L’edizione numero 101 del Giro d’Italia partirà per la prima volta fuori dai confini europei: in Israele, da Gerusalemme. Mai prima d’ora ci si era spinti così lontani. I corridori dovranno affrontare 3562 km divisi in 21 tappe dal 4 al 27 maggio prossimi.
La scelta di partire in Israele è legata principalmente a ragioni commerciali e l’obiettivo è chiaro: internazionalizzare ancora di più l’evento, e aumentare i ricavi grazie a una visibilità ancora più estesa. Se pensiamo che Chris Froome, il quattro volte campione del Tour de France, parteciperà al Giro d’Italia, l’obiettivo sembra già centrato: mai come quest’anno l’attenzione sarà così alta verso la corsa rosa.
Non è però solo una questione di marketing: anche la gara in sé quest’anno suscita particolare interesse. Per la prima volta si scontreranno per la vittoria finale due corridori post-moderni, uno, Chris Froome, all’apice della sua carriera, e l’altro, Dumoulin in continua ascesa. Due corridori – specie il keniano – che negli ultimi anni hanno ridefinito il concetto classico di ciclismo: dove la tattica, il peso della squadra, le specialità a km, la strategia e l’attendismo nella preparazione degli attacchi sono elementi più importanti di qualsiasi altro.
Dietro questo scontro, che è anche un po’ quello tra un maestro e il suo discepolo, si nasconde la speranza italiana di Fabio Aru, un corridore completamente diverso, ma che quest’anno si presenta al Giro per vincere. Per il sardo, dopo l’infortunio dello scorso anno e l’improvvisa partecipazione al Tour de France, è il momento della verità: sarà in grado di competere con un corridore di levatura mondiale come Froome? Riuscirà a tenere una buona condizione per tre settimane?
Oltre agli outsider in corsa che animeranno la gara – Pinot, Chaves, Miguel Angel Lopez – sarà interessante assistere a questo Giro d’Italia anche per la scelta del percorso, con l’inedita idea di tagliare i km a cronometro – solo 44, mai così pochi da quarant’anni – e allungare le tappe in montagna con 8 arrivi in salita. Dopo 9 anni il Giro chiuderà poi a Roma, in via dei Fori Imperiali, che forse per valore simbolico riesce a eguadagliare quello degli Champs-Elysees nel Tour de France.
Sarà il Giro d’Italia guardato in più paesi e il primo che partirà fuori dall’Europa. In che condizioni è la corsa in questo momento storico?
Umberto Preite Martinez
Sotto la guida di Urbano Cairo il Giro d’Italia negli ultimi due anni è tornato finalmente a crescere, soprattutto dal punto di vista finanziario. Se due anni fa il fatturato della Corsa Rosa si attestava intorno ai 25 milioni di euro, oggi sfiora i 50 milioni. Un incremento dovuto sia all’aumento dei ricavi dai diritti televisivi (venduti alla Rai per un costo complessivo di 12,5 milioni di euro l’anno per il biennio 2017-2018, a fronte degli 8 milioni annui del biennio 2015-2016) e soprattutto ai soldi sborsati da Israele per ospitare la partenza del Giro 2018. Si parla di cifre che orbitano attorno ai 12-14 milioni di euro (di cui 4 milioni direttamente versati a Rcs Sport e gli altri tramite sponsorizzazioni varie). Un capitale finanziario importantissimo e imprescindibile per la crescita del Giro d’Italia nel mondo.
Sono dati che assumono una rilevanza fondamentale in uno sport, il ciclismo, che si basa esclusivamente sulle sponsorizzazioni delle aziende private, costantemente alla ricerca delle migliori prospettive di guadagno. Se fino a pochi anni fa la differenza fra Giro e Tour in termini di introiti era abissale (25 milioni contro i 110 della Grande Boucle), oggi questa differenza sta pian piano accorciandosi. Questo fa sì che molte squadre che prima snobbavano senza troppi patemi la Corsa Rosa scelgono di puntare sul Giro d’Italia.
In quest’ottica le tanto criticate partenze dall’estero sono fondamentali per aumentare i ricavi degli sponsor e rendere quindi di nuovo competitivo il Giro.
Vi piace il percorso di questa edizione? Quali sono le tappe più importanti, quelle in cui si deciderà la corsa?
Umberto
Se a un primo sguardo mi sembrava un percorso disegnato male, osservandolo più attentamente credo che possa venir fuori un gran bel Giro. I tanti arrivi in salita non sono necessariamente un fattore positivo, visto che tanti arrivano al termine di tappe completamente piatte (quindi sarà molto difficile fare una vera selezione), alcuni presentano pendenze ridicole (qualcuno ha detto Montevergine di Mercogliano?) e quasi mai si superano i 2000 metri d’altitudine.
Anche la presenza di così pochi chilometri a cronometro mi aveva inizialmente fatto storcere la bocca. La cronometro è una componente fondamentale nel ciclismo e vederla così bistrattata da tifosi e organizzatori fa male al cuore. Eppure questo Giro d’Italia sembra ben costruito. Si partirà subito forte con le tappe siciliane, molto insidiose anche perché arrivano dopo il maxi-trasferimento da Israele, disegnate in un continuo saliscendi che potrebbe causare qualche difficoltà a chi non è abituato a questo tipo di tracciati.
Anche la tappa conclusiva della prima settimana, da Pesco Sannita a Campo Imperatore, potrebbe riservare grandi sorprese con gli ultimi 46 chilometri in continua salita, anche se con pendenze pedalabili e ampi tratti per respirare. La seconda settimana si affronterà lo Zoncolan, ed è inutile dire che sarà lo spartiacque di questo Giro d’Italia, prima di affrontare l’ultima settimana che di sicuro stravolgerà la classifica.
La tappa regina sarà probabilmente la 19ª, con l’ascesa al Colle delle Finestre prima di Sestriere e Jafferau. Un percorso inedito di 181 chilometri ma molto duro. Uno sforzo di circa 6 ore dopo più di 3000 chilometri di gara, che renderà anche le dolci pendenze del Sestriere un ostacolo difficile da superare.
Marco Armillei
Fabio Aru, a precisa domanda su dove si vincerà questo Giro ha risposto con una battuta: «A Roma, mentre tutti i giorni precedenti sono buoni per perderlo». Il corridore Sardo ha sottolineato quindi che il percorso presenta difficoltà continue nell’arco delle tre settimane. Non ci sarà la tradizionale partenza più tranquilla in attesa di una terza settimana di fuoco. Lo Zoncolan non ha bisogno di presentazioni, anche solo nel 2010 la montagna friulana risultò essere davvero decisiva ai fini della classifica finale.
Personalmente credo che potrebbero risultare importanti sia la tappa di Prato Nevoso che la Assisi-Osimo, che presenta un finale decisamente nervoso (i muri marchigiani sono spesso stati protagonisti alla Tirreno-Adriatico). Le prove contro il tempo saranno solo due, con un chilometraggio complessivo di 44,2 km. In ogni caso a due specialisti come Froome e Dumoulin saranno sufficienti per guadagnare preziosi secondi rispetto ai diretti avversari. Anche in virtù della cronometro iniziale di 9,7 km per le strade di Gerusalemme il britannico e l’olandese sono anche tra i possibili candidati a indossare la prima maglia rosa.
Un fattore da considerare è quello dei giorni di riposo. In quest’edizione saranno ben tre e tutti saranno seguiti da tappe non facili. La Catania-Caltagirone, con arrivo su un muro che toccherà il 13%; la Penne-Gualdo Todino, frazione senza particolari difficoltà altimetriche ma che per via di un chilometraggio molto lungo (ben 239 Km) si presta a possibili imboscate (un po’ come la Lucera-L’Aquila del 2010 che riaprì il Giro); la già citata cronometro Trento-Rovereto. Il giorno successivo al riposo è spesso uno fra i più delicati perché dopo giorni di corsa continua il fisico, con il riposo, rischia di perdere brillantezza. Soprattutto in vista della cronometro, in cui si dovrà partire al massimo della velocità, sarà fondamentale trovare subito il ritmo.
Nel complesso il percorso si potrebbe prestare a una gara spettacolare proprio perché le continue difficoltà disseminate lungo le tre settimane renderanno difficile un controllo della corsa in stile Tour de France.
Andrea Minciaroni
Quando ho visto che il percorso presentava solamente 44 km di cronometro ho gridato al miracolo. Le gare contro il tempo sono un elemento imprescindibile per poter vincere una grande corsa a tappe, e sono una caratteristica necessaria per rendere un corridore completo. Su questo siamo d’accordo. Non ho però mai amato quei corridori che si difendono in salita – o addirittura si staccano – e poi recuperano tutto il vantaggio perduto a cronometro. Spesso le cronometro favoriscono un approccio conservativo al grande giro. Quindi mi piace l’idea generale di accorciare i km a cronometro.
Altra cosa che apprezzo: l’idea di proporre tappe più lunghe anche in frazioni di montagna. Questa tendenza generale ad accorciare le tappe nei grandi giri – abbiamo visto tappe anche al Tour de France superare di poco i 120km – non l’ho mai capita. Forse in una tappa speciale come quella con l’arrivo finale a Roma una cronometro poteva essere inserita.
Il Giro del 1974 che parte da Piazza San Pietro. Foto Keystone / Getty Images.
Chi vincerà più tappe per velocisti?
Umberto
Quest’anno le occasioni per le ruote veloci sono veramente poche, cosa che ha spinto tutti i migliori velocisti in circolazione a concentrarsi sul Tour de France. Senza contare che la riduzione del numero dei ciclisti per squadra ha fatto sì che al momento di creare le formazioni si sia scelto di escludere quei velocisti che facevano le prime due settimane per poi ritirarsi prima delle Alpi. Se con nove uomini puoi mettere in conto di perderne uno per strada, quando si corre in otto è già più difficile pensare una strategia del genere.
In questa penuria di sprinter, l’unica squadra attrezzata per vincere è la Quick Step di Elia Viviani, che in questo avvio di stagione è già riuscito a vincere diverse volate anche contro avversari di alto livello. Viene quindi difficile pensare che la maglia Ciclamino possa non essere sulle sue spalle a Roma. Viviani dovrà guardarsi però dagli stranieri Debusschere, Sam Bennett e Van Poppel, su tutti, e dai giovani velocisti italiani come Bonifazio e Mareczko. Nessuno di loro ha però una squadra tutta a propria disposizione come Elia Viviani, che quindi credo proprio che riuscirà spesso ad avere la meglio.
Marco
Viviani è senza alcun dubbio il principale favorito per la maglia ciclamino. Per l’esperienza, per la squadra a disposizione e per la capacità di reggere in salite. Questo potrebbe portarlo, in alcune occasioni, ad accontentarsi di alcuni piazzamenti. Per questo motivo mi aspetto molta incertezza negli sprint e non un mattatore assoluto. Due giovani italiani, Bonifazio e Mareczko, potrebbero approfittare di questa situazione. Si tratta di due giovani interessanti attesi al salto di qualità su certi percorsi. Bennet e Van Poppel sono invece altri due nomi da tenere d’occhio fra le ruote veloci, trattandosi di corridori, seppur di poco, più esperti.
In che condizioni arriva Chris Froome, che punta alla doppietta Giro-Tour?
Andrea
Froome si presenta al Giro in una condizione generale che definirei ambigua. Dopo 8 anni dalla sua ultima presenza, quando era uno sconosciuto, oggi si presenta come il favorito numero uno per la vittoria finale. La condizione atletica espressa nelle ultime gare tuttavia non è stata il massimo e diverse volte è andato in difficoltà durante la Tirreno Adriatico e nel recente Tour of The Alps – ultimo frangente di gara in prossimità del Giro – si è piazzato appena quarto nella classifica generale.
Sono elementi da non sottovalutare, ma Froome ci ha abituato che la sua preparazione per una corsa a tappe di livello – grazie anche alla meticolosità del suo team – è sempre stata corretta e vincente. La sua condizione è ambigua non tanto dal punto di vista atletico, quanto da quello mentale, in riferimento alla situazione generale che lo circonda da diverse settimane. Il recente caso di positività al salbutamolo getta un’ombra sulla sua presenza e sull’intera corsa, e può aver contribuito a destabilizzarlo mentalmente.
Nonostante questo, Froome sembra sereno e motivato: «Sono sicuro di non avere fatto niente di sbagliato. Il procedimento dell’Uci a carico mio doveva rimanere confidenziale, nell’attesa di ulteriori indagini conoscitive. Tutto, invece, è diventato pubblico: una situazione davvero tanto fastidiosa. Io, comunque, sono qui per lottare e vincere». Froome quindi ostenta serenità, nonostante viva circondato da polemiche da diversi mesi. Bisognerà vedere se effettivamente Froome sarà in grado di reggere questo tipo di pressioni. Per vincere non conterà solo la condizione atletica, ma anche quella mentale.
Umberto
Mai come quest’anno, nel tentativo di completare la doppietta Giro-Tour, sarà fondamentale la solidità della sua squadra che dovrà accompagnarlo nei fisiologici momenti di difficoltà. La riduzione dei ciclisti per squadra capita quindi nel momento peggiore per il Team Sky che avrà sicuramente qualche difficoltà in più a controllare la corsa.
Al Giro d’Italia Froome avrà comunque con sé una squadra molto solida con De La Cruz, Poels, Elissonde e Sergio Henao per le salite, Kiryienka, Puccio e Knees a tenerlo fuori dai guai in pianura. Ma a preoccupare sono soprattutto le condizioni di De La Cruz e Poels, sulla carta i suoi gregari più forti ma che in questa stagione non hanno ancora ingranato la marcia giusta. Poels ha deluso alla Liegi-Bastogne-Liegi staccandosi dal gruppo sulla Redoute, De La Cruz è stato un fantasma per tutto il Tour of the Alps, il vero banco di prova in vista del Giro.
Al di là quindi della sua condizione fisica, Chris Froome avrà bisogno che tutti i suoi gregari recuperino al meglio la condizione se vuole ambire alla vittoria finale. Perché il Giro d’Italia non è il Tour de France, e controllare la corsa può essere molto più complicato del previsto.
Marco
Froome si presenta al via con una spada di Damocle sul suo capo. Correre sub judice non è di certo facile, tanto più se si pensa al recente caso di Contador che, in analoghe condizioni, nel 2011 vinse un Giro che gli fu poi tolto. Lui si è sempre mostrato sereno e fiducioso verso un esito positivo della vicenda, ma per tutta la durata della corsa non ci saranno novità sul suo caso. Passando ad aspetti legati alla corsa, il suo si può considerare alla stregua di un esordio. Il Froome che 8 anni fa partecipò al Giro era un corridore diverso e ancora immaturo. Di certo per lui sarà impossibile correre esattamente come in Francia, data l’intrinseca diversità del Giro rispetto al Tour (pendenze maggiori, strade più strette e tortuose, asfalti di minore qualità).
Quel che è certo è che lui è il corridore con il peso specifico maggiore fra i partenti. Se riuscirà a fare la sua corsa e la squadra si rivelerà all’altezza del Giro, non vi è alcun dubbio che le sua chance di vittoria saranno molto alte.