King Kazu Miura non vuole abdicare
A 50 anni l’imperatore del calcio giapponese è il giocatore più anziano in attività.
Lasciar andare
Nel 2002, la carriera di Miura è già in declino. Nel ’99 ha tentato un ritorno senza successo in Europa con la Dinamo Zagabria, che lo ha tenuto un anno prima di rimandarlo in patria. L’ultima annata in doppia cifra è del 2001, con la maglia del Vissel Kobe. Rimane lì per cinque stagioni, prima di fare il pioniere per l’ennesima volta e tentare l’avventura australiana in prestito al FC Sydney, dove comunque trova il modo di segnare due gol in quattro gare agli albori dell’A-League (e rispolverare l’italiano con John Buonavoglia, suo compagno in Australia).
È il 2005: a 38 anni la logica suggerirebbe di ritirarsi. Ma in Giappone tanti continuano a giocare oltre i quarant’anni: è il retaggio di un calcio giovane e di una società che fa della gratitudine verso i sensei (cioè sostanzialmente gli anziani) una convinzione incrollabile. Per dire, Masashi Nakayama, suo compagno di nazionale e coetaneo, giocherà l’anno prossimo in terza divisione. Se Hideki Nagai, colonna dei Tokyo Verdy, si è ritirato solo nel 2016 a 45 anni, Teruyoshi Ito – classe ’74 – giocherà l’anno prossimo ancora da pro con l’Azul Claro Numazu.
Miura non ci pensa nemmeno a ritirarsi. Prima di andare a Sydney, ha firmato con lo Yokohama FC, la seconda squadra di Yokohama, nata dalle ceneri dei Flügels, dissolti nel ’98 e in teoria assorbiti dai Marinos. Una fusione mai accettata dai tifosi, che hanno così ricreato lo Yokohama Football Club, che ha sempre giocato – tranne per una stagione – in seconda divisione.
Ritrovatosi in J2 League, Miura realizza sei gol in 39 partite e contribuisce all’incredibile promozione dello Yokohama FC. L’esperienza del club in J. League dura un anno, ma “King Kazu” comincia a segnare qualche record: gol a 40 anni, 30 partite giocate in tutte le competizioni. Sembra comunque la fine, perché il fisico sembra non reggere più. Invece, l’incredibile storia di Kazu Miura non è ancora finita.
Match di beneficienza tra la nazionale giapponese e una selezione della J. League a due settimane dal terribile terremoto del Tohoku del marzo 2011. Sotto 2-0, Miura sfrutta una sponda di Tulio e trova il gol. Vai di Kazu Dance, a 44 anni.
Viene quasi da chiedersi se Miura abbia continuato nell’illusione di poter cancellare le sue delusioni. Se la sua voglia di proseguire a oltranza abbia in realtà i contorni di un tentativo di riscatto da una carriera professionistica che immaginava diversa. A contorno della sua carriera nel calcio, nel 2012 Kazu Miura ha fatto parte della nazionale giapponese che ha giocato il Mondiale di futsal.
Sembrerebbe il canto del cigno: il 2011 è l’ultima stagione in cui gioca 30 partite. Tuttavia, non vuole ritrarsi. E alla fine neanche il Giappone si è stufato di lui: il SC Sagamihara – club di Tokyo, oggi in terza divisione, ma all’epoca nei dilettanti – gli offre un contratto di due anni. Lo Yokohama FC, invece di lasciarlo andare, gli propone lo stesso accordo, conscio che la fama di Miura è un gioco che vale ancora la consueta candela in termini di riconoscibilità.
È finita, o forse no
Se diamo un’occhiata alla storia del calcio, ci sono diversi giocatori che hanno giocato oltre i 40. Anche in Europa non è un caso raro. Tuttavia, esser professionisti a 50 anni è ben diverso: anzi, nel Vecchio Continente è impossibile. Ricordiamo solo i casi inglesi di Stuart Pearce e Dave Beasant: il primo ha firmato con il Longford nel gennaio 2016 (13° divisione); il secondo ha giocato una gara con il North Greenford United (ottava divisione), prima di svestire i panni di preparatore dei portieri allo Stevenage e comparire come sostituto non schierato in una partita di League Two (quarta serie) perché non c’erano abbastanza portieri disponibili.
Ma Kazu Miura è andato oltre. Neanche Stanley Matthews – che pure ha giocato fino a 50 anni – è un paragone sufficiente, perché lo “Stregone” ha giocato ad alti livelli, ma negli anni ’60, in un calcio diverso e con una preparazione meno specifica. Invece, Miura è stato in grado di mantenersi benissimo. E con la compiacenza dello Yokohama FC (conscio di quanto pesi il suo nome), la storia è continuata.
Negli ultimi anni la storia sembra potersi ripetere sempre uguale ogni anno, fino alla fine del tempo. Miura gioca un certo numero di partite e soprattutto trova il modo di allungare il suo record di marcatore più anziano nella storia della J. League. L’ha fatto nel 2015 (tre gol in 16 gare), l’ha rifatto nell’ultima stagione (due in 20 match). Lo Yokohama FC sfrutta la fine dell’anno per annunciare il consueto rinnovo annuale. Nel 2015, il club lo fece alle 11:11 dell’11 novembre; nel 2017, l’ha rifatto allo stesso orario dell’11 gennaio, in riferimento allo storico numero indossato da Miura (con i complimenti anche di Iker Casillas).
L’ultima rete, agosto 2016. Palla in mezzo di Miura, che cerca la sponda del compagno. Capisce che il passaggio è troppo corto e legge la respinta in maniera perfetta: una volta anticipato l’avversario, esita per farlo andare giù e poi calcia. È il momentaneo 1-2: lo Yokohama FC rimonterà il Cerezo Osaka, fino a vincere la partita.
Nonostante il mondo cambi, Miura rimane lì. All’inizio di quest’anno Miura si è presentato in forma smagliante al training camp dello Yokohama FC: nonostante avrà in squadra compagni trent’anni più giovani di lui, non cede alla concorrenza e giocherà almeno un’altra ventina di partite, con l’obiettivo di segnare almeno una rete.
Qualcuno ride, dicendo che potrebbe arrivare fino a 60 anni. Miura comincerà la stagione proprio il 26 febbraio, giorno del suo 50° compleanno, e lui non si scompone: «L’età è un fatto numerico, non cambia granché. Credo sia normale perdere qualcosa con il passare del tempo, ma il calcio è giocato da 11 persone: devo solo presentarmi in condizioni decenti e saper seguire i movimenti della squadra».
A differenza dell’altro imperatore, Akihito , il sovrano del calcio nipponico non vuole abdicare. Vuole continuare a segnare, ballare la sua “Kazu Dance” (basata sulla samba, appresa in Brasile), pubblicare libri sulla sua vita (più di una decina all’attivo) ed essere un ambasciatore per il calcio nipponico, nonostante il Giappone “competitivo” sia ormai lontano dal suo re.
Già ai tempi del Genoa, qualcuno gli fece delle domande per conoscerlo meglio. Quelle che ogni tanto i giocatori subiscono mal volentieri, del tipo: «Cosa avresti fatto se non avessi giocato da professionista?». Ma la risposta di Miura, all’epoca 27enne, sarebbe probabilmente la stessa di oggi: «Non saprei. Non so cosa avrei fatto se non fossi diventato un calciatore. Penso che non sarei esistito, probabilmente non sarei nessuno».