Testa o croce
Lione – Ajax è stata la sfida più pazza di questa stagione, ma paradossalmente una delle più equilibrate. Ad accedere alla finale di Solna è l’Ajax di Bosz, Dolberg e Klaassen, ma nel complesso la doppia sfida è sembrata una partita a testa o croce lunga 180 minuti: c’è un vincitore, ma la sensazione di casualità è molto forte. Basti pensare che ieri il Lione ha tirato verso la porta per 24 volte mentre l’Ajax per 16, quasi l’esatta distribuzione dei tiri della partita di andata, ma all’inverso.
Fin dal primo minuto è stato molto difficile indicare chi avesse il controllo, chi provasse ad averlo e chi, invece, stava solamente cercando di fare tutto il possibile per segnare un gol, come se alla fine fosse davvero l’unica cosa che conta in una partita di calcio. L’inizio è stato così assurdo che al sesto minuto di gioco l’Ajax decide di giocare il pallone dal basso nonostante si trovasse in inferiorità numerica.
Il rischio di questa giocata è altissimo, Schone riceve un pallone disgraziato da Onana e pressato da due avversari rischia di perderne il possesso. In questa circostanza l’Ajax è molto fortunato, perché il rimpallo sarebbe potuto finire facilmente tra i piedi di Lacazette libero a centro area. Il destino invece ha voluto che rimanesse lì, tra i piedi di Schone, che riesce addirittura ad uscire dal pressing lanciando sull’esterno. Cosa sarebbe successo se il Lione avesse segnato in questa azione? Era lecito aspettarsi che poi avrebbe segnato in ogni altra azione tentata? L’Ajax avrebbe cambiato il suo atteggiamento in campo o avrebbe continuato con il suo piano di gara? Il labirinto delle possibilità di questa partita è stato così intricato che davvero non possiamo azzardare previsioni, ma solamente accettare l’Ajax come vincitore.
Intensità
Come abbiamo visto il Lione ha interpretato la partita nell’unico modo possibile: posizionandosi molto alto, pressando il tentativo di costruzione di gioco dell’Ajax e provando ad attaccare con quanti più giocatori possibili, passando per gli esterni. Quello che forse era meno lecito aspettarsi è che l’Ajax non indietreggiasse minimamente rispetto alla propria idea di calcio che fa dell’aggressione il proprio credo. Questo ha dato vita ad una partita di un’intensità pazzesca, giocata sul piano inclinato dell’entusiasmo dei tifosi per i francesi, che fin dal primo minuto hanno dimostrato di credere fortemente nella rimonta; mentre l’Ajax ha giocato per dimostrare – una volta di più – di essere una delle squadre più eccitanti di Europa, unendo quanti più giocatori nati dopo il 1994 ad un calcio a 170 BPM.
Nei primi 10 minuti il Lione sembrava avere un controllo maggiore sulla partita grazie ad un pressing ben organizzato che rendeva difficile all’Ajax giocare il pallone, ma era un’illusione. Col passare dei minuti l’aggressività dell’Ajax è diventata sempre più efficace tanto da impedire al Lione di giocare sulla velocità in ripartenza dei suoi attaccanti, ma di costringerlo a giocare solo su palle recuperate. Qui un caso di riaggressione particolarmente efficace dell’Ajax che vi farà dimenticare che nel calcio esiste la possibilità di rallentare il gioco per controllarlo.
Questa idea di calcio, portata all’Ajax da Bosz, si sposa perfettamente con la rosa attuale. Una squadra giovanissima (l’età media è di 22 anni) che si trova molto più a suo agio nel giocare costantemente in avanti che non nel controllare le fasi di gioco. O meglio l’unica idea di controllo del gioco che hanno è aumentando l’intensità dello stesso. In questo interessante articolo Bosz spiega la sua idea: “Dicono che la difesa a centrocampo con molto spazio dietro è ingenua. Ma devi organizzarti bene. Se lo fai hai la regola dei cinque secondi. Quando perdi la palla pressi l’avversario immediatamente”. Qui possiamo vedere Traore e la sua idea della regola dei cinque secondi.
Questo gioco richiede una forma mentale e fisica pazzesca: in questa occasione Fekir aveva saltato la pressione altissima di Sanchez trovando un corridoio centrale completamente libero. Se Traore non avesse avuto la forza di recuperare c’erano i presupposti per un’azione offensiva particolarmente pericolosa. Bosz vista l’età dei suoi giocatori punta molto sul fatto che la sua squadra riesca a tenere un livello di pressione sempre molto alto, ma che contro squadre ben organizzate offensivamente ti esponi inevitabilmente a dei rischi. Ieri al Lione sono bastati due minuti per riaprire tutto.
I rischi del gioco dell’Ajax
Il confine tra intensità e irruenza è molto sottile. Il piano dell’Ajax ha funzionato fino ad un certo punto: è mancato davvero poco che il Lione riuscisse a portare la partita ai supplementari. Eppure per i primi quarantatre minuti sembrava che la strategia dei biancorossi fosse vincente e che il Lione, sebbene riuscisse a costruire delle azioni offensive, non riuscisse a tenere il ritmo degli avversari.
Sono invece bastati i due minuti finali del primo tempo per cambiare il corso della partita. Prima De Ligt commette un fallo da rigore ingenuo provando ad anticipare Lacazette in area invece di chiudergli lo spazio senza intervenire, un minuto dopo Viergever cicca completamente un disimpegno in area di rigore restituendo il pallone a Fekir che può costruire l’azione del 2 a 1.
I due gol in un minuto non hanno cambiato però l’atteggiamento delle due squadre di una virgola. Il Lione è tornato in campo con ancora più convinzione, oramai rientrato perfettamente nei piani della rimonta, l’Ajax ha continuato in qualche modo a giocare il suo calcio dimostrando una forza mentale incredibile. Qui dopo sei secondi dal calcio d’inizio del secondo tempo vediamo come non si facciano problemi a lasciare Sanchez uno contro uno contro Fekir.
La strategia dell’Ajax si basa molto sulla capacità del centrale classe ‘96 di vincere i duelli individuali contro gli attaccanti avversari e più in generale la parità numerica in fase difensiva è un rischio che Bosz si prende. Con questa strategia l’Ajax è arrivato in finale di Europa League e domenica si giocherà la sua ultima possibilità di vincere l’Eredivisie. È quindi giusto considerare la sua scelta come la migliore possibile, anche se resta il dubbio che sia un calcio troppo caotico che ti espone ad una serie di rischi estremamente alti per essere controllati. Come in questa occasione, in cui in un duello aereo perso in una situazione di tre contro tre crea i presupposti per mandare Fekir da solo in porta. L’Ajax deve ringraziare che il pallone gli sia finito sul destro.
Lyon created a ton of chances from high turnovers, forced by their pressing.
Ajax from a few offensive midfield turnovers or build-up play. pic.twitter.com/qfXUu1YZzn— 11tegen11 (@11tegen11) 11 maggio 2017
Questa mappa mostra bene i rischi di questo calcio: il Lione ha creato moltissime occasioni da palloni recuperati molto in alto. La squadra di Genesio, consapevole che non poteva indietreggiare se voleva recuperare lo svantaggio, ha accettato il piano dell’Ajax soffrendo per tutto il primo tempo, ma riuscendo poi a creare i presupposti per la rimonta. Le occasioni mancate da Cornet e Rybus nel finale avrebbero potuto punire maggiormente i rischi presi dall’Ajax, ma così non è stato. Quello che ci rimane è una doppia sfida bellissima, se non magari nei canoni classici, in quelli pazzi dello spettacolo puro. Ed era qualcosa di cui l’Europa League aveva bisogno.
I giovani dell’Ajax
L’intensità profusa in campo dalle due squadre ha sporcato un po’ il livello qualitativo che è stato più basso di quello della partita di andata: tanti errori da parte di tutte due le squadre, qualche ingenuità di troppo soprattutto da parte dell’Ajax, ma anche gesti tecnici come perle trovate nelle ostriche.
- Il tocco sotto di Dolberg
http://gph.is/2r0lUJdLa quantità di cose che sa fare Dolberg su di un campo da calcio aumenta ogni giorno, ieri ad esempio ha dimostrato anche un grande senso di sacrificio. Il tocco con cui supera Lopes per il momentaneo 1 a 0 è speciale e non possiamo fare altro che augurargli una carriera di giocate simili.
- Il tacco di Traore
http://gph.is/2r746bsTraore è un centravanti adattato a esterno d’attacco, adattato a toro che fa avanti e indietro sulla fascia, adattato a dover vincere tutti i duelli fisici, adattato a poi sorprendere tutti con una giocata di tacco presa da un manuale di calcio di strada.
- Il tiro a giro di van de Beek
van de Beek è un centrocampista centrale classe ‘97 di cui si parla un gran bene. Bosz ancora non lo considera tra i titolari per cui ogni minuto che passa in campo è un minuto per scoprire le sue qualità. Ieri sera abbiamo scoperto che è il tipo di giocatore che si aggiusta un pallone senza fretta e poi lo calcia a giro verso l’incrocio come se fosse un giocatore di freccette. Il punto in cui palo e traversa si avvicinano pericolosamente gli ha negato la gioia di negare 10 minuti di paura ai suoi tifosi.
La partita di Davinson Sànchez
Davinson Sànchez ha giocato una delle partite più difficili della sua giovane carriera. L’attacco del Lione, che è uno dei migliori d’Europa, lo ha sollecitato da tutte le parti, spesso in situazioni di uno contro uno. Se deve ancora migliorare in alcune situazioni, come nelle scelte in fase di possesso, la partita di ieri ha dimostrato le qualità che hanno resto Sànchez uno dei migliori in campo, vincendo il 100% dei duelli aerei tentati e finendo con 13 spazzate. Ho scelto i momenti in cui la sua esuberanza fisica sarebbe risaltata anche in una corsa di tori.
- La rovesciata alla Ibrahimovic
L’altezza a cui va a colpire questo pallone in rovesciata è semplicemente ridicola. Sembra fare una prima rovesciata in area e poi una seconda per alzarsi più in alto. Inoltre se non fosse riuscito ad intervenire sarebbero stati bei cazzi per l’Ajax.
- Quando lui e Valbuena non sembrano neanche fare parte della stessa realtà
Prima recupera 10 metri in un secondo a Valbuena poi gli passa attraverso come se l’attaccante francese fosse un glitch in un gioco di calcio virtuale.
- Quando si trasforma in un muretto
Il giocatore del Lione che va a contrasto con lui si ribalta e rotola, mentre il pallone va fieramente in direzione contraria.
- Quando ad un minuto dalla fine con un uomo in meno decide di agire come farebbe un carro armato
Mancano sessanta secondi più recupero, sei con un uomo in meno e difendi un gol di vantaggio. Sei il difensore centrale, recuperi un pallone sulla trequarti e che fai? Ovviamente parti all’attacco a tutta velocità trascinandoti dietro (proprio nel senso letterale) un giocatore del Lione che prova a fermarti.
Se l’andata di United-Celta era stata molto bloccata e noiosa, il ritorno all’Old Trafford è stato per lunghi tratti emozionante e spettacolare, in quel modo in cui solo le partite in cui non esiste alcun controllo sul ritmo sanno essere.
Il Celta ha tentato fin da subito di mettere in difficoltà la squadra di Mourinho, portando l’intensità senza palla ad alti livelli e riaggredendo immediatamente il pallone appena perso. Berrizo ha adottato uno stile di gioco meno confuso rispetto all’andata, cercando di ordinarsi col possesso nella metà campo avversaria e provando poi a verticalizzare verso le sue ali ipercinetiche (Iago Aspas e Pione Sisto), che venivano molto in mezzo al campo e tagliavano alle spalle di John Guidetti quando questo veniva incontro.
È anche vero, d’altra parte, che lo United non aveva nessuna intenzione di imporre la sua palese superiorità tecnica, e il Celta poteva avanzare col possesso soprattutto perché gli avversari glielo lasciavano fare. Mourinho chiedeva alle proprie ali (Mkhitaryan e Lingard) di seguire i terzini fino alla linea difensiva, facendo collassare i mezzi spazi e trasformando spesso il proprio assetto tattico senza palla in un 6-3-1 molto basso. Una richiesta che è diventata quasi sistema dopo il primo gol dello United.
È stata una strategia molto più rischiosa di quanto non possa sembra sembrare sulla carta, perché con i terzini molto stretti e le ali spesso in ritardo nel ripiegamento, i terzini del Celta avevano molto spazio davanti a sé per dare ampiezza alla propria squadra e aprire varchi per le ali centralmente. Una cosa che, per la verità, però, non ha fatto con la costanza sufficiente, facendo salire i terzini a turno per non sbilanciarsi eccessivamente in transizione. Il Celta, nonostante la pressione iniziale, non è riuscito a creare pericoli rilevanti nel primo tempo, se si esclude un tiro da dentro l’area di Iago Aspas, che aveva bruciato Darmian (ieri particolarmente sbadato) in profondità.
Mourinho ha impostato invece una partita esclusivamente reattiva, di transizioni in campo lungo, che alla fine è stata molto più concreta e pericolosa. Ma per questo deve ringraziare più che altro i suoi uomini.
La serata di grazia di Mkhitaryan
In un Manchester United così arido e distruttivo come questo di Mourinho, Mkhitaryan rappresenta un germoglio verde di creatività ed eleganza, che riappacifica la squadra inglese con il lato puramente estetico del calcio. Ieri le sue progressioni palla al piede erano fondamentali per spezzare il ritmo del Celta, costringendolo a correre all’indietro.
E la sua superiorità tecnica nei confronti degli avversari era talmente evidente che a volte sembrava davvero che stesse giocando a un altro sport. In questo caso, per esempio, tratta gli avversari come paletti conficcati nella neve, mentre lui scende leggerissimo nel suo slalom gigante, col pallone attaccato al piede come uno sci.
E questa non vi sembra una corrida? Il povero Mallo lo insegue fino al centro del campo ma quando Mkhitaryan si blocca, fermando la palla col tacco, lui fa la figura del toro frastornato, che cade a terra dopo aver incornato il drappo rosso.
Qui, invece, Pione Sisto viene trasformato in un piccolo ostacolo, superato in corsa da Mkhitaryan. Ok, questo è solo un tunnel, e non ci sono altri sport in cui si possono fare i tunnel.