocato anche un’ora con l’uomo in più. Sembra più un incantesimo, come quando in Space Jam Mr. Swackhammer si appropria del talento dei migliori giocatori lasciandoli come idioti a vagare sul campo.
Ho visto più errori in questi trenta minuti che in sei anni di Serie A. Sul primo gol Bonucci prova un disimpegno di tacco mentre Rigoni lo pressa e finisce per mandarlo in porta, poi nessuno taglia fuori Simeone e Ocampos che possono tirare per ben tre volte da dentro l’area. Nel secondo Alex Sandro si fa scherzare da Lazovic che lo dribbla verso l’interno come se fosse un comodino mentre Benatia sembra scansarsi sul cross che Simeone girerà in porta di testa. Nel terzo Lichtsteiner si gira di spalle mentre Rigoni devia in rete.
Il sistema juventino è organizzato proprio sull’impossibilità di perdere tutti questi duelli, fare tutti questi errori individuali. Che tutto questo sia accaduto a Genova nell’arco di trenta minuti è la dimostrazione delle infinite possibilità a cui ti mette davanti una partita di calcio. E credo che presa questa mezz’ora e messa a confronto con tutte le partite solide giocate dalla Juventus anche nei momenti meno brillanti sia servito ai tifosi per mettere in prospettiva la grandezza di questi sei anni, perché quasi ogni partita contempla i tranelli preparati da Juric.
L’allenatore del Genoa, Juric, è stato bravo e fortunato a scegliere la tattica giusta al momento giusto. Ha sovraccaricato la fascia sinistra con la catena composta da Laxalt, Ocampos e Rigoni che hanno surclassato Dani Alves, Lichtsteiner e Khedira, tre giocatori che vanno in difficoltà se aggrediti in continuazione. Il Genoa ha giocato al di sopra del proprio livello abituale, oltre all’intensità ha messo in campo un calcio estremamente efficace, giocando quasi sempre il pallone di prima e trovando ogni volta l’uomo libero tra le linee. Insomma, va bene: bravi loro, però questa è forse la sola partita veramente sbagliata da Allegri in stagione.
«Il riassunto della partita è uno solo: abbiamo subito 25 falli contro gli 8 commessi e quando subisci troppo fisicamente, spesso la partita la perdi» una frase certamente vera, ma anche un inconscio scarico di responsabilità da parte di Allegri. Scegliendo il 3-5-2 con Dani Alves nei tre di difesa, Hernanes davanti alla difesa e Pjanic interno a sinistra, ha messo in difficoltà tecnica la squadra e a mio avviso rimandato ai giocatori l’idea che potevano mollare un attimo. Tanto che la situazione è migliorata solo dopo l’infortunio di Bonucci e il passaggio al 4-3-1-2 con Pjanic dietro le punte, soluzione che per un po’ sembrerà l’assetto definitivo della squadra.
È difficile invece valutare il messaggio arrivato ai giocatori dopo la mezz’ora peggiore delle loro carriere. Io sono convinto che abbia funzionato come il colpo che dai al cane per insegnargli un nuovo trucco. Tre punti persi che hanno significato più di tre punti.
Dopo questa sconfitta sono arrivate tre vittorie fondamentali in ottica scudetto contro Atalanta, Torino e Roma, alla fine della quale Buffon va davanti ai microfoni e dice «avevo avvertito che qualcosa era cambiato dopo Genova e credo che questa vittoria sia figlia della sconfitta di Genova» e io a Buffon gli credo sempre.