Un anno fa, per la prima volta nella storia, è stato eletto un Most Valuable Player all’unanimità. I Golden State Warriors avevano semplicemente annichilito la regular season toccando la quota record di 73 vittorie e Steph Curry, già MVP un anno prima, aveva frantumato qualunque previsione segnando oltre 400 triple in una stagione: sembrava davvero non esserci più motivo di interesse per gli anni a seguire per il trofeo di miglior giocatore.
A dodici mesi di distanza la situazione è completamente capovolta e quella che ci si presenta potrebbe essere la lotta per il trofeo più incerta di sempre. Generalmente si arriva con un manipolo di 2-3 favoriti, tra cui si ha quasi sempre uno un po’ più favorito degli altri; quest’anno invece la competizione è stata molto più aperta, con un gruppetto di quattro giocatori egualmente degni di essere premiati come giocatore di maggior valore della NBA: Russell Westbrook, James Harden, LeBron James e Kawhi Leonard. Intendiamoci fin da subito: non c’è un chiaro vincitore, esistono plurime motivazioni per preferire uno rispetto agli altri, ma mai come quest’anno sembra davvero che i singoli voti conteranno tantissimo.
Da questo regno tetrarchico rimangono fuori alcune onorevoli menzioni, tra le quali spiccano Kevin Durant e Stephen Curry, ovvero i vincitori degli ultimi tre anni. Prima dell’infortunio KD si stava esibendo in una stagione alla pari di quella dei primi quattro illustrissimi finalisti e la sfida sembrava davvero essere una corsa a cinque. Curry invece ha sofferto un inizio non proprio scintillante e la “noia” di doverlo votare per la terza volta di fila, ma quando Durant ha alzato bandiera bianca per infortunio è ritornato lo Steph Curry dei due MVP, delle triple senza giudizio e senza pietà (ha comunque registrato la seconda miglior stagione di sempre per triple segnate, dietro solo alla sua precedente). Aggiungendo pure che i Warriors sono la prima squadra nella storia a vincere più di 65 partite per tre anni di fila, sembra paradossale non considerare nemmeno un giocatore di Golden State per la lotta al vertice, eppure così è.
Questo perché i quattro di cui sopra hanno realizzato delle stagioni irreali, sbriciolando record, elevando le proprie squadre sopra le aspettative e facendoci cambiare idea sul chi fosse il migliore una dozzina di volte a settimana. Per questo, cerchiamo di fare un bel respiro profondo e analizzare quali sono i punti forti delle loro candidature.
LeBron James: semplicemente valuable
di Nicolò Ciuppani
Quando si parla del premio Coach of The Year esiste una teoria, presentata da Zach Lowe nel suo podcast e condivisa da molti altri, per cui non dovrebbe davvero esserci una votazione: se si valuta il miglior coach in assoluto, il premio dovrebbe spettare a Gregg Popovich ogni anno, essendo lui il miglior allenatore sul pianeta. La stessa cosa si potrebbe fare per il trofeo di MVP quando si parla di LeBron James.
LeBron è il giocatore più forte del mondo e il giocatore più dominante di questa epoca – e queste ormai non sono più opinioni, ma dati di fatto. L’anno scorso il trofeo era andato all’unanimità a Stephen Curry, e due mesi dopo chi l’ha votato – e chi, come il sottoscritto, non ha potuto farlo ma lo avrebbe fatto – si è dato dello stupido per non aver considerato la cosa più semplice: il miglior giocatore del mondo è il numero 23 dei Cavs.
Il motivo per cui il nome di LeBron non è tra i primi nelle votazioni ormai da tre anni è che ci siamo stancati di votarlo: le sue prestazioni sopra le righe non fanno più notizia, una sua schiacciata non va più negli highlight, più in generale a parità di numeri o prestazioni, quella di LeBron passa in secondo piano rispetto ad altre facce più fresche per avere un po’ di novità nelle nostre vite. È successo con Michael Jordan al tempo e sta succedendo con James attualmente: è un fenomeno ciclico, e la nostra capacità di osservare la grandezza viene meno nei confronti di una novità più entusiasmante.
Ma nonostante l’aura di invincibilità e di forza che lo circonda, LeBron sta davvero giocando una stagione da MVP. Sta realizzando i massimi in carriera negli assist e a rimbalzo, giocando da ala piccola e non stabilmente da 4 come accadeva a Miami. È alla sua seconda miglior stagione di sempre per percentuale di tiro da 3 e alla terza miglior stagione di sempre per efficacia dal campo in generale. Cleveland senza LeBron ha un record risibile e dei parziali semplicemente atroci quando lui riposa. Quando LeBron è in panchina Cleveland registra 101.6 di Offensive Rating (sarebbe terz’ultima, davanti ai soli Magic e 76ers su base stagionale), 109.9 di Defensive Rating (terz’ultima davanti a Lakers e Nuggets) e -8.3 di Net Rating, ultimissima. Quando LeBron è in campo i Cavs sfornano 115.1 di Offensive Rating (sarebbero primi, con due punti di vantaggio sui Golden State Warriors), 106.9 di Defensive Rating (sarebbero diciottesimi subito dietro Indiana, e sì, LeBron non difende per principio in regular season) e +8.2 di Net Rating (terzi dietro Warriors e Spurs).
LeBron è quindi il giocatore che LETTERALMENTE prende una squadra tra le ultime tre della lega, ovvero con buona probabilità di scegliere in cima al Draft, e la rende al livello delle prime tre, ovvero con buone chance di vincere il titolo. Nessuno degli altri candidati ha un impatto così devastante: Kawhi non gioca in una squadra così terribile, Westbrook e Harden hanno parziali dentro-fuori dal campo simili, ma in quanti sono pronti a scommettere su una loro vittoria del titolo NBA e quanti preferirebbero puntare sui Cavaliers?
Se vogliamo, anche l’argomento delle triple doppie, che è il miglior asso nella manica per il discorso Westbrook come MVP, potrebbe giocarlo anche LeBron. James è a 1.4 rimbalzi e 1.3 assist di media per realizzare anche lui una tripla doppia stagionale, e la famosa stagione di Oscar Robertson con la tripla doppia di media avrebbe dei numeri peggiori di quella di LeBron quest’anno se rapportata a parità di possessi, essendo quella una lega con molti più palloni a disposizione per tutti. Non essendo stato ancora introdotto il play-by-play ai tempi di “Big O”, è impossibile risalire al numero esatto di possessi e fare un confronto per 100 possessi tra i due giocatori, ma semplicemente confrontando il numero di tiri medi presi dai Cavs quest’anno (84.9) e quelli presi di media nella NBA di quell’anno (107.7) rende l’idea di come LeBron abbia già abbondantemente fatto una stagione del livello di quella storica di Oscar Robertson. LeBron inoltre è incredibilmente più efficiente di Westbrook, tirando con una percentuale di oltre 12 punti migliore rispetto a Russ. Al momento in NBA ci sono 57 giocatori con almeno 13 tiri tentati per partita: LeBron è primo per percentuale dal campo, Russ 54°.
Se la vostra scelta del MVP andasse su Harden, LeBron avrebbe anche il suo numero di targa. James è un creatore di gioco dello stesso livello di Harden, ha un rapporto di Assist/Palle Perse migliore di quello del Barba (2.12 contro 1.8), tira dal campo con una percentuale del 10% migliore e perfino la percentuale da 3 punti è migliore. In aggiunta, quando Harden è in campo la difesa della sua squadra peggiora di oltre 4 punti, mentre i Cavs come detto migliorano la propria difesa di oltre 5 punti quando il re è in campo.
Se invece la vostra preferenza fosse per Leonard, basti dire che LeBron è semplicemente superiore a Kawhi in tutto, prendendo più rimbalzi e distribuendo un’enormità di assist in più, ha una migliore percentuale dal campo e più in generale, se togliessimo LeBron da Cleveland, sapremmo già cosa succederebbe; se invece togliessimo Kawhi agli Spurs, stento a credere che Popovich non trovi lo stesso il modo di fare i playoff con LaMarcus Aldridge e gli altri a disposizione. LeBron è il miglior giocatore in tutte le situazioni possibili su un campo di pallacanestro: è quello a cui vorreste affidare la squadra in gara-7 delle finali, quello a cui fareste difendere l’ultimo possesso, quello in grado di capire immediatamente cosa sta succedendo in campo e come servire i compagni che si liberano con un tempo e un angolo che per gli altri giocatori non è possibile realizzare, è quello che rende sostenibili second unit formate da giocatori che potrebbero benissimo non alzarsi mai dalla panchina in altre squadre. In generale, se il concetto di “Valuable” si dovrebbe applicare ad un solo giocatore, quello andrebbe di diritto e senza possibilità di appello a LeBron James.