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Foto di Bryn Lennon/Getty Images
Sport Andrea Minciaroni 4 marzo 2016 6'

Ciclismo eroico

Parte Strade Bianche, la versione professionistica de l’Eroica, la corsa ciclo-turistica più fica del mondo.

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Dal 1997 sulle colline senesi della Valle del Chianti si tiene una delle più famose manifestazioni ciclo-turistiche al mondo. L’Eroica è una gara corsa su strade bianche, non asfaltate, percorse con biciclette d’epoca. È definita “la woodstock del ciclismo vintage”: «Vogliamo far riscoprire la bellezza della fatica e il gusto dell’impresa» si legge sul sito dell’evento, nella sezione significativamente chiamata “Ethos”.

 

Si tratta di un evento a metà tra il cicloturismo e la rievocazione storica del ciclismo delle origini, “eroico” per l’appunto, corso senza le garanzie tecniche contemporanee. «L’Eroica è ispirata al ciclismo classico, dal ciclismo in bianco e nero raccontato nei giornali dei primi del ‘900 a quello del duello tra Bartali e Coppi fino ai tempi più recenti in cui, però, si usavano ancora le gabbiette ai pedali e le leve del cambio sul tubo obliquo» si legge ancora sul sito.

 

Quello evocato dall’Eroica è una specie di universo parallelo. Il silenzio delle strade sterrate, col semplice fondo di terra battuta, niente clacson e urla: solo il rumore di bici vintage tra il soffio del vento, i sassolini bianchi e la polvere che si alza. Sullo sfondo grandi cipressi, lecci secolari e le geometrie perfette di vigneti che sembrano mosaici.

 

Nel 2007 il Monte dei Paschi di Siena ha investito sul progetto aprendo la corsa anche ai professionisti, dando vita a una sorta di Eroica 2.0, corsa dai professionisti. Si tratta della manifestazione intitolata “Strade Bianche”, una corsa in linea di ciclismo su strada che misura 176km e che si correrà sabato 5 marzo.

 

Rievocare il passato: l’Eroica

Il Monte dei Paschi ha probabilmente intravisto le potenzialità commerciali di una gara corsa in uno scenario da cartolina, incredibilmente coincidente con l’immagine paesaggistica che all’estero si ha dell’Italia.

 

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I motivi del successo dell’Eroica risiedono infatti nella capacità di raggiungere un buon equilibrio tra rispetto dei valori storici della corsa, che ne costituiscono il grande fascino, e un’apertura internazionale che ha portato l’ingresso di numerosi sponsor e la nascita di un vero e proprio brand.

 

L’Eroica nasce quasi per caso. Nel 1995 poche centinaia di persone si riuniscono in quello che diventerà poi il parco ciclistico del Chianti. Sono degli appassionati di bicicletta che arrivano dalle zone limitrofe e che vogliono solo passare una domenica insieme per pedalare sui percorsi delle colline toscane. Non è una gran fondo, né una competizione amatoriale, non ci sono classifiche e non vengono registrati i tempi di arrivo.

 

A organizzare la cosa è Giancarlo Brocci, giornalista di Gaiole in Chianti che scrive di sport per il quotidiano La Nazione. Gli piace il calcio – gioca anche come mezz’ala nella Chiantigiana  squadra regionale di Gaiole – ma soprattutto segue da sempre il ciclismo: uno sport che considera, più di ogni altro, autenticamente popolare. La sua idea è di organizzare un evento che rievochi le gesta e la memoria dei corridori del passato. Due anni dopo quella giornata nasce l’Eroica.

 

 

In quel periodo il ciclismo è scosso dai primi grandi scandali provocati dall’EPO e molti appassionati iniziano ad avvertire un senso di corruzione nel mondo del ciclismo professionistico. L’Eroica in questo senso forniva un’alternativa al disincanto: un ritorno nostalgico al ciclismo delle origini, sia nello spirito che nell’aspetto  più materiale dell’equipaggiamento da gara.

 

In antropologia viene definito “retaggio culturale” l’insieme di significati, pratiche ed espressioni che appartengono al passato e a una memoria che viene nell’arco del tempo conservata. Un eredità, un patrimonio culturale che per continuare a esistere ha bisogno di rievocazioni continue. L’Eroica è esattamente questo: un momento in cui delle persone condividono una pratica per evitarne l’oblio. Quando parla dell’Eroica Brocci la definisce «una comfort zone che ti  porta indietro ai vecchi tempi del ciclismo».

 

A garantire la corretta rievocazione del passato un insieme di regole e criteri molto rigidi. Per partecipare all’Eroica non sono consentite biciclette moderne: nessun cambio di telaio, fermapiedi con cinturini ai pedali, fili del freno esterni al manubrio e un abbigliamento adeguato. Niente materiale tecnico: solo maglie d’epoca e calzoncini di lana.

 

Inoltre, per preservare l’identità locale della corsa, mantenendo un equilibrio tra radici storiche e richiamo turististico, bisogna garantire che una certa percentuale di partecipanti sia composto da ciclisti italiani e da over 65.

 

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Un ottimo compromesso per continuare a vendere un prodotto che ha i propri punti di forza nell’esclusività e nel forte legame con la dimensione culturale locale, toscana, italiana. E anche con il suo patrimonio enogastronomico, visto che il percorso è costeggiato da punti di ristoro di qualità, dove fare degustazione dei prodotti locali.

 

Oggi ogni ottobre migliaia di persone si riuniscono per pedalare insieme, faticare, sudare, riparare tubolari bucati, bere chianti e immaginare di essere nel 1966. La prima Eroica contava circa cento partecipanti, nel 2011 ha registrato il record di presenze: 4009 persone di cui oltre 1000 stranieri. Dal 2012, dopo aver registrato oltre 5000 partecipanti, l’organizzazione ha deciso di stabilire un numero chiuso.

 

Nel 2010 il New York Times ha dedicato un intero reportage all’Eroica, con un articolo dal titolo semplice quanto efficace: “For cyclists in Tuscany, winning isn’t the point”. Nello stesso anno, l’Indipendent inserisce l’Eroica tra le cinquanta gite più belle del mondo da fare in bicicletta.

 

I numeri e i riconoscimenti spiegano solo in parte  il successo dell’Eroica, legato soprattutto sua dimensione letteraria e narrativa e alla capacità di esprimere alcune tendenze molto forti nella nostra cultura, come quella del Vintage e del recupero del passato. Oltre al fatto di assicurare una dimensione esperienziale molto forte, autentica. Come si legge sul reportage del New York Times: «Il ciclismo non è mai stato divertimento, ma una bellezza ricca di sofferenza».

 

Vivere il presente: Strade Bianche

È interessante che qualcosa di così nostalgico sia riuscito a diventare un brand internazionale capace di parlare alla contemporaneità. È grazie al successo dell’Eroica che Monte dei Paschi di Siena ha deciso di investire sul progetto, dando vita a Strade Bianche.

 

Chiamata inizialmente Monte Paschi Eroica, Strade Bianche è una corsa in linea di ciclismo su strada che oggi fa parte del circuito UCI Europe Tour. La possiamo definire una classica a tutti gli effetti, che unisce in particolare le caratteristiche della Parigi-Roubaix e del Giro delle Fiandre. Viene non a caso definita “la classica del nord più a sud d’Europa”.

 

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Numerosi km in strade sterrate e dissestate, che ricordano i famosi pavé della classica francese, e terribili strappi in salita – con punte fino al 20% – che ricordano i muri belgi. Una corsa dura, non paragonabile a classiche più impegnative come la Milano-Sanremo o la Liegi-Bastogne-Liegi, ma comunque in grado di fare selezione, di mettere a dura prova la resistenza dei corridori, sfinendoli anche da un punto di vista psicologico. In questo senso non va sottovalutato il fattore forature in una gara che si corre su strade sterrate per oltre 50 km.

 

Quest’anno si disputerà la decima edizione, con un percorso di 176 km, di cui 52,8 di strade bianche. Non ci sono vere e proprie salite, soprattutto quelle lunghe, tipiche delle tappe di montagna, ma numerosi strappi brevi in grado di fare selezione fin da subito. Ed è, come sempre, soprattutto il finale che potrebbe determinare il vincitore: A 12 km dall’arrivo i corridori dovranno affrontare l’ultimo tratto di sterrato con un salita al 18%. Il momento ideale per attaccare, e anticipare l’ultimo strappo della corsa: i 500 m di Via Santa Caterina, quelli che lanciano i corridori sul traguardo finale, nel pieno centro di Siena.

 

Per rendere omaggio al decennale della corsa, quest’anno ci saranno presenze importanti. Diversi nomi che compongono l’élite del ciclismo internazionale: Peter Sagan, Vincenzo Nibali, Fabian Cancellara, Greg Van Avermaet, Aljeandro Valverde, e il vincitore della scorsa edizione: Zdenek Stybar. Corridori da circuiti World Tour, solitamente protagonisti durante il periodo della classiche monumento.

 

A prescindere dal tipo di percorso, il successo di Strade Bianche è determinato soprattutto dall’atmosfera, dai paesaggi toscani che circondano i corridori e incorniciano la corsa in una scenografia quasi irreale. Se pensiamo a quanto sia importante per il ciclismo l’immaginario ambientale che una corsa riesce a evocare, anche per la sua spendibilità in termini commerciali e di branding, Strade Bianche è l’esempio di un successo che potrà solo aumentare nel lungo periodo.

 

Oggi non è così impossibile immaginare un futuro in cui Strade Bianche diventa una classica da circuiti World Tour. Per quanto difficile che possa raggiungere il successo di corse storiche come la Milano – Sanremo o la Parigi-Roubaix, avvantaggiate dalla patina del tempo, Strade Bianche ha tutte le potenzialità per diventare nel medio periodo uno degli appuntamenti più importanti della stagione.

 

 

Tags : ciclismostrade bianchetoscana

Andrea Minciaroni vive a Roma, dove gira con vecchie biciclette usate sfidando le buche e il famoso traffico della capitale.

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