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Foto di Alex Livesey/Getty Images
Calcio Daniele V. Morrone 12 settembre 2016 7'

De Bruyne continua a stupirci

Se pensavate di aver capito tutto di De Bruyne, vi sbagliavate.

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La scorsa stagione, nei due mesi in cui Kevin De Bruyne è rimasto a guardare da infortunato i suoi compagni, il Manchester City è passato dal secondo al sesto posto in campionato, allontanandosi definitivamente dal Leicester dopo aver perso nello scontro diretto con la squadra di Ranieri e contro l’altra rivale diretta del Tottenham (oltre che nel derby con lo United). L’infortunio a De Bruyne è stata la singola variabile che ha fatto virare verso il basso l’ultima parte dell’ultima stagione di Pellegrini: prima di farsi male aveva realizzato 5 gol e 9 assist in 5 mesi, e senza aver fatto la preparazione estiva con la squadra. La sua prima stagione in Inghilterra va comunque considerata un successo, con 10 gol e 10 assist tra Premier League e Champions e un totale di 81 occasioni in Premier.

 

Non male per un rookie.

 

Una stagione che è stata una vera dimostrazione di forza anche in fase di definizione da parte di De Bruyne, che con il suo gol vittoria nel quarto di finale di ritorno di Champions League ha permesso al City di arrivare a un’insperata semifinale. In quella partita è diventato chiaro anche ai suoi iniziali detrattori (di cui non mi vergogno di dire facevo parte anche io) che De Bruyne è uno dei pochi giocatori che da soli valgono un passaggio del turno di Champions League.

 

La disorganizzazione offensiva di Pellegrini portava il City, che nelle sue intenzioni doveva essere una squadra di possesso, a dipendere dalle transizioni e in questo contesto il talento innato di De Bruyne nel controllo e nella freddezza anche a velocità elevate veniva esaltato. Una caratteristica già evidenziata da Fabio Barcellona al momento di presentarlo come nuovo acquisto del City: «Uno dei suoi tanti pezzi forti tecnici è la conduzione della palla: KDB ha un controllo esemplare anche a elevata velocità, il contatto col pallone è frequente e la velocità non toglie nulla alla delicatezza con cui lo tiene vicinissimo ai suoi piedi. Utilizza le sue qualità in conduzione per saltare in corsa gli avversari, spostando con rapidità il pallone, mentre si muove con velocità e agilità, ma non abusa delle sue capacità: è un giocatore essenziale che non tiene la palla più del necessario, e che mantiene il possesso solamente per trovare la migliore soluzione di passaggio possibile».

 

Quanto descritto da Fabio Barcellona riassunto in una gif della partita contro il West Ham: la conduzione con il contatto frequente con il pallone e il mantenimento del possesso per poter trovare l’opzione giusta di passaggio, in questo caso che è scattato dietro il terzino avversario.

 

De Bruyne è unico nel modo in cui attacca in campo aperto mantenendo perfettamente il controllo, estremamente efficace senza chiedere alla propria squadra un volume di gioco elevato. Ha bisogno di campo e spazio, ma non del pallone se non in momenti puntuali. Arriviamo così al cuore della questione: Pep Guardiola non ha mai avuto a disposizione un giocatore simile. O meglio un giocatore idealmente simile al belga c’era nel Bayern, e cioè Götze, però non ha saputo adattarsi al gioco di posizione.

 

Non è difficile definire il modo in cui De Bruyne ama giocare a calcio. Anzitutto viene incontro al pallone dalla trequarti per poi partire in conduzione, spingendosi fin dove può arrivare, se può anche fino alla conclusione in porta. Ma De Bruyne è più preciso nel passaggio medio-lungo che nel corto, dove ha limiti tecnici di controllo della potenza e della precisione.

 

La differenza tra il suo passaggio medio-lungo e il suo corto

 

Questa dicotomia l’ha illustrata meglio di chiunque altro Albert Moren quando ha definito così la nuova coppia: «Pep il tecnico del controllo e della posizione, Kevin il giocatore della transizione e del movimento». De Bruyne, insomma, è un giocatore da alti ritmi, instancabile, che attraversa a falcate ampie zone di campo. Ma allora come può, Pep, inserirlo nel suo gioco di posizione?

 

A questo punto devo fare un’ulteriore ammenda. Pensavo, proprio partendo da questo ragionamento, che l’unica soluzione utile per tutti fosse quella di spostare De Bruyne sulla fascia, per sfruttarne le doti in conduzione in una zona del campo dove Pep vuole ampiezza e superiorità numerica. Meglio lì, dove non deve preoccuparsi di cercare spazio tra le linee e aiutare la circolazione. Mi sbagliavo, perché avevo sottovalutato una questione fondamentale: appunto, la sua capacità di controllo.

 

L’aspetto che accomuna Pep e De Bruyne è proprio la volontà di controllare la palla, la differenza sta solo nella maniera differente con cui vogliono esercitarlo, perché Kevin ha bisogno di spazi. E la bravura del tecnico catalano sta proprio nell’aver trovato un modo per avere un punto di incontro, nell’aver costruito (siamo ancora all’inizio ma qualcosa ha già costruito) una squadra capace di capire quando è meglio essere orizzontali e quando verticali.

 

Pep ha posizionato di De Bruyne più arretrato rispetto alle sue abitudini, nel ruolo di mezzala destra, lasciandogli però la libertà di salire a ricevere palla sulla trequarti, così da avere lo spazio per poter esercitare le sue doti palla al piede. Invece di farlo giocare già vicino all’area, Pep l’ha allontanato per farlo respirare, liberandolo dalla necessità di pensare a dove posizionarsi tra le linee. Gli basta essere se stesso all’interno degli half spaces che il sistema crea per poter dare molto di più di quanto darebbe da esterno meccanico, come voluto Pep per gli esterni, un ruolo che in Nolito e Sterling ha due interpreti adeguati.

 

foto-de-bruyne

Prendo in prestito questa foto del derby di Manchester creata da Emiliano Battazzi per spiegare visivamente la ripartizione del campo del City

 

Adesso De Bruyne si trova a ricevere con spazio a disposizione in maniera naturale, alle spalle del centrocampo avversario e con la fronte alla porta, con l’altra nuova mezzala, Silva, a compensarne i suoi movimenti. De Bruyne ha spazio per ricevere e spazio per inserirsi senza palla nella zona di definizione, dove è secondo a pochi. La cosa divertente è che già Fabio Barcellona aveva scritto di questa eventualità nello sviluppo di De Bruyne: «Un’idea tattica, allora, potrebbe essere quella di fare partire Kevin De Bruyne da posizione più arretrata, coperto alle spalle da un interditore, lasciandolo libero di muoversi per raggiungere in un secondo tempo la zona più avanzata. Ciò potrebbe dare una soluzione ai problemi di costruzione bassa del City che potrebbe beneficiare della brillantezza e della velocità di pensiero ed esecuzione di KDB per ovviare alla lentezza, prevedibilità e staticità dello sviluppo dell’azione offensiva».

 

Personalmente non pensavo fosse un giocatore da gioco di posizione, per via del suo limitato talento associativo nel corto, in realtà ho sottovalutato la capacità di De Bruyne di capire come funzionare all’interno di un sistema complesso. Non è un giocatore anarchico, pensa sempre a come ordinare il mondo attorno a sé e questo è proprio quello che sta facendo la differenza nella convivenza con Guardiola. Pur mancando ancora di precisione nei gesti tecnici, De Bruyne sta migliorando di partita in partita.

 

Kevin ha tutto il tempo per calibrare il lancio, ma la palla finisce in una zona troppo lontana per cui neanche un giocatore veloce come Nolito riesce ad arrivare.

 

Nel sistema di Pep, De Bruyne è fondamentale sia nell’ultimo passaggio, che in quello che sta diventando un suo marchio di fabbrica: il passaggio intermedio per l’esterno così da iniziare veramente l’azione offensiva. Come visto sopra, può ancora sbagliarlo, ma quando riesce ad essere preciso è un’arma fondamentale per il City. Ora la squadra di Guardiola viaggia sul ritmo del suo passaggio ad allargare il gioco e mettere l’esterno in condizione di trovare la superiorità.

 

Stesso tempo a disposizione per calibrare il lancio e questa volta invece riesce senza problemi a rimbalzare proprio davanti a Sterling. Quando il lancio è medio-lungo (come in questo caso) la sua precisione è invidiabile, quando è lungo (come in quello precedente) va ancora a fasi alterne. La nuova posizione però lo spinge a provarne sempre di più: con 3 a partita per adesso uno in più di media rispetto alla scorsa stagione.

 

Le prime partite mi avevano fatto vedere un De Bruyne con le idee chiare su cosa potesse essere per Pep, ma l’esplosione di Silva come regista della manovra e l’utilizzo dei falsi terzini in fase di costruzione aveva oscurato il belga, limitandolo ad accompagnare i movimenti dello spagnolo. Evidentemente, in quel periodo, De Bruyne stava studiando, provando i propri limiti tecnici per poterli superare.

 

Che poi non dovrebbe poter esistere un centrocampo con due mezzali come Silva e De Bruyne, è fuori da ogni logica di “equilibrio”, ma proprio questa scelta di disfarsi dei preconcetti tanto cari al calcio britannico (guarda caso, un concetto di equilibrio rafforzatosi dopo il primo Chelsea di Mourinho, quel 4-3-3 con una mezzala che corre, una che gestisce e un mediano che fa da diga alle loro spalle) potrebbe essere la ricetta per far fare a De Bruyne quell’ulteriore passo in avanti che gli manca per entrare nell’Olimpo dei migliori.

 

De Bruyne nel suo nuovo ruolo non ha perso niente della sua produzione offensiva (nel derby vinto da solo ha rappresentato quasi il 50% della produzione offensiva del City con 6 occasioni create su 13), ma la nuova richiesta lo porta a fare cose che prima solo accennava, come fare da bersaglio del lancio dalla difesa in fase di costruzione.

 

Anche perché De Bruyne stoppa qualsiasi cosa.

 

Sarà interessante capire cosa succederà con l’entrata di Gündogan nella formazione titolare del City, perché questo De Bruyne compirebbe un passo indietro, rispetto a quanto sta piano piano costruendo, se inserito sulla fascia. E volendo spingerci ancora più in là, non vedo perché Guardiola non dovesse decidere di lasciare sia Silva che De Bruyne in questo nuovo ruolo e provare Gündogan da regista alle loro spalle, in quello che fino ad ora è stato il ruolo di Fernandinho.

 

Questa scelta porterebbe ad un ulteriore aiuto per De Bruyne, che potrebbe contare sui lanci precisi del tedesco per ricevere palla alle spalle del centrocampo. Già oggi i suoi inserimenti senza palla fanno parte della routine di una squadra che sta assimilando sempre di più concetti verticali pur rimanendo spiccatamente di possesso.

 

Con lo spazio a disposizione e le sue doti d’inserimento, pensate se a dargli il pallone fosse stato il piede educato di Gündogan

 

Per quanto visto in queste prime partite della stagione 2016/17, De Bruyne ha ancora margini di miglioramento. Se lo scorso anno pensavo di aver capito tutto di De Bruyne fermandomi alla sua capacità di definizione, non posso che continuare a guardarlo, con curiosità, pronto a stupirmi di nuovo di fronte ai prossimi sviluppi del suo talento.

 

 

Tags : kevin de bruynemanchester cityManchester Unitedpremier league 2016/17

Daniele V. Morrone, nato a Roma nel 1987. Laureando in economia, amante del "calcio di posizione" di Cruijff e Guardiola, segue con attenzione l'evoluzione del calcio asiatico.

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