It’s a Long Way to the Top
I playoff dell’Eurolega analizzati come un contest rock.
Categoria Classic Rock
Olympiacos Atene (3) vs. Efes Pilsen Istanbul (6)
a.k.a.
The Velvet Underground & Nico (The Velvet Underground, 1967) vs. Led Zeppelin II (Led Zeppelin, 1969)
“I’m gonna try for the kingdom, if I can
Cause it makes me feel like I’m a man”
[Heroin]
Fiammeggiante ed oscuro, il vascello capitanato da Vassilis Spanoulis verso l’ennesima Final Four riflette i suoni apocalittici del seminale primo album dei Velvet Underground, con il cantante luciferino Lou Reed nei panni del semidio greco e la gotica Nico in quelli di Giorgios Printezis, esuberante ed onnipresente secondo violino.
I reds hanno ritrovato la forma dei tempi migliori in questa stagione, prima di crollare nelle ultime tre partite: 0-3 contro le migliori della classe, e un secondo posto in lotta col Cska svanito proprio quando mancava solo l’ultimo scatto al traguardo. Poco male, l’Olympiacos avrebbe comunque incontrato il Baskonia – una squadra simile all’Efes Pilsen, loro prossimo avversario -, ex squadra proprio del coach nemico Perasovic che Ioannis Sfairopoulos – l’Andy Warhol ateniese – proverà ad annichilire con le sue idee ciniche ed estreme.
Mantenendo la tradizione di casa, infatti, l’Olympiacos con la forza bruta e le distorsioni insopportabili della viola di John Cale-Kostas Papanikolau (il miglior difensore d’Europa sulla palla) ha schiacciato gli attacchi avversari grazie alla miglior difesa del continente, sia per abnegazione ed intensità sia per risultati, spadroneggiando a rimbalzo (37.1 a gara, primi assoluti) ed imponendo i propri ritmi controllati, quasi asfissianti (secondo rating difensivo d’Eurolega, 104.5 punti su 100 possessi).
La comunanza d’intenti e una cultura devota al sacrificio di un gruppo esperto e perennemente etichettato come “underdog” hanno fatto la differenza, oltre all’impatto di lunghi marmorei ma reattivi come le migliori corde della chitarra di Reed (Kem Birch e Patrick Young), torri a protezione dell’area (Nikola Milutinov) e ali greche muscolari e dure come i versi inesorabili di “Femme Fatale” (il già citato Printezis, ma anche Dimitrios Agravanis e Ioannis Papapetrou).
“Just look into her false colored eyes
She builds you up to just put you down, what a clown”
[Femme Fatale]
Proprio la difesa è stata un punto imprescindibile per i successi dei biancorossi, esposti invece alle loro stesse fragilità quando si è trattato di inseguire i battiti cardiaci altrui e non quelli caldi e spettrali della batterista Maureen Tucker in “Black Angel’s Death Song”. La fase offensiva dei reds è sempre e comunque Spanoulis-dipendente quando la guardia è in campo, con i fidati Matt Lojeski e Vangelis Mantzaris a fornire sufficiente pericolosità perimetrale per allargare il campo e consentire i consueti pick and roll centrali o gli uno contro uno del loro capitano.
“When she turned blue, all the angels screamed
They didn’t know, they couldn’t make the scene”
[Run Run Run]
Le alternative a Spanoulis però in questa stagione non sono mancate: oltre alla difesa aggressiva che ha fornito punti facili in contropiede, un gran contributo lo ha dato la guardia Erick Green, essenziale per la sua capacità di crearsi da solo il tiro, oltre al talento sui generis di Printezis e Papanikolau, infaticabili nel cercare i mismatch, attaccare l’uomo diretto, tagliare e passare. Alternative che però nelle ultime giornate, e anche contro l’Efes, hanno mostrato crepe preoccupanti per incostanza e carenza di creatività. Durante la serie contro i turchi sarà essenziale mascherarle, imponendo il sound sporco, surreale ed avvolgente dei Velvet, potendo contare inoltre sul vantaggio del fattore campo (4 sconfitte su 11 in casa, +24 all’andata sull’Efes) e sui 12mila, sempre poco rassicuranti, del Peace and Friendship Stadium.
“You need coolin’ baby, I’m not foolin’
I’m going to send you back to schoolin’”
[Whole Lotta Love]
Belli, giovani ed affamati, i componenti della band dell’Efes Pilsen – meglio noti alla fine dei ‘60s come i Led Zeppelin – fanno il loro ingresso ai playoff consapevoli di avere la possibilità concreta di conquistare un biglietto per le Final Four di Istanbul, la loro città. Brioso, rapido, disinvolto e micidiale, l’attacco dell’Efes è allenato da uno dei maghi delle trame offensive in Europa – Velimir Perasovic, già autore del miracolo-Vitoria la scorsa stagione – e si presenterà ad Atene con l’intento di soverchiare con la pura estetica del proprio rhytm and blues la sbruffonaggine da mani-addosso degli avversari.
“An inspiration is what you are to me
Inspiration – look, see”
[Thank You]
Diteci voi se c’è mai stata miglior similitudine rock-cestistica di quella tra Robert Plant e Thomas Heurtel, stellina dal ciuffo ribelle e talento offensivo tanto narcisista quanto efficace. Dalle sue mani nascono molte delle fortune offensive biancoblu, ma il francesino capace di acuti straordinari (“The way you squeeze my lemon, ah” – “The Lemon Song”) non è decisamente solo, anzi: talento e qualità sono la costante di una squadra che ha imparato, grazie al maestro Perasovic, a sfruttare le proprie caratteristiche per creare superiorità numerica ed impegnare la difesa, muovendosi senza palla, penetrando e riaprendo sul perimetro, facendo quell’extra-pass decisivo che storicamente non è mai stato scontato, da queste parti.
Dai riff spettacolari dell’ala Derrick Brown-Jimmy Page – dopo Anthony Randolph, il “4” più skilled d’Europa – alle improvvisazioni tutte atletismo ed istinto del levriero Tyler Honeycutt, passando per le letture da veterano e metronomo di Jayson Granger, la creatività del gioiello Cedi Osman-John Paul Jones e realizzatori come DeShaun Thomas e il nostro preferito, Brandon Paul, le opzioni – e le conseguenti rotazioni – sono veramente tante, consacrando l’Efes come terzo miglior attacco dietro le irraggiungibili Real e Cska (terzo per punti a partita e valutazione, quarto per Off Rating, quinto per assist).
“Ramble on
And now’s the time, the time is now”
[Ramble On]
Un tale deflagrante potenziale offensivo non potrebbe sopravvivere però se non fosse sorretto in difesa da un giocatore più importante – ed imponente – degli altri, altrettanto cruciale per le sorti dell’Efes nella serie: l’ex di lusso della sfida sarà infatti Bryant Dunston (“Her style is new, but the face the same” – “Hearbreaker”), due volte miglior difensore europeo dell’anno e uno dei pochi veri baluardi in mezzo a un gruppo di atleti più interessati alla metà campo dove si tira più che a quella in cui si piegano le ginocchia (l’Efes è la peggiore delle otto elette in percentuale da due, da tre e assist concessi agli avversari).
Un notevole difetto che manterrà equilibrato lo scontro, probabilmente fino all’ultimo: i testi della seconda opera dei Led Zeppelin non sono ancora paragonabili come maturità a quelli del clamoroso esordio dei Velvet ma, se riuscissero ad imporre le loro accelerazioni sonore, ci potrebbe scappare l’upset.