Guida ufficiosa al Giro d’Italia 2018
Le domande fondamentali per arrivare preparati alla 101° Corsa Rosa.
Dumoulin è da considerarsi favorito?
Andrea
Tra i favoriti, non il favorito. Pur essendo il campione in carica, Dumoulin quest’anno dovrà fare i conti con un percorso diverso rispetto alla scorsa edizione. I km a cronometro saranno molti di meno e le tappe con gli arrivi in salita saranno ben 8. Per un corridore con le sue caratteristiche, abituato a costruire le sue vittorie difendendosi in salita e accumulando vantaggio sugli avversari durante le cronometro, sarà più dura arrivare a Roma in maglia rosa. Ma oltre ad un percorso poco congeniale alle sue caratteristiche, è soprattutto la presenza di Froome a rendere la vittoria di Dumoulin meno probabile. Anche il capitano della Sky soffrirà un percorso con meno km a cronometro, ma l’esperienza, la squadra, una maggiore abilità da scalatore rispetto all’olandese, sono elementi determinanti che rendono oggi Froome favorito rispetto a Dumoulin.
Umberto
Aggiungo una piccola curiosità statistica che forse lascia il tempo che trova ma fa riflettere sull’imprevedibilità della Corsa Rosa: nessuno ha mai vinto per due volte consecutive il Giro d’Italia dai tempi di Miguel Indurain (1992-1993) e prima del Navarro dobbiamo risalire a Eddy Merckx (che fece tripletta dal 1972 al 1974).
Tom Dumoulin avrebbe quindi l’occasione di fare qualcosa di storico vincendo anche quest’anno ma, appunto, i pochi chilometri a cronometro e la presenza di tanti avversari sulla carta più adatti di lui alle montagne del Giro, saranno un ostacolo difficile da superare.
Ci sono però alcuni dettagli che potrebbero girare la frittata in suo favore. Innanzi tutto di quei famosi 8 arrivi in salita, ben 4 sono praticamente delle tappe unipuerto (ovvero tappe con una sola salita secca all’arrivo, prive di altre asperità lungo il percorso) e in situazioni del genere, come era l’arrivo al Santuario di Oropa dell’anno scorso, Dumoulin ha sempre dimostrato di essere all’altezza dei migliori scalatori.
Un altro aspetto è la sua forma fisica. Durante la conferenza di ieri, la Farfalla di Maastricht è sembrato tirato come non mai. Se già l’anno scorso pesava fra i 68 e i 70 kg, oggi il suo peso è visibilmente diminuito. Un dettaglio che potrebbe fare la differenza in salita.
Cosa deve fare Fabio Aru per vincere?
Umberto
Il percorso di quest’anno sembra molto adatto alle caratteristiche di Aru: pochi chilometri a cronometro (44,2 complessivamente), tanti arrivi in salita “secchi” e con pendenze abbordabili.
Per Aru sarà quindi fondamentale la tenuta fisica nell’arco delle tre settimane. Dovrà evitare i suoi ormai classici passaggi a vuoto misti a preoccupanti cali di condizione che hanno segnato la sua carriera fin qui. Per vincere il Giro d’Italia non gli basterà un exploit o due, ma dovrà trovare quella costanza di rendimento che gli è spesso mancata e che è invece il punto forte dei suoi principali avversari, Froome e Dumoulin su tutti.
Un altro aspetto invece non dipende da lui ma dai suoi compagni. La Uae-Emirates ha scelto di non puntare sui suoi tanti giovani a disposizione (su tutti Edward Ravasi, che ha fatto molto bene pochi giorni fa al Tour of the Alps) per affidarsi all’usato sicuro. Atapuma sarà probabilmente il suo principale scudiero ma se Aru si trovasse in maglia Rosa a dover controllare la corsa, allora sarà fondamentale un salto di qualità da parte di Valerio Conti (classe ‘93) e Jan Polanc (sloveno del ‘92, già vincitore di due tappe al Giro).
Andrea
A prescindere da un percorso adatto alle sue caratteristiche da scalatore puro, saranno la squadra è la tenuta psicofisica nelle tre settimane le due cose da prendere in considerazione per poter dire se Fabio Aru sarà in grado di vincere o meno questo Giro. Per conquistare la maglia rosa Aru non dovrà solamente dare spettacolo con le sue note “sparate” in salita, ma dovrà giocare di astuzia, conservare energie, essere in sintesi più moderato e meno aggressivo per dosare bene le energie nelle tre settimane. Tutto dipenderà ovviamente se e in quale circostanza Aru indosserà la maglia rosa, ma una cosa è certa: per battere un campione come Froome serviranno forza e aggressività – due cose che non mancano al sardo – ma anche equilibrio e molta tattica.
Marco
La bontà della prestazione di Aru passerà dalla sua tenuta mentale e fisica. Non dovrà cadere nell’errore di attaccare continuamente, poiché se Froome sarà il faro del Giro, correre sempre con il vento in faccia sarebbe controproducente. In tal senso il fatto che sia sembrato in leggero ritardo di condizione potrebbe rivelarsi un vantaggio, perché ciò potrebbe indurlo a controllare di più nella prima parte. Nel Giro 2015, quello vinto da Contador, passò i primi 10 giorni ad attaccare continuamente, salvo poi ritrovarsi “senza benzina” fra Imola e Mortirolo. Aru ha mostrato al Tour de France di avere le carte in regola per mettere in difficoltà anche il capitano della Sky, ma in quella stessa edizione ha palesato anche alcuni suoi limiti. Imboccare troppo dietro una salita gli è costato la maglia gialla, per cui è auspicabile che non ci saranno simili cali di concentrazione. Il Giro, rispetto al Tour, saprà senza dubbio offrire più occasioni per attaccare Froome e il sardo dovrà essere pronto a coglierle. Le due cronometro relativamente brevi, le tante montagne e un Froome in una situazione quantomeno particolare offrono ad Aru l’occasione di prendersi, dopo due podi, la prima maglia rosa della sua carriera. Piccola curiosità, a Cervinia, traguardo della ventesima tappa, Aru ha già vinto nel 2015.
C’è un outsider da tenere d’occhio che potrebbe sorprendere tutti?
Umberto
Un nome su tutti è Thibaut Pinot. Il francese della Groupama-Fdj ha vinto e convinto al Tour of the Alps e l’anno scorso, dopo un paio d’anni in cui sembrava essersi definitivamente perso, è tornato a dare ottimi segnali cogliendo il 4° posto finale alle spalle di tre fuoriclasse come Dumoulin, Quintana e Nibali, a solo 1’17” dal vincitore.
Pinot è un classe ‘90, quindi sta entrando ora nella sua piena maturità agonistica. In Francia nel 2012, dopo l’ottimo 10° posto al Tour a soli 22 anni, lo consideravano una specie di nuovo Hinault. Speranze che sembravano essere confermate nel 2014 in seguito al podio ottenuto alle spalle di Vincenzo Nibali. Ma dopo quelle belle annate di inizio carriera, Pinot si era un po’ perso, preda dei suoi stessi fantasmi e dell’eccessiva pressione che tutta la Francia poneva sul suo nuovo pupillo.
Da questo punto di vista, probabilmente la repentina esplosione di Romain Bardet può avergli tolto un bel peso dalle spalle, lasciandolo libero di vivere la sua vita con maggiore tranquillità.
E vivere la vita, per Thibaut Pinot, ha significato innanzitutto una scelta drastica: rinunciare al Tour de France per concentrarsi sul Giro d’Italia, una corsa sicuramente più adatta alle sue caratteristiche, più tranquilla dal punto di vista della pressione mediatica e soprattutto lontana dai suoi connazionali.
La scelta sembra aver dato i suoi frutti e Thibaut Pinot è uno dei principali favoriti di questa edizione, subito alle spalle di Froome e Dumoulin ma sullo stesso gradino (secondo me anche un po’ più avanti) di Aru e Miguel Angel Lopez, giovanissimo scalatore colombiano dell’Astana da seguire attentamente durante queste tre settimane.
Se riuscirà a mantenere una forma costante, e con la giusta dose di fortuna, potremmo anche vedere un francese vestito di rosa sfilare per i Fori Imperiali.
Marco
Oltre a Froome, Aru, Dumoulin e Pinot, uno fra i più seri candidati ad un piazzamento sul podio è M.A. Lopez. Il capitano dell’Astana, classe ‘94, è alla sua prima partecipazione alla corsa rosa. Lo scorso anno dopo una partenza difficile si è messo in mostra alla Vuelta.
A stupire ancor più dell’ottavo posto finale sono state le due vittorie di tappa, ottenute staccando Froome e Nibali salendo verso l’Osservatorio di Calar Alto, per poi ripetersi contro Contador nella tappa con arrivo a Sierra Nevada. Il percorso gli strizza l’occhio e l’esperienza di corridori come Kangert, Zeits e L.L. Sanchez lo aiuterà molto in questa prima esperienza italiana. Il colombiano si presenta con un motore già a regime come testimonia la recente vittoria al Tour of the Alps sull’arrivo in salita dell’Alpe di Pampeago (con Pinot secondo e Froome quarto). Per lui vale il discorso di Fabio Aru: se riuscirà a non avere passaggi a vuoto in una delle tante tappe di montagna che il gruppo dovrà affrontare, è verosimile ipotizzare che il capitano dell’Astana sarà fra i primi classificati.
Andrea
Se dovessi scegliere un outsider, anche per simpatia personale, direi Esteban Chaves. Non dimentichiamoci che nel 2016 ha sfiorato la vittoria al Giro d’Italia, rimontato solamente all’ultimo da una straordinaria impresa di Vincenzo Nibali. In più ha una squadra, la Mitchelton-Scott, che non è niente male: Kreuziger, Nieve, Haig e Yates. Corridori di altissimo livello per aiutarlo in salita e negli eventuali momenti di difficoltà.
Certo, ci sono diversi elementi che non rendono favorito Chaves per la vittoria finale: l’alto livello dei suoi avversari, la sua tenuta nelle tre settimane, e anche il dualismo con Yates. I gradi di capitano infatti non sono così saldi sulle spalle del colombiano, ma se Chaves mostrerà una buona condizione – bisognerà vedere se avrà recuperato bene dall’infortunio – e la sua squadra svolgerà un vero lavoro di supporto, allora i suoi avversari dovranno stare molto attenti.
Consigliate un ciclista da seguire fuori dai soliti noti
Umberto
Per chi vuole divertirsi nell’apprezzatissima e delicata arte del talent scout da divano, quest’anno sono presenti tanti giovani molto interessanti da seguire con attenzione. I più pronti sono sicuramente Davide Formolo e Giulio Ciccone, che già hanno vinto una tappa al Giro d’Italia e quest’anno si sono messi particolarmente in mostra il primo alla Liegi-Bastogne-Liegi e il secondo al Tour of the Alps. Purtroppo il portacolori della Bardiani-Csf è stato vittima di una caduta a pochi giorni dal via e bisognerà quindi capire quanto in fretta riuscirà a recuperare.
Fra i giovanissimi stranieri alle prime armi, spiccano invece tre ciclisti classe ‘95: l’olandese Sam Oomen, l’australiano Ben O’Connor e il danese Niklas Eg. Se Oomen sarà però impegnato ad aiutare Tom Dumoulin, gli altri due correranno liberi da logiche di gregariato e potrebbero regalarci delle belle soddisfazioni, nel loro piccolo.
O’Connor ha già stupito tutti al Tour of the Alps cogliendo un inatteso 7° posto nella generale e la vittoria nella 3ª tappa. Il capitano della sua squadra, la Dimension Data, è ufficialmente Louis Meintjes ma conoscendo lo stile di gara del sudafricano non ci sono dubbi sul fatto che O’Connor avrà campo libero per fare la sua corsa.
Niklas Eg invece corre nella Trek-Segafredo. Anche qui, ufficialmente il capitano è Gianluca Brambilla che ha recentemente dichiarato di aspirare a un piazzamento nella top-10, anche se è più facile che decida di dedicarsi alla ricerca di una vittoria di tappa lasciando spazio al suo giovanissimo compagno di squadra.
Nonostante siano alla loro prima esperienza fra i professionisti in una corsa a tappe di tre settimane, sono tutti e tre elementi molto interessanti che hanno già dimostrato in questo inizio di stagione di saper tenere testa ai loro più esperti avversari. E chissà che in futuro non possiate dire agli amici il più classico dei “te l’avevo detto”.
Marco
Davide Formolo è un corridore che si trova in quel fastidioso limbo di chi ha talento da vendere ma non riesce ad esprimere tutto il suo potenziale. Nei grandi Giri ha finora conquistato un nono posto alla Vuelta 2016 e un decimo al Giro 2017. Per un classe ‘92 passato professionista con moltissime attese (da dilettante era stato capace di vincere per ben due volte il prestigioso Giro delle Pesche Nettarine) è innegabile che si tratti di un bottino fin troppo magro. Per questi motivi il suo nome non può comparire fra i più seri candidati al podio. Ciò non significa che non sia da seguire con molta attenzione. Formolo si presenta al Giro senza grandi risultati ma con una discreta forma (l’attacco nel finale dell’ultima Liegi ne è la prova) e, fattore ancora più importante, con pochissima pressione addosso. I fari della corsa saranno tutti per gli altri corridori già citati in questo articolo, ma dato che il ciclismo non è una scienza esatta, vederlo protagonista nelle prossime settimane non mi stupirebbe affatto. La sua nuova squadra ha collaborato con i tecnici Specialized per migliorare il suo rendimento a cronometro. Come già scritto le prove contro il tempo non saranno il principale ago della bilancia del Giro, ma limitare il più possibile il distacco da due specialisti come Froome e Dumoulin sarebbe importante anche a livello mentale. Di fatto Formolo è uno scalatore puro più per indole che per caratteristiche fisiche, dal momento che con i suoi 182 cm un miglioramento a cronometro non sarebbe una sorpresa così grande.
Ma il suo terreno preferito ovviamente resterà la montagna. Non è un caso che il suo miglior piazzamento di tappa sia stato un sesto posto nella durissima frazione con arrivo a Bormio (quella vinta da Nibali) dello scorso Giro. Ammetto di avere un debole per questo corridore, ma il mio consiglio è quello di seguire con molta attenzione la sua corsa.
Pronostici secchi
Umberto
Sento che sarà un Giro d’Italia folle e meraviglioso: Thibaut Pinot.
Andrea
A differenza di Umberto sono tristemente razionale: vincerà Chris Froome.
Marco
Il poster che ho in camera non mi lascia scelta: Fabio Aru.