- Quali squadre possono legittimamente ambire alla vittoria finale?
Lorenzo Neri
La stagione parte con una favorita ben delineata: Duke. Coach K nella off-season ha perso Brandon Ingram, Derryck Thornton e Marshall Plumlee, ma si presentano ai blocchi di partenza con quello che è probabilmente il miglior blocco di giocatori tra quelli che hanno deciso di tornare al college. Grayson Allen, in prima linea per il titolo di giocatore dell’anno, è il giocatore di riferimento e leader emotivo della squadra; Luke Kennard sembra pronto per essere uno dei migliori realizzatori nelle Big Conference; e Matt Jones e il redshirt Amile Jefferson garantiscono difesa. Come se non bastasse a questo gruppo si è aggiunta la miglior classe di liceali del 2016, aggiungendo al reparto più scarno (la frontline) elementi di valore come Harry Giles, Jayson Tatum e Marques Bolden, elementi che di cui si parla già in ottica Draft. Se riuscissero a superare i problemi difensivi visti lo scorso anno e a rimanere sani – Giles si è già dovuto operare a entrambe le ginocchia, Tatum e Bolden arrivano entrambi da un infortunio – un seed #1 sembra ampiamente alla portata, anche nella giungla della ACC.
Andrea Beltrama
Di Duke ci ha già detto tutto Lorenzo: è la netta favorita, per la combinazione di talento fresco ed esperienza. E se non bastasse avere i migliori freshman e un serio candidato al titolo di giocatore dell’anno, hanno pure uno dei migliori allenatori mai visti nella storia del gioco in Mike Krzyzewski. Un uomo che ha il carisma per gestire le star NBA a un’Olimpiade, la saggezza per svezzare dei diciottenni, la sagacia tattica per far giocare assieme i propri uomini, mescolando esecuzione e libertà di azione in maniera quasi perfetta. Ma è la sua sete di vittorie, appena nascosta dal suo atteggiamento sempre posato, che lo rende speciale. Ha vinto tutto, conquistato qualsiasi lode, battuto praticamente ogni record. Ma su una buona azione difensiva dei suoi, anche avanti di 30, lo vedrete 2 metri in mezzo al campo, a esultare e caricare i suoi come se fosse la sua prima volta in panchina. Lo stesso discorso, su scala leggermente minore, vale per Kansas e Bill Self. Che, come i Blue Devils, hanno adottato un approccio misto al talento mordi & fuggi, cercando di integrare freschezza ed esperienza. Ha funzionato bene, e continuerà a funzionare bene quest’anno, con l’arrivo di Josh Jackson, inserito in un gruppo già collaudato. Potrebbe e anzi dovrebbe bastare ad arrivare in Final Four, anche se le recenti uscite premature dei Jayhawks – una sola semifinale negli ultimi 8 anni, a fronte di regular season dominanti – lasciano spazio a un po’ di agitazione. Chiudono il gruppo la solita Kentucky, che riparte da zero, e dunque rischia un po’ di più delle altre due, pur avendo secchiate di talento; e un trittico di squadre esperte, fisiche, rodate, con tutti i mezzi per sperare di arrivare in fondo: North Carolina e Villanova, ultime due finaliste, e Virginia, da anni all’immediata periferia dell’élite, e ora disperatamente vogliosa di entrarci.
Lorenzo Bottini
Mi sbilancio e dico che la stagione che permetterà a Bill Self di eguagliare la leggenda di John Wooden con tredici titoli consecutivi in una Major Conference (nel suo caso la Big12) potrà anche restituire ai Jayhawks il sorriso di tagliare le retine che contano. Kansas ha perso la guida di Perry Ellis ela fumosità di Wayne Selden, ma ha mantenuto il backcourt formato da Frank Mason e Devonté Graham a cui sarà demandato il compito di far girare la squadra e di mettere punti a tabellone. Al terzo anno insieme i due hanno stabilito un rapporto simbiotico che potrebbe risultare determinante verso marzo. Accanto alla loro leadership Bill Self ha a disposizione una serie di giocatori estremamente atletici e versatili, primo tra tutti Josh Jackson, sicura chiamata in Top-3 al prossimo Draft, per proseguire con Lagerald Vick e Sviatoslav Mykhailiuk, chiamati a compiere lo step successivo per diventare pedine importanti di una squadra da titolo. Sotto canestro la certezza è il senior Landen Lucas, esperto mestierante del pitturato, le scommesse si chiamano Carlton Bragg Jr., lungo e rapido, e Udoka Azibuike, un cingolato da guerra. Se entrambi riuscissero a guadagnare la fiducia di Self – notoriamente molto cauto nell’affidarsi agli underclassman – Kansas avrebbe un team profondo e flessibile, con concrete possibilità di arrivare fino in fondo. Outsider intriganti rimangono Oregon (che ha praticamente lo stesso quintetto che lo scorso anno ha garantito un seed #1 a Ovest e un viaggio alle Elite Eight) e Xavier (che, nel caso raggiungesse l’improbabile vittoria, coronerebbe l’anno perfetto di Bill Murray).
Non ne avremo mai abbastanza di vedere Bill Murray ubriaco e felice.