Se immaginassimo un mini-torneo in cui si affrontano tra loro solo le squadre che al momento occupano i primi cinque posti in Serie A, quelli che portano a una delle due coppe europee, la Juve dominerebbe comunque la classifica con una media di 2.67 punti a partita, figli di 5 vittorie e 1 pareggio nelle 6 partite sino ad ora giocate. In coda a questa mini-classifica, calcolata in base alla media punti perché non tutti match sono già stati giocati, ci sono Lazio e Napoli: con la media di 1 punto per ogni partita.
Il Napoli, però, ha già completato tutti gli scontri contro le rimanenti 4 avversarie ed ha ottenuto 8 punti nelle sue 8 partite: 2 vittorie e 2 pareggi. La squadra di Sarri, quindi, ha perso la metà dei match giocati contro l’elite del campionato di serie A (e, collateralmente, ne ha vinti solo un quarto).
I risultati ottenuti in campionato contro le migliori, uniti all’eliminazione dalle coppe per mano di Real Madrid e Juventus, pongono degli interrogativi sul valore assoluto del Napoli. Ad alimentare la discussione è giunto anche il dibattito – per la verità, a mio giudizio piuttosto sterile – che ha messo in contrapposizione il “giocare bene”, qualsiasi cosa questo significhi, con l’”efficacia”, con il Napoli come rappresentante del “bel gioco” in questa artefatta competizione. Come spesso accade questioni del genere, nel calcio come nella vita, sono più complesse e le dicotomie immaginate lasciano spazi a una ricca scala di grigi tra il bianco e nero di estremi opposti che forse neanche esistono.
Anzitutto come gioca il Napoli con la palla
Il calcio di Sarri è estremamente peculiare. Gli azzurri provano sempre e comunque ad esprimere il proprio gioco e a disputare la partita secondo la propria volontà. L’idea di Sarri è quella di giocare un possesso palla rivolto costantemente alla verticalità, praticamente mai conservativo e fine a se stesso.
In fase offensiva il Napoli costruisce dal basso facendo ampio uso del triangolo costituito dai due centrali e dal mediano del suo 4-3-3. La costruzione utilizza il centro del campo molto più frequentemente che le fasce laterali e in questa fase sono molto più comuni i passaggi tra un centrale e il mediano che quelli tra i due centrali. È un aspetto particolare della tendenza generale del passing-game di Sarri che tende a minimizzare i passaggi orizzontali favorendo invece l’alternanza tra i passaggi verticali, avanti e indietro, o diagonali, anche entro distanze molto brevi.
Lo scopo di questa fase preparatoria è quello, secondo i principi del “gioco di posizione”, di disorganizzare la struttura difensiva avversaria, attirando il pressing. Le ricezioni spalle alla porta del mediano (Jorginho o Diawara), i passaggi all’indietro, la circolazione insistita sono tutti inviti al pressing avversario (trigger, detonatori del pressing, se visti con gli occhi dell’altra squadra). Questo è il motivo per il quale il Napoli non attua mai la “salida lavolpiana”, ma cerca invece di servire sempre palla al mediano alle spalle degli attaccanti, provando così a “tirar fuori” dalla linea mediana un centrocampista avversario.
Spesso Jorginho si fa dare la palla per attirare a sé la pressione, le capacità coi piedi di Reina consentono poi di usare a proprio vantaggio la pressione avversaria, trovando lo smarcamento di Hamsik o dell’altra mezzala dietro a quella avversaria.
Avanzando lungo il campo la manovra del Napoli continua a cercare di manipolare la struttura difensiva avversaria e di generare superiorità posizionale. Per fare questo il Napoli fa un largo utilizzo dei cosiddetti “spazi di mezzo” (o anche “half-spaces”) e, come nelle fasi di prima costruzione, invita gli avversari al pressing congestionando la zona palla.
La ricerca degli spazi di mezzo soddisfa pienamente l’esigenza di muovere lo schieramento difensivo avversario, generando in aggiunta imprecisioni nelle uscite a causa di dubbi su chi tra i difendenti sia competente ad andare in marcatura. Vengono utilizzati sia gli spazi verticali che si generano tra le linee, che quelli orizzontali tra i componenti della stessa linea avversaria. La fitta ragnatela di passaggi avanti e indietro serve ad attirare avversari in zona palla per poi trovare un uomo libero alle spalle della pressione, o sul lato debole, anche in questo caso applicando un principio cardine del gioco di posizione.
In ottica macroscopica, anche la preponderanza della fascia sinistra nella costruzione della manovra, con i continui fraseggi e cambi di posizione tra il terzino (Ghoulam o Strinic), Hamsik ed Insigne, risponde alla medesima logica, richiamando gli avversari su un lato di campo per poi colpirli sul lato debole con Callejon.
La fase di rifinitura e finalizzazione è diretta conseguenza di quella di costruzione della manovra e ne segue gli stessi principi, con la ricerca del lato debole dopo avere sovraccaricato di avversari il lato forte e l’utilizzo degli inserimenti profondi dei centrocampisti, negli spazi creati grazie al destrutturazione dello schieramento difensivo avversario.
I principi di gioco applicati nella fase di possesso regalano ampiamente al Napoli il maggior possesso palla (59.1%) e la maggiore accuratezza nei passaggi (87.1%) nella serie A. Jorginho, Hamsik e Diawara occupano rispettivamente i primi tre posti nella classifica del numero di passaggio per 90 minuti.
Secondo poi: come gioca senza la palla
La densità creata dal Napoli in zona palla in fase di possesso crea i presupposti per una transizione difensiva orientata al gegenpressing immediato per recuperare presto il pallone o, comunque, forzare gli avversari a una giocata complessa favorendone l’errore. Il gegenpressing è giocato avendo come riferimento la posizione del pallone e cercando quindi di occupare la posizione migliore per contrastare le ripartenze avversarie.
In ogni caso il posizionamento difensivo dei giocatori della squadra di Sarri ha come riferimento principale la posizione del pallone e, in secondo ordine di priorità, quella dei compagni, al fine di rispettare delle distanze programmate dei componenti della squadra. La posizione degli avversari è solo l’ultima delle variabili che influenza la struttura difensiva degli uomini di Sarri.
Quella del Napoli è una zona purissima che pressa in maniera aggressiva le fasi di possesso avversarie; la linea di difesa è sempre molto alta per accompagnare il pressing mantenendo le corrette distanze tra i reparti e tutta la squadra tende a orientarsi fortemente in zona palla, scegliendo l’affollamento e la riduzione degli spazi utili alle giocate avversarie sul lato forte.
Come gioca chi gioca contro il Napoli
Contro il calcio estremamente organizzato di Sarri, gli avversari hanno sviluppato diverse strategie per contrastarne gli sviluppi offensivi e punirne le scelte difensive. Contro il possesso palla del Napoli, ricco di contributi derivanti dal gioco di posizione, hanno avuto successo approcci che in maniera diversa hanno cercato di negare alla squadra di Sarri la possibilità di creare o utilizzare gli spazi in cui trovare l’uomo libero.
Il primo approccio è quello messo in atto, ad esempio, dalla Roma di Spalletti. O dalla Lazio di Simone Inzaghi nella partita di andata al San Paolo. La scelta di difendere con 3 difensori centrali ha consentito a Roma e Lazio di potere occupare con maggiore naturalezza gli half-spaces, con i difensori, che, forti di una maggiore copertura centrale potevano uscire con aggressività nei mezzi spazi negando un fondamentale sviluppo della manovra offensiva del Napoli.
La difesa a 3, potenzialmente in grado di soffrire la parità numerica contro il tridente offensivo della squadra di Sarri, si è in genere rivelata piuttosto efficace nel disinnescare le ricezioni dei giocatori del Napoli negli spazi di mezzo, garantendo comunque il controllo dell’ampiezza con gli esterni.
Callejon occupa l’half-spaces e viene seguito alto da Juan Jesus, che può giocare aggressivo, coperto dagli altri due centrali Fazio e Manolas.
Un secondo approccio è quello mostrato, in accordo con le proprie caratteristiche, dall’Atalanta di Gasperini e dal Genoa di Juric, che hanno contrastato la fase offensiva del Napoli utilizzando un sistema di marcature a uomo. In questi sistemi la squadra che difende sceglie di controllare gli avversari e non lo spazio, ed è pertanto meno vulnerabile alla strategia di possesso del Napoli che mira a manipolare la struttura difensiva avversaria per creare spazi dove trovare l’uomo libero e sgomberare gli half-spaces.
La struttura di non possesso delle squadre che marcano a uomo è poco definita ed è malleabile per adattarsi ai movimenti degli attaccanti; l’attenzione riservata agli uomini rende la creazione di spazi di ricezione per gli avversari un problema molto meno importante rispetto ai sistemi difensivi a zona, che basano le loro fortune sul controllo degli spazi.
Infine, come ha sempre fatto la Juventus di Allegri nei due anni di Sarri a Napoli, un terzo approccio è stato quello di ridurre gli spazi tra le maglie della struttura difensiva, tenendo molto vicine tra loro la sia la linea di centrocampo e difesa che i componenti delle linee, limitando anche le distanze orizzontali e proteggendo il centro. Il blocco basso frequentemente adottato dalle squadre che hanno usato questo approccio è stato in genere refrattario ad abboccare all’invito al pressing dei giocatori del Napoli, al fine di preservare integra e senza buchi la struttura difensiva.
Le linee strette e ravvicinate del 4-4-2 difensivo della Juventus che nega gli spazi intermedi alla manovra del Napoli.