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Foto di Doug Pensinger/Getty Images
NBA Nicolò Ciuppani 25 ottobre 2016 11'

Come si battono i Golden State Warriors?

Una domanda a cui tutta la NBA deve rispondere.

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I Golden State Warriors saranno obbligatoriamente la squadra che catalizzerà il maggior numero di attenzioni nella stagione che sta per cominciare, negarlo sarebbe ipocrita. La squadra che ha vinto 73 partite solo un anno fa ha aggiunto un futuro Hall of Famer come Kevin Durant, che per qualche strano motivo è il terzo miglior tiratore da 3 punti del roster: per tutti quelli che non si chiamano Golden State, la vita fa schifo.

 

Adam Silver si è affrettato subito a dire che la situazione, per lui, non è ottimale e non è un bene per la lega, e i rumors degli ultimi giorni riguardo al nuovo CBA suggeriscono l’adozione di contromisure per evitare che si ripetano le esplosioni del salary cap, oltre alla reintroduzione delle estensioni come strumento utile per le squadre per mantenere i propri giocatori più forti: esattamente le due anomalie che hanno permesso ai Warriors di assemblare la corazzata attuale.

 

Ma per quanto i favori del pronostico siano e debbano essere tutti dalla loro parte, non si è mai vista una squadra che avesse vita facile all’interno di una stagione: gli stessi Warriors l’anno scorso non hanno vinto l’anello, gli Heat di LeBron quando vinsero il primo titolo affrontarono due elimination game di fila coi Celtics e così via per tutte le super-squadre che sembravano avere il destino segnato.

 

Ci sarà un momento nella stagione in cui Golden State sembrerà umana e fragile, ma come esercizio di stile proviamo a immaginare cosa occorra per battere i Warriors al massimo della forma.

 

Memo: questo era l’attacco dell’anno scorso

 

 

Non giocare al loro gioco

 

Partiamo da un presupposto: qualunque sia la tua difesa e qualunque sia il tuo attacco, gli Warriors avranno tiri migliori dei tuoi. Period. Steph Curry quando ha spazio può tirare con alte percentuali da qualsiasi posizione oltre la metà campo; Klay Thompson e Durant sono forse i due migliori attaccanti lontano dalla palla dell’intera lega; Draymond Green ha sfiorato il 40% da 3 nella scorsa stagione, quindi non si può pensare di battezzarlo; e perfino Andre Iguodala dal catch & shoot ha tirato oltre il 40% da 3. A parità di occasioni, gli Warriors vincono quasi sempre.

 

Steve Kerr ha inoltre dichiarato di voler provare ad utilizzare spesso Durant in post basso in attacco: una notizia terribile per gli avversari, perché toglie ai Warriors alcuni dei punti deboli dell’attacco nello scorso anno – vale a dire la capacità di guadagnare tiri liberi e procurarsi canestri facili. Durant ha una facilità nel mettere la palla a terra irreale per uno con le sue braccia, e quelle dimensioni sono una calamita per raccogliere falli in area mentre attacca (quasi 8 liberi di media in carriera su 36 minuti). In post basso, se possibile, la situazione è pure peggiore: KD l’anno scorso ha prodotto punti nel 61% dei suoi 149 possessi in post, il migliore in assoluto in tutta la NBA. KD in post non è un esperimento simpatico: è una vera e propria arma letale.

 

L’obiettivo numero 1 deve essere quello di avere più possessi di loro, quindi la lotta a rimbalzo deve essere non solo vinta ma stravinta, e il numero delle palle perse non deve mai essere a loro favore. Tra i due, quello a rimbalzo sembra l’obiettivo più realizzabile: persi Bogut ed Ezeli, la frontline di Golden State non ha più dei rimbalzisti eccellenti e il logorio di una stagione intera può portare assetti più pesanti a prendere decine di rimbalzi in più nella stessa partita. Ma andare pesantemente ad attaccare il vetro a rimbalzo offensivo offre praterie aperte per i contropiedi avversari, e nel caso in cui Golden State riesca ad ottenere molteplici stops in difesa, l’inerzia della partita rischia di scappare in un amen – perché l’effetto Quarto D’Ora Granata non è scomparso, anzi. Dal lato difensivo inoltre non si può nemmeno dormire tranquilli: nessun giocatore degli Warriors è un fenomenale rimbalzista offensivo, ma contemporaneamente tutti richiedono estrema attenzione in difesa, togliendo quindi un eventuale vantaggio numerico a rimbalzo.

 

L’obiettivo delle palle perse è un’altra battaglia che non è vinta in partenza. È vero che Curry, Green e gli altri sono una miniera di palle perse non forzate (l’anno scorso erano i primi nella statistica con distacco), e i favori del pronostico insieme alla voglia di dare spettacolo sono solo benzina sul fuoco di un elemento che costò loro il titolo. Ma la loro difesa adesso non garantirà più una linea di passaggio sicura, visto che l’apertura alare di Durant si aggiunge ad una pletora di braccia lunghissime e giocatori reattivi sulle linee di passaggio, oltre che estremamente intelligenti nelle letture. L’anello debole della difesa, ovvero Curry, è ai primi posti della lega per palle rubate e tra Iggy, KD, Green, Livingston la speranza che un lob arrivi ad un giocatore di post in buona posizione è ridotta al lumicino.

 

Quindi, altro punto fondamentale: non bisogna passarsi la palla più del necessario, o meglio ancora non passarla mai. OKC l’anno scorso lo fece ed arrivò ad un passo dall’impresa, Cleveland lo fece ed è riuscita nella più grande rimonta della storia. Può sembrare contro-intuitivo, ma contro questa squadra non bisogna muovere la palla più del necessario in attacco, quanto piuttosto semplicizzare gli attacchi e isolare i difensori.

 

 

Reggere l’onda d’urto del nuovo Death Lineup

 

L’argomento più in voga nella passata stagione era il Death Lineup: il quintetto con Curry, Thompson, Iggy, Barnes, Green con cui i Warriors avevano piallato essenzialmente chiunque. Durante la regular season il Death Lineup entrava nei secondi/terzi periodi, le distanze in attacco aumentavano, in difesa sbucavano da tutte le parti e con una tranquillità fastidiosa improvvisamente Golden State si trovava avanti di 16-17 punti.

 

Quel quintetto aveva innumerevoli opzioni offensive: far portare palla a Iggy e muovere le guardie dietro ai blocchi; mandare Green in post alto a smistare; chiamare i backdoor di Barnes, i blocchi elevator per Klay, gli hammer guidati da Steph e soprattutto il pick&roll tra Curry e Green.

 

Sembrava un’equazione senza alcuna possibilità di soluzione: Curry è il miglior giocatore del mondo in palleggio-arresto-tiro e, nel caso in cui il lungo lo avesse attaccato forte, la sua capacità di palleggio lo portava in un amen al ferro; se la difesa raddoppiava su Curry, la palla finiva a Green (39% da 3) che poteva tirare o rollare a canestro dove, nel caso la via fosse stata chiusa, c’erano Klay, Barnes e Iggy (nessuno dei 3 sotto al 35% da 3) marcati da soli 2 giocatori.

 

La musica per gli Warriors è cambiata radicalmente nella fase finale dei playoff quando OKC e Cleveland hanno trovato il modo per difenderli: la chiave per far crollare l’attacco titanico non era Curry, ma Green. Con Durant/LeBron a marcare Green, l’opzione di post alto era completamente da scartare, e messo un difensore fisico sugli esterni nell’eventuale cambio sul blocco, Green si sarebbe trovato contro un giocatore veloce quanto lui e fisico abbastanza per fermare la penetrazione in palleggio, mentre Curry era accoppiato a uno dei migliori difensori della NBA.

 

Chiunque avesse provato a fare il gioco degli Warriors e provare a segnare più di loro con un quintetto piccolo ha dovuto pagare pegno, mentre chi provava a giocare con due lunghi tradizionali per batterli a rimbalzo vedeva il proprio lungo perdersi in mezzo a quel pick&roll come se fosse finito nel Triangolo delle Bermuda. Ma nei playoff Cleveland e OKC hanno potuto nascondere il proprio lungo su Barnes, che nel corso dei playoff ha subito una lenta involuzione, finendo per sembrare fuori luogo nelle ultime gare di finale.

 

Il nuovo Death Lineup si presenta ancora più spaventoso e terribile, se possibile. Se prima, per coprire il P&R tra Curry e Green si posizionava il miglior difensore tra le guardie su Steph, e su Draymond il miglior difensore tra i lunghi, adesso questi dovrà per forza coprire Durant, aka il giocatore NBA con la media punti più alta tra quelli in attività. In questo modo si rischia che Green sia marcato da un difensore peggiore e gli Warriors possono permettersi il lusso di scegliere a quale dei loro giocatori far portare il blocco, allontanando il miglior difensore avversario dall’azione.

 

A peggiorare ulteriormente le cose c’è la nuova prospettiva del pick and roll tra Curry e KD, che resta senza precedenti. Se la squadra decide di cambiare sul blocco adesso il piccolo deve marcare Durant, il sette-piedi più produttivo di chiunque in post basso. Se provano ad uscire forte su Curry, Durant ha esattamente le stesse opzioni che aveva Green lo scorso anno, salvo essere un attaccante molto migliore. Se il piano è costringere Durant a mettere palla a terra… KD è il secondo miglior giocatore in palleggio-arresto-tiro del mondo. Con il primo, ricordo, che gli ha appena passato la palla.

 

Non c’è una soluzione semplice al problema. Ci sono squadre che possono pregare e basta perché non hanno i giocatori necessari per far fronte ad una cosa del genere, ma per le altre forse vi è un barlume di speranza.

 

Il Death Lineup infatti non ha totalizzato più di un terzo dei minuti del quintetto principale nella passata stagione: ricorrendo a uno stile di gioco, sia in attacco che in difesa, basato soprattutto sul movimento e la ripartenza, lo sforzo era troppo dispendioso dal punto di vista fisico per pensare di adottare quella soluzione con continuità. Se poi dopo i primi minuti non erano riusciti a scavare il tradizionale solco nel punteggio, Kerr preferiva ritirare la squadra e tornare a un gioco più “ortodosso”.

 

Le squadre adesso possono provare a nascondere il proprio lungo su Iguodala, purché esso sia in grado di mettere un minimo di pressione sulla palla perché Kerr può sempre usare Iggy come portatore. Ammesso dunque di riuscire a nascondere lì il peggior difensore, se gli altri giocatori riuscissero a essere fulminei nei cambi sul primo blocco e sulle rotazioni successive, allora si potrebbe riuscire a mantenere difensori competenti su Durant e Curry e limitare la permanenza in campo del Death Lineup senza subire il parziale. Sul tema dei cambi sui pick&roll targati Warriors rimando a questo articolo di Kevin O’Connor.

 

 

Slay the dragon

 

Tra tutti i giocatori con almeno 45 partite giocate e almeno due occasioni al ferro difese per partita, i Warriors potevano vantare due dei primi 9 giocatori:

 

Gobert 41.0%

Seraphin 42.1%

Henson 42.3%

Withey 43.0%

Ezeli 43.6%

Ibaka 43.6%

Josh Smith 44.7%

Leonard 44.9%

Bogut 45.2%

 

Le prime falle nell’aura di invulnerabilità dei Dubs si sono aperte non a caso con gli acciacchi di Bogut e con Ezeli lost in translation.

 

Sebbene Green sia comunque un eccellente rim protector (46% concesso al ferro la passata stagione) e nonostante West abbia fatto registrare un insolitamente ottimo 48% (complice il bunker difensivo degli Spurs), nessuno dei nuovi arrivati rappresenta una minaccia per gli attacchi avversari come lo erano i precedenti centri – a meno che a JaVale McGee venga montato un nuovo software. Si apre quindi una corsa all’oro verso il centro dell’area di Golden State, dove tutte le squadre proveranno a indirizzare i loro penetratori di continuo (do you remember Kyrie & LeBron?), sperando di trovare tiri facili e di costringere Green a fare fallo più volte del necessario.

 

Già nella scorsa stagione i Dubs concedevano a ogni guardia avversaria circa 8 penetrazioni a partita, nelle quali queste tiravano oltre il 51% perdendo palla solo 0,6 volte; sarà interessante vedere come questo dato verrà modificato e se Kerr ha in mente un modo per migliorare quello che sembra l’unico vero punto debole della sua difesa.

 

L’over/under di penetrazioni a canestro di Westbrook contro il suo ex collega è abbondantemente in tripla cifra.

 

 

Pounding The Rock

 

Bogut l’anno scorso era il barometro della difesa interna nella baia. In media gli Warriors concedevano il 61% nei tiri entro un metro dal ferro, che è un dato tutto sommato molto buono. Con Bogut in campo il dato scendeva al 56%, che li posizionava al primo posto nella lega a oltre 2 punti di distanza dagli Spurs, secondi. Con Bogut fuori invece le percentuali toccavano il 64%, dato che li metteva al penultimo posto della lega davanti ai soli Lakers.

 

Viene pressoché automatico pensare che ora che non c’è più Bogut a coprire le spalle a tutti, gli attacchi avversari cercheranno di andare in area il più possibile, o penetrando oppure esplorando il post basso non appena ne avranno l’occasione. Non è un caso che gli Spurs abbiano firmato Pau Gasol, che Al Jefferson abbia ricevuto un’offerta fruttuosa e che, più in generale, ci sia una sorta di rinascimento degli attaccanti da post basso, soprattutto per guidare le second unit.

 

Viene però da chiedersi perché le squadre non abbiano già provato a martellare gli Warriors al ferro già dall’anno scorso. Il Death Lineup concedeva il 4% di tiri in più al ferro (dato nbawowy.com), ma non è un incremento così alto se si pensa alla differenza di protezione che tale scelta offriva. La risposta è che gli avversari hanno effettivamente provato ad arrivare al post contro il DL, ma gli è stato impedito dalla rapidità negli scivolamenti laterali e dall’impressionante apertura alare di quel quintetto.

 

steph-015

Anche Curry, che è palesemente il peggior difensore tra i 5, è comunque agguerrito nel negare la ricezione in zona favorevole e reattivo nelle linee di passaggio per sporcare passaggi o rubare direttamente palla.

 

Quindi, anche se il punto debole dei Warriros è evidente, non è così facile da raggiungere. È come se l’architetto della Morte Nera si fosse finalmente accorto che mettere una griglia davanti a quell’ingresso largo esattamente quanto un caccia ribelle è dopotutto una buona soluzione.

 

Le cose peggiorano soltanto, perché è facile rendersi conto di che razza di attaccante sia Durant, ma spesso ci si dimentica troppo facilmente che freak difensivo egli sia. KD ha maggior wingspan e standing reach di Steven Adams, è l’uomo che ha disinnescato Draymond Green alle scorse finali di conference, è il 5 tattico dei quintetti piccoli per eccellenza.

 

Quanti giocatori sono in grado di stoppare saltando dritti sotto a canestro…

 

…e prendere tempo al palleggio di Steph Curry nella stessa partita?

 

Cercare di attaccare ripetutamente Golden State in post sarà imperativo, perché come detto semplifica l’attacco, può rallentare i possessi, caricarli di falli e far rifiatare i propri giocatori. Riuscire a farlo però implica 1) un giocatore di post produttivo in grado di non farsi crivellare in difesa dai P&R dei Dubs; 2) un entry passer di livello capace di eludere la fitta selva di braccia.

 

Infine – superato l’impatto della nuova Death Lineup, attaccato il ferro con slasher e in post, vinta la sfida a rimbalzo e a palle perse – è importante che la panchina di Golden State sia meno produttiva. Questo tra tutti sembra essere il compito più semplice: per garantire l’ammontare di talento a disposizione, Golden State ha rinunciato a parte della propria profondità. Molti minuti in stagione rischiano di essere giocati da Varejao e McGee, che ormai sono buoni solo nelle battute e a momenti nemmeno più in quelle. Ma occorre anche che David West torni la salma dell’anno scorso, che Pat McCaw e Kevon Looney dimostrino che i lampi mostrati in pre-season non siano appunto solo dei lampi da pre-season e che l’amalgama tra titolari e riserve sia pessima perché anche la panchina, benché molto corta, rischia di essere comunque un fattore positivo nella loro stagione.

 

Come evidenziato da Howard Beck in questo fenomenale articolo, il resto della lega si è ridotto a pensare ottimisticamente a come fermarli, più che andare alla ricerca di risposte concrete rischiando di perderci il senno. Finora non abbiamo mai avute tre Finali di seguito con le stesse squadre, ma qualunque persona che pronostichi una finale diversa da Warriors-Cavaliers oggi verrebbe preso per pazzo, o quantomeno per hipster. Tutte le squadre sono aggrappate al fatto che la storia suggerisce che qualcosa andrà storto, più che prepararsi per fare in modo che ciò succeda.

 

Non è una situazione ideale, ma volendone vedere il lato positivo siamo di fronte ad una situazione irripetibile e in quanto tale difficilmente pronosticabile. Volenti o nolenti i Warriors capitalizzeranno la maggior parte delle discussioni di quest’anno e la loro vulnerabilità sarà il trend topic dell’intera stagione.

 

Probabilmente la vera risposta a questa egemonia cestistica la vedremo a stagione inoltrata, con molte squadre che proveranno a tenere gli assi fino all’ultima mano. Per il momento si può giusto avanzare ipotesi o incrociare le dita: che siano gli infortuni, il carattere di Draymond Green, la scarsa profondità del roster o la capacità di LeBron di creare molteplici copie di sé stesso per mitosi, la sfida al loro scalpo è stata lanciata. Ed è forse una delle più grandi sfide sportive che la pallacanestro abbia mai proposto.

 

 

Tags : golden state warriorssteph curry

Nicolò Ciuppani: parla di basket su Ball Don't Lie, ne scrive sul Buzzer Beater Blog e programma analytics per Chartside.

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