La serie A 2016/17 è diventata la sacra terra del riscatto per gli attaccanti grossi. Kalinic continua ad essere una merce rara con il suo gioco di sponda e i continui tagli in profondità; Dzeko, dopo un primo anno difficile, segna a ripetizione; mentre Mandzukic – addirittura dirottato sulla fascia come il più piccolo degli Insigne – si sta trasformando in una delle armi tattiche più indecifrabili del campionato.
Questi tre però sono grossi in modo atipico: nonostante chili e centimetri riescono a muoversi per il campo in maniera più che dignitosa, diventando utili alla manovra non solo come cristoni che vincono i duelli aerei, ma anche per le loro capacità di giocare un calcio associativo e di sacrificio.
Nel calcio moderno gli attaccanti monodimensionali trovano sempre più difficoltà: per diventare grandi centravanti – oltre a fare tonnellate di gol – sono richieste qualità rare per chi è alto e grosso. Devi essere una ballerina come Lewandoski, oppure uno che si sbatte à la Cavani, magari avere almeno un po’ di quello che ha Ibrahimovic, altrimenti l’Olimpo del calcio ti è precluso. Fortunatamente alla serie A non servono tanti grandi centravanti – ne basta giusto qualcuno – servono più mestieranti zeppi di centimetri, giocatori in grado di dare un senso a quel momento della partita in cui l’unico piano tattico è “palla lunga e poi vediamo”.
Generare quante più seconde palle possibili e far salire la squadra, questo è richiesto agli attaccanti più alti della nostra Serie A, proprio perché mutuando un modo di dire del basket: i fondamentali si insegnano, l’altezza no.
In questa stagione, però, molte squadre hanno confuso l’attaccante alto con quello goffo, ovvero calciatori molto alti e grossi che però queste caratteristiche non se le portano sul campo come un vanto leggero, ma come la spada di Damocle delle loro carriere: da un momento all’altro magari saranno troppo goffi per continuare a giocare ad alto livello ma, per il momento, sono goffi il giusto.
La goffaggine, oltretutto, non è necessariamente una caratteristica negativa: gente come Vieri e Toni non era per nulla aggraziata eppure ha scritto la storia del nostro campionato, ma è vero che se non applicata al giusto talento o determinazione difficilmente essere goffi aiuta ad avere carriere brillanti.
Ecco gli attaccanti col peggior rapporto centimetri/efficienza della serie A, in ordine sparso perché non si spara sulla Croce Rossa.
Ante Budimir
Magari siete tra gli impallinati che hanno comprato Budimir al fantacalcio per aver fatto 16 gol in 40 partite di Serie B. Più probabilmente non avete avuto il coraggio di comprarlo, gli avete preferito Manaj, però in cuor vostro pensavate che quel poco di hype che gli girava intorno dopo il suo acquisto da parte della Sampdoria fosse giustificato.
E invece no.
Juan Jesus lo sposta come se fosse un comodino di Ikea in betulla.
Dopo essersi presentato alla Sampdoria con il soprannome di “Cigno di Zenica” o “The Next Mandzukic (nessuno sfugge alla categoria next, neanche gli attaccanti mediocri) ed aver segnato al Camp Nou in amichevole, Ante Budimir si è messo l’anima in pace.
Partito come attaccante che entra negli ultimi minuti per vincere i duelli arei e boh, che ne sai, magari la butta dentro – con addirittura una partita da titolare contro il Pescara – è velocemente scivolato nelle gerarchie di Giampaolo tanto che secondo Transfermarkt “non ci sono informazioni” su dove si trovasse nella recente sfida tra Sampdoria e Bologna anche se poi si trovava sul fondo della panchina.
Neanche la richiesta delle sue prestazioni da parte di diverse squadre durante il mercato di riparazione ha corretto la rotta di Budimir, che deve passare il suo 2016/17 ad essere il peggior attaccante del massimo campionato preso centimetro per centimetro (ne conta 190). I suoi numeri sono abbastanza impietosi: 253 minuti giocati, ovviamente 0 gol e solo 1 duello aereo vinto ogni 90 minuti per un totale di 3.
La stagione di Budimir è riassumibile nella partita di Coppa Italia contro lo Spezia in cui ha continuato a sbagliare ogni occasione avuta.
In questa occasione – ad esempio – Budimir chiama il pallone e poi esegue la giocata come il più classico degli elefanti in un negozio di cristalli.
Budimir è la prova vivente dello scarto tra la B e la A. Se un furetto alla Lapadula può costruire il salto di categoria intorno alla tigna, il croato non ha niente da offrire al massimo campionato se non la sua inadeguatezza. Sbaglia gol saltando avversari immaginari, si muove lento come un film di Gus Van Sant, non ha nessuna particolare abilità tecnica, il confronto con calciatori come Gomez è impietoso. L’unico risultato raggiunto dal croato finora è stato farci chiedere come è mai possibile che i tifosi del Crotone gli abbiano addirittura dedicato una preghiera.
L’unico momento che poteva riscattare il croato si infrange sulla testa di Juan Jesus, che potremmo chiamare l’anti-Budimir.