Atlante emotivo del mercato di Walter Sabatini
Un tentativo di catalogazione degli acquisti del Direttore Sportivo più tormentato del calcio italiano.
Mattia Destro, l’attaccante a cui si toglie anche il saluto
di Emanuele Atturo
Acquistato: 2012, 16 milioni di euro
Ceduto: 2015, 10 milioni di euro
Destro è stata la prima prova di forza di Sabatini, ancor prima di quella di Iturbe. È stato uno dei primi casi in cui la Roma era riuscita a rubare un calciatore all’Inter, l’avversaria storica degli anni precedenti, verso cui esisteva un forte complesso di inferiorità. Anche in seguito Destro è stato usato come simbolo positivo da Sabatini, un modo per mostrare i muscoli: «Non nego di aver ascoltato delle offerte, fatto salvo che nella mia testa c’era di non venderlo; farà molto bene. È anche vanità: mi piace poter dire di no a grandi offerte».
Dal punto di vista calcistico, invece, Destro è diventato l’unico giocatore della storia recente che i tifosi della Roma preferiscono non nominare, neanche per scherzo. Di Destro non abbiamo un ricordo né nostalgico né doloroso, solo sgradevole: come quando ti sei portato/a a letto una persona da ubriaco e il giorno dopo vorresti solo che sparisse dalla tua vita per evitare che ti ricordi, con la sua semplice presenza, dove possono portarti gli aspetti peggiori di te. Questo è stato Destro.
Quando ha segnato il suo gol dell’ex al Dall’Ara, sotto la pioggia, togliendosi la maglia ed esultando facendo il giro di campo, come i pazzi, si è esibito in quel tipo di scenata in cui la persona che hai davanti è talmente fuori controllo che non puoi farci più niente. In fondo pensi che te la sei cercata.
Top 5 giocatori che Sabatini avrebbe potuto e voluto acquistare e che invece…
- Kameni
- DeAndre Yedlin
- Rabiot
- Aubameyang
- Verratti
- Il giocatore segreto
Sabatini ha detto la causa scatenante del suo addio è stato un giocatore che “sta facendo molto bene” e a cui non è riuscito ad arrivare quest’estate. C’è chi dice sia Boyè, chissà se lo sapremo mai.
L’impossiblità di Iturbe
di Daniele Manusia
Acquistato: 2013, 24,5 milioni
L’acquisto di Juan Manuel Iturbe – luglio 2014, la Roma al primo anno di gestione Garcia è da poco arrivata seconda dietro la Juventus dopo un inizio di stagione clamoroso con 10 vittorie consecutive, l’amaro in bocca può essere lavato solo con la speranza di vincere immediatamente, la stagione successiva – è uno dei cardini su cui è ruotata la fortuna della Roma degli ultimi anni. Sono pochi gli acquisti così importanti sbagliati così totalmente e serve a poco ricordare che a Verona aveva fatto una grande stagione e che l’interesse della Juventus era sincero (per alcuni, il mancato acquisto di Iturbe fu addirittura una delle cause delle dimissioni di Antonio Conte). A posteriori, Iturbe sembra uno di quegli acquisti al Fantacalcio a cui qualcuno partecipa perversamente solo per alzare il prezzo d’acquisto, per poi ritirarsi al momento giusto e comprare Dybala l’anno dopo.
Certo, è più complessa di così, ma la mutazione di Iturbe nel nostro immaginario coincide in maniera stupefacente con quella più generale delle potenzialità della Roma. Un crollo verticale inspiegabile e rapidissimo, un ridimensionamento che ha costretto la società a cederlo in prestito al Bournemouth e poi a riprenderselo e a farlo giocare poco, come una famiglia ricca che trova un posto in azienda per il figlio meno in gamba. Iturbe è la dimostrazione che le caratteristiche tecniche arrivano solo fino a dove la mente le fa arrivare, che uno stesso giocatore può percorrere il campo come una pista da sci appena spalata, un giorno, come se fosse un percorso di guerra, il giorno dopo.
Da un altro punto di vista, Iturbe è vittima di un fraintendimento tattico e di un sistema di gioco – quello di Garcia – non adatto alle sue qualità. E per questo unisce l’impossibilità del mestiere di Direttore Sportivo e di quello del tifoso. Ogni volta che guardo Iturbe vedo l’idiozia dei commenti superficiali secondo cui i calciatori professionisti si dividono esclusivamente in pippe e fenomeni, ma anche la tragicità di chi, come Sabatini, come me, e chissà quanti di voi lettori, e per forza di cose Iturbe stesso, prende troppo sul serio un gioco.
Flop 4 giocatori a fine carriera
- Urby Emanuelson
Acquistato: 2014, parametro zero
Ceduto: 2016, fine contratto
Emanuelson in realtà è arrivato alla Roma a 28 anni ma di fatto è stato il suo fine carriera. Di Emanuelson mi piace ricordare solo che una delle prime domande della sua conferenza di presentazione è stata: «L’arrivo di Iturbe rende la Roma favorita per lo scudetto?».
- Gabriel Heinze
Acquistato: 2011, parametro zero
Ceduto: 2012, fine contratto
La Roma è stata la penultima squadra di Gabriel Heinze prima del suo ritiro dal calcio giocato. Prototipo perfetto del centrale argentino aggressivo tanto amato dai tifosi della Roma fin dai tempi di Walter Samuel dentro un corpo ormai in decadenza, Heinze ha almeno dato l’impressione di voler cercare di salvare la nave che affondava nei peggiori momenti della prima Roma americana di Luis Enrique. Il suo ricordo è stato cancellato insieme alla stragrande maggioranza di quella squadra, nonostante Heinze avesse avuto una carriera di primissimo livello fino a quel momento.
- Fernando Gago
Acquistato: 2011, 500mila euro per il prestito
Ceduto: 2012, fine prestito
Nel 2005, anno dell’esordio con il Boca, c’è chi paragona Fernando Gago a Pep Guardiola non solo per la posizione in campo, ma anche per la caratteristica di “vivere e morire solo per poter organizzare il gioco della sua squadra”.
Come Pep, ma spinto da motivazioni diverse, Gago arriva alla Roma sul crepuscolo della carriera: anche se di anni ne ha solo 25 (Guardiola ne aveva 32) non è già più il giocatore così pieno di “urgenza e ansia di ricevere il pallone che alla fine tutto gli altri finiscono per accontentarlo”; il Real l’ha messo all’angolo e Sabatini, ovviamente, fiuta l’affare racchiuso nell’equazione rimembranze esotiche + esperienza + provenienza da un Grande Club + costo zero.
La sabatinità dell’acquisto di Gago, però, è tutta nella poesia decadentista e nel fervore intellettuale di chi si riconosce con uno sguardo, trovandoci le scintille del senso di rivalsa, del bisogno di autoaffermazione in una giungla di sentimenti avversi.
Giocherà 30 partite, né belle né brutte: ordinate ma soprattutto ordinarie. In quanto al riscatto, questa azione contro il Napoli è esemplificativa di quanto ci sia andato vicino. Nice try, Nando.
- Ashley Cole
Acquistato: 2014, parametro zero
Ceduto: 2016, fine contratto
«Mi sveglio ogni mattina libero come un uccello. So per certo che non dovrò temere una di quelle storie spazzatura su una serata in discoteca. […] Ora ho messo il passato alle spalle e sto cercando di godermi gli ultimi anni della mia carriera. In Inghilterra tutto è più esagerato, in Italia tutto è più rilassato. Puoi andare a cena fuori, gustarti un bicchiere di vino, anche fumare: in Inghilterra saresti crocifisso per questo». L’innocenza da studente Erasmus con la quale Ashley Cole pose la pietra tombale sulla sua esperienza a Roma, fino a quel momento comunque fallimentare da un punto di vista tecnico, è quasi da invidiare. Venne messo in panchina dopo una manciata di partite e, a parte queste parole, a Roma viene ricordato per un meme. Lo stesso anno in cui lui sbarcò a Roma, la Juve prese Evra, che ancora oggi se la gioca con Alex Sandro per un posto da titolare. Siamo sempre stati terribili con le sliding doors.
Top 5 giocatori il cui significato capiremo in futuro
- Antonio Rüdiger
Acquistato: 2015, 13 milioni di euro
La schizofrenia del tifo romanista è stato uno dei topos della conferenza d’addio di Sabatini e ciò che più avrà consumato la sua anima in questi cinque anni. Uno dei tanti simboli di questa schizofrenia è stato Antonio Rüdiger. Il centrale tedesco è arrivato l’estate scorsa dallo Stoccarda per 13 milioni di euro con alcuni problemi al ginocchio. Commise alcuni gravi errori nella prima parte della stagione diventando il giocatore della rosa più insultato in assoluto. Oggi è atteso che recuperi da un altro infortunio al ginocchio come il salvatore della compattezza difensiva della Roma. E pensare che se non si fosse infortunato, oggi giocherebbe con un’altra maglietta.
- Emerson Palmieri
Acquistato: 2015, prestito
Il momento di speranza di Spalletti di poter fare affidamento su Emerson Palmieri è durato, come tutte le cose effimere, un’estate. Nell’ultima partita dello scorso campionato segna il gol che dà alla Roma la vittoria per 1-3 sul Milan; realizza un ottimo precampionato con prestazioni difensive convincenti; riesce a non farsi notare dall’arbitro per un netto fallo da rigore durante l’andata del preliminare di Champions League. Al ritorno, sembra realizzarsi il suo destino più grande: con la Roma sotto di 1-0 e in 10 uomini è lui quello scelto da Spalletti per riportare le cose nel loro ordine naturale. E invece dopo nove minuti, a seguito di un brutto intervento, viene espulso. Da quel giorno Emerson ha giocato 10 minuti contro il Crotone sul punteggio di 4-0.
- Ezequiel Ponce
Acquistato: 2015, 4,20 milioni di euro
Ceduto: 2016, prestito
Ponce ha lo stesso soprannome di German Denis. In Primavera la stagione scorsa, prima di essere colpito dalla maledizione del legamento crociato che aleggia su Trigoria, ha segnato 13 gol e 4 assist in dieci partite. Quest’anno è stato prestato al Granada: è il quarto giocatore per Expected Goals della Liga dopo Messi, Gameiro e Suarez e ha già segnato un gol. Tutti i tifosi della Roma lo aspettano a braccia aperte per illudersi di aver trovato davvero il nuovo Tevez. Spalletti permettendo.
- Gerson
Acquistato: 2016, 18,9 milioni di euro
Il giocatore più pagato nell’anno solare 2016 dalla Roma (16,6 milioni di euro) e anche quello che ha meno possibilità di scendere in campo, già pubblicamente bollato da Spalletti: «È un trequartista a cui piace avere la palla sui piedi, non va in profondità: non è Nainggolan e nemmeno Perrotta. Non è rapido di gambe e in questo campionato può andare in difficoltà. Per me il suo ruolo è quello di mezzala, anche se fatica nella fase difensiva. Non ho abbastanza spazio da concedergli, dovrà essere bravo lui a ritagliarselo». Si dice che Sabatini lo abbia soffiato al Barcellona, che aveva un diritto di prelazione e che avrebbe fatto inserire una clausola premio qualora Gerson dovesse vincere il Pallone d’Oro.
Adesso si parla di un suo possibile prestito in Serie B, e di nuovo un talento cristallino ma per ora inutilizzabile diventa il simbolo del sol dell’avvenire di Sabatini: e se quel sole non dovesse mai arrivare? Nel frattempo, non potendo quasi contare su di lui, la Roma ha un buco nella rosa a centrocampo.
- Leandro Paredes
Acquistato: 2014, 6,25 milioni di euro
Leandro Paredes rientra a pieno titolo in quella categoria di calciatori che devono aver solleticato l’emisfero destro del cervello di Sabatini, quello in cui alberga il senso della percezione, il riconoscimento delle forme, la prospettiva e il senso estetico; le sinapsi impazzite di fronte a Pastore o a Lamela sono presumibilmente le stesse che sono andate in visibilio, dentro una coltre fumosa, per l’enganche del Boca.
Inserire Paredes tra i top o tra i flop, invece, è un gesto arbitrario, per il quale bisognerebbe appellarsi al principio di presunzione di innocenza (dalla condanna di essere un flop). Come Sabatini ha rimarcato in conferenza, questa squadra, fino alla fine del campionato, è da intendersi la sua; solo la bocciatura finale del centrocampista argentino sancirà, in ultima istanza, il fallimento specifico di Sabatini.
Eppure anche di fronte a questa evenienza non potremmo davvero dirci di assistere a un fracaso. I margini di crescita di Leandro dal suo arrivo in Italia, quasi in fuga da un Boca molto meno restivo che in altre circostanze a lasciarsi sfuggire un prodotto del vivaio, men che meno un potenziale erede di Riquelme, sono sotto gli occhi di tutti: ha saputo impegnarsi per reinventarsi, ed è anche nella malleabilità di un giocatore, nel suo farsi creta, che alberga il potenziale, e quindi la lungimiranza nello scovarlo.
Se Spalletti lo taglierà fuori dal suo progetto tattico, allora ci si staglierà nuovamente di fronte la dimostrazione che l’estetica è una questione personale e non si può pretenderne la mutua condivisione.
Al contrario, chissà che Paredes non diventi la più grande incarnazione della legacy di Sabatini.
Piris, il #poroPiris
di Fabrizio Gabrielli
Acquistato: 2012, 700mila euro per il prestito
Ceduto: 2013, fine prestito
Il fatto interessante riguardo a Ivan Piris è che di tutti i nomi che sarebbero potuti ragionevolmente saltar fuori srotolando il lungo papiro dei flop, quello del laterale basso paraguaiano è stato l’unico effettivamente snocciolato in termini negativi da Sabatini nella conferenza stampa d’addio: #poroPiris anzi è diventato un po’ l’hashtag – finalmente sdoganato – della rivendicazione di tutti i suoi fallimenti, il dark side di quell’orgogliosa professione d’appartenenza che è #etruscoresiduale, se vogliamo. «Magari passo la notte a fumarmi cinque sigarette e a osservare un soggetto per capire se è bravo, e poi prendo un Piris», ha detto per racchiudere in una definizione la sua fallibilità.
Se nel quinquennio in cui è stato DS ha davvero «osservato le spalle di una donna da DS della Roma» (che resta la mia frase preferita in assoluto di tutta la conferenza), ci sta il rischio di immaginare che quella donna possa avere un volto tutt’altro che rispondente alla verità: Piris sono state le spalle straordinarie col volto ordinario, a posteriori bruttino.
Dopo la prima uscita a vuoto del guaranì, nella sconfitta casalinga della Roma di Zeman contro il Bologna, Sabatini lo protesse sottolineando alcuni movimenti azzeccati, nella fattispecie due diagonali ben eseguite, ma soprattutto lanciò un appello che, a posteriori, suona più come una richiesta d’assoluzione per ogni scelta sbagliata che avrebbe compiuto di lì in avanti: «Non uccidetelo». (Rincarò anche la dose, però, chiedendogli anche di «difendersi da solo»: lavorando, e quindi aiutandolo a dimostrare la bontà della scelta).
Dopo l’evanescente stagione giallorossa Piris è rimbalzato tra Lisbona e Udine, dove con Stramaccioni è in un certo senso «rinato», pur dimostrando, con tutti i suoi limiti, di non essere davvero un giocatore «da Roma», qualsiasi cosa significhi.
Al contrario di Dodo, cederlo non è servito a «salvargli la vita»: oggi gioca in Messico, a Monterrey, dove può continuare a ispirarsi a Francisco Arce e in più guadagnare un sacco di dollari. Ma magari, seguendo dal vivo la conferenza di Sabatini, si è anche trovato d’accordo con la valutazione del suo ex direttore sportivo. E se avesse avuto un account forse l’avrebbe twittato anche lui, #poroPiris.
Josè Rodolfo Pires Ribeiro, detto “Dodò”
di Emanuele Atturo
Acquistato: 2012 – svincolato
Ceduto: 2014 – 9 milioni
«Alcuni giocatori, anche se molto giovani, a volte possono spostare gli equilibri di una squadra»
Walter Sabatini su Dodò
Dodò è un grandissimo terzino. Sono sicuro che non riuscirete a smentire questo mio assunto. D’altronde quante volte lo abbiamo visto giocare? A quante diagonali sbagliate potete aggrapparvi per dimostrare il contrario? Lo conoscete da quando giocava in Brasile e ricopriva la fascia sinistra di stelle filanti? Forse non ricordiamo bene la carriera di Dodò alla Roma, quindi la riepilogo:
- Nel 2012 la Roma lo ha comprato dal Corinthians per zero euro. Nel primo anno, con Zeman, ha dovuto divincolarsi tra l’ambientamento e qualche problema fisico.
- L’anno successivo, alla fine del girone d’andata, è diventato titolare. Ha fatto tante ottime, solide prestazioni, poi si è infortunato con una distorsione al ginocchio proprio mentre era ormai il padrone della fascia sinistra. Al suo posto ha giocato Romagnoli, molto peggio di lui, ma che per qualche motivo ricordiamo meglio.
- L’anno dopo la Roma lo vende all’Inter per circa 9 milioni di euro. La cosa per qualche motivo desta uno scalpore tale che le altre tifoserie iniziano usare il “Dodò” come valuta ironica di scambio, es.: “Lo hanno pagato 2 Dodò”; “Quell’attaccante costa mezzo Dodò”.
Lo scorso anno ha giocato molto bene nella Sampdoria di Montella, a parte qualche piccola sbavatura, e oggi Giampaolo lo tiene in campo per sedute supplementari di linea difensiva. Come se Giampaolo potesse insegnare qualcosa a Dodò. Sabatini, vendendolo, aveva dichiarato «Ho dovuto cederlo per salvargli la vita», che è lo stesso motivo per cui noi siamo stati costretti a inserirlo tra i flop. Scusa, grande Dodò.